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martedì, ottobre 26, 2010

La prevalenza del cretino

E pensare che questo è l'esponente di punta della nuova Lega, quello intelligente e col bel faccino di quelli che hanno studiato...
Si vede che la vicinanza con Borghezio, di cui non disdegna mai la compagnia, sta incominciando a mostrare i suoi effetti irreversibili: come diceva Gaber,

"Le cose buone non fanno epidemia, è un fatto biologico, niente da fare.
Io c'avevo un fratello, gracile poverino ma geniale, intelligente, e io gli stavo vicino, come dire... ora anch'io: BSSS, BSSS, BSSS.
Niente! L'intelligenza non si attacca... la scarlattina sì!
Secondo me certe persone che si aggregano, invece, c'hanno come incorporato una specie di distillatore che, FFFTTT, FFFTTT, FFFTTT, filtra, elimina tutto il buono attraverso un tubicino di scappamento, POH-POH, via il buono, POH-POH-POH, poi filtra il resto, distilla, e lascia passare... FFFTTT, FFFTTT, la merda pura! È capita?"

Di che parlo? Nel video qui sotto, il nostro presidente (un borghezio piccolo piccolo) sostiene:
«In Piemonte dev’essere fatta un’attenta valutazione che porti in futuro la Regione a finanziare le borse di studio dei piemontesi. Ritengo sbagliato che ogni regione non si faccia carico delle borse di studio dei propri cittadini».

Minchia, amico mio, ti è andato proprio in segatura il cervello.
"I propri cittadini" son quelli che ti vivono in casa, ti pagano le tasse e ti creano ricchezza, non quelli che son nati qui e poi sono andati in Argentina due secoli fa.
Se un piemontese di valore va a studiare a Pisa o ad Harvard o a Berlino, risiede lì, lì paga affitto e tasse e trasporti e tutto il resto, e magari si merita una borsa di studio, a nessun cretino di governatore passa per la testa di dirgli "ennò, sei bravo ma sei un mandrogno(1), fatteli mandare da Cota, i soldi per studiare, sennò torna al tuo paese!"

Perchè poi, mio bel piccolo borghezio, se sei coerente e applichi questa idea deficiente devi mandare un fax a tutte le università d'Italia, d'Europa e del Mondo, affinchè tutti applichino lo stesso principio negando le borse di studio agli studenti piemontesi meritevoli.

La verità è che tra "studenti", "meritevoli", "cittadini" e "piemontesi", un cervello leghista (così piccolo che quando due pensieri s'incrociano uno deve far retromarcia) va in confusione: quattro concetti da gestire in una sola volta, tutti insieme, sono una mission impossible.



UPDATE (di qualche giorno dopo)


(1) Termine piemontese per "Nativo dell'Alessandrino":-)

martedì, maggio 25, 2010

Se dobbiam censurare qualcosa, sian le sciocchezze della Gelmini

Grembiulini, crocefissi, maternità, turismo...
Il peggior ministro dell'istruzione che sia mai apparso nel paese continua a dispensare sciocchezze (su cui non vale nemmeno la pena di soffermarsi) : forse per convincersi di esistere, di non essere soltanto un mero strumento operativo per il progetto tremontiano di distruzione - per via finanziaria - della scuola pubblica italiana.
L'unica speranza è che, tra qualche anno, ci si possa chiedere come sia stato possibile. Come sia potuto accadere. Come sia potuta esistere, una ministra che si chiamava Gelmini.

lunedì, maggio 24, 2010

Riprendiamoci la scuola!

In una Torino splendida, assolata ed affollata, alcune migliaia di genitori, docenti, studenti e bambini hanno sfilato sabato 22 maggio su iniziativa del tavolo "Riprendiamoci la scuola!" per richiedere la salvezza e la qualità della scuola pubblica.




martedì, febbraio 02, 2010

La coda e la testa

IL TG3 delle 19 di ieri presenta un servizio su una scuola primaria romana.
Dove ci sono 40 posti disponibili per il tempo pieno, e le richieste delle famiglie sono 50.
Ed i genitori che fanno?
Passano la notte davanti a scuola. Dalle 2 alle 9.
Organizzati in turni, con i contrappelli ogni ora.
Ed alle 9, quando apre la segreteria, i primi 40 vincono: gli altri si attacchino.

Ora, che si sia giunti a questo (un'offerta non adeguata alle richieste) è delirante, e la catena di responsabilità - dal duo Tremonti-Gelmini alle dirigenze scolastiche - è ben individuabile.
Ma la risposta che viene data a questo problema dai genitori qual è?
"Chi tardi arriva, male alloggia". Mio Dio.

Se una delle famiglie che ha chiesto il tempo pieno ha il padre che lavora di notte e la madre che deve accudire un altro essere umano, piccolo od anziano che sia, e non può partecipare a questa assurda maratona, è FUORI.

Possibile che al Consiglio di Circolo o di Istituto o al Comitato Genitori non sia venuta una idea migliore di questa?
Possibile che a queste persone non sia venuta l'idea di trovare un sistema diverso dalla competizione, per risolvere la questione?

Persino il sorteggio, a mio avviso, era più equo di questa selezione basata sulla disponibilità di tempo da passare di notte davanti alla scuola.

Ma ci voleva molto a metter giù quattro dati sulle famiglie interessate (composizione, necessità legate al lavoro dei genitori, necessità di assistenza, situazione organizzativa degli altri figli) e INSIEME valutare chi aveva più bisogno, riconoscendo semplicemente che non tutti partono dalla stesse condizioni e c'è chi ha più bisogno e chi ne ha meno degli altri?
Che ci sono situazioni in cui è più semplice organizzarsi in modo alternativo ed altre in cui, oggettivamente, è impossibile?

La cosa più triste di questa storia (che non è unica nè isolata) non è il disagio dei genitori che fanno la coda al freddo, come sembra suggerire il servizio: ma l'assenza totale di una visione solidaristica, umana, che parta dal riconoscimento dell'altro e dei bisogni che ha.
Ed il fatto che, nelle difficoltà, persone che hanno lo stesso problema tendano a sposare sempre - ahimè - un modello di soluzione competitivo, che preveda vincenti e sconfitti (ed i sconfitti son sempre gli stessi: sempre).

UPDATE (grazie a Roberto Longo):
Per realizzare i tagli decisi con la l. 133/08, si è prodotta con il Regolamento sul primo ciclo, DPR 89/09,una sperequazione ancora maggiore di quanto non ce ne fosse prima tra scuola a tempo pieno e quella che ormai viene definita ex modulo, dato che i tagli stessi si sono concentrati particolarmente su quest'ulima, ma ciò che riporti testimonia di una "barbarie" molto grave e preoccupante perchè è del tutto illegale disporre l'accoglimento delle domande di iscrizione sulla base dell'ordine di presentazione delle stesse (pratica invece regolare nelle scuole private).

La stessa Circolare Ministeriale 4/10 sulle iscrizioni afferma:

Accoglimento della domanda

"Nella previsione di domande di iscrizione in eccedenza, le scuole procedono alla definizione dei criteri di precedenza nella ammissione, mediante apposita delibera del consiglio di circolo/istituto, da rendere pubblica prima delle iscrizioni, con affissione all'albo e, ove possibile, con la pubblicazione sul sito web dell'istituzione scolastica.

Le domande di iscrizione sono accolte entro il limite massimo dei posti complessivamente disponibili nella singola istituzione scolastica. Resta inteso, comunque, che l'Amministrazione scolastica deve garantire in ogni caso, trattandosi di istruzione dell'obbligo, il diritto allo studio attraverso ogni utile forma di coordinamento e di indirizzo a livello territoriale.
L'esperienza dimostra che una aperta ed efficace collaborazione tra le scuole e gli Enti locali permette di predisporre in anticipo le condizioni per l'accoglienza delle domande, pur con le variazioni che di anno in anno si verificano.

Le scuole hanno l'obbligo di acquisire al protocollo le domande presentate e di comunicare, periscritto, agli interessati il mancato accoglimento delle stesse.

La comunicazione di non accoglimento, debitamente motivata, deve essere effettuata con ogni possibile urgenza per consentire l'opzione verso altra scuola."

Cosa fanno i genitori eletti nel Consiglio di Istituto? Deliberano i bivacchi notturni? Quando la Circolare parla di criteri da definire per la precedenza nell'ammissione non può che riferirsi a condizioni in essere nella famiglia dell'alunno o alunna all'atto dell'iscrizione e non certo al chi arriva prima.

In ogni caso se non c'è delibera del CdI in materia quelle assegnazioni possono essere impugnate.

venerdì, novembre 06, 2009

Crocefisso e sentenza della Corte Europea: un altro capolavoro di ipocrisia italica.

La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sulla causa intentata dalla signora Soile Lautsi contro la Repubblica Italiana è una miniera di informazioni interessanti: prima di tutto sul tema "storico" della esposizione obbligatoria del crocefisso nelle aule scolastiche italiane, ma - ed è la cosa più interessante - anche su quanto il nostro Governo sia ipocrita.
(Qui, cercando in "List of recent judgments" la sentenza CASE OF LAUTSI v. ITALY del 3/11/2009, troverete il testo integrale della sentenza, in francese).

La linea di difesa adottata dal Governo nella causa, infatti, si basa su una minimizzazione e su una mistificazione: si afferma che il crocefisso non è più un simbolo religioso, ma un simbolo portatore di valori umanistici condivisi da tutti.
Ma non solo: è un simbolo che si può tranquillamente ignorare.
"Il crocefisso, in effetti, è esposto nelle aule scolastiche, ma non è richiesto agli insegnanti nè di elevare ad esso il minimo segno di saluto, di riverenza o di semplice riconoscimento, ed ancora meno di recitare preghiere in classe.
Nei fatti, non è loro richiesto di prestare una qualsiasi attenzione al crocefisso."

Insomma, il Governo dice alla Corte: è vero, la nostra è una Repubblica Laica e la religione cattolica non è religione di stato, ma non dovete pensare che quel crocefisso sia una scelta di campo: è un simbolo laico, ormai.
E se proprio a qualcuno dà fastidio, può considerarlo alla stregua di un oggetto di arredamento, non farci caso: si può ignorare, come se non ci fosse.

La solita ipocrisia italica. Perchè di queste argomentazioni, nei lai alzati dagli uomini e dalle donne di governo dopo che la sentenza è diventata pubblica, non c'è traccia: lo stesso Governo che , negli atti di difesa, propone rispetto alla questione posta una tipica via d'uscita all'italiana, in pubblico alza la voce e grida al sacrilegio da parte di un'Europa portatrice di una "ideologia laicista".
Si badi bene: mai una volta, nella sua difesa davanti alla corte, il Governo mette in discussione il principio di laicità dello Stato, che è un valore comune europeo.
Sa di essere in colpa, e si "giustifica" rispetto a questa disarmonia tra laicità ed esposizione di un simbolo che si riferisce ad una specifica confessione.
Ma si guarda bene dal dirlo in pubblico, poi, quando la questione diventa pubblica.

Ma andiamo per ordine, ed entriamo nel dettaglio di questa storia leggendo passo passo la sentenza, che include anche una interessante dissertazione storica sull'argomento.

L'obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole risale addirittura a prima della Unità d'Italia, perchè si trova per la prima volta in un decreto reale del 1860 del Regno di Piemonte-Sardegna.
Quando nel 1861 nasce il nuovo Regno d'Italia, esso assume di fatto come Statuto il vecchio testo albertino del 1848 e tutte le leggi sabaude, incluso tale obbligo.

Una circolare del Ministero dell'Istruzione datata 1922 lamenta il fatto che, nel tempo, dalle aule scolastiche delle scuole primarie stiano scomparendo l'immagine di Cristo ed il ritratto del Re, ed intima alle amministrazioni comunali di provvedere a ripristinarle entrambe.

Un decreto reale del 1924, confermato da uno del 1928, definisce il crocefisso come elemento fondamentale dell'arredamento delle aule scolastiche.

I Patti Lateranensi, siglati l'11 febbraio 1929, segnano la "conciliazione" definitiva tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica, dopo la crisi seguita all'annessione armata di Roma al Regno d'Italia avvenuta nel 1871.
Il Cattolicesimo viene confermato religione ufficiale dello Stato Italiano.
Il primo articolo del trattato afferma: "L'Italia riconosce e riafferma il principio consacrato dall'articolo 1 dello Statuto Albertino del Regno del 4 marzo 1848, secondo il quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato".

Nel 1948, lo Stato Italiano adotta la sua Costituzione Repubblicana.

L'articolo 7 riconosce esplicitamente che lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel suo ambito, indipendenti e sovrani. I rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi e le modifiche degli stessi accettate dalle due parti non richiedono una procedura di revisione costituzionale.

L'articolo 8 enuncia che le confessioni religiose diverse da quella cattolica hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purchè non siano in contrasto con l'ordinamento giuridico italiano.

Il nuovo accordo tra Stato e Chiesa del 18 febbraio 1984, firmato dal Cardinale Casaroli e dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi, modifica in parte i Patti Lateranensi e stabilisce esplicitamente (nel Protocollo Aggiuntivo che interpreta gli effetti degli articoli) che "si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano. "

Ne discende, come conseguenza, che la Corte Costituzionale, in una sentenza del 1989 rispetto al carattere non obbligatorio dell'insegnamento della religione cattolica, afferma che la Costituzione contiene in diversi articoli ( 2, 3, 7, 8, 9, 19 e 20) il principio di laicità dello Stato, e che il carattere confessionale dello Stato è stato esplicitamente abbandonato nel 1985, in virtù del Protocollo Aggiuntivo ai nuovi accordi con la Santa Sede.

Nel 2001, la signora Lautsi (che ai tempi ha due figli di 11 e 13 annni che frequentano un istituto comprensivo di Abano Terme) ritiene che la presenza dei crocefissi in aula sia contraria al principio di laicità dello Stato, al quale intende ispirare l'educazione dei propri figli, e chiede alla scuola di rimuoverli, anche in virtù del fatto una sentenza della Corte di Cassazione, nel 2000, ha giudicato contrario al principio di laicità dello Stato la presenza di un crocefisso nei locali dei seggi elettorali preparati per le elezioni politiche.

La scuola decide di mantenere i crocefissi al loro posto, e la signora Lautsi ricorre allora al TAR del Veneto.

Il 3 ottobre 2002, il Ministero della Pubblica Istruzione (guidato da Letizia Moratti) entra nella questione con questa direttiva:

Prot. n. 2666

Il competente Dipartimento del Ministero dell’Istruzione dell'Università e della ricerca provvederà ad impartire le occorrenti disposizioni perché:

  1. sia assicurata da parte dei dirigenti scolastici l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche;
  2. ogni istituzione scolastica, nell’ambito della propria autonomia e su delibera dei competenti organi collegiali, renda disponibile un apposito ambiente da riservare, fuori dagli obblighi ed orari di servizio, a momenti di raccoglimento e di meditazione dei componenti della comunità scolastica che lo desiderino.
La direttiva non è una legge, ovviamente, ed inoltre su questa direttiva aleggia un certo mistero, come potete leggere qui: la direttiva risulta emessa, ma mai firmata dal ministro e (forse) mai giunta alle scuole.

Nel 2004, il TAR del Lazio giudica ammissibile la questione di costituzionalità posta dalla ricorrente e la pone alla Corte Costituzionale.
Il Governo sostiene che la presenza del crocefisso dentro le aule scolastiche sia un "fatto naturale", poichè non è solo un simbolo religioso ma anche la "bandiera della Chiesa Cattolica", che è stata la sola Chiesa nominata nella Costituzione (articolo 7).

Nello stesso anno, la Corte Costituzionale si dichiara incompetente a decidere sulla questione di costituzionalità perchè il motivo del contendere non è previsto in leggi ma in regolamenti, che non hanno valore di leggi.

Continua intanto la procedura davanti al TAR, che nel marzo 2005 respinge il ricorso, affermando che il crocefisso è un simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identità italiana, ed il simbolo dei principi di legalità, di libertà e di tolleranza oltre che della laicità dello Stato.

La ricorrente avanza ricorso al Consiglio di Stato, che il 13 febbraio 2006 rigetta il ricorso, motivandolo con il fatto che la croce è diventata uno dei valori laici della Costituzione Italiana e rappresenta i valori della vita civile.
A questo punto, il ricorso viene presentato a livello europeo, ipotizzando una possibile violazione della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (uno dei documenti fondanti dell'Unione Europea), e porta alla sentenza UNANIME della corte emessa il 3 novembre.

Il ragionamento della signora Lautsi è il seguente.

Il crocefisso viene esposto nelle aule in relazione a disposizioni che sono datate 1924 e 1928 e che sono considerate tuttora in vigore, nonostante siano anteriori all'entrata in vigore della Costituzione (1948) e soprattutto agli ultimi accordi tra Stato e Chiesa del 1984, in seguito ai quali la religione cattolica non è più religione di stato.
Tali disposizioni sono il frutto di una concezione confessionale dello Stato superata, appunto, dal 1984: non si capisce dunque per quale motivo lo Stato riconosca alla religione cattolica, con l'esposizione del crocefisso nelle aule, una posizione di privilegio che si traduce in una ingerenza nel diritto di libertà di pensiero, di coscienza e di religione.
Inoltre, il crocefisso è un simbolo inequivocabilmente religioso, malgrado si tenti di accreditarlo in modo diverso usando chiavi di lettura storiche e culturali.
Uno Stato laico non dovrebbe mai dare la sensazione di privilegiare una confessione religiosa rispetto ad un'altra, e soprattutto di fronte alle persone che sono più vulnerabili a causa della loro giovane età.

Come risponde il Governo italiano, di fronte alla Corte, a queste argomentazioni?
Afferma che si tratta di un questione più filosofica che giuridica. Che il simbolo in questione è ormai, più che specificatamente religioso, portatore di un messaggio umanistico e relativo a valori condivisi.
La croce rinnova un messaggio che è perfettamente compatibile con la laicità ed accessibile anche ai non cristiani ed ai non credenti.
In conclusione, il simbolo della croce può essere percepito come deprivato di significato religioso, e la sua esposizione in un luogo pubblico non costituisce in sè un attentato ai diritti ed alle libertà garantite dalla Convenzione.

Nello specifico, non è negata o meno la libertà di aderire o meno ad una religione: in Italia questa libertà è pienamente garantita. Il crocefisso, in effetti, è esposto nelle aule scolastiche, ma non è richiesto agli insegnanti nè di elevare ad esso il minimo segno di saluto, di riverenza o di semplice riconoscimento, ed ancora meno di recitare preghiere in classe. Nei fatti, non è loro richiesto di prestare una qualsiasi attenzione al crocefisso.

Secondo il Governo, l'esposizione della croce non mette in discussione la laicità dello Stato, principio che è inscritto dentro la Costituzione e negli accordi con la Santa Sede. Essa (l'esposizione) non viene considerata il simbolo di preferenza verso una religione, perchè si riferisce ad una tradizione culturale e di valori umanisti sostenuti anche da persone diverse dai cristiani. In conclusione, l'esposizione della croce non disconosce il dovere di imparzialità e di neutralità dello Stato.

Inoltre, il Governo chiede alla Corte di essere prudente e di astenersi dal dare un contenuto preciso al principio di "laicità dello Stato", ad esempio interdicendo la semplice esposizione di simboli.
Questo darebbe un "contenuto materiale predeterminato" al principio di laicità, il che sarebbe in contrapposizione alla legittima diversità degli approcci nazionali e condurrebbe a conseguenze imprevedibili.

Il Governo non sostiene che sia necessario, opportuno o desiderabile mantenere il crocefisso nelle aule scolastiche, ma la scelta di mantenerlo o no risponde a criteri di opportunità, non di legalità.
La Repubblica Italiana, benchè laica, ha deciso liberamente di lasciare il crocefisso nelle aule scolastiche per diversi motivi, tra cui la necessità di trovare un compromesso con i partiti di ispirazione cristiana che rappresentano una parte essenziale della popolazione e del suo sentimento religioso.

Quanto a sapere se un insegnante è libero di esporre altri simboli religiosi dentro un'aula, nessuna disposizione lo proibisce.

La Corte, sulla vicenda in questione, ha sentito un parere "terzo" e indipendente: il Greek Helsinki Monitor (GHM) (1).

Secondo il GHM, la tesi che il crocefisso non debba essere inteso come simbolo religioso, ma come simbolo "altro" (portatore di valori umanisti), non è accettabile, ed anzi potrebbe essere considerata offensiva per la Chiesa. Il Governo italiano non è probabilmente in grado di indicare un solo non-cristiano che sia d'accordo con questa tesi.
Se il crocefisso non deve essere nè salutato, nè degnato di attenzione, ci si chiede perchè allora venga affisso.
Il GHM osserva che, secondo i "Principi di Toledo per l'insegnamento relativo alle religioni e convinziioni nelle scuole pubbliche" pubblicati dall'OCSE (qui il testo scaricabile in inglese e spagnolo) , la presenza di un tale simbolo dentro una scuola pubblica può costituire una forma di insegnamento implicito di una religione, ad esempio dando l'impressione che questa religione particolare sia favorita in rapporto alle altre.

Alla fine, la Corte, all'unanimità, svolge le seguenti riflessioni:
"La Corte non è riuscita a a comprendere come l'esposizione, nelle aule di scuole dello Stato, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato al Cattolicesimo (la religione maggioritaria in Italia) possa essere funzionale al pluralismo educativo che è considerato essenziale per la preservazione di una "società democratica" così come concepita dalla Convenzione, un pluralismo che è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale Italiana. L'esibizione forzosa del simbolo di una confessione specifica in premessa usata dalle pubbliche autorità, e specialmente nelle aule, di conseguenza ha limitato il diritto dei genitori di educare i loro figli nel rispetto delle loro convinzioni, ed il diritto dei bambini di credere o non credere.
La Corte ha concluso, ALL'UNANIMITA' , che si è rilevata una violazione dell'Articolo 2 del protocollo n.1 unitamente all'articolo 9 della Convenzione (2)" .

Dunque, una sentenza tutt'altro che VIOLENTA, come si spinge ad affermare il Ministro Gelmini.
Anzi: su un argomento del genere, il Governo ha saputo pacatamente porre le proprie argomentazioni a difesa. Riconfermando la laicità dello Stato, come abbiamo visto, e traslando la portata del simbolo, chiedendo di non considerarlo più "simbolo religioso" ma "simbolo umanista".
Asserendo addirittura che non esiste alcuna direttiva che impedisca agli insegnanti di apporre in aula simboli di altre confessioni religiose in aula.

Ma appena la sentenza viene resa nota, ecco che il Governo cambia volto ed abbandona la sua posizione "ragionevole e laica". Lamenta l'aggressione laicista e secolarista, rinnega la sua stessa posizione "laicista ma tollerante verso il simbolo", e ridiventa un megafono ipocrita del Vaticano.

Al punto che la Lega Nord, la formazione più pagana ed antievangelica che si sia in tempi recenti aggirata sul territorio nazionale, arriva al paradosso blasfemo di usare la questione crocefisso per un'ennesima crociata: ovviamente non in difesa della religione cattolica, ma in "offesa" di tutti coloro nei cui confronti questo simbolo può essere usato come elemento di divisione e discriminazione religiosa o razziale.
Il "moderato" Cota, capogruppo alla Camera e candidato leghista alla Presidenza della Regione Piemonte, ha affermato: "Noi vogliamo il crocefisso nelle aule PERCHE' non vogliamo diventare musulmani", violentando contemporaneamente la ragione e la logica.

Ovviamente, la sentenza (che tutti possono leggere con una conoscenza elementare del francese) è lì a disposizione di chiunque voglia capire la materia del contendere: ed il modo migliore per non farlo è, come sempre, accontentarsi della informazione di regime strombazzata dai TG.

UPDATE: leggo ora (17,30) dal sito di Repubblica le seguenti dichiarazioni del Cardinale Bagnasco.

Crocifisso. Di fronte alla ''surreale'' sentenza emessa dalla Corte europea di Strasburgo a proposito della presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche italiane, ''bene ha fatto il Governo ad annunciare ricorso''. Dice Bagnasco che parla di una sentenza ''sorprendente'' e ''alquanto surreale''. "Un'impostura" di minoranze esigue che rischiano di far allontanare l'Europa dalla gente.

Credo che ognuno possa valutare da solo chi, in questa storia, si collochi tra gli impostori della peggior specie.




(1) Il GHM è un'organizzazione per la tutela dei diritti umani che realizza principalmente attività di monitoraggio sui media dell'area balcanica, redige Rapporti e Pubblicazioni sulla situazione delle minoranze etniche, linguistiche e religiose in Grecia.

(2) Articolo 9 della Convenzione: Libertà di pensiero, di coscienza e di religione 1 Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti. 2 La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui. Articolo 2 del Protocollo 1: Diritto all'istruzione Il diritto all'istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.

giovedì, maggio 28, 2009

La nostra voce dal cassonetto

Antefatto: Su una mailing list dedicata ai Comitati Genitori attivi nel mondo della scuola, è apparso un post di un genitore disperato alle prese con un docente "inadeguato". Poichè situazioni del genere si presentano in ogni scuola, incluse quelle frequentate dai miei figli, e in genere non esiste soluzione (normalmente il dirigente scolastico, allargando le braccia, dice "fosse per me lo caccerei via, ma sa, questi maledetti sindacati..."), vorrei porgervi alcune mie riflessioni al riguardo.

In un mondo ideale, in uno Stato ideale, esisterebbe una particolare attenzione a questi problemi: e le persone che cadono in uno stato di debolezza e di vulnerabilità , dopo aver offerto magari egregiamente per decenni i propri servigi alla comunità, sarebbero aiutate a mantenere dignità, rispetto e risorse per vivere offrendo loro ruoli adeguati al nuovo stato, al nuovo equilibrio precario in cui si trovano.
Ma qui siamo in uno Stato reale, corroso dal mito spietato (e spesso mendace) della competizione. Ed oltre il ring su cui si combatte non c'è nulla, c'è l'abisso, c'è la notte della miseria e dell'esclusione.
C'è chi - per motivi che possono capitare a tutti - inciampa in problemi di salute, di vita difficile. E c'è chi - perchè accade - ha proprio sbagliato strada, perchè nessuno ha saputo o osato dirgli di guardarsi dentro con sincerità al momento giusto, e anche se continuasse mille anni non sarà mai un bravo studente/docente/ genitore, se nessuno gli da una mano a cambiare percorso. Oppure, semplicemente, c'è chi ha esaurito la propria spinta motivazionale, si è stufato di fare quello che fa, ma non può cambiare perchè è in chiuso in trappola dal bisogno, dalle sbarre fatte di affitto/pranzi e cene/bollette/ mutuo...in questo mondo, chi è in difficoltà rimane quasi subito SOLO.
A chi perde il passo (studente, docente, genitore), non resta dunque che resistere disperatamente, attaccato alle corde, piegato sulle ginocchia, perchè è meglio esistere così (umiliandosi, soffrendo per primi per la propria condizione) che non esistere più, scomparire, esser buttati fuori. Bollato come "inadeguato" , o peggio, "fannullone" , l'unica via che resta è resistere oltre ogni "ragionevolezza" .
La situazione così diventa catastrofica per tutti, soprattutto se hai il compito di creare e sviluppare relazioni con persone che dipendono da te, ma non c'è salvezza.
O meglio, si: c'è quella più semplice, quella che si sta adottando oggi. Spostare i "problemi sociali" fuori dalla porta. Ignorando che dentro i "problemi sociali" ci sono le persone, fatte di carne ed ossa, di bisogni e di sofferenze, di emozioni e di speranze. E se non bastano le porte che ci sono, costruirne di nuove.
E allora lo studente "perduto" capirà da solo che non è più il caso di iscriversi a scuola, dove sempre meno persone avranno sempre meno tempo per occuparsi di capire come ridare un senso al suo percorso, perchè Barbiana è ormai un luogo mitologico che forse non è nemmeno mai esistito per davvero.
Il docente in difficoltà non verrà più chiamato dal "dirigente con ampi poteri" conferitigli a breve dalla visione Aprea: la scuola sceglierà i docenti migliori, che sceglieranno gli studenti migliori. Per la gioia di tutti, incluse le famiglie (ognuna delle quali pensa, ovviamente, di aver diritto al meglio e di entrare senza dubbio nel novero della parte più privilegiata della società).
Le famiglie migliori (quelle che potranno esserlo, sfuggite per caso alla morsa della crisi o a "problemi sociali") applaudiranno. Le altre, semplicemente scompariranno dalla scena (fino a quando non decideranno di riprendersela) , nella stessa oscurità in cui si muoveranno gli studenti ed i docenti (e tutte le altre categorie sociali decadute) "non all'altezza" .

Soluzioni? No, non ne ho. Ma ho paura di un mondo in cui non è sufficiente essere persone per avere il diritto ad "esistere". Un mondo in cui, se non rispondi più agli standard, ti guardano allargando le braccia e ti prenotano per la rottamazione, indicandoti semplicemente la porta. Dove un diritto "forte" (il legittimo diritto di avere insegnanti capaci, bravi, appassionati per i propri figli), incrociando un altro diritto "forte" (la resistenza sindacale che inchioda la persona inadatta al posto ormai sbagliato, perchè è l'unico modo di farla sopravvivere) , schiaccia senza speranza i diritti deboli (il diritto dei ragazzi di avere una educazione adeguata, il diritto di ogni persona di svolgere un lavoro adeguato alle proprie capacità ed alle proprie condizioni).

Così l'unica cosa che si può fare (e che si fa normalmente) è spostare a rotazione il "fardello umano" costituito dal docente "inadeguato" (o dall'impiegato "incapace"), scontentando tutti, aumentando il livello di ostilità ed insoddisfazione reciproca. Ed alimentando le pulsioni peggiori, quelle che vedono le persone come merci che vanno gettate via non appena scadono, o quando non servono, o quando fanno paura, o quando ci rendono complicata la vita perchè ne alterano l'equilibrio. Il docente inadeguato e lo studente svogliato considerati come i clandestini, insomma: da respingere, da portare fuori dalla nostra vista.

Dovremo dunque, tutti insieme, ingegnarci per trovare una soluzione diversa dal semplice "escludere": e per farlo occorre iniziare a ragionare in modo più complesso, ad abbracciare non solo l'orizzonte del nostro presente, ma considerare che esiste anche quello degli altri. Capire che se l'altro - chi entra in relazione con noi - ha un problema, forse è meglio ragionare con lui su quale sia la possibile soluzione: avvicinarsi all'altro, interessarsi dell'altro, non allontanarsene lasciandolo solo con il "suo" problema. Così forse troveremo una soluzione umana, equa, giusta, ragionevole per tutti: o almeno potremo dire di averci provato.

La qualità (della vita, dell'educazione, delle merci, dei servizi) è una aspirazione
occidentale interiorizzata e di cui siamo orgogliosi, ma dobbiamo chiarirci bene sul prezzo umano che siamo disposti a pagare per averla.
Perchè se siamo disposti a "rottamare gli inadeguati e gli inutili", dobbiamo avere ben chiaro che un giorno potrà toccare a noi, diventare vecchi, deboli, poveri, rincoglioniti e non efficienti: e se avremo accettato l'idea - quand'eravamo potenti e forti - che chi non funziona viene buttato via, scopriremo con terrore che nessuno, quando verrà il nostro turno, avrà più voglia di ascoltare la nostra fiebile voce che esce dal cassonetto.

venerdì, maggio 08, 2009

E ora?

C'è qualcosa che fa ancora più schifo e paura, di un governo cinico che rispedisce i disperati dritti in bocca all'orrore da cui fuggono, disinteressandosi del loro destino di persone.
C'è qualcosa che fa ancora più vomitare, di quel minus habens razzista che propone di applicare l'apartheid sulla metropolitana di Milano.
E' l'idea che tanti, molti, troppi cittadini di questo paese, quando sentono queste cose, riescano a dirsi "è giusto"! era ora, perbacco!"

Ieri sera, nell'ambito della campagna elettorale per le amministrative di giugno, ho partecipato ad una serata sulla scuola. Ho introdotto l'intervento dell'Assessore Regionale all'Istruzione riepilogando le forme dell'attacco finale alla scuola pubblica sferrato da questo governo: la finanziaria 2008, con 7,8 miliardi e 142.000 dipendenti tagliati. La legge 169/08, ex Decreto Gelmini. La proposta di legge Aprea, il colpo finale, che distruggerà l'idea stessa di scuola pubblica e statale aprendo gli organi di governo della scuola ai finanziatori privati, trasformando l'educazione pubblica nazionale da diritto a semplice merce, punendo i docenti e lasciandoli alla mercè del mercato, cancellando quasi totalmente ogni forma di partecipazione di genitori e studenti.
L'Assessore ha raccontato brutalmente la realtà: per quest'anno le Regioni sono riuscite a salvare molte scuole ottenendo deroghe, i dirigenti scolastici stanno facendo alchimie numeriche per mantenere il servizio scolastico in termini almeno di orario. La qualità no, quella è già perduta, e la nostra scuola elementare (una delle poche cose di cui potevamo vantarci in Europa) verrà umiliata, ridimensionata. I prossimi anni sarà difficile salvare ancora le scuole piccole, gli esperimenti, le specificità: tutto tritato nel calderone ideologico di un "risparmio" che colpisce uno dei beni più importanti di un paese, il SAPERE.

Alla fine della serata, dal pubblico, è intervenuto un signore francese che vive da poco nel nostro paese (che scelta coraggiosa...)
Si è (e ci ha) chiesto semplicemente: "ma se poi alla fine tutto questo colpisce i vostri bambini ed i vostri ragazzi, che avranno una scuola peggiore, perchè gli italiani lo accettano senza protestare?".
Gli abbiamo risposto che ad ottobre ci sono state imponenti manifestazioni contro la trasformazione in legge del Decreto Gelmini, e che buona parte dei docenti e dei genitori è contraria a quanto sta accadendo.
"A ottobre? sei mesi fa? ed ora? io guardando la tv italiana non ho mai sentito nè capito nulla di quello che avete spiegato stasera".
Ed ora? Ed ora nulla. Abbiamo allargato le braccia, provando un po' di vergogna. Troppo difficile spiegare ad un europeo come si vive in un paese che ha deciso di impiccarsi da solo, e chiede al proprio governo di insaponargli la corda.

venerdì, marzo 20, 2009

Altre Brunettate & Gelminate

Ricordate benissimo tutti, tra le sparate di Brunetta, quella sulla volontà di mandare in pensione le donne a 65 anni. Ipse dixit: "Le donne dovranno in futuro andare in pensione a 65 anni. Cominciando da quelle che lavorano per la pubblica amministrazione."
(qui uno degli articoli che ne parlarono - era il dicembre scorso).

Ieri, il buon Brunetta ha fatto una conferenza stampa congiunta con quell'altro fenomeno della Gelmini, nel corso della quale ha espresso gli apprezzamenti che sappiamo sugli studenti (vedi post precedente).

Ma in quella conferenza stampa, in realtà, i due hanno parlato di scuola (per come ne sono capaci).
Ed hanno detto una cosa interessante e divertente, che è riportata nero su bianco in questo comunicato stampa del Governo ironicamente intitolato "Iniziative a favore dell’ingresso di giovani e precari nella scuola" (come sapete, la legge 133 ne butta nel cestino alcune centinaia di migliaia che mai più entreranno nella scuola...ma andiamo avanti).

Si annuncia, nella conferenza stampa, la prossima presentazione di un emendamento Brunetta/Gelmini per aumentare il numero di insegnanti che andranno in pensione nel 2009, considerando - per maturare i 40 anni - l'anzianità contributiva (con il conteggio degli anni di laurea) invece di considerare l' anzianità di servizio.

Questo dovrebbe anticipare, nell'AS 2009/2010, l'andata in pensione di 7500 docenti e 1500 ATA (e l'anticiperà dunque di 4-5 anni rispetto a quella che sarebbe senza l'emendamento!).

Tradotto in soldoni, gli insegnanti (per l'anno prossimo o anche per i successivi?) potrebbero dunque andare in pensione con 35-36 anni di servizio.

Sissì, è proprio lo stesso ministro Brunetta che a dicembre diceva " Le donne dovranno in futuro andare in pensione a 65 anni. Cominciando da quelle che lavorano per la pubblica amministrazione."
Ma, come sempre, è stata una strumentalizzazione mediatica e/o eravamo noi comunisti che abbiamo capito male:-))))

Ma nessuna preoccupazione: se tutto va come sempre, l'emendamento sarà presentato (SE sarà davvero presentato), poi ritirato e probabilmente verrà considerato a posteriori una invenzione dei giornali ostili al governo.:-)

Ah, Brunetta, Brunetta, sei veramente straordinario!

Mah...mica è finita qui.

C'era la Gelmini, ed anche lei doveva dire la sua.
Come sapete, la sciagurata, famigerata, orrida legge 133/08 voluta da Tremonti impone il taglio di 42.000 posti di docenza nella scuola solo per il prossimo anno scolastico.
E la Gelmini (qui le dichiarazioni riprese dal sito Tecnica della Scuola) afferma giuliva e contenta: "Con la Finanziaria era stato previsto un taglio di 42.000 posti. Ma sarà un numero ampiamente inferiore perchè abbiamo avuto 31.000 pensionamenti e quindi significa che avremo un numero molto inferiore di tagli: 11.000 supplenti non riconfermati e poi altri 7.000 supplenti non confermati a causa dell'esubero di docenti di ruolo e della riduzione di spezzoni-orario. La somma fa al massimo 18.000 supplenti non riconfermati. È comunque un dato pesante, ma non sono i 42.000 previsti dalla Finanziaria”.

Dunque: 31.000 pensionamenti di docenti, che non verranno sostituiti.
11.000 supplenti non riconfermati.
E, poi, altri 7000 supplenti non confermati "a causa dell'esubero di docenti di ruolo e della riduzione di spezzoni-orario".
31.000+11.000+7.000...a casa nostra fanno 49.000 posti di lavoro perduti per sempre.
18.000 precari in meno anzichè 42.000, ma ben 49.000 posti in meno.
Che cazzo gioisci?

Naturalmente, nel comunicato stampa intitolato "Iniziative a favore dell’ingresso di giovani e precari nella scuola", queste affermazioni non si trovano.Strano, neh?:-)

venerdì, novembre 21, 2008

Oh bella (scuola) ciao...

ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA
Comitato Provinciale di Torino


MOZIONE SUL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE


PRESO ATTO
che nel nostro Paese sono in essere vibrate e diffuse proteste concernenti le leggi e i decreti che il governo Berlusconi ha avviato nel proposito di riformare la pubblica istruzione in ogni ordine e grado;

RICORDANDO
che fu precisa intenzione dei partigiani che, nella nuova Italia scaturita dall’impegno e dagli sforzi di un’intera popolazione costati un ventennio di costrizioni fasciste e cinque anni di drammatiche sconfitte, il diritto ad un’istruzione libera e pubblica fosse garantito a tutti i cittadini come basilare strumento di emancipazione civile e sociale, capace di produrre cultura, benessere e democrazia, e come miglior antidoto all’insorgere di ignoranze, odii, discriminazioni e guerre;

CONSTATANDO
che, a causa dell’inadeguatezza di diverse generazioni di dirigenze politiche, da ormai troppi anni il Sistema Italia, pur ricco di innumerevoli risorse naturalistiche e culturali, nonché di formidabili capacità creative e di un incomparabile stile di vita, sta incredibilmente segnando il passo e che, per contro, solo il convinto e rinnovato impulso alla ricerca e alla conoscenza può offrirci di cogliere l’indispensabile opportunità di rilancio;

DICHIARANDO
che i tagli all’istruzione e alla ricerca, l’accorpamento e la soppressione dei plessi scolastici, le riduzioni di organico, la rimozione del tempo pieno, il ripristino del maestro unico, la privatizzazione delle università, financo l’introduzione di classi differenziate e la proposta di reintroduzione del grembiule obbligatorio, sono misure che, complicandone l’accesso, da un lato rendono più difficile la conoscenza e la pratica delle libertà e della democrazia mentre, dall’altro, si dimostrano particolarmente nefaste per il rilancio della nostra cultura e della nostra economia


IL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ANPI

RIUNITO A CERVIA IL 15 E 16 NOVEMBRE 2008

ESPRIME
pieno sostegno e solidarietà agli studenti, ai genitori, ai lavoratori docenti e non docenti, e ai pubblici amministratori impegnati a fondo nella lotta contro i tentativi di riforma Gelmini


E CHIEDE CON DETERMINAZIONE
al governo il ritiro dei provvedimenti, al Presidente della Repubblica l’attuazione di tutte le procedure per il blocco dell’iter amministrativo delle stesse, e agli organi interni dell’associazione la massima diffusione e attuazione di questa presa di posizione.

venerdì, ottobre 17, 2008

Trattasi sempre di piccole frange, nevvero Gelmi'?

La reazione del governo è stata - come sempre - sprezzante e offensiva, ma il fatto che TRECENTOMILA persone siano scese in piazza in un giorno feriale "usando" la convocazione di un sindacalismo di base che non ha mai superato i cinquantamila neanche di sabato, è un segnale fortissimo.
Che in una democrazia, sarebbe colto.
In una democrazia.

lunedì, ottobre 13, 2008

Siamo soli

Ormai l'attacco allo Stato a colpi di decreti legge, per distruggere tutto quel che conoscevamo, è così quotidiano che non si riesce nemmeno a razionalizzarlo.

La scorsa settimana hanno fatto anche questo:
DECRETO-LEGGE 7 ottobre 2008, n. 154. Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali.(GU n. 235 del 7-10-2008 ).

L'ho letto, e non ho gli strumenti per capire quali effetti abbia in ambito sanitario, però c'è un articolo che si capisce benissimo, ed è questo che integra e aggrava la famigerata legge 133, quella con cui Tremonti distrugge la scuola pubblica con 7652 milioni di tagli in quattro anni:

Art. 3.
Definizione dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali

1. All'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il comma 6 e' inserito il seguente:

«6-bis. I piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile per assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della rete scolastica previsti dal presente comma, già a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010 e comunque non oltre il 30 novembre di ogni anno. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con la procedura di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica. Ove le regioni e gli enti locali competenti non adempiano alla predetta diffida, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un commissario ad acta. Gli eventuali oneri derivanti da tale nomina sono a carico delle regioni e degli enti locali.».

Riassunto: entro il 15 dicembre le Regioni devono predisporre i piani per tagliare "fisicamente" le scuole (prerequisito per "tagliare" gli insegnanti e le ore di insegnamento) come previsto dal piano programmatico della Gelmini di cui ho parlato qui; se non lo fanno, verranno commissariate.

Alla faccia del federalismo! Qui vengono in mente i federali, più che altro, quelli col fez e gli stivaloni neri.

E, per associazione di idee, anche certe pratiche naziste: perchè il piano prevede la soppressione delle scuole più piccole e più deboli. Quelle con meno di 50 alunni, che si trovano ovviamente nei comuni più piccoli, o in montagna.

La Presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, stima che in tutto il Piemonte le scuole che dovranno chiudere sono 856 (il 52 % dei comuni piemontesi si trova in montagna). Le fonti governative dicono che è una bufala, ma si guardano bene dal dare un altro numero.

Una stima non smentibile parla però di circa 4000 scuole chiuse in tutta Italia, su poco più di 40.000, con la scomparsa definitiva delle scuola da circa 800 comuni su poco più di 8000 (eliminare una scuola su 10, eliminarle da un comune su 10: non è un rapporto che evoca qualcosa di molto tetro?).

Non è allarmismo. Non dimentichiamo che la Gelmini ha scritto nel suo Piano Programmatico, sotto evidente dettatura di Tremonti, quanto segue:

"Attualmente circa 700 istituzioni scolastiche autonome hanno una popolazione scolastica inferiore ai minimi previsti dalla fascia in deroga (meno di 300 alunni). All’interno poi della stessa fascia in deroga vi sono oltre 850 istituzioni scolastiche che non hanno titolo, per tipologia di scuola (circoli didattici, scuole medie, istituti superiori), a farne parte, perché per la loro istituzione non è prevista la possibilità di deroga. Alle citate scuole se ne aggiungono altre 1.050 (istituti comprensivi) comprese nella fascia minima, ma non tutte si trovano effettivamente nei territori montani o nelle piccole isole.
Si può dunque stimare che una buona percentuale di istituzioni scolastiche, compresa tra il minimo certo del 15% e il massimo probabile del 20%, non sia legittimato a funzionare come istituzione autonoma.
Anche per i diversi punti di erogazione del servizio le dinamiche demografiche hanno determinato
significative modifiche nel numero della popolazione scolastica accolta.
La presenza di oltre 10.760 istituzioni scolastiche autonome, che governano 41.862 punti di
erogazione del servizio, è di ostacolo alla stabilità delle stesse e all’offerta di una pluralità di scelte
aggregate in maniera razionale alle esigenze del territorio e che agevolino l’esercizio del diritto
all’istruzione. Inoltre, escludendo dal computo le scuole dell’infanzia per la loro particolare natura di servizio capillarmente diffuso, su poco più di 28 mila punti di erogazione del servizio circa il 15% ha meno di 50 alunni e un altro 21% ha meno di 100 alunni.

In effetti, la polverizzazione sul territorio di piccole scuole non risulta funzionale al conseguimento degli obiettivi didatticopedagogici, in quanto non consente l’inserimento dei giovani in comunità educative culturalmente adeguate a stimolarne le capacità di apprendimento e di socializzazione."

I conti sono presto fatti, dunque, e sono drammatici.
Beh, pensate che questo abbia fatto notizia? A parte Repubblica ieri, e la cronaca locale de "La Stampa" sabato, questa notizia oggi non è neppure nella prima pagina dei siti di Repubblica, Stampa e Corriere, e resiste solo nella cronaca locale di Repubblica.

E le reazioni di opposizione e sindacati?
Quasi meglio non saperlo.
La Ministra Ombra del PD (che in certi momenti uno auspicherebbe fosse ancora più ombra di quanto gia è), Maria Pia Garavaglia, non ha trovato niente di meglio che uscirsene con una dichiarazione a Radio Rai1 che non si sa se definire più imbecille o più idiota:
"Anche noi abbiamo detto che ci voleva la razionalizzazione della spesa ed eravamo disponibili a valutare fino a sei miliardi (!!!), ma non siamo stati messi in grado di discutere".
Ah, ecco: tutta qui la differenza. 1652 milioni di euro. Sul resto, nessun problema, evidentemente.

E non parliamo di Bonanni (CISL) e Angeletti (UIL): "costretti" dalla reazione di docenti e genitori a proclamare lo sciopero generale sulla scuola del 30 ottobre, trascinati dalla malsopportata CGIL, non perdono occasione per dire che proprio non c'hanno voglia di preoccuparsi del problema, e che basterebbe una convocazione (solo quello! nient'altro!) per revocare lo sciopero.
Peraltro, la piattaforma sindacale per la manifestazione del 30 ottobre recita:

FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams contestano e contrastano gli interventi del Governo sulla scuola che si concretizzano in una manovra indiscriminata di “tagli” al Comparto per quasi 8 miliardi di euro che destrutturano il nostro sistema pubblico di istruzione e mettono a rischio il diritto allo studio e la qualità dell’offerta formativa.
FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams denunciano che la definizione del Piano è stata fatta in totale assenza di un reale confronto con le forze sociali e con il mondo della scuola destinatario dei provvedimenti.
FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams ritengono necessaria per il Paese una vera politica di innovazione del sistema scolastico che non può realizzarsi con basse retribuzioni, riduzioni del tempo scuola e “tagli” indiscriminati di risorse umane e finanziarie.
FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams rivendicano:
  • la revisione del decreto-legge 137/2008, con abrogazione dell’articolo 4 che ripristina il maestro unico e introduce l’orario di 24 ore settimanali nella scuola primaria;
  • l’apertura di un tavolo negoziale con il Governo in merito al Piano Programmatico e ai regolamenti attuativi di cui all’articolo 64 del decreto-legge 112/2008, per un reale confronto finalizzato ad una vera riqualificazione della spesa, in grado di coniugare la lotta agli sprechi e alle diseconomie con la garanzia del “giusto” tempo scuola per tutti gli ordini e gradi, del diritto allo studio, della qualità dell’istruzione e della salvaguardia della professionalità degli operatori della scuola;
  • il rinnovo del contratto collettivo nazionale del Comparto e interventi fiscali a favore del lavoro;
  • il mantenimento delle prerogative contrattuali e garanzie contro le incursioni legislative nella disciplina del rapporto di lavoro;
  • garanzia di organici di istituto funzionali, stabili e pluriennali per il personale docente ed ATA al fine di dare certezze al personale e continuità didattica ed organizzativa alle scuole;
  • tutele per il personale precario, anche intervenendo sul “turn over” e sul pensionamento.
Roma, 9 ottobre 2008

Sinceramente: non è molto.
A parte la richiesta di ritirare il ritorno al maestro unico, per il resto si chiede -tutto sommato - di condividere responsabilmente il disastro, di esserne partecipi.
Una posizione molto "responsabile", che tiene sicuramente conto degli umori (tristi) del paese, ma è già rinunciataria in partenza, perdente.

Insomma: siamo ogni giorno più soli, davanti al disastro.
Non li fermeremo. La scuola pubblica è condannata, anche se non lasceremo nulla di intentato. Sono i momenti in cui tocca lottare, anche se si è condannati alla sconfitta. Non per farcela oggi, è utopia: ma per lasciare un seme da cui possa germogliare, tra qualche anno, il sogno di un paese diverso.

(Anche l'appello al Presidente della Repubblica affinchè non firmi la conversione in legge del DL 137 - il Decreto Gelmini - è, ahimè, seppur utile a far sapere le nostre ragioni, anch'esso un atto di pura testimonianza: il Presidente può rinviare alle Camere una sola volta la legge, che peraltro ha superato le eccezioni di incostituzionalità, e non ha in realtà alcuna possibilità di fermarlo realmente: basta saperlo, considerare il tentativo per quello che è - sapendo che non ha possibilità di incidere sul percorso delle decisioni del Governo - e non prendersela con il Presidente se farà unicamente quel che è nelle sue prerogative istituzionali...Egli le rispetta, anche se sembra ormai l'unico in questo paese, e giustamente non intende travalicarle.)

martedì, ottobre 07, 2008

Una stupidaggine al giorno (quando va bene) leva la democrazia di torno

"L'urgenza c'è e la fiducia è necessaria perchè l'opposizione ha già provato a fare ostruzionismo facendo lievitare il numero degli emendamenti".
(Mariastella Gelmini)

"ha già provato a fare ostruzionismo".
Ma spiegatele qualcosa, prima che parli. O meglio ancora, ditele di tacere, per favore.

lunedì, ottobre 06, 2008

E lavarsi finalmente gli occhiali, Gelmì?

Una "piccola frangia che preferisce protestare e mantenere lo status quo", composta da 30-40.000 insignificanti persone, ha invaso sabato le strade del centro di Torino, portando corpi, sorrisi e rabbia, per dire che non si rassegna alla distruzione della scuola pubblica.
Complimenti ai sindacati confederali, al Coordinamento Genitori ed al Manifesto dei 500 per aver organizzato questa splendida giornata di consapevolezza.
Son cose che fanno bene al cuore.
Qui e qui resoconti e foto della manifestazione.

venerdì, ottobre 03, 2008

"Piccola frangia" sarà tu' sorellaaaaa!

Il Ministro dell'Istruzione MariaStella Gelmini, in merito al "No Gelmini Day":

"Ci sono due Italie: quella che lavora, progetta e vuole essere pagata meglio. Poi ci sono piccole frange che preferiscono protestare e mantenere lo status quo: lasciamoli stare."


martedì, settembre 30, 2008

La neolingua di Tremonti e Gelmini

Vale davvero la pena di leggerlo, lo "Schema di piano programmato del Ministero dell'Istruzione (...) di concerto con il Ministro dell'Economia", ovvero il manifesto ideologico del Governo per la distruzione della scuola pubblica.

Fa tremare i polsi, ad una prima lettura.
Nessun dubbio, nessuna incertezza. Asserzioni che non consentono nè verifiche nè smentite. Parole chiave che creano una realtà nuova e positiva: "impoverire" diventa "essenzializzare", un po' come il termine "termovalorizzatore" fornisce valenza positiva ad un inceneritore.
Di nuovo la semplificazione come concetto magico di soluzione della complessità.
Basta con la confusione e lo spreco. ESSENZIALIZZAZIONE, appunto, è la parola magica che ricorre nel documento ad ogni pagina.
Saranno "essenzializzati" le sedi scolastiche, i piani di studio, le discipline e gli orari.
Razionalizzare e semplificare sono i concetti a contorno, egualmente piacevoli e positivi alle orecchie del volgo (che non sopporta più le cose complicate, in cui c'è da pensare e rompersi la testa).
E verità assolute vengono porte così, con la semplicità con cui si beve un bicchier d'acqua: "nell'arco di vita intercorrente dai sei ai dieci anni SI AVVERTE IL BISOGNO di una figura unica di riferimento con cui l'alunno possa avere un rapporto continuo e diretto".
Vertici che non raggiunse neppure la pedagogia sovietica.

Un modello che, inutile dirlo, "semplifica e valorizza la relazione tra scuola e famiglia".
E poi si passa al ragionerismo: "Si può dunque stimare che una buona percentuale di istituzioni scolastiche, compresa tra il minimo CERTO del 15% e il massimo PROBABILE del 20%, NON SIA LEGITTIMATO A FUNZIONARE come istituzione autonoma".
Notate il linguaggio: non sia legittimato!
Chi è legittimato dal voto, fornisce ormai le patenti di legittimità al resto della realtà.
E sentite quest'altra: "In effetti, la polverizzazione sul territorio di piccole scuole non risulta funzionale al conseguimento degli obiettivi didattico-pedagogici, in quanto NON CONSENTE l'INSERIMENTO DEI GIOVANI IN COMUNITA' EDUCATIVE CULTURAMENTE ADEGUATE a stimolarne la capacità di apprendimento e socializzazione".
Insomma, le scuole piccole, con pochi alunni, non sono adeguate culturalmente a stimolare l'apprendimento dei giovani. Una cagata pazzesca, lasciatemelo dire, e può testimoniarlo chiunque abbia conosciuto chi ha potuto mandare i figli in una scuola di dimensioni umane, di paese, magari multiclasse, in cui il programma viene svolto non solo in profondità ma con un approccio quasi individualizzato.
No, è necessario raccontare ora una realtà diversa: non la verità, ma una realtà a cui credere per accettare e giustificare un'operazione meramente ideologica e finanziaria.
Altro esempio di Neolingua gelminian-tremontina: "superamento delle attività di co-presenza", dove "superamento" dà l'idea di un avanzamento rispetto a qualcosa di sorpassato; "riconduzione a 18 ore"...

Ecco, un documento che è fondato sulla menzogna linguistica non andrebbe nemmeno preso in considerazione, se non per smascherarlo: se in questo paese esistesse ancora un pensiero libero, ed una capacità di analisi, una tale operazione di "traslazione della verità" sarebbe rigettata a priori, e la Gelmini rimandata a casa, a furor di popolo, con in testa il cappello a cono con le orecchie d'asino.

Ma probabilmente è troppo tardi, ormai. Ci toccherà ricostruire domani, per prima cosa, quando e se mai riusciremo a liberarci da costoro, un nuovo significato delle parole, autentico, senza menzogna: il primo passo per ricostruire daccapo un paese che possa ritrovare il senso di sè.

venerdì, settembre 05, 2008

Scandalosa Gelmini

Prima di arrivare misteriosamente dove è arrivata, come abbiamo detto nel post precedente, la ministra Gelmini era deputata alla Camera. E lì, nel febbraio 2008, presentò il testo di una proposta di legge "per la promozione e l’attuazione del merito nella società, nell’economia e nella pubblica amministrazione".
Nella proposta si leggono cose simpaticissime, a partire dall'esordio e dalla presentazione:

"ONOREVOLI COLLEGHI ! — La presente proposta di legge intende agevolare la diffusione e l’attuazione concreta nella societa` italiana del principio del merito."

Leggiamo insieme l'articolo 1, vi prego:

ART. 1.
(Definizione di merito).
1. Ai fini della presente legge, si intende per merito il conseguimento di risultati individuali o collettivi superiori a quelli mediamente conseguiti nei rispettivi ambiti di attività, tenuto conto dei compiti assegnati e delle capacita` possedute.

E' una cazzata, lo so, fumosa e velleitaria: ma qui siamo nel campo delle opinioni, e la cosa non ha importanza. Quel che importa è che la onorevole Gelmini si mette lì, nel 2008, e decide di promuovere il merito nella società italiana.

Ottimo, splendido: "meritorio", direi:-).

Bene: adesso, invece, leggete qui.

Ed eccoci scoprire che la stessa bella personcina, nel 2001, è andata a sostenere l'esame di stato per diventare avvocato a Reggio Calabria anzichè nella sua città, a Brescia.
Perchè mai? Chissà! Sappiamo soltanto che, allora, a Reggio Calabria passava agli orali il 94% dei candidati, contro il 50% della media nazionale ed il 6-10% della media al Nord.

Ecco le giustificazioni che la ministra fornisce alla giornalista della Stampa che le chiede motivo di quella curiosa scelta.

"«La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l'esame per ottenere l'abilitazione alla professione». Quindi? «La sensazione era che esistesse un tetto del 30% che comprendeva i figli di avvocati e altri pochi fortunati che riuscivano ogni anno a superare l'esame. Per gli altri, nulla. C'era una logica di casta, per fortuna poi modificata perché il sistema è stato completamente rivisto». E così, «insieme con altri 30-40 amici molto demotivati da questa situazione, abbiamo deciso di andare a fare l'esame a Reggio Calabria».
I risultati della sessione del 2000, del resto, erano incoraggianti. Nonostante lo scoppio dello scandalo, nel capoluogo calabrese c'era stato il primato italiano di ammessi agli orali: 93,4%. Il triplo che nella Brescia della Gelmini (31,7) o a Milano (28,1), il quadruplo che ad Ancona. Idonei finali: 87% degli iscritti iniziali. Contro il 28% di Brescia, il 23,1% di Milano, il 17% di Firenze. Totale: 806 idonei. Cinque volte e mezzo quelli di Brescia: 144. Quanti Marche, Umbria, Basilicata, Trentino, Abruzzo, Sardegna e Friuli Venezia Giulia messi insieme.

Insomma, la tentazione era forte. Spiega il ministro dell'Istruzione: «Molti ragazzi andavano lì e abbiamo deciso di farlo anche noi». Del resto, aggiunge, lei ha «una lunga consuetudine con il Sud. Una parte della mia famiglia ha parenti in Cilento». Certo, è a quasi cinquecento chilometri da Reggio. Ma sempre Mezzogiorno è. E l'esame? Com'è stato l'esame? «Assolutamente regolare»."


La Gelmini (dunque, e guarda caso!) passò l'esame, appena in tempo, prima che lo scandalo portasse ad una riforma dei criteri di costituzione delle commissioni, nel 2003, e riconducesse la situazione ad un minimo di decenza.

Inutile dire che, in un paese normale, un ministro di cui si scopra un simile trascorso si dimetterebbe all'istante.
Ma c'è anche da dire che, in un paese normale, probabilmente non ci sarebbe mai stata una Gelmini come ministro.

giovedì, settembre 04, 2008

'Aiutami, dai, Tremonti...cos'è che non abbiamo ancora distrutto, in questo paese? Già, la scuola elementare!...'

Antescriptum: Artemisia ha elencato in questo prezioso post i danni che il governo sta facendo al paese (alcuni irreparabili): consiglio di stamparlo, e rileggerlo diverse volte al giorno. Quanto segue va visto come una possibile integrazione di tale post.

Ma si ripara subito, oh già!
Ecco a voi, dal duo Tremonti-Gelmini, il decreto legge n.137 del 1° settembre 2008.

Che è pieno di tante cosine che sembrano graziose, che evocano anche cose antiche e piacevoli, un po' gozzaniane ed un po' deamicisiane...i voti come una volta, il maestro di Vigevano, la maestrina dalla penna rossa...la scuola solo al mattino...che bello, ci manca solo il buon Garrone...

Già, ma in realtà 'sti articoli sembra li abbia scritti Franti, e fanno alla scuola elementare italiana - una delle MlGLIORI in Europa, ad oggi - lo stesso bene che farebbe un sasso lanciato in una vetrata.

E vi spiego perchè per me questo decreto è da avversare.

Sul metodo: ne penso tutto il male possibile. Operare interventi sostanziali sulla scuola per decreto legge, senza neppure ipotizzare un confronto in Parlamento, è una modalità "autoritaria" che è nel DNA di questo governo, piace molto al popolino che non sopporta più i tempi e le procedure della democrazia, ma io personalmente continuo a ritenere inaccettabile (e penso non cambierò mai idea).

Sul merito: c'è un po' di "fuffa" (Cittadinanza e Costituzione in cosa dovrebbe differenziarsi da quanto affrontabile in "Storia ed Educazione Civica"?), un po' di restaurazione che piace anch'essa - tanto - al popolo (il ritorno al voto! che bello! il numero è chiaro, nitido, non come quei giudizi che si fa una fatica terribile a leggere ed interpretare. ..), e, secondo me, la cosa peggiore è il ritorno al maestro unico.
Spacciato, nelle interviste del Ministro, per una scelta ANCHE dal contenuto pedagogico (ove si sostiene la opportunità di tornare al "riferimento unico" per i bambini), è assolutamente evidente che lo scopo primario (e probabilmente unico) è la riduzione dei costi, partendo dal taglio di decine di migliaia di insegnanti ottenuto - da qui al 2012 - con il blocco del turnover, e con la riduzione (art.4) a sole 24 ore di insegnamento settimanale.
Una scuola con meno insegnanti, meno specializzati e con meno ore di lezione per i bambini, è sicuramente una scuola destinata a diventare peggiore: non vedo come potrebbe essere altrimenti, anche se in questo paese ultimamente ci sforziamo oltre ogni logica per credere alle favole.
Il tempo pieno lascerà presumibilmente il posto ad un doposcuola "assistenziale" , svuotato di contenuti: un caro, vecchio parcheggio di bambini.
E' dunque una proposta, a mio avviso, fortemente ideologica e autoritaria: prima ancora di rigettarla, sarebbe opportuno creare un fortissimo movimento (docenti/genitori) che costringa perlomeno il governo a confrontarla con "il resto del paese", anzichè imporla a colpi di decreto: la scuola pubblica appartiene alla storia ed ai cittadini di questo paese, non è cosa privata di chi "legittimamente" governa e usa la legittimità per devastare la legalità, come dice Gustavo Zagrebelsky.


Non dimentichiamo che resta, sullo sfondo a mo' di spada di Damocle, il disegno di legge della deputata Gelmini (presentato quando non era ancora assurta sorprendentemente al trono di Viale Trastevere) che intende proseguire il percorso di privatizzazione delle scuole trasformandole in fondazioni, con la mutazione genetica dei consigli di circolo e di istituto in consigli di amministrazione, con conseguente riduzione ai minimi termini della presenza di genitori e studenti (un po' ce la meritiamo, visto l'uso deprimente che abbiamo fatto degli strumenti di partecipazione conquistati qualche generazione fa ed elegantemente ignorati dalla grandissima maggioranza dei genitori "moderni").


L'idea è davvero brillante: le scuole devono diventare soggetti interamente privati (incontrollabili, liberi dall'orribile "morsa centralista") con i soldi pubblici. E' il nuovo capitalismo codardo che avanza, il liberismo ipocrita: come per la vicenda Alitalia, "Stato" e "pubblico" sono sinonimi di condivisione collettiva delle perdite e dei costi, ma al contempo il potere decisionale si restringe e si concentra sempre più nelle mani di pochi, intoccabili soggetti sordi ad ogni richiamo ed ogni regola che non si concili con gli interessi di casta.

martedì, aprile 08, 2008

Quando autonomia (scolastica) fa rima con follia

Da un incontro con l'Assessore all'Istruzione della Regione Piemonte, è emerso un dato inquietante che riguarda la scuola superiore: in Italia, essa propone circa 950 (NOVECENTOCINQUANTA) indirizzi diversi.
Mentre negli altri gradi di istruzione l'autonomia (dopo un primo avvio incerto e confuso) ha significato maggiore libertà di azione e possibilità per le scuole di connettersi le une con le altre in una rete che permette di dispiegare una progettualità al passo con i tempi, nelle superiori l'autonomia significa ancora oggi concorrenza spietata per l'acquisizione di "clienti", con logiche di puro marketing, generando un vero e proprio supermarket dell'offerta formativa.
I POF sono esposti negli scaffali come merci scintillanti, ed alle famiglie si propone l'idea che si possa scegliere quel che si vuole, la merce che soddisfa di più (e che, implicitamente, "costa di meno" in termini di impegno e di fatica).
Ed ecco nascere ad esempio i licei scientifici ad indirizzo sportivo (!!!), dove l'ingrato compito di avvicinarsi a materie ostiche come il latino (ahimè, il dannato giogo centralista che impedisce di liberarsene definitivamente!) è risarcito da giorni interi di cazzeggi in mountain bike o da corsi di scherma, e dal sogno di trasformare la scuola in un viatico divertente verso una ricca carriera da atleta.
Altri sedicenti "licei scientifici ad indirizzo sperimentale", che di scientifico hanno solo il prestigioso titolo, l'odiato latino sono anche riusciti ad estrometterlo.
In una provincia piemontese è stato addirittura istituito un "liceo classico ad indirizzo scientifico",
quintessenza della follia e clamorosa truffa per gli "utenti/clienti".

Tutto questo potrebbe in fondo considerarsi un tentativo di rinnovamento delle istituzioni scolastiche, per modernizzare l'offerta formativa e avvicinarla agli interessi dei giovani.
Peccato che uno poi vada a vedere poi i dati OCSE sull'istruzione, che mettono a confronto gli studenti quindicenni di 57 paesi del mondo, e scopra che lo studente italiano in mountain bike si colloca al 33° posto per competenze di lettura, al 36° per cultura scientifica ed al 38° per quella matematica.
Peccato che, secondo i dati del Ministero della Pubblica Istruzione, nella nostra scuola superiore alla fine del primo quadrimestre il 70% degli studenti presenti in media quattro insufficienze a testa, ovviamente nelle materie che caratterizzano di più i corsi di studio.
In tutto questo c'è qualcosa che non funziona, direi.

giovedì, giugno 14, 2007

La cultura non apprezzo:-)

Questo blog si associa alla solidarietà doverosa verso la maestra che, a fronte di una piccola creatura già omofoba e razzista, ha tentato di consapevolizzarla facendole scrivere per cento volte "io sono un deficiente": visto che la piccola creatura non è riuscita neppure a scriverlo giusto, trasformandosi anche in "deficente", sarebbe stata necessaria un'ulteriore cura a base di mille "e sono pure un ignorante", a cui non sarebbe stato male aggregare i genitori cafoni e offensivi.
Altro che risarcimento, qui si auspicherebbero nerbate, che quannocevòcevò!
Peccato non avere l'indirizzo della maestra per farle sapere che se la Giustizia Cieca e Stupida vuol perseguitarla, il Buon Senso e quel poco che resta di un'Italia per bene è FORTEMENTE dalla sua parte.

Ma cosa mai si può pretendere, d'altronde, in un paese dove la Presidenza del Consiglio dei Ministri vara uno spot informativo sul TFR il cui slogan "forte" è "Basta che vi decidete" ????
Immagino la scena del crimine: un gruppo di lavoro fatto da creativi di grido (magari quelli che nobilitano la pubblicità con le scorregge degli scoiattoli, diomio...), quadri e dirigenti della Presidenza del Consiglio...tutti pagati a caro prezzo per fare i killer del congiuntivo.
Tutta gente che, parafrasando Goebbels, "quando sente la parola cultura porterebbe automaticamente la mano alla fondina, se sapesse che cazzo vuol dire fondina".

Insomma, è il caso in cui un sonoro "Vergognatevi! " non avrebbe effetto; ci guarderebbero di certo con quelle facce stupide ed offese chiedendoci "epperchè?".

mercoledì, maggio 23, 2007

Come si uccide la scuola pubblica/2

Segnalo, ripubblicati con intelligenza su foruminsegnanti.it, questo articolo di Mario Pirani su Repubblica di lunedì 21 maggio, nonchè il precedente su Repubblica del 14 maggio, perchè sollevano un problema di fondo su cui dovremmo tutti ragionare (o almeno noi che abbiamo a cuore il futuro di questo paese). Il problema è il passaggio critico, che sta avvenendo negli ultimi 10 anni, dal concetto di scuola pubblica "unica ed indivisibile" al concetto (vago e un po' ambiguo) di "autonomia delle istituzioni scolastiche basata sull'identità culturale".

Ma andiamo con ordine. C'erano una volta i Programmi Nazionali: garantivano in tutte le scuole del Paese (o del Regno, come si diceva un tempo) una uniformità di finalità, obiettivi e contenuti della scuola, ed erano la garanzia (od almeno il tentativo) di non creare scuole di serie A e B sul territorio nazionale.
Dal "Manifesto dei 500", redatto nel 1999 da insegnanti e genitori mobilitati contro la riforma Berlinguer:
"La Costituzione afferma l'eguaglianza dei cittadini, e lo Stato si dovrebbe assumere il compito di rimuovere gli ostacoli alla crescita umana e culturale che possono derivare dalle differenze economiche, di ceto, religiose che esistono tra i cittadini.
Per questo la scuola statale basata sui Programmi Nazionali ha l'obiettivo di essere una scuola aperta a tutti, che non si fonda su idee particolari o su programmi differenziati, che non pone condizioni per nessun iscritto, che rispetta le idee di ognuno e non ha obiettivi diversi tra un istituto e un altro.
La scuola statale non può avere altri obiettivi che i Programmi Nazionali: non può quindi avere l'obiettivo di far profitti sull'istruzione, né quello di far passare particolari idee, convinzioni pedagogiche, politiche, religiose."

La riforma di Berlinguer (il ministro, non il rimpianto Enrico) è la prima, negli anni 1997-2000, a scardinare organicamente i Programmi Nazionali.
(Anche questo si deve ascrivere, al nostro Centrosinistra: di essere stato il primo, cosciente o no, ad aver avviato un piano organico di distruzione della scuola pubblica).
La riforma Moratti (2003) tenta di sostituirli in sordina con "Indicazioni nazionali" redatte in clandestinità e senza validazione giuridica, anche se formalmente i Programmi Nazionali (aggiornati nel '79 e nell'85) non sono mai stati ufficialmente abrogati.
Per fortuna queste indicazioni (illeggittime) sono state di fatto ignorate da buona parte delle scuole italiane, affossando "de facto" l'applicazione pratica della Riforma.
Ma arriva il 2006, e giunge il Ministro Fioroni, che al riguardo la pensa così:

"L’autonomia scolastica e l’interazione, nei contesti locali, tra le diverse autonomie, costituisce il quadro di riferimento principale dei processi di innovazione e di riqualificazione di cui l’intero sistema educativo ha bisogno.
Pretendere di imporla dall’alto, con atti dirigistici legislativi o amministrativi, sarebbe un grave errore. Condannato in partenza all’incomprensione e all’inefficacia. Ciò che occorre non è una logica abrogativa che sarebbe connotata inevitabilmente da rischi conservativi, né tanto meno la restaurazione – evocata da non poche cassandre – di una scuola del passato
che non può più esserci perchè è scomparso il suo mondo di riferimento. Ma, d’altro canto, bisogna evitare la pretesa , ancora una volta di cambiare tutto e subito, anche se il nostro sistema educativo ha senza alcun dubbio bisogno di profonde innovazioni."

In soldoni, ed anche in pratica, i Programmi Nazionali sono un concetto da spedire in soffitta a favore dei POF, che rappresentano "l'identità culturale delle istituzioni scolastiche" (DPR 275 del 1999, articolo 3, "Regolamento delle autonomie scolastiche"), pur nel rispetto delle famose "indicazioni nazionali".
Il problema è di equilibrio, ovviamente. Il rischio forte è che la "identità culturale delle istituzioni scolastiche" diventi un elemento di disgregazione della scuola pubblica, trasformando ogni "istituzione scolastica" in un supermarket dell'offerta didattica e formativa, fortemente condizionato da meccanismi di risposta alla domanda del "mercato" che nulla hanno (e debbono) avere a che fare con una istituzione che deve garantire l'istruzione (a parità di condizioni) verso tutti i cittadini.
Non penso solo al fiorire di scuole confessionali (che in questa fase di aggressività intollerante delle diverse fazioni religiose mi preoccupa non poco), ma anche di scuole "padane" o "buddiste", "patafisiche" o "pleistescioniste", visto che il concetto di "identità culturale" - che non esiste neppure nella Costituzione - si presta ad ogni sorta di interpretazione.
E ultimamente, di ogni cosa importante vedo solo apparire "interpretazioni" nel segno dell'egoismo, della chiusura, del recinto, del localismo spinto, della paura dell'altro, o, peggio, della vacuità più assoluta.