giovedì, maggio 31, 2007

Anna da non dimenticare


Anna Politkovskaja è stata uccisa nell'androne di casa, a Mosca, il 7 ottobre 2006. La sua morte ha emozionato il mondo civile, ma il tempo passa e inevitabilmente il ricordo di lei si fa labile, evanescente.
Il modo migliore per ricordare Anna è continuare a leggere i suoi scritti: la sua vita è stata dedicata a raccontare, nel suo stile asciutto da cronista, gli orrori della nuova "democrazia" russa.
In "Proibito parlare", è possibile ritrovare cronache recenti di quell'inferno dimenticato a due passi dall'Europa che ha il nome di Cecenia. Sono storie di città rase al suolo, di esecuzioni sommarie, di violenza spietata, di rapimenti, di stupri, di futuri spezzati, di miseria, di sopravvivenze da fantasmi. Di persone considerate come insetti fastidiosi, di famiglie da cacciare insieme ai figli perchè "la mela non cade mai lontana dall'albero". Di totale assenza di leggi, di diritti, di regole al di fuori della violenza.
Queste cronache fanno pensare a quanto sia labile ed incerto, in buona parte del mondo, il confine tra una vita normale e l'inferno. Uno vive in un posto che improvvisamente - come in questo caso - diventa il luogo in cui trovare il pretesto per farsi eleggere Presidente della Russia. Non ha colpe, non ha fatto nulla, ma improvvisamente arrivano i carri armati a buttare giù il palazzo in cui vivi, l'aviazione bombarda il mercato che frequenti, la soldataglia ammazza per puro piacere, rapisce, stupra. Nel giro di poco tempo non resta più nulla; lavoro, affetti, futuro, beni, tutto finisce in macerie. Se si sopravvive (ed in Cecenia si calcola che la guerra abbia ucciso duecentocinquantamile persone su un milione) si diventa fantasmi, e si può cercare scampo solo nel sollievo di una follia liberatrice, che stacchi ogni legame con il mondo degli uomini.
Il problema è che questo avviene sempre più spesso, nel mondo. Avviene in Africa, in Asia, in Medio Oriente, nel Caucaso, ma anche nel cuore dell'Europa, in Kossovo, dove è impossibile distinguere tra vittime e carnefici per i continui scambi di ruolo tra albanesi e serbi. Il pretesto è il potere del potente di turno, l'arma è l'odio coltivato con cura: contro una etnia, contro una religione, contro una "razza", non importa. L'odio seminato così continua a dare frutti per sempre, non avvizzisce mai.
Dilaga e diventa la cifra stilistica di questo modo di vivere che garantisce il tenore di vita dell'Occidente: il benessere di pochissimi costruito sul sangue, sulla rapina, sullo sfruttamento del resto del mondo.
Eppure, i fautori di questo modello insistono: tutto il resto (utopie, sogni, ideologie) è fallito, l'unica realtà possibile è questa. Denaro e potere sono gli unici idoli che resistono saldamente nel naufragio del sogno di un umanesimo basato sull'uguaglianza e sull'equità.
Quanto faccia schifo questo modello lo sappiamo bene, e se ce lo fossimo dimenticati basta leggere le parole di Anna e di molti altri che - solo per raccontarlo, questo schifo - vengono spazzati via come insetti, nel silenzio e nella indifferenza.
Possiamo ignorarlo: ma non possiamo credere che saremo salvi per sempre nascosti dietro questo paravento di democrazia declinante e malaticcia, non possiamo credere che un giorno non accadrà anche a noi quel che accade a tutti coloro che - per sbaglio, per caso - si trovano sulla strada scelta dal potere di turno per estendersi e consolidarsi.
E' gia accaduto, accade tuttora: accadrà sempre.
Se facciamo finta di non saperlo, se ci mettiamo la coscienza in pace e non pensiamo con forza che questo mondo va rifatto più o meno da capo, perchè così com'è fa veramente schifo...beh, allora dimentichiamoci pure di Anna e di quelli come lei. Sono morti davvero per nulla.

mercoledì, maggio 23, 2007

Come si uccide la scuola pubblica/2

Segnalo, ripubblicati con intelligenza su foruminsegnanti.it, questo articolo di Mario Pirani su Repubblica di lunedì 21 maggio, nonchè il precedente su Repubblica del 14 maggio, perchè sollevano un problema di fondo su cui dovremmo tutti ragionare (o almeno noi che abbiamo a cuore il futuro di questo paese). Il problema è il passaggio critico, che sta avvenendo negli ultimi 10 anni, dal concetto di scuola pubblica "unica ed indivisibile" al concetto (vago e un po' ambiguo) di "autonomia delle istituzioni scolastiche basata sull'identità culturale".

Ma andiamo con ordine. C'erano una volta i Programmi Nazionali: garantivano in tutte le scuole del Paese (o del Regno, come si diceva un tempo) una uniformità di finalità, obiettivi e contenuti della scuola, ed erano la garanzia (od almeno il tentativo) di non creare scuole di serie A e B sul territorio nazionale.
Dal "Manifesto dei 500", redatto nel 1999 da insegnanti e genitori mobilitati contro la riforma Berlinguer:
"La Costituzione afferma l'eguaglianza dei cittadini, e lo Stato si dovrebbe assumere il compito di rimuovere gli ostacoli alla crescita umana e culturale che possono derivare dalle differenze economiche, di ceto, religiose che esistono tra i cittadini.
Per questo la scuola statale basata sui Programmi Nazionali ha l'obiettivo di essere una scuola aperta a tutti, che non si fonda su idee particolari o su programmi differenziati, che non pone condizioni per nessun iscritto, che rispetta le idee di ognuno e non ha obiettivi diversi tra un istituto e un altro.
La scuola statale non può avere altri obiettivi che i Programmi Nazionali: non può quindi avere l'obiettivo di far profitti sull'istruzione, né quello di far passare particolari idee, convinzioni pedagogiche, politiche, religiose."

La riforma di Berlinguer (il ministro, non il rimpianto Enrico) è la prima, negli anni 1997-2000, a scardinare organicamente i Programmi Nazionali.
(Anche questo si deve ascrivere, al nostro Centrosinistra: di essere stato il primo, cosciente o no, ad aver avviato un piano organico di distruzione della scuola pubblica).
La riforma Moratti (2003) tenta di sostituirli in sordina con "Indicazioni nazionali" redatte in clandestinità e senza validazione giuridica, anche se formalmente i Programmi Nazionali (aggiornati nel '79 e nell'85) non sono mai stati ufficialmente abrogati.
Per fortuna queste indicazioni (illeggittime) sono state di fatto ignorate da buona parte delle scuole italiane, affossando "de facto" l'applicazione pratica della Riforma.
Ma arriva il 2006, e giunge il Ministro Fioroni, che al riguardo la pensa così:

"L’autonomia scolastica e l’interazione, nei contesti locali, tra le diverse autonomie, costituisce il quadro di riferimento principale dei processi di innovazione e di riqualificazione di cui l’intero sistema educativo ha bisogno.
Pretendere di imporla dall’alto, con atti dirigistici legislativi o amministrativi, sarebbe un grave errore. Condannato in partenza all’incomprensione e all’inefficacia. Ciò che occorre non è una logica abrogativa che sarebbe connotata inevitabilmente da rischi conservativi, né tanto meno la restaurazione – evocata da non poche cassandre – di una scuola del passato
che non può più esserci perchè è scomparso il suo mondo di riferimento. Ma, d’altro canto, bisogna evitare la pretesa , ancora una volta di cambiare tutto e subito, anche se il nostro sistema educativo ha senza alcun dubbio bisogno di profonde innovazioni."

In soldoni, ed anche in pratica, i Programmi Nazionali sono un concetto da spedire in soffitta a favore dei POF, che rappresentano "l'identità culturale delle istituzioni scolastiche" (DPR 275 del 1999, articolo 3, "Regolamento delle autonomie scolastiche"), pur nel rispetto delle famose "indicazioni nazionali".
Il problema è di equilibrio, ovviamente. Il rischio forte è che la "identità culturale delle istituzioni scolastiche" diventi un elemento di disgregazione della scuola pubblica, trasformando ogni "istituzione scolastica" in un supermarket dell'offerta didattica e formativa, fortemente condizionato da meccanismi di risposta alla domanda del "mercato" che nulla hanno (e debbono) avere a che fare con una istituzione che deve garantire l'istruzione (a parità di condizioni) verso tutti i cittadini.
Non penso solo al fiorire di scuole confessionali (che in questa fase di aggressività intollerante delle diverse fazioni religiose mi preoccupa non poco), ma anche di scuole "padane" o "buddiste", "patafisiche" o "pleistescioniste", visto che il concetto di "identità culturale" - che non esiste neppure nella Costituzione - si presta ad ogni sorta di interpretazione.
E ultimamente, di ogni cosa importante vedo solo apparire "interpretazioni" nel segno dell'egoismo, della chiusura, del recinto, del localismo spinto, della paura dell'altro, o, peggio, della vacuità più assoluta.

lunedì, maggio 21, 2007

Come si uccide la scuola pubblica/1

Venerdì, a Torino, una manifestazione congiunta dei sindacati della scuola e del Coordinamento Genitori ha riportato l'attenzione sul dramma delle risorse finanziarie della scuola. L'intero sistema scolastico piemontese ha circa 100 milioni di euro di debiti. Molti istituti non pagano da mesi le supplenze e la tassa rifiuti. Le carenze di organico sfiorano, nella regione, le 2000 unità tra la scuola di primo grado e quella superiore.

A tre scuole elementari di Torino (ma è solo l'inizio) è arrivata l'ingiunzione di pagamento della Tarsu che prelude al pignoramento dei beni: la prospettiva, malgrado gli sforzi delle istituzioni, è che arrivi l'ufficiale giudiziario a portarsi via computer, stampanti e fotocopiatrici.

Tutte le scuole, a causa del taglio dei trasferimenti da parte del Ministero iniziati nel 2003, stanno entrando in una drammatica spirale debitoria. "Nonostante il Comune di Torino abbia ridotto di molto la Tarsu alle scuole, dal Ministero arriva circa la metà di quanto serve per il funzionamento della scuola pubblica." afferma Silvia Bodoardo, che guida il Coordinamento Genitori di Torino.

Domenica 20 maggio, l'Associazione Nazionale Dirigenti e Alte Professionalità della Scuola (!) ha fatto pubblicare su "Repubblica" un drammatico appello al Presidente della Repubblica. I dirigenti scolastici ricordano che le risorse destinate alla scuola per il 2007 continuano ad essere drammaticamente insufficienti. Grave l'aspetto supplenze: prima venivano pagate a consuntivo, ora, esaurita la preventiva dotazione attribuita, non si potranno più pagare gli stipendi.
Viene stimata una sofferenza finanziaria della scuola pubblica valutabile ad oggi in quasi un miliardo di euro solo per il normale funzionamento.

I supplenti non vengono più pagati, e quindi neppure più chiamati: le classi rimangono orfane non solo di didattica, ma anche di vigilanza. La scuola pubblica italiana vive ormai di espedienti, "trascurando la missione primaria di assicurare una istruzione di qualità".

L'appello finale al Presidente Napolitano è drammatico: se la situazione continua così,"il diritto all'istruzione diventerà un'enunciazione teorica, sempre più svincolata dalla realtà. La scuola di tutti ...si trasformerà in ulteriore strumento di discriminazione tra i cittadini."

La situazione è grave. E' necessario che, come cittadini e genitori, si assuma la difesa della scuola pubblica (e laica, ma di questo parlerò in seguito) come baluardo di uno Stato di cui dobbiamo impedire la disgregazione. E'incredibile che sia un Governo di Centrosinistra a perseguire la distruzione sistematica della scuola pubblica, ma questa forse è una ragione in più per mobilitarsi ed impedirlo, in nome di una visione del mondo nuova e diversa da quella stantia e deludente che sembra dominante in tutti gli aspetti di questo Paese.

E' importante iniziare ad informarsi e ad agire, e qui fornisco alcuni punti di partenza:
il Coordinamento Genitori di Torino;
l'Associazione Nazionale Genitori e Scuola.

Qui troverete informazioni ed iniziative già avviate sul tema delle risorse finanziarie della scuola.

Diverso il discorso sulla laicità della scuola, anch'essa fortemente (e paradossalmente) minacciata dal Governo e dal Ministro Fioroni: ma su questo aprirò un capitolo a parte.

martedì, maggio 15, 2007

Orribili spettri si aggirano per l'Europa

Sto seguendo da tempo e con crescente preoccupazione, grazie ai preziosi e continui aggiornamenti forniti da Mirumir, la feconda serie di provocazioni antirusse avviate dal governo dell'Estonia, che ha già provocato vittime innocenti e una seria crisi diplomatica tra Estonia (spalleggiata incoscientemente dall'Unione Europea) e Russia.
L'escalation è impressionante. Da un lato, il primo ministro estone Andrus Ansip sembra voler compiere una serie di atti distensivi verso la Russia ed i cittadini russi in Estonia:l'8 maggio, anniversario della sconfitta della Germania nazista nel secondo conflitto mondiale, si è recato a deporre fiori sulla statua del Soldato di Bronzo a Tallinn, la stessa statua che il governo ha fatto provocatoriamente spostare dando il via alla crisi - ora si trova in un cimitero a due chilometri dal sito originario, in cui si trovava dal 1947.
Dall'altro, come riporta Mirumir, il ministro degli esteri estone chiede alla NATO di equiparare gli attacchi portati dagli hacker in questi giorni a molti siti istituzionali estoni alla stregua di azioni militari, ai sensi dell'articolo 5 del trattato NATO.
Eccolo qui, l'articolo 5:

Articolo 5

Le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o nell'America settentrionale, costituirà un attacco verso tutte, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell'esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall'art.51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'impiego della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell'Atlantico settentrionale.

Qualsiasi attacco armato siffatto, e tutte le misure prese in conseguenza di esso, verrà immediatamente segnalato al Consiglio di Sicurezza. Tali misure dovranno essere sospese non appena il Consiglio di Sicurezza avrà adottato le disposizioni necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.

Dunque, l'Estonia pensa addirittura all'impiego della forza armata contro gli hacker russi. Siamo alla follia.
Qui non si nutre nessuna simpatia per Putin, e si ricordano bene le pagine scritte da Anna Politovskaja contro un regime sempre più involuto e antidemocratico.
Ma questo vento antirusso - su cui soffia anche la Polonia reazionaria dei gemelli Kaczynski, con le leggi "maccartiste" che colpiscono chi collaborò con il Partito Comunista e l'assurda idea di cancellare le topomastiche che ricordano il passato sovietico - è revisionista, razzista e pericoloso.
Sta spazzando l'Europa, e bisogna accorgersene, parlarne, segnalarlo, per impedire che la storia venga riscritta di nuovo dall'Impero predominante in questa fase storica.

Gridare per non sentirsi

Un numero impressionante di persone ha popolato una piazza di Roma per chiedere che vengano negati ad altri i diritti che ad esse non interessano.

Paura, ottusità, disprezzo per tutto quello che non rientra nei comportamenti codificati – erano le cifre di questo triste meeting. La parola d’ordine era “difesa della famiglia”: ma non ho sentito nessuno chiedere più asili nido, una maternità più lunga, una difesa del ruolo della donna nel lavoro affinché non venga punita se osa fare figli. Non ho sentito invocare una maggior responsabilità dei padri, affinché la piantino di inseguire carriere, denaro e potere e si dedichino con maggior cura ed attenzione ad un progetto così importante come la famiglia. Incitati da signori divorziati e separati, che si garantiscono con altre vie i diritti che negano a chi non è ricco e potente, i partecipanti al raduno hanno chiesto solo di continuare ad essere una comunità ipocrita e bigotta, tanto severa nella fustigazione pubblica di chi “deraglia” quanto dannatamente indifferente, amorale e distratta di fronte al dolore, alla sofferenza, al bisogno di volersi bene che ancora – malgrado tutto – si fa strada tra molti cittadini del mondo.

Un altro nutrito gruppo di cittadini ha opposto una strenua resistenza al progetto di creare una discarica per rifiuti urbani nel proprio comune, ai confini di una riserva naturale in Campania.

Il sito individuato è, con altri tre, la sola disperata risposta che le istituzioni possono dare ad una emergenza rifiuti che in Campania, da anni, sta assumendo proporzioni catastrofiche. I cittadini che si sdraiano per terra e vengono spostati e menati dalla polizia sono convinti di non dover essere loro a pagare per risolvere il problema. Ma non sanno indicare chi, dove, quando si debba finalmente pagarlo, questo prezzo. La soluzione non li riguarda.

Stessa cosa accade a Saluggia, dove sono concentrate in modo assai precario e pericoloso le scorie nucleari provenienti dalle centrali italiane chiuse dopo il referendum del 1986. La gente del posto non vuole che vengano messe in sicurezza perché teme che questo voglia dire tenersele per sempre: ed è ovviamente impossibile pensare alla soluzione più saggia e sicura – il sito unico nazionale – perché ogni tentativo di discutere su un luogo che abbia le caratteristiche adatte solleva reazioni feroci.

Ancora, in questo paese risulta ormai impossibile costruire infrastrutture di qualsiasi tipo – ferrovie, strade, rigassificatori – perché il percorso seguito per le grandi opere è sempre ambiguo – in termini di costi o di progetto – o si paventa la catastrofe ambientale ad ogni piè sospinto – mentre non ho mai sentito nessuno chiedere la chiusura della tangenziale di Milano o di Bologna, che sono per molte ore al giorno luoghi di inferno in cui è incredibile pensare che la gente possa resistere ferma ad avvelenarsi per ore senza neppure interrogarsi sul senso di una vita simile.

La reciproca sfiducia tra chi governa e chi è governato, a giudicare da questi eventi, è giunta nel nostro paese a livelli insostenibili. Grazie anche ad una volgarissima e suicida campagna denigratoria nei confronti della politica e delle istituzioni, condotta dal Centrodestra nei suoi anni di governo, ed a atti demenziali come l’indulto concesso come primo atto politico rilevante dal governo di Centrosinistra, il rapporto tra i cittadini e chi amministra sembra irrecuperabile.

Paura, irresponsabilità, incapacità di assumere punti di vista più ampi, unite ad aspettative di progresso infinito, di miglioramenti continui per tutti senza mai pagare nessun prezzo, in un inganno perenne perpetuato anche da chi governa, costituiscono un mix perfetto per accelerare il declino di questo paese, probabilmente ormai irreversibile.

Update: i cittadini di Palermo hanno appena riconfermato la loro fiducia al sindaco Cammarata. Circa due settimane fa aveva assunto in comune più di 100 autisti di autobus: tutti rigorosamente senza patente.


venerdì, maggio 11, 2007

La sindrome dello sciacallo

Come dissi qualche tempo fa, sto tentando di disintossicarmi dall'"ansia da notizia": leggo i giornali evitando il più possibile i fatti di cronaca, seleziono le fonti di informazione in modo da non...essere distratto da una rappresentazione della realtà che è sempre più distorta, sfocata e lontana dai problemi reali (le diseguaglianze, il declino etico della società, l'uso abominevole delle risorse naturali).

Pur adottando queste precauzioni, è inevitabile essere colpiti dall'eco degli eventi che fanno "notizia".
Non entro nel merito degli eventi, ma del modo in cui sono trattati a giudicare dall'eco che me ne giunge. Quel che sento è, sempre più, che siamo pervasi e avvolti da un fortissimo invito ad odiare. Ed a cercare capri espiatori, untori, streghe, colpevoli, su cui riversare montagne di odio, di disprezzo, di paura.
Questo sentimento - che trabocca dagli organi di informazione, ma non si capisce bene se è causa od effetto delle pulsioni oscure che si muovono nella nostra società - si è ormai talmente autolegittimato che si esprime senza più pudori, attenzioni, tabù, reticenze.

Facciamo un esempio di questi giorni. Un tragico incidente in autostrada provoca la morte di due bambini, a causa della uscita di strada del pullman su cui viaggiavano, di ritorno da una gita scolastica.
"Si scopre" che l'autista aveva fumato cannabis, anche se non è dimostrabile alcun legame - per adesso - tra questo fatto e l'incidente.
In seguito a questa notizia, alcuni esponenti dell'opposizione dichiarano:
"Sono sporche di sangue le mani dei legalizzatori d'erba".
"L'incidente in cui sono morti i due bambini dimostra che questo governo sottovaluta il problema della cannabis. Se va avanti il progetto di depenalizzare le droghe leggere, questo è il rischio: molti più episodi di questo tipo, perchè a questo punto le droghe saranno legittime".


Uno si aspetta che persone che siedono in Parlamento o sono sindaci di grandi città (la seconda dichiarazione è di Letizia Moratti, Sindaco di Milano), siano responsabili, sappiano usare le parole con moderazione ed equilibrio, siano "classe dirigente", propongano valori. Invece parlano come il più ignorante e reietto dei cittadini, usano le parole come armi e la menzogna come metodo: diffondono sciocchezze, odio, intolleranza stupida (in questo caso verso chi usa droghe leggere), che seminata in questo modo darà frutti orribili.

Del caso della scuola materna di Rignano, non parlo, se non per sottolineare che non c'è stato un attimo di esitazione, da parte della stampa, a costruire un clima di indignazione e di odio verso i presunti responsabili di atti immondi, senza neppure attendere un riscontro, un approfondimento degli eventi rispetto ad accuse così pesanti.

Qui, non posso esimermi dal condividere quanto diceva Gaber in "Io se fossi Dio" rispetto ai giornalisti:

Io se fossi Dio,
maledirei davvero i giornalisti
e specialmente tutti,
che certamente non son brave persone
e dove cogli, cogli sempre bene.
Compagni giornalisti avete troppa sete
e non sapete approfittare delle libertà che avete,
avete ancora la libertà di pensare
ma quello non lo fate
e in cambio pretendete la libertà di scrivere,
e di fotografare immagini geniali e interessanti,
di presidenti solidali e di mamme piangenti.
E in questa Italia piena di sgomento
come siete coraggiosi, voi che vi buttate
senza tremare un momento:
cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti,
e si direbbe proprio compiaciuti.
Voi vi buttate sul disastro umano
col gusto della lacrima in primo piano.
Sì vabbè lo ammetto
la scomparsa dei fogli e della stampa
sarebbe forse una follia,
ma io se fossi Dio,
di fronte a tanta deficienza
non avrei certo la superstizione della democrazia!
Ma l'incitamento all'odio non è solo una caratteristica del nostro Paese, anche se qui questo sentimento sembra prevalere su tutto il resto: ogni giorno siamo alla ricerca morbosa di nuovi colpevoli, di reati orrendi, quasi a dire che "c'è qualcosa peggio di noi": forse è un segno che non stiamo troppo bene, che non ci sentiamo a posto...

Basta vedere quel che sta accadendo in Estonia, dove il governo ha deciso, proditoriamente e senza motivo, di dare la stura ad un pericolosissimo sentimento antirusso, di coltivarlo tra la popolazione con atti ostili e stupidi (quale la rimozione della statua che ricorda i soldati sovietici caduti per cacciare i nazisti), e persino rivalutando uno dei periodi più oscuri e tragici della storia del paese (l'occupazione nazista ed il collaborazionismo).

O quel che accade in Polonia, dove gli inquietanti gemelli Kaczynski hanno intenzione di seguire le orme del governo estone, dopo aver lanciato la persecuzione di tutti coloro che "collaborarono con i comunisti" (la notizia che segue è di due giorni fa, e la trovate qui):

VARSAVIA - Via i monumenti, i nomi delle strade e altri simboli di epoca comunista ancora esistenti in Polonia. L'ex paese satellite dell'allora Urss si appresta a promulgare una legge ad hoc entro fine mese, ha annunciato oggi alla radio pubblica il premier conservatore Jaroslaw Kaczynski, che rispondendo a una domanda su quanto avvenuto in Estonia dopo la rimozione da centro di Tallinn di un monumento all'armata rossa, ha detto di essere solidale con le autorità estoni.
La nuova legge, ha spiegato Kaczynski, sarà preparata dal partito Diritto e giustizia (Pis, conservatore al governo) insieme al ministero della cultura e permetterà di cambiare i nomi delle strade dedicate a eroi comunisti e di spostare monumenti sovietici molti dei quali sono ancora in piedi nelle città polacche, sopratutto a Varsavia e Katowice.
Le nuove norme comunque "non riguarderanno in alcun modo" i mausolei e i cimiteri dei soldati sovietici caduti in battaglia in Polonia durane la Seconda guerra mondiale, ha da parte sua assicurato il ministro della cultura Kazimierz Ujazdowski.

Qualche anno fa, un candidato alla poltrona di sindaco di Torino (facciamo nomi e cognomi, per consegnare alla storia tale esempio di imbecillità: trattavasi di Roberto Rosso, candidato per Forza Italia) affermò: "la prima cosa che farò se verrò eletto sarà cambiare nome a Corso Unione Sovietica!". Naturalmente, al di là dei problemi pratici che questo avrebbe provocato agli abitanti di quel corso (lungo chilometri), l'idea di riscrivere la storia attraverso la toponomastica era talmente idiota che il Rosso fu trombato alle urne senza dignità (e mi piace pensare che lo sia stato ANCHE per questa stronzata).
Tanto più che a Torino la toponomastica risente della sua storia sabauda, ed è colma di re regine e principi, ma nessuno dopo il '46 fu così imbecille da pensare di cambiare i nomi delle strade solo perchè era arrivata la Repubblica al posto della Monarchia...

Che un governo "europeo" si accinga a fare questa cosa fa venire i brividi ai polsi. Io spero che l'Europa reagisca, che prenda le distanze dai
Kaczynski e dagli estoni di turno e dalle loro follie, e soprattutto si renda conto che questa incitazione all'odio (antirusso nell'est, antiest nell'ovest) porterà frutti amari e già colti più volte nella storia.

La politica torni responsabile: è la prima richiesta che noi cittadini dobbiamo fare, per non correre il rischio che l'odio, come un incendio, si estenda di nuovo sull'Europa.



martedì, maggio 08, 2007

Il valore delle parole

Non ci riesco più, a scrivere parole "pubbliche" qui sopra.
Non le ho perse, le parole: anzi. Ma in questo periodo ho bisogno che quelle che pronuncio siano ascoltate, che abbiano peso e non si perdano in uno spazio così vasto (e sostanzialmente deserto) come questo:-))

Passerà...e se non passa, non credo che la mancanza di questo blog si sentirà più di tanto...