mercoledì, dicembre 20, 2006

AUGURI

Auguri a questo paese un po' stanco ed un po' isterico: ne ha bisogno.
Auguri a quelli che non stanno bene, e si affidano con fiducia alla sanità pubblica (senza nessun bisogno di andare fino a Cleveland).
Auguri a quelli che sono senza soldi, e scoprono che - smontando pezzo a pezzo tutti i falsi bisogni a cui siamo quasi tutti incatenati - forse si può trovare una via alla felicità (o almeno alla serenità) anche col portafoglio vuoto.
Auguri a quelli che stanno pensando intensamente ai propri amici, ai propri cari, e sfruttano questo periodo per rinforzare i legami spruzzandoci sopra dosi consistenti di affetto, di amicizia e di calore.
Auguri a quelli che passeggiano per le strade delle città respirando veleni senza nessuna possibilità di difesa, soprattutto gli anziani ed i bambini.
Auguri a quelli che stanno in montagna e non vedono più la neve cadere, nell'inverno caldissimo e strano che stiamo vivendo.
Auguri a quelli che sono cortesi, che riescono a mantenersi gentili anche in questi tempi di barbarie, a quelli che danno una mano agli altri nelle case e nei luoghi di cura, a quelli che stanno in piazza al freddo con i banchetti per qualsiasi motivo.
Auguri a quelli che costruiscono, con le mani e con le parole, un mondo in cui sia ancora possibile stupirsi come bambini.
Auguri a quelli che sorridono, che si emozionano, che muoiono in pace e lontano dai riflettori.
Auguri.

giovedì, dicembre 14, 2006

Le mamme degli imbecilli (anche nell'Unione) sono sempre incinte

Che l'Unione non riesca a farsi capire sulla Finanziaria e registri un crollo dei consensi, ci può stare benissimo: in una società abituata a credere alle favole, ai lustrini, alla esaltazione degli egoismi, al successo ed a sorti magnifiche e progressive, l'idea che bisogna fare sacrifici per salvare qualcosa che è di tutti non è particolarmente popolare.
Ma e' proprio il caso di fare sciocchezze come criticare il film di Natale di Boldi, e in questo modo consentire al tristo attore di fare dichiarazioni pubbliche, dare pubblicità al suo inutile lavoro e farlo passare pure per una vittima della censura?
Chissenefrega di Boldi, nello stato in cui è ridotto questo paese?
Bisogna proprio essere scemi...

mercoledì, dicembre 13, 2006

Frammenti di memoria


Pinochet, con i suoi occhiali scuri e la divisa. Un'icona sinistramente simile a Francisco Franco, morto nel 1976 con una agonia prolungata oltre il verosimile.
Pezzi di fascismo malati e putrefatti che finalmente se ne vanno, anche se - ahimè - dolorosamente impuniti rispetto ai crimini commessi: dove il corpo del leader rappresenta anche fisicamente l'idea di una società oscura, sanguinosa, colma di odio.
E, ieri, l'ennesimo anniversario della strage di Piazza Fontana. Quando ero studente e anarchico, negli anni '70, eravamo già in pochi a ricordare, a fare manifestazioni nel gelo torinese con le bandiere nere per ricordare le vittime (Pinelli incluso), il depistaggio, la strategia della tensione.
Ora la memoria di quei fatti sembra definitivamente persa e lontana. La TV ha preso il posto delle bombe nelle banche, e si sgombrano i cervelli dalle idee, come allora si tentò di fare con il terrore. C'è meno sangue, nel nostro paese. Ma non per questo si è più vivi.

mercoledì, dicembre 06, 2006

Un'altra parte che se ne va

Ieri se ne è andato un altro pezzo di famiglia, per mezzo delle spoglie di un vecchio zio (in una giornata triste ed uggiosa, stranamente autunnale in questo autunno che non c'è).
Era una persona simpatica, sorridente, che sapeva vivere con sufficiente gaiezza.
Fumava molto e beveva alcolici in eccesso, ma trasmetteva sorrisi con naturalezza - in fondo poi se l'è portato via la solita malattia incurabile a 78 anni, non avrebbe tratto giovamento da una vita con meno vizi.
Quindi ha lasciato ricordi simpatici, caldi, piacevoli. E' stato un piacere salutarlo, e tra i parenti (i vecchi zii ed i non più giovani cugini, che si rivedono solo in queste occasioni) c'era una sorta di addolorata gratitudine per il modo in cui è vissuto.
Viaggi, emozioni, grandi feste e caciarose cene hanno popolato la sua vita. E incrociato la nostra, per fortuna.

giovedì, novembre 30, 2006

La silente rivolta degli oggetti tecnologici


Ha iniziato l'iPod video di mia figlia, qualche settimana fa. Nel bel mezzo della riproduzione di un mp3, è apparsa la terrificante icona dell'iPod triste. Poi un raccapricciante rumore di grattugiata metallica, e addio disco fisso (dopo neppure un anno di garanzia). L'abbiamo rimesso nella sua scatoletta nera con tutti gli accessori, quasi un feretro, e l'invio verso il centro assistenza è parso un rito funebre: non sappiamo quando e se tornerà guarito, o se finirà in un cestino sostituito da un clone identico.
Poi è arrivato il momento di uno dei notebook di casa: il cursore del puntamento si è piazzato in angolino in basso a sinistra del video, lampeggia come un invasato e non c'è più verso di domarlo nè col mouse nè col "pirulino doloroso" che campeggia in mezzo alla tastiera. Anche esso (il notebook) è stato etichettato, catalogato e occultato nel retro del negozio di un centro assistenza.
A questo punto, è stata la volta dei rilevatori delle fughe di metano a casa. L'etichettina indica che andrebbero sostituiti ogni 5 anni, e visto che li abbiamo messi nel 2000 siamo un po' in ritardo. Non so se volessero farsi notare, ma ad un tratto e per diversi giorni hanno iniziato ad impazzire ed inviare segnali falsi all'elettrovalvola che stacca la fornitura di gas - col risultato di tornare a casa e trovarla gelida, con la caldaia in blocco.
Appena ho telefonato all'elettricista per chiedere di smettere di venire a sostituirli, i maligni hanno smesso di malfunzionare; il che mi convince che hanno un'anima, e neppure troppo candida. Perchè sapevano che, se avessero continuato, avrei staccato il collegamento con l'elettrovalvola.
Mancava ancora qualcosa all'appello, ma non si è fatto attendere.
Il sistema di allarme a zone ha smesso di inserirsi, d'un tratto, segnalando un circuito aperto su una tapparella. Naturalmente il controllo visivo non ha rivelato nulla, ed anche in questo caso ho dovuto chiamare l'assistenza ed escludere la zona impazzita.

E devo dire che questa idea di escludere progressivamente tutti gli ammenicoli tecnologici (e fallaci) che controllano la casa ed erogano servizi mi piace. E' una progressiva liberazione da una sorta di moderna schiavitù.
Forse non sarò costretto, un giorno, a guardare con preoccupazione il telecomando del cancello chiedendomi quando deciderà anche lui di impedirmi di rientrare a casa mia.

mercoledì, novembre 29, 2006

Vedere il mondo che cambia sotto i tuoi occhi

In questo novembre strano e caldo, chi ha occhi per vedere si accorge che qualcosa sta cambiando, velocemente, sotto i propri occhi.
Tra poco è dicembre, eppure il salice nel giardino non solo ha perso pochissime foglie, ma non è neppure ingiallito.
Leggo i dati meteo della mia cittadina, e scopro che le precipitazioni nel mese di ottobre e novembre sono crollate (rispettivamente) del 70 e del 90% rispetto alla media.
So bene che non bisogna lasciarsi ingannare dalla memoria e basarsi sui dati oggettivi, ma nella mia memoria recente questi mesi sono stati i mesi tragici delle alluvioni del 1994 e del 2000, di precipitazioni abbondantemente sopra la media.
E ricordo che le gelate a novembre erano - fino all'anno scorso - cosa usuale, mentre ad oggi ancora non ho avuto il piacere di accarezzare la galaverna.
Però, dicono, tutto va bene. La realtà virtuale ci rassicura, anche se fuori il mondo cambia in modo sempre meno comprensibile. Alla TV scorrono le stesse immagini idiote di sempre. E, come direbbe il buon Gaber: "non bisogna farsi trarre in inganno dalla realtà!".

venerdì, novembre 24, 2006

Back to the mother (cronache da una caccia scout)


Capita che una delle cose belle della vita sia avere entrambi i figli nei boy scout.
E' molto facile lasciarsi andare a commenti ironici sul tema, usando lo stesso sarcasmo con cui George Bernard Shaw seppellì l'iniziativa di Baden Powell.
Possono far ridere le divise che scimmiottano sgradevolmente quelle militari, le patacchine cucite sulle maniche e gli ossi appesi al fazzoletto, la "promessa" densa di retorica, la divisione in branchi e mute per la curiosa intersezione tra lo scoutismo e "il libro della giungla" di Kipling (che condivise con Baden Powell una lunga amicizia), le tende piantate lungo i fiumi, i bivacchi notturni attorno ai fuochi.
Però, appena si è finito di ridere, è doveroso entrarci dentro, lo scoutismo.
Magari partendo dalle opportunità di aggregazione fornite oggi agli adolescenti.
Se non consideriamo l'autismo passivo da playstation o da tv (che può essere anche praticato per ore da composite moltitudini di ragazzini che stanno vicini senza neppure guardarsi), al giorno d'oggi ci sono le famose "attività extrascolastiche": lo sport (individuale o collettivo), la musica (idem).
Tutte ottime cose, anche utili per condividere emozioni con altri coetanei: si può suonare insieme, si può condividere lo spirito di squadra, Ci si diverte, si fatica, si raggiungono risultati, si condividono gioie e dolori.
Ma con un piccolo difetto: al centro di quelle attività c'è l'obiettivo delle stesse, non la persona che le compie. Se non sai giocare a calcio prima o poi smetterai, se sei negato per la musica prima o poi appenderai la chitarra al chiodo.
Non sono luoghi in cui vai bene per quel che sei, ma solo in funzione del livello di "adesione" allo scopo stesso dell'attività.
L'oratorio continua ad essere ancora oggi, in fondo, l'unico posto dove uno può andare ed inventarsi la giornata. O perderla. Decidere di annoiarsi, di giocare a calcio o a calcetto, parlare con qualcuno, seguire le pensose elucubrazioni di un prete.
Io sono ateo, ed ho abbandonato l'oratorio molto presto (anche con qualche spinta dall'interno, diciamo la verità, a causa della mia "non adesione" ad un modello che non condividevo): ma devo sottolineare l'importanza di quel luogo, finchè l'ho frequentato, nella mia giovinezza.
Nelle case del popolo o nei circoli Arci ho ritrovato poi qualcosa di simile, ma non completamente. Eravamo già persone che avevano scelto, persone tutte uguali: mentre l'oratorio comunque conteneva tutto il mondo del quartiere, e ne sintetizzava la complessità.
E poi ci sono gli scout. Cattolici o laici (i secondi in nettissima minoranza: il gruppo dove vanno i miei figli è uno di questi), sono sostanzialmente gruppi di volenterosi che tentano di formare "buoni cittadini" tra gli 8 e i 19 anni "plasmandone le coscienze".
I capi sono ragazzi tra i 18 e i 20 anni, e sono ragazzi assai strani per le logiche di oggi.
Gente che passa buona parte del proprio tempo ad applicare un progetto educativo nei confronti dei tuoi figli (mediandoli con quelli applicati in famiglia ed a scuola) solo perchè ci crede. Ci crede a fondo, anche se in modo estremamente laico ed aperto.
Oddio, si, la parola giusta c'è, pronunciamola senza pudore: VALORI.
Li dentro si insegnano dei valori. Che sono quelli "buoni e tradizionali": il rispetto dell'altro "chiunque esso sia", la solidarietà tra le persone. Ma non in teoria, che sarebbe stupido, un po' noioso ed abbastanza impalpabile.
No, in pratica.
Ti ficcano in una situazione critica qualsiasi. Può essere un gioco, ma anche una notte nel bosco, con due corde ed un telo.
Si è in un piccolo gruppo, in cui ognuno deve mettersi in gioco: tirar fuori quello che ha, intelligenza, intuizione, creatività, abilità manuale, capacità di persuasione. Per cavarsela.
Senza risorse tecnologiche, che diventano inutili e superflue, ma solo con le risorse che offre il luogo, il territorio in cui si sta passando. Il legno, l'acqua, la terra, la pietra e l'intelligenza del gruppo sono gli elementi con cui cavarsela.
Accendersi il fuoco da soli? Immagino che le risate di molti si facciano grasse: chi se ne frega, è una stupidaggine, a che serve mai, quando hai tutto il mondo a disposizione racchiuso in un supermarket.
Appunto. Avendo tutto, a poco a poco non sai più chi sei, cosa sei, cosa sei in grado di fare. Diventi solo uno strumento per acquistare merci, che in parte usi ma - nella maggior parte dei casi) usano te. Sei un tizio o una tizia che non usa più il cervello se non per fare quel poco che ti chiedono al lavoro e nello studio: tutto il resto è prefabbricato, già pronto, già usabile per soddisfare le esigenze che hai e quelle che ti faranno venire. Non pensare più, non ce n'è bisogno; tutto quel che devi fare è desiderare, e comprare.

Ecco, torniamo al fuoco da accendersi da soli. Negli scout lo devi fare, se vuoi mangiare (le scatolette lasciale a casa, vanno bene per il tuo gatto, please): la carne e le verdure ci sono, perbacco, son solo da cuocere.
Anche se quel che ti è richiesto è assolutamente alla tua portata, scopri presto che non puoi essere passivo: devi ragionare e scegliere. Devi farti anche gli spiedini, le padelle, i supporti, e tutto quello che hai è un coltellino ed un bosco davanti a te. Facile. Inizi a tagliare un po' di rami, li metti da parte, non è che ci voglia tutta 'sta scienza, no?.
Già, dopo il primo uso scoprirai che per lo spiedino ci vuole un ramo abbastanza lungo, verde e che non tutte le piante vanno bene.
Lo scoprirai quando il salsicciotto sarà caduto nella brace, perchè dopo che ti sei scottato le dita perchè era troppo corto, il tuo spiedino di sambuco prenderà inesorabilmente fuoco.
Mangerai il salsicciotto annerito, ma sarà appetitoso lo stesso ed avrai imparato una piccola lezione, che non è scritta in cartellini sugli scaffali dei supermercati.
Anzi: più d'una. Tra cui quella che la fame batte sempre la schizzinosità per almeno due a zero.
E tutto quel che a casa allontanavi con un gesto annoiato della mano durante il pranzo, spesso sulla base di considerazioni meramente estetiche, assume d'improvviso un nuovo, appassionante sapore.
Una delle cose che più impressionano i genitori degli scout è questa improvvisa capacità di mangiare quel che c'è, dimenticando in un solo weekend fobie secolari.
Poi impari a fare cose stupendamente inutili nella vita normale, ma straordinariamente belle nella loro capacità di rivelare che cosa hai dentro, quali talenti nascosti tu possa - al bisogno - mettere al servizio di questo mondo.
Puoi costruire ponti tibetani per attraversare gole e torrenti di montagna.
Puoi disegnare il simbolo della pattuglia o comporre una nuova canzone.
Puoi far ridere con una battuta, puoi inventare una scenetta, puoi stupire intagliando il legno, puoi riscaldare accendendo il fuoco, puoi riparare dalla pioggia costruendo un rifugio con un telo e due rami.
Puoi parlare o stare zitto, puoi usare le mani o lo sguardo e dare una mano: puoi fare quello che vuoi, purchè serva.
E tutto questo non lo fai per te solo, per emergere, per vincere, ma per contribuire al gruppo, per rinsaldare l'amicizia, per appianare gli attriti, per rinforzare l'equilibrio di cui si ha bisogno per andare avanti, cavarsela, superare le avversità.
Non si è più soli, quando si vivono esperienze così.
Non ditemi che non è bellissimo, non ditemi che non ne abbiamo bisogno.

venerdì, novembre 17, 2006

Sogni

"Un paio di quinquenni, e la parola chemioterapia sarà solo un brutto ricordo."
(Umberto Veronesi)

Si sta lavorando sodo, malgrado i pochi fondi per la ricerca, per farci morire meglio.
Il sogno è quello di una terapia dolce, non invasiva, non dolorosa.

Ottimo.
Ora, però, ci serve anche qualcuno che ci regali il sogno di una vita migliore. Come ai vecchi tempi.

giovedì, novembre 16, 2006

Le capriole di una informazione isterica

Nota: la foto che correda questo post è ripresa dall'edizione online della rivista Piemonte Parchi (cliccare qui per raggiungere la pagina originale)

Mi riallaccio idealmente al post precedente con un esempio concreto.
Una delle più sciocche "tempeste emozionali" dell'estate 2006 ha sicuramente riguardato la "strage dei caprioli nell'Alessandrino". Ne ho parlato diffusamente in questo post.
Non dovremo mai dimenticare il cumulo di stupidaggini dette in quell'occasione, in particolare da persone che dovrebbero avere una forte consapevolezza del proprio ruolo pubblico (e parlo esplicitamente di Frattini, Pecoraro Scanio, Sgarbi e Loiero).
Come tutte le sciocchezze, ha prodotto alla fine solo un risultato: il blocco dell'abbattimento di tutti gli ungulati (inclusi cinghiali e cervi) sul territorio regionale piemontese a tempo indeterminato, a causa del "normale" ricorso al TAR del Piemonte da parte del WWF (qui maggiori dettagli sulla sospensione, qui la prima sentenza sospensiva del TAR, qui il commento del Consigliere Regionale dei Verdi Enrico Moriconi, sulla stessa linea dei quelli espressi da Rifondazione Comunista e LAV Piemonte) e di una riscrittura della delibera regionale (DGR n.3973 del 6 ottobre 2006) decisamente poco accorta.
Ora, ovviamente, nessuno parla più dei caprioli (alessandrini o bolzanini che siano): la notizia è passata di moda, anche se il problema è lì, inalterato (e anzi peggiorato dal fatto che i piani di attuazione faunistica sugli ungulati, a differenza degli anni in cui il popolo emozionato non ci metteva il naso, sono stati sospesi).
Per una breve frazione dell'estate, migliaia di italiani sono improvvisamente diventati esperti faunistici: è bello sapere che sono tornati tutti ad essere, come fanno di solito, Ministri delle Finanze o Commissari Tecnici della Nazionale di calcio.
E' un bene che il disinteresse popolare su questo tema abbia ripreso il sopravvento: significa che chi ha competenza sull'argomento può tornare ad occuparsene, ed affrontare il problema come si conviene.
A questo proposito, segnalo un articolo di Caterina Gromis di Trana sulla versione cartacea di Piemonte Parchi ( qui una versione online di sintesi) che contribuisce alla discussione con toni e argomentazioni adeguate.

mercoledì, novembre 15, 2006

Emozioni inutili

Devo smetterla di occuparmi del mondo: non posso farcela.
Devo smetterla di leggere il giornale e di leggere i quotidiani online.
Devo smetterla con questo assurdo bisogno di "essere informato".
Perchè, mentre cerco le poche informazioni che vorrei per capire di più il mondo, sono nel frattempo intossicato da una quantità intollerabile di "rumori", di notizie "distraenti" e "dispersive".
Su cui non voglio avere opinioni, perchè averne non serve a nulla.
Non voglio sapere nulla di professoresse molisane, di videomolestie, di mariomeroli funeralizzati.
Non sono eventi importanti, anche se vogliono farcelo credere.
(Ma come, direbbero molte delle persone che conosco: la violenza, il bullismo, il sesso non sono importanti? Non bisogna parlarne? No. Non bisogna parlarne così.)
Eppure, si dice, bisogna occuparsi "del mondo". Sapere, capire, scambiarsi informazioni.
Secondo me, la maggior parte delle informazioni che ci scambiamo è inutile.
Non ci appartiene, non contiene nulla di noi, che ci riduciamo ad echeggiare quel che appare in tv o viene scritto sui giornali.
Se continuiamo a NON scegliere di cosa parlare, e lasciamo che lo facciano i media per noi, finiremo sempre di più per essere dei semplici trasmettitori di rumore.
In questo periodo leggo molto, ma ho sostituito quasi del tutto i quotidiani con le riviste e - soprattutto - i libri.
Non tollero più di svolazzare sulla realtà come un uccello ("la realtà è un uccello che non ha memoria, devi immaginare da che parte va"...do you remember il grande Giorgio Gaber?), ma voglio diventare pesante. Inamovibile. Saldamente ancorato al suolo ed assolutamente indifferente alle folate di vento che tentano di portarmi qua e là, ed occuparmi la mente con le stronzate.

Non esiste nessuna conoscenza, nessuna emozione che possa essere rinchiusa in una NOTIZIA.
Anche un dolore ed una gioia richiedono, per essere provati, un retroterra di conoscenza e fatica che non si improvvisa: ma che si costruisce pian piano, come una casa, a partire da fondamenta solide.
Non voglio provare più sdegno, collera o allegria per un evento lontano, per uno stupro o una violenza riportata da un TG o da una colonna di giornale: sono emozioni sprecate, inutili. Mi portano via energie senza poter minimamente incidere sul contesto in cui sono avvenute.

E' molto, molto meglio che le poche energie disponibili siano impiegate per capire, possedere e influenzare il micromondo (o i micromondi) in cui siamo fisicamente, realmente inseriti.
Una carezza a mia figlia, la sera, vale cento volte di più dello sdegno per un lontano atto di violenza: incide, è reale, è fisico, trasmette una cosa che esiste: AMORE.

E la guerra, allora? Rinuncerai a dire, a fare, a manifestare contro la guerra, potreste chiedere?
Si.
Non serve a nulla.
La pace va costruita laddove si esiste, come la fiducia, l'amore, la serenità.
Il nostro sdegno, fino ad oggi, non ha mai fermato neppure una bomba. Non serve a nulla, se non a liberarsi la coscienza e tornare a NON agire, circondati da ombre virtuali che creano l'illusione di una realtà.

giovedì, novembre 09, 2006

In...what we trust?

Le elezioni di "medio termine" negli Stati Uniti sono un evento a cui guardo con distacco e senza emozione, ma la vittoria dei democratici sia alla Camera che al Senato, e la notizia delle dimissioni di Rumsfield, tutto sommato sono un piccolo segnale positivo, se questo comporterà una anche modesta correzione della politica estera statunitense. Forse un taglio dei fondi alla missione in Iraq, ad esempio, potrebbe portare a salvare qualche vita umana.

Non credo nelle masse, non credo nei popoli, non credo nei governi, non credo nei blogger.
Credo solo ai rapporti umani in cui ci si riesce ancora a guardare negli occhi, alle piccole "reti" di persone che condividono spazi fisici reali, che mangiano insieme, che si toccano, che fanno politica insieme, che passano le serate con una birra a parlare del mondo.
Questo non salva dalle fregature, ma almeno evita di alimentare false aspettative sulla qualità delle persone.

Torino, tardo pomeriggio di qualche giorno fa. Parcheggio l'auto in centro e sto recandomi a piedi verso una libreria quando mi ferma un tizio.
Aspetto normale, abbigliamento casual, un italiano fluente e senza inflessioni straniere e dialettali.
Mi racconta che è un insegnante di pugilato in una palestra vicina, che è rimasto chiuso fuori dalla stessa, che ha chiamato i vigili del fuoco per rientrare, che ha lasciato in palestra il marsupio con soldi, documenti e chiavi dell'automobile, che deve rientrare a casa a Fossano e che non ha i soldi per il treno.
Gli passo venti euro, "se non ti fidi ti lascio il telefonino"; ma figurati, dai, non c'è bisogno.
Gli lascio nome e numero di cellulare, "se ti servono indietro subito te li faccio avere anche stasera"; no, non preoccuparti...mi hanno fregato il portafoglio un mese fa con bancomat e carta di credito e ci ho perso 650 euro, figurati se questi venti sono un problema...

Ringrazia, saluta, se ne va. Ci siamo guardati negli occhi a lungo, durante la conversazione: lui sapeva che VOLEVO fidarmi.

Non l'ho mai più sentito: e scrivere "ovviamente" è la cosa che mi fa più male in assoluto.

martedì, novembre 07, 2006

Me ne ero accorto...

VILNIUS - Lithuanians are among the heaviest drinkers in Europe, an international study has shown.
According to a report by the British Institute of Alcohol Studies, entitled Alcohol in Europe, the total alcohol consumption in Lithuania, Latvia, Romania, Hungary, the Czech Republic and Slovakia amounts to over 18 litres of pure alcohol per adult each year.
The report was presented at an international conference, ‘Nordic and Baltic Countries against Drugs’, at the Lithuanian parliament on Nov. 3.
According to the report, only out of ten adults in Lithuania are non-drinkers.
The report also suggests that almost 15 percent of Lithuanian teenagers aged 15-16 consume alcohol, with boys drinking 2.5 times more frequently than girls.
In Great Britain, Latvia, Scandinavian countries, the number of juveniles consuming alcohol is higher than that in Lithuania.

venerdì, novembre 03, 2006

Piccoli ma intelligenti

Il governo estone ha deciso di ricomprarsi le ferrovie (Eesti Raudtee), soltanto cinque anni dopo averle privatizzate: la "rinazionalizzazione" di un segmento così importante dell'economia avverrà attraverso il riacquisto del 66% delle azioni della società che erano state vendute negli scorsi anni.
L'opposizione definisce la scelta "populista" e critica il governo per non aver mai concesso ai privati l'opportunità di alzare le tariffe.

venerdì, ottobre 27, 2006

Assuefazione

45, 60, 90 morti...
Li ha provocati la NATO in uno solo delle centinaia di bombardamenti che da settimane si abbattono sul sud dell'Afghanistan.
Sono "dispiaciuti", i NOSTRI signori della guerra. Ma è mica colpa loro, è colpa dei talebani (birboni) che si nascondono tra i civili: che cosa mai ci si può fare?
E' così noiosa, questa guerra...parlarne è ancora più fastidioso di quanto possa esserlo per l'Irak.
L'Afghanistan è stato martoriato (per l'ennesima volta nella sua storia) in seguito all'11 settembre 2001: i morti civili provocati dalla vendetta americana sono stati MOLTI DI PIU' di quelli che sono periti nelle Twin Towers.
Sapete quanto io odii questo tipo di contabilità: ma bisognerà pure trovare un parametro, un giorno, per GIUDICARE questi orrori, e la sproporzione allucinante tra causa ed effetto io la vedo emergere improvvisa e chiara dai dati (pochi, incerti) sulla strage degli innocenti (che non sono solo "donne e bambini": sono tutti coloro che, da Belgrado a Bagdad a Beirut, un bel giorno si ritrovano senza colpa ad essere "nemici" di qualcuno di potente).
Io sono allucinato. E assolutamente pessimista, sul futuro di questo mondo.

venerdì, ottobre 13, 2006

Bandidos!

Un signore che (in un tempo ancor più sciagurato dell'attuale) ebbe un potere, nel nostro Paese, assolutamente sproporzionato rispetto alle sue qualità morali, ha definito "un atto di banditismo" una proposta di legge di riassetto del sistema radiotelevisivo che (diciamocelo) è tutt'altro che rivoluzionaria rispetto allo (sgradevole) status quo.
Ma quel che ci importa, qui, è rilevare il danno che l'abuso di iperbole
provoca a quella bella abitudine umana che è la comunicazione verbale.
Nello stesso campo politico, si definì "macelleria sociale", pochi giorni fa, una proposta di intervento finanziario che avrebbe (si dice) tolto 100 euro al mese a chi ne guadagna 4000.
Questo è nulla rispetto a tutto quel che si disse nei cinque anni che l'Italia disgraziatamente visse fino al giugno del 2006: ogni giorni eccessi verbali, iperboli, esagerazioni, allucinazioni linguistiche reiterate, echeggiate, replicate, su televisioni e giornali.
Il risultato è che è ormai difficile parlare, quando si è presa l'abitudine di urlare: e che è impossibile ascoltare, quando il rumore che veicola le parole sovrasta ed annulla il loro significato.

lunedì, ottobre 09, 2006

Anna Politkovskaya


Quando ho finito di leggere, ieri, l'articolo su Repubblica che parlava del suo assassinio, ho pianto.
Cosa ha dato Anna Politkovskaya alla gente come noi, a quella che non conta, a quella che non riesce ad impedire la Cecenia, il Darfur, l'Afghanistan, la Corea del Nord?
Lei era sola a combattere contro poteri immensi e maligni, usando solo le parole.
Non aveva nessuna speranza di farcela, ma non ha smesso un attimo di descrivere quello che vedeva. Non era solo coraggiosa: era folle, incosciente, innamorata del suo lavoro, convinta che non avrebbe mai potuto fare altro, nella vita, che tentare di far conoscere la verità.
Pensare che il suo lavoro di denuncia fosse conosciuto ed apprezzato solo da quella piccola cerchia di persone che si interessano DAVVERO del mondo è deprimente. Che vivesse ai margini del mondo, in una casa modesta, in pericolo costante, mentre "giornalisti" occidentali vivono situazioni di privilegio senza correre alcun rischio, fa ribollire il sangue dalla rabbia.
E ora, chi ci racconterà la verità su quell'angolo di inferno?
Chi ci ricorderà che il Putin abbracciato e coccolato dall'occidente è un satrapo totalitario e con le mani sporche di sangue?
Ciao, Anna. Ci mancherai maledettamente.

venerdì, ottobre 06, 2006

Motoscafo comunista


Quando i giornalisti fanno sciopero e "Repubblica" non esce, compro e leggo assai volentieri "Il Manifesto" (unico contenitore di parole accettabile in mezzo a vari contenitori di immondizia come "Padania", "Libero" e "Giornale" disponibili in queste occasioni).
L'ho fatto anche oggi, e mi ha colpito un fatto legato alle inserzioni pubblicitarie.
Anticipo che non sono un "purista", in questo: non mi ha scandalizzato l'intera pagina finale del quotidiano con la pubblicità di Mediaset, specialmente in un periodo come questo in cui il Manifesto (come altre decine di volte nella sua avventurosa esistenza) non naviga in buone acque.
Sul quotidiano in edicola oggi, tra l'altro, una lettrice evidenzia in una lettera il suo disagio per il fatto che Telecom sia tra gli sponsor dell'associazione Libera di Don Ciotti, e si chiede se davvero, in fondo, "pecunia non olet".
Ma veniamo al dunque. In fondo a pagina 8, neppure troppo visibile, campeggia l'inserzione pubblicitaria che recita "motoscafo di riferimento". Si, è proprio la pubblicità di un'azienda di motoscafi, questa qui.
Esiste sul sito una pagina dei prezzi di questi "oggetti": si va da 200.000 a 885.000 euro.
Ora, non mi chiedo come mai il Manifesto abbia accettato questa pubblicità: ma mi chiedo perchè la Tornado abbia fatto questa inserzione proprio sul Manifesto.
E mi preoccupo. Tantissimo.:-)

venerdì, settembre 29, 2006

Clerks II

La pubblicità di questo film dice "volgare, scorretto, irriverente".
E dovrei pagare dai sette ai dieci euro per qualcosa che vedo tutti i giorni gratis uscendo semplicemente per la strada?
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Avviso ai lettori: come vedete sto utilizzando una versione beta di Blogger con qualche features in più, quindi per qualche tempo ci saranno cose strane tipo link senza senso, assenza della lista dei post, eccetera...portate pazienza...

Il sedicipercento

Secondo uno di questi inutili sondaggi che Nonsisachi commissiona ogni tanto Nonsisaperchè, l'84 per cento degli italiani considera la violenza sessuale contro le donne una "piaga sociale".
Sembrerebbe un dato positivo, a prima vista.
Invece è terribile. Che cosa diavolo pensa il rimanente sedici per cento? E, peggio ancora, si comporta come pensa? O è pronto a farlo? Ci sono davvero più di nove milioni di italiani pronti ad aggredire le donne dentro un portone nella notte?
Brrrr...

venerdì, settembre 22, 2006

Ahmadinejad, Rocca, Blair e l'ONU:manca qualcuno?

Scrive Christian Rocca sul “Foglio” che è online oggi:
“In piena Assemblea generale e tra gli applausi della maggioranza dei paesi membri, Ahmadinejad ha detto di non riconoscere la legittimità dell’Onu, cioè di quell’istituzione che ha imposto illegalmente l’entità sionista al medio oriente.”

Io non c’ero, lì a New York quando ha parlato Ahmadinejad, ma ho letto il testo – tradotto in inglese - del suo intervento, il cui link è fornito dallo stesso Rocca sul suo blog Camillo.
Mi sembra che dica cose meno radicali di quelle che gli attribuisce Rocca, come potete leggere anche voi:

"The present structure and working methods of the Security Council, which are
legacies of the Second World War, are not responsive to the expectations of the
current generation and the contemporary needs of humanity.
Today, it is undeniable that the Security Council, most critically and urgently,
needs legitimacy and effectiveness. It must be acknowledged that as long as the
Council is unable to act on behalf of the entire international community in a
transparent, just and democratic manner, it will neither be legitimate nor effective.
Furthermore, the direct relation between the abuse of veto and the erosion of the legitimacy and effectiveness of the Council has now been clearly and undeniably
established. We cannot, and should not, expect the eradication, or even containment,
of injustice, imposition and oppression without reforming the structure and working
methods of the Council.
Is it appropriate to expect this generation to submit to the decisions and
arrangements established over half a century ago? Doesn't this generation or future
generations have the right to decide themselves about the world in which they want to
live?
Today, serious reform in the structure and working methods of the Security
Council is, more than ever before, necessary. Justice and democracy dictate that the
role of the General Assembly, as the highest organ of the United Nations, must be
respected. The General Assembly can then, through appropriate mechanisms, take on
the task of reforming the Organization and particularly rescue the Security Council
from its current state. In the interim, the Non-Aligned Movement, the Organization of
the Islamic Conference and the African continent should each have a representative as
a permanent member of the Security Council, with veto privilege. The resulting
balance would hopefully prevent further trampling of the rights of nations."

La cosa buffa è che lo stesso Rocca, nell’articolo, è in perfetta sintonia con la parte iniziale della dichiarazione sull’Onu di Ahmadinejad:

“La carnevalesca settimana al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite ha mostrato nel modo più chiaro possibile quanto il sistema di istituzioni internazionali creato alla fine della Seconda guerra mondiale sia un reperto del passato, incapace di affrontare le sfide del nuovo secolo.”

La stessa cosa afferma Tony Blair nel suo pamphlet “A Global Alliance for Global Values”, anch’esso segnalato da Rocca:
“After the Second World War, people realised we needed a new international institutional architecture. Today I look at our international institutions and think: these are the structures of 1946 trying to meet the challenges of 2006. In this new era, in the early 21st century, we need to renew them. I have therefore made some tentative suggestions for change.
First, the United Nations.”

Insomma, l’ONU di adesso non piace ad Ahmadinejad, ma neppure a Rocca (che ha scritto il libro “Contro l’ONU”) né a Blair.
E a questo blog, comunque, non piacciono né Ahmadinejad né Blair (il primo è inquietante, il secondo non credibile).
Su Rocca, possiamo dire che non siamo quasi mai d’accordo: però, perbacco, è bravo assai.

martedì, settembre 19, 2006

Ratzinger vs Muslims

Quando ho letto di questa polemica, ho sinceramente ringraziato Dio di essere ateo.

lunedì, settembre 18, 2006

Ancora su Oriana Fallaci.

Io della Fallaci ho letto solo "Un uomo" e il pamphlet "La rabbia e l'orgoglio" quando era uscito sul Corriere, prima che diventasse un libro. E le puttanate che scrisse quando descrisse il Social Forum di Firenze come un'adunata di barbari.

Una penna straordinaria, è innegabile.
E' curioso essere così affascinati e sedotti da una scrittura divina, esplicita, frontale, coraggiosa, praticamente perfetta, ed al tempo sentire una irritazione crescente e furibonda verso chi la possiede (Porca puzzola, scrivi da Dio, perchè non usi questo talento e questa forza in positivo? Astio e rancore son cose da piccoli ominidi, da te ci si aspetta una forza di dimensioni inaudite, anche spietata, che rinnovelli il mondo, che spazzi via i potenti, i superbi ed i maligni e non che se la pigli con i poveri cristi miseri ed incolti che pisciano per le strade...)

Ammirazione e antipatia in egual misura. Insopportabile lei e quello stronzo geniale e affascinante di Panagulis (stessa faccia, stessa razza...)

Peccato che per noi atei, dopo, non ci sia un mondo in cui andare a placarsi, a riposare, a fare una beata fava tutto il giorno bevendo vino e leggendo e scrivendo e rotolandosi sui prati, e ripensare alle cose con più distacco, con più serenità: ci tocca far tutto in questa vita, senza altre possibilità, e non ci riusciamo quasi mai.

L'Oriana ha finito dunque così, senza possibilità di placarsi, malamente, sola, con l'elmetto ancora in testa. Ma quel che di buono ci ha lasciato è la passione, il gusto di affermare idee forti, pregnanti: forse non confrontabili, e quindi inutili, ma di fronte a quella immensa forza non si può non restare ammirati.

venerdì, settembre 15, 2006

Soffriva da tempo.

E' morta a Firenze Oriana Fallaci.
Soffriva da tempo di un male incurabile: l'astio.

venerdì, settembre 08, 2006

Continuiamo così, facciamoci del male (la saga dei caprioli continua)

Ricevo, leggo e rabbrividisco (sull'argomento ho già scritto un post assai dettagliato):

Caccia: stop per caprioli
Il WWF accoglie con soddisfazione l'accoglimento del suo ricorso presso il Tar del Piemonte. Si torna nel solco delle ''buone prassi'', gli enti scientifici sono infatti referenti essenziali per decidere un equilibrato piano di abbattimento.

Fermare il Piano di abbattimento dei caprioli in Piemonte è un esempio di buon senso da parte delle istituzioni perché riconosce il valore e attendibilità dell'Istituto nazionale di Fauna Selvatica nella valutazione dei piani di abbattimento. Così il WWF Italia accoglie la notizie della sentenza del Tar del Piemonte che ferma le doppiette. Il ricorso del WWF era stato presentato infatti perché il piano di abbattimento dei caprioli aveva ricevuto un parere negativo dell'Istituto Nazionale Fauna Selvatica. Il parere dell'Infs non va considerato vincolante, ma è prassi che a seguito di un mancato assenso, la Regione presenti comunque un parere che motivi l'avvio del piano di abbattimento. Il WWF quindi ritiene che un dietro-front fosse necessario per ripristinare una corretta catena di diritto. Il mancato ascolto del parere di un soggetto referenziato da parte del Tar avrebbe infatti potuto creare un precedente legale, e rappresentare una consuetudine pericolosa se applicata in altri contesti.

''Il nostro è un paese - spiega Fulco Pratesi, Presidente del WWF Italia - che certamente, in alcuni contesti territoriali, ha per qualche specie di animali problemi di soprannumero di capi. Sono comunque animali che pagano le scelte dell'uomo il quale, sterminando predatori naturali o facendo reintroduzioni sbagliate per motivi venatori ha alterato quegli equilibri che governano i rapporti tra varie specie''.

Dunque, adesso la Regione dovrebbe motivare il piano di abbattimento.
Lo sta facendo da un bel po' di tempo, direi: da anni, se qualcuno avesse voglia di ascoltarla, invece di lamentare la triste sorte del capriolo con strepiti e lacrime degne di miglior causa.
Pratesi dice che si, in effetti, da qualche parte ce ne sono troppi: ma è colpa dell'uomo bla bla bla, e poi a me che me ne frega, ai boschi che non nascono più ci penserà probabilmente il prossimo presidente del WWF.
Che paese di incompetenti, Dio mio!

Sentirsi stupidi

Ho letto due volte questo post su Carmilla e mi sento un vero deficiente.
Alla fine non ho capito se elogia Camilleri o lo critica ferocemente.
Chi può, mi illumini.

giovedì, settembre 07, 2006

Davideblog contro Goliablog: dalla parte dei piccoli comuni

Leggo sempre più distrattamente il blog di Beppe Grillo, lo confesso: un blog che denuncia tutti i giorni qualcuno o qualcosa, incessantemente, e senza tregua fustiga, moraleggia, giudica, dopo un po' diventa pesante; e si possono ormai cogliere poche perle di saggezza nel mare di una deriva mistico/qualunquista.

Il post di ieri (Sindaco fai da te) conteneva un virulento attacco ai piccoli comuni, considerati di fatto come un modo artificioso di creare piccole posizioni di potere (sindaco, assessori) e posti di lavoro artificiali (messi, impiegati, ecc.).

E' vero che dimensioni ridotte significa spesso inefficienza (nel fornire i servizi) e doppioni sul territorio; ma è anche vero che l'idea di non considerare come ricchezza la dimensione del "villaggio", e stabilire che ogni identità locale deve annegareper legge in un supercomune da almeno 10.000 abitanti mi ricorda molto (e sgradevolmente) i progetti di Ceasescu in Romania e di Mao in Cina negli anni '70.

Io penso che:
  • a "bocce ferme" della nostra storia regionale e nazionale, sia corretto ostacolare la formazione "articiosa" di nuovi comuni (e qui il limite di 10.000 abitanti mi trova concorde), magari sulla base di "spinte separatiste";
  • sia invece molto più opportuno obbligare i piccoli comuni ad erogare alcuni tipi di servizi (scolastici e sociali) in forma consortile in un ambito territoriale omogeneo e riferito ad un bacino di popolazione sufficientemente ampio (5/10.000 abitanti) per realizzare economie di scala: questo avviene già oggi con le comunità collinari e montane, ma dove vige invece un piccolo miserabile campanilismo si rischia di non avere neppure i servizi fondamentali se non si trasforma l'opportunità in obbligo.

Non commento invece questo passaggio del post di Grillo: "Nei piccoli comuni non si elegge il sindaco, ma uno di famiglia. Talvolta il figlio del sindaco precedente. O comunque un familiare di secondo o terzo grado comunale."
Qualunquismo puro.

Accorpare i piccoli comuni, secondo Grillo, è doveroso perchè "frazionare i municipi, oltre a essere un esercizio costoso, porta spesso all’immobilismo o a decisioni divergenti. Un comune fa il depuratore a valle e quello a monte non ha nemmeno la fognatura. Risultato: costi pubblici (depuratore) insieme alla m..da privata."

Mi sembra di leggere tra le righe il fastidio per gli impedimenti e le contraddizioni portate dall'"abbassamento dei livelli decisionali": se ognuno vuol decidere del suo territorio, non se ne esce più. Non è un'idea completamente sbagliata, ma mi suona strano che a sostenerla sia lo stesso Grillo che - pochi mesi fa - difendeva a spada tratta il diritto delle microcomunità della Val di Susa a difendersi con ogni mezzo dall'aggressione della TAV.

C'è un ultimo aspetto che vorrei sottolineare.
In un piccolo comune, la partecipazione popolare alla vita amministrativa è possibile ed ha un fortissimo ruolo educativo:si può facilmente misurarsi con i problemi amministrativi di una comunità, "sporcarsi le mani" con la politica e capire cosa vuol dire governare, spesso senza passare necessariamente dalla struttura di un partito organizzato.

E' quindi una palestra politica straordinaria per centinaia di migliaia di persone, che altrimenti sarebbero tagliate fuori dalle opportunità di partecipazione in una realtà più ampia. Certo, questo ha un costo, ma il decentramento della democrazia e la costruzione "dal basso" della capacità di governare mi sembra lo giustifichino appieno.

mercoledì, settembre 06, 2006

Perchè sfidarsi a superare i propri limiti

Lo spunto di questo post nasce da una notizia (un tizio ha percorso di corsa, impiegandoci nove mesi, la distanza tra Pechino e Parigi, quasi 20.000 km, senza fermarsi mai neppure per un giorno, con una media di 73 km di corsa quotidiana) e dalla lettura di un libro biografico su Walter Bonatti (l'alpinista/esploratore dell'era ante-Messner che partecipò in modo drammatico alla spedizione italiana di conquista del K2 nel 1955).

Quando si parla di imprese del genere (o di quelle di Messner) si resta sulle prime ammirati, ma un attimo dopo si liquida la questione dicendo semplicemente "quello è matto..."

"Matto" perchè razionalmente tali imprese sono così faticose e/o rischiose da non essere giustificabili semplicemente con il ritorno economico e di immagine che possono dare, in questa società dove esiste solo quello che fa notizia: nel senso che si può benissimo diventare ricchi e famosi senza rischiare l'osso del collo.

Infatti, c'è qualcosa di più del bisogno di esporre un ego dalle dimensioni notevoli: e questo "di più" credo sia umanamente interessante.

Queste imprese non vogliono soltanto dire "io sono il migliore", ma - a leggere le dichiarazioni dei protagonisti - vogliono soprattutto dire "io posso farlo". Servono a misurare l'estensione del proprio essere, cosa che in genere il "sistema" non chiede a nessuno: perchè persone consapevoli delle proprie possibilità diventano presto indomabili, ingestibili, incontrollabili, "antipatiche" (e Bonatti e Messner sono sempre stati sulle balle a quasi tutti).

venerdì, settembre 01, 2006

Vai Coliandro!


Credo di non aver mai guardato una fiction televisiva prima d'ora in vita mia: tantomeno quelle basate sulle gesta dei corpi di polizia & affini, i cui trailer trasudano in genere retorica e buoni sentimenti in modo nauseabondo.
Ma quando ho leggiucchiato che stava partendo una serie sceneggiata da Lucarelli, che era stata girata quasi due anni fa e tenuta in freezer per presunto "politically uncorrect", ho immaginato che si trattasse di una cosa di qualità.
Ed infatti non sono rimasto deluso: "L'ispettore Coliandro", miniserie in quattro episodi trasmessa da RAI2 (prossimo ed ultimo episodio martedì 5 settembre alle 21), è una fiction basata sulle gesta di un poliziotto sfigato, imbranato, ignorantello e cafoncello, contaminato da film western e polizieschi e tendente all'abuso di potere, ma stramaledettamente vero e simpatico.
In genere si trova coinvolto involontariamente in qualche casino per sbaglio, si muove goffamente in ambienti in cui in genere i poliziotti da film si mimetizzano alla perfezione: lui no, puzza di pulotto lontano un chilometro, viene riconosciuto subito e rischia da subito la pelle.
E' disprezzato dal magistrato di turno (ovviamente una bellissima donna in carriera), sottovalutato dai colleghi, e in ogni storia incontra una ragazza dal presente problematico che non sopporta i poliziotti (ma riuscirà a convertire sempre la diffidenza in simpatia).
Il genere è un poliziesco di ambiente che vira sulla commedia: simpatico, ironico, mai eccessivo. Da non perdere, per quel che ne resta: vista la discreta qualità, difficilmente ce ne sarà un'altra serie.

martedì, agosto 29, 2006

Cose scandinave

Sto pianificando il viaggio del 2007, e mi sono fatto inviare dagli enti del turismo finlandese e norvegese un po' di brochure, richiedendoli tramite i rispettivi siti. (Possibilità che invece non esiste per la Svezia...un mito che crolla).
I finlandesi sono stati signori, mi hanno riempito di documentazione "free of charge".
I norvegesi mi hanno invece inviato un bollettino di conto corrente postale, precisando che la documentazione costa ed un contributo facoltativo sarebbe assai gradito: lo stile mi è piaciuto, quindi contribuirò.
Gironzolando sulle informazioni generali, mi hanno colpito alcune cose su cui ritengo necessario un approfondimento:
  • perchè in Norvegià è proibita ai turisti l'importazione delle patate? (il quesito non è peregrino, essendo un camperista con tendenza all'autosufficienza alimentare);
  • perchè ad Oslo e Trondheim i mezzi privati possono circolare con le ruote chiodate a patto che paghino una tassa ambientale di circa 3 euro al giorno?
  • perchè un caffè costa 3 euro e mezzo? (e magari fa pure schifo?)
Immagino che questi quesiti vi coinvolgano nel profondo...

giovedì, agosto 10, 2006

Lacrime per Bambi (my god!)

Precisazione: difficilmente leggerete qui, d'ora in poi, post che trattino l'argomento del giorno (il conflitto tra Israele ed Hezbollah sul territorio libanese). Non riesco ad informarmi ad un livello sufficiente, e quindi evito di pronunciarmi. Posso esprimere solo orrore, ma è merce ormai consunta e troppo diffusa.

La Regione Piemonte pianifica - come fa ogni santo anno, indipendentemente dal colore di chi la governa - di abbattere qualche migliaio di caprioli, la cui popolazione è diventata numericamente insostenibile rispetto alle risorse del territorio, e subito si scatena un'ondata di commozione impressionante (altro che le vittime civili delle guerre! Questo sì che è un crimine intollerabile!)
Tutti piangono per Bambi, o inventano soluzioni demenziali (il trasporto di migliaia di capi in Calabria! In fondo è un modo appena più crudele di una fucilata, per ucciderli...).
Gli stessi uomini e donne che distruggerebbero senza esitare un bosco secolare per avere una strada che li porti in cinque minuti da casa all'ipermercato più vicino, si struggono per i caprioli come se fossero amici, parenti, animali di casa con cui condividono il letto e il sofà.
Perchè è bello provare emozioni semplici: un animaletto umanizzato da Walt Disney è l'oggetto giusto delle nostre attenzioni, che non ci sentiamo di rivolgere agli sfigati del mondo neppure quando ci inciampiamo sopra nell'androne di casa.
Che la popolazione di caprioli tenda ad incrementarsi del 35% all'anno in assenza di predatori, e che i caprioli abbiano la naturale tendenza a devastare il sottobosco cibandosi dei germogli degli alberi che riescono a raggiungere, sono informazioni ed aridi dati che non influenzano la commozione.
Che il peso sul territorio di una simile popolazione di ungulati sia insostenibile, non interessa: "Giù le mani da Bambi!", è l'urlo del popolo, rappresentato ad alti livelli da personaggi che dovrebbero aver ben altro da fare (il Commissario UE Frattini, il Ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio, il Governatore della Calabria Loiero, il critico Sgarbi..) che inserirsi distrattamente in una polemichetta estiva e senza fondamento.
In ogni anno compreso tra il 2001 ed il 2005, la Regione Piemonte ha autorizzato l'abbattimento di un numero di caprioli compreso tra 2500 e 3500.Gli abbattimenti effettivi sono stati l'80% in media, quindi è assolutamente normale che la quota prevista per quest'anno sia leggermente superiore: i caprioli non hanno saputo che erano in soprannumero e non si sono volontariamente spostati in un altro habitat, quindi è necessario adeguare il numero di abbattimenti.
Che sono un numero normale, a parte lo sbandamento matematico di qualche blogger che riesce a fare un post del genere senza vergognarsi, che parla di 600.000 caprioli che verranno uccisi in Piemonte in due settimane!!!! (600.000 caprioli uccisi? si suppone che, vista la mattanza, ce ne siano almeno dieci volte tanto...un capriolo e mezzo per ogni piemontese!!! Ma dove li avremo nascosti? Sotto i letti?)

Il numero di abbattimenti annui di caprioli, in tutta Italia, assomma a circa 50.000, rispetto ad una popolazione totale stimata di capi tra 250.000 e 400.000 unità (popolazione che resta stabile GRAZIE agli abbattimenti programmati).
Spaventoso? Beh, prima di commuoverci leggiamo questo documento ufficiale, risalente a gennaio 2006, del Ministero delle Attività Produttive.
A pagina 30, uno scopre che in Italia si macellano, ogni anno, circa QUATTROMILIONI E DUECENTOMILA CAPI tra vitelli, vacche e vitelloni (dato aggiornato al 2004).
E stiamo parlando solo di CARNE BOVINA, che costituisce il 27,5 % del nostro consumo di carne.
Ogni anno ci mangiamo a testa, sempre secondo i dati ufficiali, più di 87 kg di carne, di cui 24 di carne bovina. E non parliamo del pesce, porello...
Ora, supponendo che tutte le anime belle che piangono per la sorte dei "bambi" siano perfettamente consapevoli di queste cifre (e mi auguro che lo siano, neh...), io mi aspetto che in Italia la percentuale di vegetariani, in seguito a questo dibattito, schizzi immediatamente e coerentemente alle stelle.
Secondo voi, come andrà a finire?
Comunque, se Pecoraro Scanio, Frattini, Loiero e Sgarbi dispongono di un giardino di casa abbastanza capiente, inizino pure a raccogliere caprioli in giro per il paese...

Ah, giusto per finire.
I caprioli sono ungulati come i cervi e i cinghiali, i camosci e i mufloni.
Beh, per fare un esempio, il piano di abbattimento dei cinghiali in Piemonte (stagione venatoria 2005-2006) riguarda...guarda un po'!, 4000 capi, come per i caprioli! Perchè i cinghiali non se li fila nessuno? Solo perchè sono brutti e pelosi? (Qui altri dati).
Allora trattasi di anime belle ed anche un po' razziste...

Ah, se volete già iniziare a piangere in anticipo per "l'orribile massacro" che si svolgerà in Piemonte nella stagione venatoria 2006-2007 qui c'è il dettaglio, fresco fresco di pubblicazione...

Io, intanto, esprimo la mia assoluta solidarietà a tutti i tecnici , agli esperti faunistici ed agli amministratori piemontesi che in questi giorni sono sottoposti, peggio dei caprioli, al fuoco incrociato della stupidità e dell'ignoranza.

UPDATE: gironzolando per la rete, e leggendo centinaia di post indignati per l'orrido massacro, scopro che il razzismo delle anime belle non è solo "procaprioli" alla faccia delle altre specie, ma anche "etnico": tutti a spasimare per i 600 caprioli della provincia di Alessandria (da cui, si comprende, è partito il tam tam mediatico), e a disinteressarsi degli altri 3400 caprioli piemontesi e degli altri 49.600 italiani destinati alla stessa fine. Mah...non ho parole.

UPDATE2: c'era un articolo del Corriere che sottolineava già quanto detto nel primo update; ma è curioso notare che, dei 50.000 caprioli che verranno abbattuti quest'anno, ben 10.000 si trovano nella Provincia di Bolzano (ed è una cifra, consentitemi, molto più impressionante dei 600 alessandrini...)
Il direttore dell'Associazione cacciatori dell'Alto Adige, Heinrich Aikenthaler, dice che «da vent'anni la cifra degli abbattimenti da noi è più o meno sempre la stessa e nessuno si è mai sognato di contestarla anche perché tutto viene eseguito in modo scientifico, attraverso una commissione mista, equilibrata, non di soli cacciatori».
Il tipo non mi è particolarmente simpatico nè per ruolo nè per tono, ma non vedo perchè non dovrei credergli.

martedì, agosto 08, 2006

Spot for dummies: il FUSILLONE!

In una informale discussione da macchinetta da caffè, aggravata dalla noia mortale della settimana preferragostana, si celiava fra noi di quanto le pubblicità ci considerassero imbecilli.
Ad esempio, in uno spot della Barilla si vede un tizio vestito da cuoco che prepara il pesto come se fosse in una piccola trattoria, mentre è molto probabile che gli ingredienti del pesto non vedano mai mano umana dal loro ingresso in Barilla al loro ingresso in barattolo...
Sempre la Barilla diffonde l'idea che qualche lavoratrice creativa abbia avuto la fantastica idea di fare...la pasta un po' più piccola e inventare una linea che si chiama "I piccolini", dedicandola pure alla figlioletta...Ci si immagina una di queste impiegate che sta lì, con la matita in mano ed il foglio bianco, con il compito di inventare nuove forme di pasta, e rimuginando inconsciamente gli ultimi discorsi dei top manager ("bisogna ridurre tutto del 30%! I costi! Il personale!"), d'improvviso esulta: "Ci sono! ridurrò la pasta del 30%!"...
...e corre dal suo capo con questa meravigliosa idea, e insieme corrono dal Responsabile della Linea Pasta che si illumina per l'idea grandiosa, e...mettono in produzione questa straordinaria invenzione...:-(((
Beh, visto che qui si è in vena di generosità, ecco una grande idea AGGRATIS che offriamo alla Barilla: la nuova linea de "I GRANDONI"!
La prima pasta della linea è il FUSILLONE: un unico, grande fusillo da 500 grammi in uno splendido package cilindrico con vista sull'oggetto attraverso la usuale finestrella di plastica.
Buon appetito!

venerdì, luglio 28, 2006

Il senso delle proporzioni

Sono d'accordo con voi: la contabilità necrofila, cioè il computo ed il confronto delle vittime delle parti coinvolte in un conflitto, è una cosa raccapricciante.
Si rischia di ragionare sui numeri e perdere di vista che dietro quelle cifre ci sono (c'erano) persone come noi, storie, vite ordinarie.
In questi casi io tento di ricondurre i numeri (che sono sempre spaventosi) a qualcosa di riconoscibile e riconducibile alle persone.
Allora: il TG di ieri sera diceva che il conflitto israeliano-libanese (so che la definizione è impropria) ha causato sinora la morte di 600 civili in Libano e di alcune decine in Israele.
Anche se il conflitto è spaventoso come tutti i conflitti, i numeri consentono ancora di percepire le dimensioni del dramma (se proseguirà, non ce la si farà più).
Io non credo di conoscere 600 persone: stimo di conoscerne 100-150, e quando dico "conoscere" intendo disporre di una quantità discreta di informazioni sulla loro esistenza e sul loro modo di essere, sufficiente a creare uno scambio di emozioni.
Ecco, tra queste 100-150 ho rapporti più approfonditi con poche decine, e rapporti di amicizia con meno di dieci (sono ormai un vecchio orso misantropo e senza energie).
Se penso alla complessità che popola la vita dei miei amici, di cui io colgo una parte infinitesimale, ed alla rete di relazioni e amicizie che da ognuno di essi si diparte, mi rendo conto che il patrimonio umano che di cui sto parlando ha valore e dimensioni inestimabili.
Ora, se un conflitto uccidesse i miei amici, io avrei una percezione (terribile), anche se imperfetta, della GRAVITA' della perdita, della sua intollerabilità: penso sia quello che prova chi vive lì, e che d'improvviso questa perdita subisce, senza poterla comprendere nè razionalizzare.
Perdita che è irreparabile per chi quel patrimonio conosceva, ma è irreparabile anche per il mondo: spazzare via quelle vite significa distruggere un patrimonio di unicità e diversità assolutamente non replicabile; spezzare legami, cancellare sogni, annullare abilità, competenze, modi di essere, abitudini, tic, manie, smorfie, carezze...
Cercare di trasformare quel freddo numero in visi di persone amate e care, è l'unico modo per capire quanto schifosa, ingiusta, irreparabile sia sempre la guerra.

martedì, luglio 25, 2006

Si riapre!

...domani? Può essere.
Una manciata di giorni di nomadismo salentino, tra Gallipoli ed Otranto, mi ha reso ancor più pigro del solito.
Vacanza è stare per quindici giorni senza mettersi mai le calze, delle scarpe degne di questo nome, o una camicia, o i pantaloni lunghi.
Sciamannato, con una pila di libri altissima, la birra gelata in frigo, un mare azzurro-favola davanti agli occhi, ed un sacco di tempo da buttar via senza dover pensare a nulla.
Vabbè, è finita.

martedì, luglio 04, 2006

E ne ho anche per gli avvocati!!!

Ieri un iracondo Alfredo Biondi diceva che in Parlamento ci sono più o meno 110 avvocati: l’11 per cento della rappresentanza di tutto il “popolo italiano”!!! E’ come se in Italia ci fossero 6 milioni di avvocati, in proporzione!!!
Ecco, anche qui bisognerebbe introdurre delle “quote professionali anti lobbing” per l’ingresso in Parlamento: numero chiuso.
Se gli avvocati in Italia sono uno ogni diecimila abitanti (che ne so, sparo a caso), anche in Parlamento deve essere rispettata la stessa proporzione: per bontà, potremmo concedere un senatore, anche avrebbero diritto solo ad un decimo di onorevole…:-)).

lunedì, luglio 03, 2006

Ferie

Vado nel Salento a ricarburare.Il camper è già pronto, gas acqua bici e generi di conforto.
Ci si rilegge dopo il 22 luglio.

Sembra di sognare...

In questo weekend, il senso di appartenza a questo paese ha subito un sussulto positivo. No, non parlo affatto di Italia- Ucraina, dove si è vinto con tre-tiri-in-porta-tre (e sarebbero opportuno che nel dopopartita gli azzurri tacessero, è già così difficile condividere l'appartenenza alla patria calcistica anche senza le loro sciocchezze).
Parlo dei decreti legge anticorporativi emanati dal governo nella giornata di venerdì.
Un atto splendido: deciso in fretta e senza cedimenti, va a toccare e rimuovere privilegi medievali a cui eravamo rassegnati per sempre.
Pensate ai notai. Categoria inutile, a mio avviso. Questo tizio (ricco di famiglia, figlio e nipote e pronipote di notai) ti guarda, te perfetto sconosciuto, mentre firmi qualcosa con un altro illustre sconosciuto mentre gli compri una Panda scassata color malva o un monolocale, ti scarabocchia frettolosamente un ghiribizzo incomprensibile sulla carta (moduli ormai consolidati da anni in normali modelli di Word) e ti spilla decine, centinaia, migliaia di euro senza assumersi, alla fine, nessuna responsabilità (se l'alloggio che hai comprato risulterà ipotecato, credete che il notaio paghi il fio? Si assolverà con fastidio e distacco, e saran tutti cavoli tuoi).
O i tassisti, che qualcuno in questi giorni ha paragonato ai camionisti che paralizzarono il Cile di Allende: oh, non è ancora successo nulla e questi già bloccano le città...mentre all'estero il taxi è un ragionevole ed alternativo mezzo di trasporto, qua lo puoi prendere solo se sei miliardario o a nota spese di un'azienda...e ce ne sono così pochi che, se proprio ne hai bisogno, col cavolo che ne trovi uno. E questi occupano le città...roba da mandargli l'esercito, altro che!
E poi le banche e le assicurazioni: avete provato ad avere un incidente con ragione, ed aspettare due anni il risarcimento, mentre vi siete indebitati per comprare un'auto che sostituisse quella distrutta?
C'è poco da dire: sono piacevolmente stupito e orgoglioso (finalmente è il "nostro governo").
Bravo Prodi, bravissimo Bersani: dalla Via Emilia contro il Far West!

venerdì, giugno 23, 2006

Semplicemente NO

Per votare NO domenica e lunedì, al referendum sulla sciagurata riforma costituzionale scritta in una baita da quattro amici di merende, basterebbe la sensazione - il brivido lungo la schiena - che dà il sorriso osceno di Calderoli quando ne parla.
Ma se non basta, ecco la splendida intervista a Repubblica di Ciampi.
E se non basta ancora, ecco il sito del Comitato per il NO.
Andiamo a votare, su dai: per cancellare questo ignobile tentativo, e anche per dire al Centrosinistra che noi siamo i quattro milioni delle primarie, e che non può continuare a deluderci come sta facendo in questi due primi, tristi mesi di governo.

martedì, giugno 13, 2006

Buffon(i)


Gianluigi Buffon, portiere della Nazionale italiana di calcio, a questo blog è estremamente antipatico.
L'antipatia nasce dai tempi in cui il nostro, durante una partita di campionato, ebbe la bella idea di indossare, sotto la maglia da portiere, un maglietta con il tristo slogan fascista "boia chi molla".
Interrogato al riguardo, farfugliò le tipiche cazzate del tipo "io non mi occupo di politica", generando in chi scrive un istantaneo raddoppio della sensazione di fastidio.
In tempi più recenti, codesto Buffon (un nome, un programma) ha rischiato di perdere la convocazione in Nazionale a causa del suo coinvolgimento in un giro di scommesse sulle partite: alla fine parve estraneo alla faccenda, ma si seppe che nel passato il simpatico signore scommise oltre un milione di euro sulle partite di calcio (e qui, la nostra antipatia per il soggetto diventa elevata al cubo).
Ieri, l'Italia ha giocato la prima partita dei Mondiali di calcio 2006 vincendo con il Ghana per 2 a zero.
Fin qui, tutto bene.
Ma purtroppo, stamattina alla radio sento un'intervista rilasciata incautamente dal Nostro (che nell'esprimersi è quasi peggio che nel vivere) : "Ecco, avete visto, avete cercato di sputtanarmi ed invece...".
Invece cosa?
Se uno ha comportamenti da pezzo di merda, e probabilmente lo è anche nel profondo, dove sta scritto che una vittoria col Ghana ha poteri riabilitanti?
Cosa mai è cambiato rispetto a ieri?
Buffon eri, Buffon resti: e sei sempre più antipatico.

lunedì, giugno 12, 2006

Forza Toro!




Ieri sera non c'ero, al Delle Alpi, ma quasi tutti quelli che conoscevo (una piccola porzione dei sessantamila, neh...) sono andati allo stadio a vedere il Toro contro il Mantova.
Ma c'ero lo stesso. Con la mia bandiera del 1976, la stessa che usai per andare a far festa in Piazza Castello quando vincemmo l'ultimo scudetto.
La storia del Toro è stupenda, umana, da delirio.
La capisce solo chi è ipersensibile, un po' sfigato e masochista, e sa che nessun piacere è maggiore che vincere con dolore.
Una squadra imbattibile battuta dalla base di una basilica.
Un genio del calcio (Gigi Meroni), un George Best sotto la mole, ucciso da colui che diventerà presidente (e ucciderà per la seconda volta un Sogno Granata) qualche decina di anni dopo.
E dolori, e gioie supreme sempre intrecciati.
Quel colore (il granata) che è sangue, è vino di queste parti, è vita.
Toro, per sempre.

venerdì, giugno 09, 2006

La fine di una (piccola) epoca

Ci sono molti momenti, nella nostra vita, che segnano la fine irrimediabile di qualcosa: dei piccoli snodi, assolutamente intimi e non fondamentali nè importanti per il mondo e la storia, passati i quali alcune cose non saranno più, mai più.
Me ne è capitato uno giusto stamattina, di codesti snodi.
Come ho fatto per centinaia di volte in questi ultimi nove anni, questa mattina sono sceso in auto dalla mia casa in collina, ho varcato il ponte sul Po, ho percorso la solita strada verso la periferia della cittadina che sta oltre il ponte, ho parcheggiato davanti ad una scuola elementare, ho scaricato mio figlio (non è un asino ripetente, i nove anni si riferiscono al fatto che prima portavo mia figlia nella stessa scuola...), ho rimesso in moto l'auto e, percorsi duecento metri, ho parcheggiato davanti alla solita edicola-cartolibreria in cui ho comprato il quotidiano nella maggior parte dei giorni feriali degli ultimi nove anni.
Una piacevole abitudine, la breve conversazione con la signora bionda e gentile dell'edicola.
Io entro in genere con i soldi già contati, li poso sul vecchio posacenere pubblicitario che funge da piattino, afferro la mia copia di "Repubblica", mi soffermo a scambiare due parole sui fatti del giorno e via, esco a riprendere l'auto per imboccare l'autostrada e recarmi al lavoro.
Così ho fatto anche oggi: ma oggi non è un giorno come i centinaia di giorni come gli assomigliavano.
E l'ultimo giorno di scuola; l'ultimo giorno in cui mio figlio frequenta la scuola elementare.
E quando la signora bionda dell'edicola mi dice: "Allora, da oggi non ci vediamo più!" io faccio un attimo mente locale, incomincio a dirmi "ma no, ci si vede lunedì" e mi rendo conto dell'errore, ripenso "vabbè, ci si vede dopo le vacanze" e mi rendo conto di sbagliare di nuovo.
E qui, finalmente, capisco che sono allo snodo.
Di qui ci passerò ancora, sicuramente (di fianco alla scuola elementare c'è l'Istituto Musicale che i miei figli frequenteranno ancora per anni): ma non ci verrò al mattino, non ci comprerò il giornale, non scambierò più due parole qui, in questo contesto di quotidiani rotocalchi matite, con la signora bionda.
E' un qualcosa che, d'improvviso, esce dalla quotidianità e viene rinchiuso, insieme a mille cianfrusaglie, nell'armadio dei ricordi.
Succede sempre, per carità, ma come sapete ci si affeziona alle proprie abitudini: e sapere di averne persa una, irrimediabilmente e per sempre, mi rende questa giornata dolcemente malinconica.

giovedì, giugno 08, 2006

Prima di comunicare, pensa: la pessima intervista di Prodi

Dopo il primo attimo di sconcerto, all'avvio del nuovo governo, per la molteplicità di dichiarazioni inutili e demagogiche da parte dei nuovi ministri, in queste ultime settimane mi è sembrato che si potesse essere orgogliosi delle modalità di lavoro dell'esecutivo: poche parole, molto lavoro, l'attuazione del programma a partire dalle cose importanti (economia, bioetica, scuola, ritiro dall'Irak).
Peccato che oggi abbia letto, su Repubblica "on paper", la trascrizione dell'intervista di Prodi a Die Zeit.
Una serie di clamorosi ed inutili autogol.
Un inutile attacco a Berlusconi, con l'uso di un verbo tanto iperbolico quanto insulso ("il paese è stato schiavizzato").
Un inutile e irritante egotismo berlusconico ("In un mese ho fatto eleggere il governo, i Presidenti delle Camere, il Presidente della Repubblica"...).
Una sciocca presunzione nei confronti della Germania ("voi tedeschi, invece...").
Un'inutile ed irritante offesa ad alcuni piccoli partiti partner (per PRC e Comunisti Italiani, sentirsi definire di "folkloristici" ed "innocui " non è certo piacevole).

Insomma, una esternazione incomprensibile, inutile, irritante, sbagliata.
Presidente Prodi, la preferiamo quando lavora: la comunicazione non è proprio il suo forte.

lunedì, giugno 05, 2006

Prima di giudicare, è meglio conoscere: il caso D'Elia.

L'ex ministro Giovanardi prima, e l'intera CdL adesso stanno scatenando una discreta e (a mio avviso) indecente canea contro il deputato della Rosa nel Pugno Sergio D'Elia, eletto alla carica di Segretario di Presidenza della Camera dei Deputati. Trent'anni fa D'Elia era un dirigente di Prima Linea: arrestato e condannato a trenta anni di carcere senza aver commesso atti di sangue, è uscito di prigione dopo dodici anni e da allora si è sempre distinto in battaglie di carattere nonviolento, in particolare tra le fila radicali. E' stato fondatore e segretario dell'associazione "Nessuno tocchi Caino", per l'abolizione della pena di morte.
Ma io penso che basti leggere qui il testo della lettera che D'Elia ha inviato al Presidente ed ai Colleghi Deputati per farsi autonomamente un'idea di quanto sia assurda la polemica montata dal Centrodestra.
Ha sbagliato tragicamente (senza uccidere o ferire nessuno, ripeto, ma assumendosi le stesse responsabilità politiche di chi lo ha fatto); ha pagato il suo debito; si è reso conto dell'errore e ha, negli ultimi lustri, operato concretamente su un piano antitetico rispetto alla sua esperienza terroristica. Non si capisce per quale motivo debba pagare a vita un errore per cui ha già abbondantemente espiato.

mercoledì, maggio 31, 2006

Il generale

E' un vecchio pezzo che scrissi all'inizio della guerra in Irak. Ma la strage di Haditha me l'ha riportato alla mente.

Guardi fuori, generale, oltre il vetro rigato dalla pioggia, ed il tuo sguardo opaco segue senza fretta le luci della berlina che si allontanano sul vialetto di ghiaia.
E’ un’altra notte, quella che è caduta, in cui rimarrai solo con i tuoi ricordi.
Con un dito rugoso tracci una linea sul vetro, mentre alle tue spalle il bel salotto resta silenzioso e vuoto, come il resto della casa di campagna in cui sei venuto a concludere la tua esistenza.
Socchiudi le palpebre, reprimi un fremito del corpo vecchio e stanco, ma non riesci a impedire che, nel tuo cervello, riparta ancora quel film: sempre il solito, sempre uguale.
In quel film, nel prologo della storia, indossi la tua divisa migliore, stirata di fresco dalle giovani ausiliarie delle truppe logistiche.
Sei ancora giovane, e sei uno dei più validi generali dell’esercito alleato. Il Comandante ha fiducia assoluta nelle tue capacità, ed è per questo che ti ha affidato la guida di una delle operazioni più difficili del conflitto.
La guerra, quando era iniziata, sembrava davvero un passeggiata, una marcia trionfale, e nelle cene tra ufficiali bevevate champagne in anticipo, per anticipare la gloria che vi avrebbe avvolto all’ingresso nella capitale liberata.
Ma nel film, dopo un mese dall’inizio della guerra, vi eravate infine impantanati in un conflitto senza via d’uscita: bloccati a venti chilometri dalla capitale, con la via del ritorno bloccata dalle città riconquistate dal nemico, accampati nel deserto nei pressi di un piccola città duramente difesa dalle forze avversarie, che sembravano ritemprate dall’allontanarsi di una sconfitta annunciata, e non mollavano mai, mai, mai.
Dietro di te, nel deserto nel quale avevate percorso centinaia di chilometri in tempi record, arrugginiscono ormai a decine i camion abbandonati dopo gli assalti nemici, e si disfano al sole – cinquanta gradi, cazzo… - i corpi straziati degli ultimi uccisi (i loro, non i vostri, prontamente recuperati dagli elicotteri e sigillati nei body bag per essere gloriosamente restituiti alla disperazione dei familiari ed alla venerazione della Patria).
Il Comandante sa che la guerra è a un punto cruciale. Il favore e gli applausi sono svaniti da tempo nel nulla, il Presidente si è convinto che questa avventura debba chiudersi in fretta, in tempo utile per far dimenticare i morti prima delle prossime elezioni. Le truppe che tornano a casa sono accolte dall’indifferenza e, sempre più spesso, dalla più aperta ostilità.
Resta un’ultima possibilità, per ridurre le proporzioni della sconfitta: arrivare alla capitale in qualche modo, prenderla, e tenerla per il tempo necessario a giustificare le motivazioni originarie del conflitto, tentare un’ultimo improbabile colpo al regime che ha tenuto oltre ogni aspettativa, e far dimenticare, almeno per un poco e attraverso una vittoria effimera, le migliaia di morti inutili, le città distrutte, le strategie del terrore, le reciproche crudeltà.
Il Presidente non è convinto, non vuole altri bagni di sangue in questo momento per non compromettere ulteriormente la propria immagine internazionale, ma il Comandante insiste, chiede che gli venga concessa l’ultima opportunità per una fine decorosa del conflitto.
L’ordine ti arriva nella notte. Nell’azione verranno impiegate tutte le forze che restano, e che possono garantire un potenziale di distruzione senza eguali. Quella piccola città che resiste dovrà essere spazzata via, e senza particolari cautele, per poter raggiungere la capitale entro la sera successiva.
Mandi in avanscoperta una pattuglia, agli ordini di un giovane ufficiale.
Non vuoi correre rischi: prima dell’alba, un robusto bombardamento convincerà gli ultimi resistenti, per quanto accaniti, ad abbandonare la difesa ed a permettere, alle prime luci del giorno, il passaggio della tua divisione.
E qui, generale, nel film ti vedi lucido e deciso, con le idee assolutamente chiare. Emozionato, come prima di ogni battaglia decisiva.
Affacciato all’ingresso della tenda, dopo aver congedato gli ultimi ufficiali, guardi verso la città che conquisterai, punteggiata da piccole luci fioche e rischiarata, a tratti, dagli ultimi incendi della giornata.
Sorseggi del buon bourbon, e pensi.
E mentre pensi, torna la pattuglia di esploratori. O quel che ne resta, visto che sono stati scoperti e, secondo i racconti spezzati del sottufficiale che guida il drappello di superstiti, catturati e portati nel cuore della città.
Un ulteriore problema si aggiunge a quelli che già hai, e per non pensarci lasci che il Four Roses ti incendi la gola con l’ultimo sorso.
Poche ore dopo, nella notte insonne, ascolterai il lavoro ben fatto dall’aviazione, e vedrai ancora i bagliori nuovi e accecanti che devono – DEVONO – consentirti di vincere.
Quando il sole finalmente sorge, generale, il tuo film supera il punto di non ritorno.
Hai nelle orecchie il rumore dei cingoli, e negli occhi socchiusi il bruciore della sabbia, quando, cinquanta minuti dopo, alle porte della città state per entrare.
Sembra una città deserta, abbandonata. Siete decisi ma cauti, e quando quel soldato con il viso sconvolto ti invita ad entrare in quella casa, una delle poche rimaste in piedi dopo il duro lavoro di distruzione, fermi la colonna con un cenno della mano.
Nel silenzio, varchi la soglia. All’inizio non comprendi quel che vedi. Sono macchie verdi e rosse, e ci metti un po’ a comprendere che quel sangue, quei corpi disarticolati, quello strazio è ciò che resta della tua pattuglia.
Non vuoi vedere – ed ancora oggi, oltre il vetro che gocciola, non vuoi ricordare – quella gola tagliata, quei volti tumefatti, quel corpo di giovane donna vistosamente violato prima dell’orrore finale.
Fai solo un cenno all’ufficiale che è entrato con te, ed esci con in bocca un gusto osceno, e nella mente qualcosa che non sai descrivere. Ti ascolti urlare ordini secchi e spietati, che fanno riprendere il rumore con un tono ancora più inquietante: la colonna si muove, i passi risuonano nella città deserta, i fucili cercano le anime nascoste tra le macerie per una vendetta.

Ti ricordi ancora esattamente, generale, che cosa hai detto al Comandante nel pomeriggio, dopo che tutto era finito.
O cosa non hai detto: dopo il passaggio della divisione, la piccola città si è trasformata in un cimitero fumante. Hai restituito lo strazio di quella casa moltiplicato per mille, e per tutta la mattina il rumore delle armi automatiche ha ritmato la vendetta. Nelle case, dentro i vecchi bazar, i tuoi uomini hanno sparato urlato violato, con gli occhi spalancati dall’orrore di una guerra ormai troppo lunga per consentire la sopravvivenza di qualcosa che somigliasse all’umanità.
Donne, bambini, guerriglieri, soldati, vecchi sono caduti senza che il loro grido superasse neppure il fragore delle armi.

Poi, ad un certo punto, tutto è finito.
I tuoi soldati, svuotati e stanchi, si sono fermati, nel silenzio rotto solo dai gemiti di qualche ferito lontano, da qualche sparo isolato e dai crepitii delle fiamme.
Il Comandante, al telefono, ti intima di fermarti: qualche reporter ha già raccontato e documentato la carneficina, il mondo sa già tutto, prima ancora che tu abbia riordinato le idee e dato un ordine logico a tutto il casino che hai in testa.

Ti ricordi, generale: la fine della guerra giunse quel giorno, quando la voce stizzita del Comandante riferì che il Presidente aveva dato l’ordine di tornare a casa.

Non fu bello, qualche giorno dopo, scendere dall’aereo e correre via tra i poliziotti, mentre la folla rumoreggiava ostile oltre le recinzioni della base, tenuta a bada dai mitragliatori spianati della polizia militare.
Non fu bello vedere che lo sguardo del Comandante, nelle insostenibili riunioni che seguirono, ti imputava il tradimento e la sconfitta, come se tu fossi il solo responsabile dell’esito di quella guerra disgraziata.
Ed i lunghi, dolorosi interrogatori della Commissione di Inchiesta si fecero ancora più duri quando, l’anno dopo, il Presidente vecchio e stanco perse senza sorpresa le elezioni, ed i nuovi padroni vollero chiudere i conti con durezza.
No, nonostante le insistenze non ti consegnarono in mano al Tribunale Internazionale: nessun generale ci sarebbe mai finito, lì, nessuno.

Ed ora, generale, davanti al vetro della finestra che dà sul vialetto, pensi che questi trent’anni ti sono pesati come un secolo, e che i capelli bianchi e il corpo incurvato e lo sguardo opaco non ti hanno sottratto a quel ricordo. E pensi che questo film non smetterà mai di tormentarti, anche se l’oblio della storia ha ormai consentito di dimenticarti, anche se nessuno urla più davanti alla tua finestra, anche se in quel paese ed in quella città si sono succeduti nuovi tiranni, con cui si sono fatti nuovi affari prima di fare nuove guerre.

Nel film che da quel giorno ti oscura lo sguardo, i morti sembrano osservarti con pietà: ma non riesci ancora a vederli, come non li vedesti allora.

martedì, maggio 23, 2006

Giù le mani da Giorgio Gaber/2

Ma trattasi di un vizio del direttore comunicazione della Piaggio, dunque...! Il classico caso in cui, potendo mangiare un'idea, non si produce nulla di meglio della cacca.

Fulvio Zendrini cita Gaber e bacchetta Telecom

Ah “se potessi mangiare un’idea”... Fulvio Zendrini, direttore comunicazione del gruppo Piaggio, prende a prestito le parole di Giorgio Gaber per sottolineare la forza dell’idea che riempie una campagna pubblicitaria. Zendrini - ex numero uno della comunicazione di Tim e Telecom Italia - non risparmia nessuna critica ai suo vecchi datori di lavoro: “Lasciarsi strappare da Fastweb un testimonial come Valentino Rossi è stata una follia – dice -. Certo, saranno anche bravi a pianificare ma...”. Il manager riafferma poi la supremazia “del cuore sui numeri” e spara a zero sul reparto marketing (“Uccidetelo”), dicendo ai creativi di rivolgersi direttamente agli amministratori delegati e ai direttori comunicazione delle aziende. “Quando mi si accusa di chiamare in gara 17 agenzie per il nuovo tre ruote di Piaggio – conclude – io rispondo che se c’è un’idea sono le agenzie stesse a farsi avanti. Perché dovrei privarmi di un’idea forte, anche se viene da un ragazzino?”.

venerdì, maggio 19, 2006

Giù le mani da Giorgio Gaber

In questo blog si ama Giorgio Gaber. Tutto, dal Trani a gogo a Io se fossi Dio, il cui testo è anche pubblicato in versione integrale in un post.
E quindi figuratevi la mia emozione quando, ascoltando la radio, parte ad un certo punto la sua amata voce che canta "la libertà non è star sopra un albero...".
Una canzone attualissima sulla necessità della partecipazione, perbacco.
Sei lì che ti metti a cantare insieme a lui, e la canzone sfuma di botto con una annunciatrice che dice "La libertà è Piaggio". La libertà è Piaggio? Ma vaffanculo, Piaggio!
Ma c'è di peggio. La pubblicità radiofonica di un nuovo canale televisivo "per soli uomini" (lo deduci dal testo sprezzante e misogino che apre lo spot) è chiuso sempre da Gaber che canta "Ciao ciao bambina" (la canzone è di Tenco, mi pare, ma ne ha fatta una versione anche Gaber, la sua voce nasale è inconfondibile).
Ora, io capisco che un grande come Gaber abbia avuto in vita la orribile sfiga di una famiglia folgorata sulla via di Arcore; ma mi sembra che nè Ombretta Colli nè Dalia Gaberscik siano ridotte cosi "pezzealculo" da dover dare via i diritti del grande Giorgio per vendere motorini o canali per maiali.
Che peste le colga, subito.

giovedì, maggio 18, 2006

Il nuovo governo

Non so cosa pensare. Da un lato sono contento che il governo sia nato, e non vedo l'ora che dia prova di sè, che dica e faccia (con moderazione, senza fanfalucate) qualcosa di semplice che dia speranza. Speranza di cambiamento rispetto a tutto il brutto che si è visto e sentito in questi cinque anni: il disprezzo per le regole, gli avversari, le culture diverse. Il disprezzo per i sogni che non fossero merci, soldi, grassi superflui.
L'inizio, diciamocelo, è deludente. Mastella alla Giustizia è più competente del geometra Castelli? E il nuovo ministro dei trasporti che inizia a sparare trombonate sul ponte dello Stretto, è un esempio della moderazione e della cautela con cui questo governo dovrebbe operare? Michele Serra qui spara a zero su questo pessimo inizio, e devo dire che condivido la frustata.
Dobbiamo essere migliori, non attuare berluschismi speculari.
Vabbè, diamoci tempo e speriamo in Prodi (che quando dice, rispetto alle poche donne nel governo "Mi sarei aspettato di più", ci fa restar basiti: ma chi l'ha fatto, sto governo, Babbo Natale? Ti abbiamo dato qualche milione di voti alle primarie ANCHE per non sentire scemenze simili!).
Ma non diamocene troppo, di tempo. Presto, prima che sia troppo tardi. Non sopporto i ghigni destri di quelli che dicono "Visto? sono uguali!" e voglion dire che "siamo uguali". No, non lo sopporto. Dai, su, per favore, diamo un segno.

mercoledì, maggio 10, 2006

Benvenuto, Presidente!

Stamattina sentivo, alla radio, Giampaolo Pansa parlar male di Giorgio Napolitano. Ne raccontava come di una persona spocchiosa, sempre in disaccordo con il partito ma mai in grado di guidarlo, latore di innumerevoli lettere di precisazione su questioni irrilevanti presenti negli articoli di stampa.
A me, il nostro nuovo Presidente piace, e piace in parte anche per i motivi per cui non piace a Pansa.
Certo, anch'io, con il senno di poi e prendendo atto della insulsa dissociazione della Camera della Libertà, avrei forse preferito D'Alema: è il politico più intelligente che abbiamo in Italia, è giovane.
Ma questo signore di cui si sottolinea l'eleganza e l'assoluta assenza dal dibattito politico recente porta, forse, le cose di cui abbiamo più bisogno in un ruolo così rappresentativo ed in un momento così avvelenato: la pacatezza, l'attenzione alla forma ed al contenuto delle parole.
La sua storia è la storia di un comunista un po' particolare e minoritario, ma è una storia che appartiene a me e a molta parte del paese. Che Berlusconi continui a non riconoscerla è, al contempo, ragione di depressione, ma anche di solido orgoglio e certezza di essere MIGLIORI.

giovedì, aprile 27, 2006

Idiozia mediatica sul 25 aprile

Dopo che in una manifestazione di centomila persone alcuni cretini (dieci? venti?) bruciano dei pezzi di stoffa a mò di bandiera israeliana, si arriva addirittura al fatto che l'ambasciatore israeliano chiede all'Italia di chiedere perdono.
Fatemi capire: un paese intero dovrebbe chiedere perdono per l'atto idiota di alcuni cretini (che, a differenza di quanto accaduto in passato, non rivestono ruoli istituzionali di alcun livello e quindi NON RAPPRESENTANO NESSUNO al di fuori di se stessi)???
Siamo alla follia. L'ambasciatore, così come i quotidiani nazionali, dovrebbero invece chiedere scusa ai quasi centomila che sono scesi in piazza: scusa per averli quasi ignorati ed aver sovrapposto alla loro festa, evidenziandolo senza ragione, un atto insignificante e stupido.

mercoledì, aprile 19, 2006

Io amo il Belgio

Io amo il Belgio.
Amo le Ardenne, con le sue rampe su cui si spaccano le gambe i ciclisti della Liegi-Bastogne-Liegi.
Amo Bruges/Brugge. Amo il suo canale, amo il quartiere delle beghine.
Amo Liegi, ed il terrificante panorama degli altoforni affacciati sulla Meuse: uno dei più brutti lungofiume d'Europa, senza ombra di dubbio. Negli ultimi decenni è molto migliorato, ma conserva sempre quell'aspetto da zona mineraria/carbonifera a cui ispirarsi per ricordare la Londra di fine ottocento: un cielo di angosciante polvere marrone su un'acqua color ferro, come ce l'aveva anche Bilbao negli anni Ottanta. Amo i 366 scalini che portano nella parte alta della città, che quando agonizzi a metà ti chiedi come diavolo fanno a vivere lì quelli che abitano a metà della scalinata e devono portarsi a piedi la spesa ed i materiali. Amo quell'orribile copertura di plexigas che stanno facendo sulla stazione del TGV.
Amo la cioccolata belga e le frites. Il formaggio Blu delle Ardenne.
Amo i fumetti della scuola belga, da cui arrivano Uderzo ed Hergex, Asterix e Tin Tin...
Amo i tetti di ardesia e le case di arenaria.
Amo i castelli.
Amo i tribunali che condannano i leader xenofobi fiamminghi.
Amo il fatto che in un'ora sei in Germania, in Olanda, in Lussemburgo ed in Francia.
Amo il Belgio.
Perchè mi fa dimenticare l'Italia.


Perchè mi fa dimenticare l'Italia.

martedì, aprile 11, 2006

Dopo una notte orribile

Alcune considerazioni in ordine sparso.

Se la maggioranza adulta del paese continua ad identificarsi in Berlusconi ed in quello che rappresenta, il cafonismo ricco arrogante insultante incompetente, direi che non c'è speranza.

La legge elettorale in vigore fa talmente schifo che persino la CdL ne ha patito le conseguenze alla Camera.

Quella faccina di ... che fa il manager della Nexus dovrebbe essere impalato: questa è la prima ed unica cosa bipartisan che bisognerebbe fare dopo la giornata di ieri. E se qualcuno gli ha dato dei soldi, gli chieda i danni.

All'una di notte, a "Matrix", Scaloja e Alemanno magnificano la nuova legge elettorale perchè, dicono, ha abolito le schede nulle, grave anomalia storica delle elezioni italiane. Alle tre di notte, a "Matrix", il portavoce del premier Paolo Bonaiuti chiama in trasmissione, aprendo come un telefonista delle BR ("Devo leggere un comunicato") e afferma che i conteggi vanno ripetuti perchè ci sono mezzo milione di schede annullate. A Luxuria, che fa notare l'incongruenza tra le due dichiarazioni, Mentana oppone un odioso sorriso ebete.

Quando verso le tre Fassino dichiara la vittoria del centrosinistra, resto di sale. Lo stupore cresce vedendo i leader dell'Unione che festeggiano in piazza una presunta vittoria per venticinquemila voti alla Camera. Ma quando sento il comunicato della CdL, capisco che l'irresponsabilità bipartisan è esattamente ai livelli di prima, di questa campagna elettorale avvelenata.
Vado a letto fortemente preoccupato, con in bocca l'amaro di un clima preinsurrezionale.

venerdì, aprile 07, 2006

Come SB è venuto in possesso della Villa di Arcore

Da qui...
Roma, domenica 30 agosto del 1970, attico al 9 di via Puccini, verso Villa Borghese.
Il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, quarantatré anni, abbatte con un fucile da caccia la moglie Anna Fallarino, quarantun anni, e lo studente Massimo Minorenti, venticinque anni, suo amante; quindi s'ammazza. Chi dei due coniugi è morto per ultimo? Da un respiro dipende la destinazione dell'eredità (i giornali favoleggiano di tre-quattrocento miliardi) che comprende una villa in Brianza: LA VILLA DI ARCORE. Se per ultima è morta Anna Fallarino, sua sorella e i genitori erediteranno la loro parte. Se per ultimo è morto il marchese, erediterà tutto la marchesina Annamaria, nata nel 1951 dal primo matrimonio con Letizia Izzo. La sorella di Anna Fallarino è una buona conoscente del giovane avvocato
Cesare Previti, trentasei anni, nato a Reggio Calabria ma romano dall'infanzia, che l'incarica di patrocinare gli interessi dei Fallarino. Le perizie medico-legali tolgono presto ogni dubbio: l'ultimo a morire è stato il marchese, tutto andrà alla giovane figlia Annamaria. Ma Previti non esce per questo di scena. "Benché disponga del mandato per la tutela dei Fallarino", si propone alla marchesina Annamaria, che ne accetta l'assistenza legale.
Vi è un problema però: Annamaria ha diciannove anni( per la legge dell'epoca è minorenne), il Tribunale minorile l'affida, lei consenziente, a un vecchio amico dei Casati, l'avvocato Giorgio Bergamasco, senatore liberale. Bergamasco tutore, Previti pro-tutore. Sarà la sua rovina. Sconvolta dalla tragedia, braccata dal giornalismo, Annamaria lascia l'Italia (vivrà stabilmente a Brasilia dopo aver sposato Pier Donà Dalle Rose). Il 26 giugno 1971 il tutore Bergamasco, buon tributarista, presenta all'Ufficio delle imposte la denuncia di successione, inventario analitico dei beni ereditati dalla marchesina minorenne: valore dichiarato, compresi liquidi, titoli azionari, mobili e gioielli, 2 miliardi 403 milioni; che si riducono a un miliardo 965 milioni tolti i debiti e le tasse e imposte da pagare.
Compiuti i ventun anni il 22 maggio 1972, l'ereditiera è libera ormai di occuparsi delle proprie cosa da sé; ma per la difficoltà obiettiva di amministrare il patrimonio in Italia da Brasilia, crede di trovare una soluzione nominando il 27 settembre 1972 procuratore generale, "rimossa ogni limitazione di mandato", l'ex-tutore Bergamasco. L'ex-pro tutore Previti resta suo avvocato. Gli si rivolge nell'autunno del 1973 incaricandolo di vendere la villa di Arcore, "con espressa esclusione degli arredi, della pinacoteca, della biblioteca e delle circostanti proprietà terriere". Il compratore è presto trovato.
In una telefonata a Brasilia, Previti annunzia tripudante, e confidando nell'esultanza della marchesina, il nome dell'acquirente, il magnate Silvio Berlusconi, largo il prezzo, 500 milioni (largo? per una villa settecentesca di 3 mila 500 metri quadri, completa, in difformità dall'incarico, di pinacoteca con tele del Quattrocento e del Cinquecento, di biblioteca con diecimila volumi antichi e d'un parco immenso?). Il valore di un comune appartamento nel centro di Milano. Un raggiro; tanto più che Berlusconi dilazionerà il pagamento negli anni, e le tasse continua a pagarle la marchesina. Tra lei e Previti i primi dissapori. Il 4 maggio 1977 è costituita a Roma l'Immobiliare Idra, della galassia berlusconiana. Entrano nel collegio sindacale Umberto Previti e, sino al 28 giugno 1979, il figlio Cesare. Alla Immobiliare Idra sarà intestata la villa di Arcore.
"Previti è sì l'avvocato di fiducia della venditrice marchesina Casati Stampa, ma, al tempo stesso, e all'insaputa della sua assistita, ha diretti interessi nel gruppo berlusconiano". L'atto pubblico di vendita innanzi a notaio è sottoscritto sei anni dopo la cessione, il 2 ottobre 1980. Rappresenta Annamaria, parte venditrice, il procuratore generale Bergamasco; rappresenta l'Immobiliare Idra, parte acquirente, il suo amministratore unico, Giovanni Del Santo, commercialista prestanome.
La villa settecentesca già residenza dei conti Giulini e dei marchesi Casati Stampa è così indicata nel rogito: "Casa d'abitazione con circostanti fabbriche rurali e terreni a varia destinazione". Subito dopo la "casa di abitazione" pagata mezzo miliardo a rate sarà ritenuta dalla Cariplo garanzia congrua per un finanziamento di 7 miliardi 300 milioni (fidejussione dell'Immobiliare Idra in favore della Cantieri Riuniti Milanesi: da Berlusconi a Berlusconi) e dal Monte dei Paschi di Siena per un ulteriore finanziamento di 680 milioni all'Immobiliare Idra.