lunedì, dicembre 02, 2013

"La torre d'avorio": l'arte, la politica, il coraggio, la resistenza...

LA TORRE D'AVORIO
Di Ronald Harwood
Con Luca Zingaretti, Massimo de Francovich
Regia di Luca Zingaretti
Visto al Teatro Carignano  di  Torino il  19 novembre 2013

Dopo un anno di pausa per ragioni economiche, ho riacquistato quest'anno l'abbonamento alla stagione teatrale dello Stabile di Torino (i problemi economici non sono affatto venuti meno, ma diciamo che il teatro è definitivamente entrato nel novero delle cose irrinunciabili anche in tempi duri:-)).
La mia personale stagione di spettatore ha debuttato con "La torre d'avorio" di Ronald Harwood, con Luca Zingaretti e Massimo de Francovich e regia di Zingaretti.
La vicenda è quella (piuttosto nota e già raccontata nel film del 2001 "A torto o a ragione") del processo che gli Alleati aprirono nel 1946 contro il celebre direttore d'orchestra Wilhem Furtwangler per acclarare i suoi rapporti con il regime nazista.
A predisporre l'indagine è un rozzo ufficiale americano, che disprezza la musica classica e non è quindi sensibile al fascino del mito e del personaggio di Furtwangler.
L'ufficiale imputa al Maestro di non essersi mai apertamente ribellato al nazismo per una molteplicità di motivi: per vanità, per non lasciare spazio all'astro nascente Von Karajan (che si iscrisse al Partito Nazista non una, ma due volte), per continuare a godere dei privilegi (anche sessuali) riservati ad un uomo potentissimo.
Il Maestro ribatte che lui fa Arte e non Politica, che quando si dirige Beethoven si entra in un mondo dove non esistono più mostri e carnefici, e che un atteggiamento più ostile al regime avrebbe soltanto provocato  la sua morte o il suo esilio, senza alcun vantaggio per la Germania.
Nessuna delle due legittime e inconciliabili verità risulta convincente, alla fine.
Ancora meno convincente risulta la recitazione di Zingaretti, che dovrebbe imparare a entrare nei personaggi invece di portare dentro di essi il solito Montalbano:-)
Bravissimo invece Massimo de Francovich e gli altri interpreti.
Il testo è straordinario, la regia (anch'essa di Zingaretti) eccellente.

Beckett e il (non) senso della vita



“DA KRAPP A SENZA PAROLE”
Di Samuel Beckett
Traduzioni di Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Con Glauco Mauri e Roberto Sturno
Regia di Glauco Mauri
(Visto al Teatro Gobetti di Torino il 26 novembre 2013)

Cinque splendide e angoscianti partiture di Samuel Beckett sulla insensatezza e assurdità della vita.

Glauco Mauri è un grande, splendido vecchio (ha 81 anni).
La sua recitazione, specie ne “L’ultimo nastro di Krapp”, è ruggente e seducente.

Questo è il genere di teatro che entra violentemente nelle questioni della vita, ti pone con brutalità il tema del senso della vita stessa, e ti obbliga a pensare.

La vita è davvero questo cumulo di insensatezza che dice Beckett, dove gli sforzi dell’uomo per darle un senso sono continuamente frustrati da una quotidianità che dimostra esattamente l’opposto?

Davvero ogni nostra azione, alla fine, è inutile rispetto al semplice iter biologico che va dalla nascita alla morte, e siamo solo noi che ci ostiniamo a darle un significato, per non ammettere che viviamo e moriamo e basta, senza un preciso perché?

Davvero le nostre emozioni (l’amore, l’odio, la rabbia, la passione) sono invenzioni e suggestioni che mettiamo in campo per non dirci che tra la nostra vita e quella di un batterio in fondo, in termini di significato, non ci sono differenze?

Belle, forti e suggestive domande. A cui a volte tento spontaneamente di dare risposte.
Per scoprire che, in fondo, la cosa migliore è proprio evitare di porsele, quel tipo di domande, e continuare a sperare che le emozioni continuino a distrarmi ancora abbastanza a lungo da tener lontane le domande sul loro significato.

Poi, dalla visione dell’ultimo atto rappresentato, è nata tra amici una discussione collaterale sulla “conservazione”. (Se avete voglia di leggere il post fino alla fine, ne capirete l’origine).

Nulla di quello che oggi produciamo copiosamente e conserviamo in digitale (foto, testi…) resisterà così a lungo senza corrompersi…il tempo massimo di conservazione sicura sui nostri supporti domestici (ma anche professionali) è di 3-5 anni.

Leggere qui per farsene una ragione e non rinunciare a scrivere ANCHE su carta.
Questa recensione, ad esempio, è stata scritta prima su un taccuino Moleskine e forse quella versione sopravviverà a questo blog…:-)

Di seguito, le trame delle parti dello spettacolo (almeno per come le ho capite io, eh: Beckett non è affatto trasparente…)