martedì, giugno 29, 2010

mercoledì, giugno 09, 2010

Il presente si fermerà a Pomigliano?

La trattativa in corso tra Fiat e sindacati sulla produzione della Panda allo stabilimento di Pomigliano, a mio avviso, va seguita con particolare interesse: perchè è discretamente rappresentativa di quel che sta cambiando nel nostro presente e nel nostro futuro.
La Fiat dice: c'è in ballo un investimento di 700 milioni di euro, a condizioni che il sindacato polacco accetterebbe di corsa.Se il sindacato italiano rifiuta, non lo facciamo in Italia (ed i posti in ballo sono 5200, indotto incluso).
Quali sono le condizioni in oggetto? A parte i diciotto turni settimanali (tre al giorno per sei giorni, incluso il sabato notte, per sfruttare gli impianti 24 ore su 24 più a lungo possibile), che sono già stati digeriti dalla Fiom, la cosa su cui la trattativa è più serrata sono le DEROGHE alla legislazione vigente ed al contratto nazionale di lavoro.
(Qui il testo completo della proposta di accordo presentata dalla Fiat)

La Fiat richiede, in particolare:
  • la deroga al contratto nazionale sullo straordinario obbligatorio aumentandolo fino all’80%.
  • la deroga al contratto nazionale sui recuperi produttivi: l’abolizione del pagamento dei 3 giorni di malattia in casi di assenze superiori a una certa percentuale.
  • l’obbligo di esigibilità per tutte le organizzazioni sindacali su straordinari e flessibilità, pena sanzioni verso i sindacati e le Rsu.
  • l’obbligo di obbedienza per i lavoratori alle nuove regole di flessibilità, pena il licenziamento.
Un forte strappo alle condizioni vigenti.
Di fronte a questo,ed alla prevedibile resistenza del sindacato (e della Fiom in particolare) assume un particolare significato politico l'intervento sull'argomento di Emma Marcegaglia: «È un momento di stallo molto pericoloso» e «se per una cecità di questo tipo, per un rifiuto anacronistico e inspiegabile da parte della Fiom» non andasse in porto l'investimento del Lingotto di 700 milioni di euro sullo stabilimento di Pomigliano «sarebbe un fatto assolutamente negativo».

"Cecità ed anacronismo".
Queste due parole, riferite alla difesa di condizioni del contratto nazionale di lavoro firmato dalla stessa Fiat, indicano chiaramente come gli imprenditori intendano approfittare della crisi per riprendersi gli spazi perduti negli ultimi decenni.
Marchionne fa il suo mestiere (e, oggettivamente, lo fa molto meglio di altri): quel che accade è, semplicemente, che in tempi di crisi il capitalismo abbandona l'immagine rassicurante e consolatoria che adotta quando ci sono le vacche grasse (magari ipernutrite dal denaro pubblico) e torna - rudemente e brutalmente - a imporre le sue regole - che non sono piacevoli, ma sono drammaticamente reali e sensibili per la vita delle persone.
Non che ieri fosse diverso: solo non ce ne accorgevamo, perchè lo sfruttamento più "sgradevole" avveniva lontano dai nostri occhi e dal nostro tenore di vita. Oggi, ahinoi, la cosa inizia a toccare noi come toccò i nostri padri (delle cui condizioni abbiam perso la memoria).

Il ritorno, nelle fabbriche e negli uffici italiani, a condizioni di lavoro superate da alcuni decenni mi sembra inevitabile, visti i rapporti in forza in atto: e questa prima "forzatura" porterà di certo ad altre novità in tutti i settori del lavoro dipendente, preannunciate dalla volontà di modifica dell'articolo 41 della Costituzione espressa qualche giorno fa da Tremonti, ed anticipate in concreto da tutte le sperimentazioni punitive (dal punto di vista regolamentare ed economiche) attuate nel settore del pubblico impiego.

Inutile strepitare o lamentarsi: qui non siamo più nell'ambito delle "opinioni" o di quel che è "giusto o sbagliato", ma di quel che è reale: ovvero, nell'ambito dei rapporti di forza tra componenti diverse della società.
Quelli che si presentano oggi ci obbligano a rivedere drasticamente le nostre aspettative, basate sulla temporanea persistenza di diritti e consuetudini a cui dovremo presto rinunciare - e che nessun sindacato o forza politica potrà difendere per noi.

Che fare, dunque?

Studiare. Leggere (magari "Gli anni duri alla Fiat", di Garavini e Pugno, che potrebbe presto tornare ad essere attuale). Capire quali sono le forze in campo, ed all'interno di quale "noi" poter misurare la nostra. Immaginare, soprattutto, un futuro nuovo. Perchè non sarà di certo fatto come questo presente, in cui echeggia ormai l'avatar di un passato di cui ci resterà presto solo il ricordo.