venerdì, dicembre 21, 2007

Auguri! (ne abbiamo bisogno)...

Si, sarebbe un dovere civile parlarne, dei contenuti della intercettazione telefonica del colloquio tra Berlusconi e Saccà. Leggerne il testo fa capire a quale punto siamo giunti, a che livello sia compiuto il golpe che ha invaso ed intossicato le più potenti forme di comuncazione di massa.
Ascoltare l'audio fa ancora più male.
La naturalezza nell'uso di forme rivoltanti, la normalità di questo colloquio da padrone a servo fanno venire un fortissimo, salutare senso di nausea a chi ancora conserva (e forse non siamo più molti) il senso della cosa pubblica e la capacità di indignarsi.

Il peggio sembra già avvenuto, dunque.
Potrà raffinarsi, però, perchè il popolo è pronto a riportare costoro al potere, al più presto, per riprendere a vivere nel paese dei balocchi e del fattiicazzituoisenzapudore.

Scusate, qual è la strada più breve per la Spagna? Io a vivere qui non ce la faccio davvero più.

Buon Natale a tutti, se potete.

venerdì, dicembre 14, 2007

Telecom e la follia multicanale

Ottenere una nuova linea telefonica, in un comune che non sia una metropoli, è una sorta di esperienza psichedelica.
Scordatevi la pubblicità e le migliaia di offerte che urlano che telefonare è la cosa più semplice del mondo.
Anzitutto, se non siete in una grande città non avete alternative: la linea la dovete chiedere a Telecom.
Ci sono tre modi: andare in un "negozio" in franchising, telefonare al 187 o farlo online attraverso il sito 187.it.
Io che mi sento (scemo!) un utente evoluto, provo l'ultima soluzione.
Vi racconto come sta andando.

Venerdì 7 dicembre.
Dunque, eccoci qua: clicchiamo sul box "attivazione nuova linea telefonica".
Te la propongono in accoppiata con Alice ADSL: mmm, interessante, ma ci sarà nel mio paesello?
Per saperlo, prima vado su "copertura ADSL": e mi chiedono il numero di telefono!
Non ce l'ho ancora, è OVVIO; e allora uso l'elenco abbonati digitando un cognome a caso nel mio comune e provo con quello: nessuna copertura.
Va bene, prendo atto: e provo ad attivare solo la linea standard (96 euri+15 di canone).
Deseleziono le caselline relative ad ogni offerta aggiuntiva, e...clicco sul pulsante "attiva", ma mi dice che posso procedere solo se sono registrato (e dirlo prima, accidenti?)
Vabbè: mi registro, e riparto da capo.
Mi chiedono se prima lì c'era un linea telefonica: sì o no? E io che ne so, non dovreste saperlo voi?
Dico no per sicurezza, inserisco tutto, l'indirizzo del luogo in cui voglio l'attivazione, DUE numeri di telefono (mi date l'appuntamento via mail, lestofanti, a cosa diavolo vi serviranno mai???), i cazzi&mazzi sull'inserimento nell'elenco (che a legger tutto ci van due ore, e uno si stufa quasi subito e autorizza tutto) e arrivato al fondo...sessione scaduta!
Si rifà tutto da capo...ci ho messo un'ora e mezza, alla fine, e sono uno che non si arrende.
Ovviamente, su un canale simile mi aspettavo una interattività che consentisse - che so - di scegliere l'eventuale giorno possibile di appuntamento, invece alla fine è stato più o meno come mandare un form o un fax.
Ma il bello deve ancora venire.

Lunedì 10 dicembre.
Nessuna comunicazione.

Martedì 11 dicembre.
Nessuna comunicazione.

Mercoledì 12 dicembre.
Wow! Alle 15, mentre sono a Milano in trasferta, mi giunge un sms dalla Telecom, che riporto testualmente: "Telecom Italia. Per confermare attivazione linea 011.9xxxxxx colleghi un telefono alla presa e digiti 431333 entro 27/12. In caso di problemi chiami il 187".
Splendido! Prima di fiondarmi a casa, vado a comprare un cordless.
Giungo a casa, sballo il cordless, collego, metto le batterie e provo un paio di volte: non c'è linea.
Provo a cambiare presa: niente.
Niente da fare: devo chiamare il 187. Spiego il tentativo all'addetta del contact center, che controlla e mi fa: "E' giusto, ma può fare quell'operazione solo a partire dal 18/12". Ed io: "e non potevano scriverlo nell'sms?", e lei: "Ha ragione, porti pazienza".
Mi tranquillizzo e mi rassegno. Aspetterò.

Giovedì 13 dicembre.
Arrivo al lavoro, apro la posta e trovo una mail del servizio clienti Telecom con questo testo:
"Gentile Cliente, la ringraziamo per avere scelto il sito www.187.it. Il numero telefonico assegnato è 0119xxxxxx, da considerarsi provvisorio fino ad avvenuta attivazione. La informiamo che le abbiamo prenotato il primo appuntamento disponibile per l'installazione dell'impianto per il giorno 04/1/2007 dalle ore 10:00 alle ore 11:00. Nel caso desideri abbinare alla linea anche l'ADSL le chiediamo gentilmente di consultare il ns. sito www.alice.it.
Cordiali Saluti Telecom Italia Servizio Clienti 187.it".
Allibisco: non solo la mail è completamente dissonante sia rispetto all'sms che a quello che mi ha detto il 187, ma mi pigliano pure per il culo proponendo il servizio ADSL su un numero (me l'avete dato voi, dio bonino, almeno controllate prima!) su cui non c'è copertura.
Decido di dare maggior fiducia al canale umano: non farò nulla fino al 18/12, poi proverò ad attivare la linea come dice l'sms.
Ma non basta! Alle 17 squilla il cellulare e parte un messaggio registrato che dice (vado a memoria) le stesse cose dell'sms del giorno prima, aggiungendo però che - dopo aver digitato il numero 431333, una voce registrata mi avrebbe chiesto di digitare sia il nuovo numero della linea che il mio numero di cellulare (puro delirio!!!). Nessun accenno, stavolta, a date (iniziali o finali) in cui eseguire tale operazione: il che lascia supporre che lo possa fare subito.
Torno a casa, ricollego tutto: riprovo, e (ci credereste?) la linea...non c'è.
Chiudo tutto, reimballo, apro la porta-finestra, vado sul terrazzino e puntando verso un punto imprecisato urlo: "Telecom, ma vedi un po' d'anna' affan...!"

Riepilogo.
Il canale on line di Telecom ha la stessa usabilità di un fax compilato a mano: poi, però, ho ricevuto 4 risposte diverse da 4 canali diversi (sms, operatore di contact center, mail, messaggio registrato).
Le linea ad oggi non è attiva, non capisco cosa diavolo devo fare, non voglio telefonare al 187 perchè sennò mi incazzo con un innocente, e poi si tratterebbe del QUINTO contatto per lo stesso motivo senza capirci - alla fine - una benemerita mazza.

Complimenti davvero!

venerdì, dicembre 07, 2007

La Cina è (purtroppo) vicina

Quel che è accaduto ieri nello stabilimento siderurgico torinese della Thyssen (un gravissimo incidente che ha provocato due morti e sei feriti gravissimi) è un dramma annunciato: uno stabilimento in chiusura per scelta della (ricchissima) multinazionale, in cui si lavorava su turni raddoppiati ed in condizioni di assoluta precarietà.
La faccia più bieca del capitalismo, quella che di solito si mostra nei paesi in via di sviluppo, ora è osservabile anche qui da noi, da tempo, in quelli che sono settori marginali o residuali (con questo stabilimento morirà anche la tradizione siderurgica torinese).

Un pensiero alle famiglie degli operai, ammazzati e rovinati da un meccanismo infame e inaccettabile.

Quando "piccolo è marcio"

Sono sempre stato, in ambito sociale, un convinto assertore del concetto che "piccolo è bello".
Nel senso che ho sempre creduto che, nelle piccole comunità, le relazioni umane potessero essere migliori e più feconde di quelle che si creano in situazioni di massa.
Ho sempre pensato che, se uno guarda negli occhi il suo prossimo e ne condivide lo spazio fisico, tende a comprenderlo meglio, a sentirlo più simile, a far cadere le distanze, ad avvicinarsi di più a lui anche con il cuore.
Beh, ogni tanto accadono cose che mi smentiscono clamorosamente.

Nella mia zona, esistono due settimanali locali molto letti. Tendono spesso a vellicare le istanze peggiori del pubblico "popolare" a cui si rivolgono, ma stavolta hanno varcato davvero il segno.

Accade che, più o meno un anno fa, una ragazza maggiorenne decide, una sera, di far l'amore con tre ragazzi, tutti giocatori di una squadra di calcio locale.
E questo è un fatto privato, su cui non è assolutamente necessario avere opinioni (vi sconvolge l'amore di gruppo? pazienza, problemi vostri:l'importante è che non siate obbligati a farlo, ma non dovete giudicare chi lo fa da adulto consenziente).
La complicazione (e la notizia, e questo post) nascono dal fatto che, durante il convegno amoroso, uno dei ragazzi partecipanti sfodera un telefonino e filma tutto.
La ragazza, ingenuamente, non si preoccupa: ed invece è sempre importante preoccuparsi, quando fai entrare nella tua sfera intima uno che non conosci bene e di cui non puoi prevedere i comportamenti.

Il ragazzo, infatti, che è un tipico maschio italiano, dopo un po' inizia a far girare il video, probabilmente per vantarsi con gli amici delle sue prodezze amatorie. Come accade di questi tempi, un anno dopo il video finisce su YouTube, e prontamente i due giornali locali sparano la questione in prima pagina.
Se la notizia fosse stata corretta, avrebbe dovuto essere: "Una carogna tradisce la fiducia della persona con cui ha fatto l'amore", e avrebbe dovuto essere seguita dall'additare al pubblico ludibrio il farabutto possessore del telefonino.
Immaginate benissimo che non è andata così, ed in prima pagina la notizia è "il video hard scuote il mondo del calcio locale": e vai con le considerazioni morbose, e vai con l'esposizione alla gogna pubblica di un fatto privato.
Gli articoli continuano per settimane, e sono ammiccanti, danno di gomito, fanno l'occhiolino: in una parola non dicono quel che dovrebbero se proprio si dovesse parlare del fatto, cioè che lui è un bastardo, un farabutto, uno che andrebbe cacciato dalla comunità per tradimento, ma sottintendono - neppure velatamente - che la notizia è... LEI. I suoi comportamenti, le sue libere scelte, la sua libertà di fare sesso come e con chi gli pare.
A casa mia questo si chiama STUPRO, anche se mediatico, e la violenza esercitata dai giornalisti su questa ragazza andrebbe punita come se la violenza fosse stata fisica e di gruppo.
Non so chi sia, questa ragazza, ma vorrei portarle tutta la mia solidarietà, come vorrei fare con tutte le donne che subiscono violenza: e portare davanti ad un giudice severo e spietato questo piccolo mondo, per una volta non bello ma marcio, con i suoi sorrisini, i suoi sarcasmi, la sua sciagurata ipocrisia.

mercoledì, dicembre 05, 2007

Screening

Un approfondito screening medico rivela che, pur sentendomi bene, sono in realtà un ricettacolo di problemi.
Nulla di grave ed irreversibile, ma le solite cose che affliggono i maschi 40-50enni bianchi occidentali e sedentari, che in più non sanno rinunciare ai piaceri della tavola: ipertensione, colesterolo, pizzichi di glicemia, briciole di iperbilirubinemia...

Insomma, tocca intervenire anche su questa parte della vita (ci mancherebbe altro: si butta tutto per aria e poi si lascia senza manutenzione il veicolo con cui giungere alla nuova vita!), semplicemente adottando lo stesso criterio di rigore che dovrebbe permeare il resto dei miei comportamenti: semplicità, abbandono delle cose inutili, e far fare al corpo le stesse cose che si fan fare alla mente (andare a zonzo, faticare, distillare le risorse, espellere le tossine).

Ce la farò: ci rileggiamo in un post con lo stesso titolo tra sei mesi, e vediamo se avrò mantenuto la promessa:-)

lunedì, dicembre 03, 2007

Datemi del lei e statemi distanti

Esisteva un tempo, nel linguaggio, un modo per segnare la distanza dagli eventi e dalle persone.
Oggi leggo i quotidiani e mi accorgo che - per quanto riguarda la cronaca nera, cioè il lato più morboso e malato della comunicazione di massa - tale distanza è azzerata.
I protagonisti dei fatti di cronaca su cui vorremmo fossero attive solo le indagini, e non i riflettori della stampa e i denti degli sciacalli, ci vengono proposti come vecchi amici, e chiamati amichevolmente per nome.
"Arrestato Azuz", "Rudy sarà estradato", e poi un fiorire di Meredith, Amanda, Raffaele, ...

Quel che un tempo si dava con parsimonia alle persone, dopo una lunga fase di avvicinamento - il diritto alla vicinanza segnato dal passaggio al "tu" - è oggi scontato, implicito.
Basta esser famosi - in qualsiasi modo, si badi bene, anche nel peggiore - per aver diritto ad entrare nella cerchia degli "intimi della massa" a cui ci si rivolge.
La pessima abitudine dilaga un po' ovunque, anche nei posti di lavoro dove anche il megadirettore generale annulla la demenzialità gerarchica scrivendo mail dove dice "datemi del tu (tanto guadagno dieci volte voi e me la rido di questa concessione populista)"...

Eh no, cavolo. No. Io non sono amico che dei miei amici. Statemi distanti, voi che non siete autorizzati ad entrare nella mia intimità, ad avvicinarvi a me. Datemi del "lei", voi che non siete interessati a me come persona. Allontanatevi, ritornate ad una giusta distanza.

Questa finta familiarità non è onesta, non è sincera, è fatta solo per fregare il prossimo.
Preferisco il caro, vecchio, sano rispetto segnato dal "lei" che questo gran casino di sorrisi, di mani untuose, di vicinanze pericolose, di "ehi amico!" che rende tutto terribilmente uguale.
E tutto, ahimè, senza valore - rispetto ed amicizia in primo luogo.

lunedì, novembre 26, 2007

Dui sagrin (*)

Il primo riguarda la manifestazione femminista di sabato. Violenta, intollerante, aggressiva esattamente come il problema che intende denunciare. Che la violenza sulle donne sia una cosa orribile è una cosa che mi è chiarissima, ma sentirmi additare come un nemico solo per il mio sesso è insensato esattamente come dire che tutti i rumeni sono ladri e violenti.
Il secondo riguarda il Comandante della Polizia Municipale di Roma, cacciato sacrosantamente da Veltroni per aver usato un contrassegno da disabili e parcheggiato in zona rimozione: se avesse detto "ho fatto una cazzata, perdonatemi" sarebbe forse stato scusabile. Ma invece ha dichiarato "ho preso PER SBAGLIO il vecchio contrassegno di mia suocera". E allora, nessun perdono. Perchè ci vuole dignità anche nell'errore, cacchio.

(*) In piemontese, significa "due crucci", due dolori, due dispiaceri...

mercoledì, novembre 21, 2007

Indecente

Non ho più la tv, quindi il nuovo spot della Fiat 500 l'ho visto qui su YouTube.
E, scusatemi, mi sono incazzato nero.
Perchè USARE il muro di Berlino, la strage di Bologna, Falcone e Borsellino, Montanelli, Eduardo de Filippo per vendere una automobile, accomunando in un pastrocchio insopportabile miti, emozioni e ricordi, è per me un'operazione indecente.
Perfettamente adeguata a questi tempi dove la memoria collettiva è un blob senza peso e senza spessore, ma indecente.
Peggio di quando Spike Lee usò Ghandi per pubblicizzare la Telecom.

martedì, novembre 20, 2007

Un altro atto della commedia

E così, in cinque minuti, si scioglie un partito con il 30% dei voti e se ne fonda un altro (prendiamo esempio, noi Democratici, che insistiamo con fasi costituenti lunghe e noiose!)
D'altronde, per far dimenticare lo smacco di una sconfitta sonora ("il governo cadrà, cadrà, in una data precisa, ve lo garantisco..." e qui Berlusconi assomiglia terribilmente all'avvocato Taormina della famosa e triste piece "ve lo dirò domani chi è l'assassino di Cogne!"), che lo ha reso inviso ai suoi stessi alleati, il Capo dell'Opposizione ad un Governo Illegittimo doveva tirar fuori un autentico colpo di scena mediatico.

Che un plurimiliardario fondi un partito "del Popolo" non fa neanche più ridere, la farsa e la tragedia vanno da sempre a braccetto nelle azioni e nelle dichiarazioni del più grande Bugiardo Nazionale.

lunedì, novembre 19, 2007

La svolta

Da oggi la mia vita cambia. In una nuova casa, da solo.
In me ci sono tutti gli stati d'animo possibili.
Inizio una Lunga Marcia, il cui punto di arrivo mi è chiarissimo: non so se ce la farò, ma so che è stato giusto partire.
Come disse una volta Martin Luther King?
"Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla, perchè è giusta."

martedì, novembre 13, 2007

Il solito delirio informativo

Alla fine, dopo qualche giorno di clamore a cui è stato difficile sfuggire anche volendolo fare con determinazione, sembra accaduto questo:
  • un poliziotto della Stradale, domenica mattina, in una area di servizio autostradale presso Arezzo, spara da una parte all'altra dell'autostrada - per motivi al momento incomprensibili - ed ammazza un ragazzo che si trovava sul sedile posteriore di un'auto sul lato opposto della carreggiata;
  • la notizia viene venduta come "ucciso un tifoso durante una rissa", e scatena la furia devastante di centinaia di teppisti in buona parte delle città principali d'Italia.

Da un evento tragico ed assurdo, la solita mescolanza di disinformazione, clamore, eccitazione dei sentimenti peggiori delle "folle". Che non aspettano altro, pare, per dare sfogo al peggio di sè.

venerdì, novembre 09, 2007

Statistiche e xenofobia/2

Questo pezzo di Giuseppe Genna sull'argomento va assolutamente letto. La stupidità di questi giorni ci obbliga a capire qualcosa di più della Romania (è forse l'unico effetto collaterale positivo di questa ventata di idiozia razzista).

La nuova classe dirigente e le lingue

Immaginatevi il Politecnico di Milano.
Ecco, ora immaginatevi la School of Management del Politecnico di Milano: un luogo dove si forgiano le intelligenze migliori al servizio dell'impresa italiana.
Aule in cui si insegna tutto ciò che serve alle imprese per arrivare, stare, essere sui mercati internazionali.

Vi siete fatti un'idea? Ecco, ora sappiate che le uscite di sicurezza di quel luogo di assoluta intelligenza e conoscenza indossano cartelli come questo:

Door allarmed...My God! (o bisogna dire God My? :-))))
(foto scattata da me martedì 6 novembre)

giovedì, novembre 08, 2007

Statistiche e xenofobia

Riprendo alcuni dati dalla newsletter di Wu Ming:

I Rom non sono tutti rumeni e non tutti i cittadini rumeni sono Rom. I Rom in Romania sono il 2,46% della popolazione. Il nome "Romania" deriva dalla storia delle conquiste imperiali romane, mentre il termine "rom" nella lingua romané (lingua di ceppo indo-ariano) significa "uomo", anzi, più precisamente significa "marito" (e "romni" significa "moglie"). Esistono individui di etnia Rom in quasi tutti i paesi dell'Europa sud-orientale, e molti vivono anche in altri continenti.

L'identificazione surrettizia tra etnia e cittadinanza (oramai accettata anche "a sinistra") emana sempre un fetore nazista: gli ebrei non potevano essere tedeschi, polacchi, russi, italiani... erano ebrei e basta, quindi "allogeni", e il corpo sociale andava depurato da quella tossina. E una nazione che tollera un gran numero di allogeni non può che essere allogena essa stessa.

Peccato che in Romania gli unici veri "allogeni" siano i padroni italiani che hanno chiuso baracca e burattini in Italia per andar là a sfruttare una manodopera sottopagata e priva di diritti. Categoria di cui si è fatto rappresentante, poche settimane fa, il demagogo Beppe Grillo.

***

Sulla base di cosa, poi? Del fatto che i Rom/rumeni sono delinquenti, stupratori, assassini che hanno valicato i "sacri confini" della Patria e oggi seminano il terrore.

Peccato che stupro e ginocidio (= assassinio di donne) siano una specialità molto italiana. Secondo dati ISTAT del 2005, nel 20,2% dei casi denunciati (che a loro volta sono solo il 43% dei casi segnalati) lo stupratore è il marito della vittima; nel 23,8% il colpevole è un amico; nel 17,4% è il fidanzato; nel 12,3% è un conoscente. Soltanto nel 3,5% dei casi il colpevole è un estraneo.

Lo ripetiamo perché suona vagamente importante: soltanto nel 3,5% dei casi denunciati il colpevole di stupro è un estraneo.

E secondo il Soccorso Violenze Sessuali della Clinica Mangiagalli di Milano, il 50% delle vittime di stupri che avvengono in strada sono donne straniere.

Ma ovviamente fa notizia soltanto il caso (terribile ma sporadico) della donna italiana aggredita dallo straniero, dal barbaro, dall'allogeno.

Quanto agli omicidi, poco tempo fa il Procuratore di Verona Guido Papalia ha dichiarato: "Oramai uccide più la famiglia che la mafia."

In Italia i carnefici delle donne sono sei volte su dieci italiani, italianissimi, e agiscono tra le mura domestiche, con armi da fuoco o coltelli da cucina, strangolando o picchiando a sangue, appiccando il fuoco o annegando nella vasca da bagno.
La media italiana è di 100 uxoricidi all'anno.

Però il problema sono i rumeni.

E mi pongo , tra le altre, una delle domande che si pone Valerio Evangelisti nel suo editoriale su "Carmilla": ma coloro a cui abbiamo distrutto le baracche in quella assurda vendetta coi bulldozer, dove sono finiti?

Fiducia

Quando sono andato a Londra, a luglio, ho prenotato via email un appartamento per quattro giorni a Camden Town.
Il proprietario mi ha chiesto solo il numero di cellulare, e mi ha lasciato la chiave sotto lo zerbino visto che sono arrivato nel cuore della notte.
La mattina dopo non ha nemmeno voluto la carta d'identità nè pagamento anticipato. Ho pagato senza problemi la mattina della partenza.

Lunedì sera sono arrivato a Milano, in un albergo della catena Sheraton, dove l'azienda mi aveva prenotato una camera per due giorni. Alla reception, oltre ai documenti mi hanno chiesto la carta di credito: in assenza di questa, era necessario il pagamento anticipato!!

Da un lato il signor Marc Rutt di Londra, che nemmeno mi conosce, mi dimostra una fiducia "umana"; dall'altro la catena Sheraton, che dispone di stuoli di avvocati pronti a rovinare chiunque, non accetta nemmeno il rischio di poche centinaia di euro nonostante la "garanzia" di una multinazionale.

Impressionante, nevvero?

lunedì, novembre 05, 2007

Emotività

Indubbiamente la brutale uccisione di una signora a Roma lascia sgomenti. Per la assurdità gratuita di quella violenza, per la assoluta sproporzione tra il motivo dell'aggressione (una rapina) e la sua conclusione.
Ma allo stesso modo mi hanno fatto inorridire i bulldozer della Polizia che spazzavano via le misere baracche degli ultimi della terra alla periferia di Roma: una vendetta cieca che colpisce donne e bambini, una rappresaglia vigliacca che serve a soddisfare gli istinti più biechi e razzisti di un paese avvelenato e incattivito.
L'espulsione di "chi potrebbe essere pericoloso" ha forse un minimo di logica in più, ma anche un concetto del genere fa venire i brividi e fa capire a quale punto critico (e di debolezza strutturale) sia ormai giunta la nostra democrazia.
La giustizia non funziona, ed allora ci rassegniamo alla minimizzazione della giustizia, riducendola ad accessorio e sostituendola con l'interpretazione emotiva, provvisoria, astiosa delle regole di convivenza civile.
Potremo espellere tutti quelli che ci fanno paura, ma come faremo ad espellere dalla nostra anima i demoni della paura, del sospetto, della sfiducia nell'uomo, dell'intolleranza?


P.S. Il blog sospende le pubblicazioni per un paio di giorni, causa trasferta di lavoro.

venerdì, novembre 02, 2007

Tra fiori e lapidi

Ieri, come capita una volta l'anno, abituale giornata trascorsa tra fiori e lapidi.
Una volta (fino a pochi anni fa) temevo la morte e tutto ciò che ad essa si ricollegava: i cimiteri, il culto dei morti, i crisantemi.
Poi sono probabilmente invecchiato, come capita a tutti, e l'idea della morte mi è diventata - come è giusto che sia - quasi "naturale", indipendentemente dalla sua causa.
E' capitato a mio fratello a 42 anni, capiterà prima o poi ai miei genitori che hanno superato gli ottanta; capita, sempre più spesso, a colleghi e conoscenti.
Capita, ed è quindi necessario farci i conti, con questa idea.
Ed affrontarla in modo laico e razionale. Considerarla come la fine del tempo a disposizione per vivere.
Uno sa che di fronte a se non ha più il tempo infinito ed indefinito che aveva di fronte nell'infanzia e nell'adolescenza, in cui il numero di scelte possibili era anch'esso sostanzialmente infinito.
Ora uno può considerare di avere davanti a sè un certo numero FINITO di anni, un certo numero di giorni. E sa esattamente quali sono le proprie risorse, le proprie capacità, le proprie realistiche aspettative.
In fondo, è a questa età (attorno ai 45) che uno ha le migliori possibilità di scegliere davvero.
Tutto è lì, chiaro e nitido, sul tavolo. Non ci sono più dubbi su se stessi, non ci sono più inganni possibili, e molte della variabili del problema sono definite. Un tot di tempo, un tot di possibilità.
Le uniche incognite riguardano salute e soldi, ma queste lo sono state sempre, durante tutta la vita, indipendentemente dal nostro grado di consapevolezza.

E allora andiamo avanti, sereni: scegliendo. Agendo. Decidendo.

Aspettare non serve a granchè, perchè il nostro destino è comunque finire in quelle foto ovali affacciate sui vialetti di ghiaia, a sentire lo scricchiolio delle suole altrui.

lunedì, ottobre 29, 2007

Jean Ziegler mi sembra più informato di Beppe Grillo

La notizia è questa: l'inviato speciale dell'ONU per il diritto al cibo, Jean Ziegler, ha definito "crimine contro l'umanità" la corsa a coltivare granturco per produrre "benzina di origine vegetale".
L'aumento delle coltivazioni destinate a questo scopo sta facendo aumentare fortemente i prezzi del grano: e laddove il 60% della disponibilità economica giornaliera è destinata agli alimenti (cioè in Africa, mentre in USA la percentuale è del 10%), questo significa aumentare il livello di povertà.

Ad annate di pessimi raccolti, causate dalla siccità, si aggiunge dunque la decisione politica - presa in primo luogo da Bush - di destinare sempre maggiori quote di produzione di granturco per produrre carburanti, quintuplicandole rispetto al passato.
Poichè gli USA rappresentano da soli il 70% dell'export mondiale di granturco, si capisce come questa decisione - che ha fatto balzare il prezzo del cibo del 9% nei paesi emergenti nei soli primi quattro mesi del 2007 - stia togliendo pane ai poveri per continuare a far muovere il culo dei ricchi sui soffici sedili di auto immense ed insensibili al problema energetico.

Una pessima cosa, dunque. Ziegler propone una moratoria di 5 anni nella produzione agricola di etanolo: la sua idea è che la ricerca possa portare a produrre carburanti non dalla coltivazione di un cereale prezioso e che deve essere destinato a nutrire la gente, ma dagli scarti della produzione agricola.

Mi piace, questo Ziegler. Gli stringerei la mano, se potessi: ma di certo cercherò il suo indirizzo email per manifestargli tutto il mio apprezzamento, per quel che vale.

Sono i casi in cui la conoscenza e la competenza vengono messi al servizio dell'uomo, contro i poteri forti. Sono i casi in cui si vede la differenza tra far politica e far rumore.

Grazie, Ziegler.

venerdì, ottobre 26, 2007

Milano Centrale

Io, quando vado a Milano Centrale, sto proprio male.
Ieri era una giornata uggiosa, triste, grigia come accade ormai sempre più di rado, ma anche quando c'è il sole quel luogo mi intristisce e mi incupisce.
Scendo dal treno, mi infilo nella più brutta stazione del metrò del mondo, e mi pervade una tristezza profonda e irreversibile.
Tutto quel che c'è di più lurido, decadente, abbandonato, sporco, repellente sembra essere concentrato in quel luogo.
Non è possibile sorridere, provare gioia, tenerezza, simpatia, a Milano Centrale.
:-)

martedì, ottobre 23, 2007

Onore a te, Babsi Jones.

Con questo post, Babsi Jones dichiara conclusa la propria presenza attiva sulla rete.
La scelta deriva da una serie di concause (le polemiche ferocissime e sanguinarie sul suo libro - che non ho letto - sono forse l'ultima), ma quel che mi interessa evidenziare nel suo post di commiato è una cosa che condivido a fondo.
L'impossibilità di discutere di qualsiasi cosa nel rumore immenso del mondo di oggi, sia nella sua dimensione reale che in quella virtuale; la cacofonia confusa con la democrazia; il poter parlare/urlare/parlarsi addosso (senza ascoltare) vantato come conquista.

Personalmente, ho spento per sempre la TV per potermi ascoltare quando parlo, e faccio un uso abbastanza moderato della rete per potermi capire quando penso:-))). E' una questione di misura, come sempre, di fare ciò che è nei propri limiti. Esiste un limite massimo di informazioni che è possibile gestire dando un senso ed una priorità alle stesse: oltre, vi è solo e davvero un rumore indistinto ed inutile.

Quando vedo blog con settanta/ottanta link a blog diversi, mi chiedo come diavolo faccia il tenutario a leggere tutta quella roba ogni giorno conservando la sanità mentale.
Mi chiedo a cosa serva questa contaminazione estrema, in cui tutti parlano di tutto. Io ormai parlo solo di me e di quel che sento, ed è già una cosa assai difficile da conoscere:-).
Non seguo più i fatti del giorno, ho limitato l'acquisto di quotidiani a tre giorni la settimana (principalmente per motivi economici, ma anche per disintossicarmi dall'informazione).
Leggo libri, approfondimenti, saggi: voglio essere solido e stabile nelle poche cose che so, e di tutto il resto non voglio parlare, e nemmeno "averci un'opinione".
Basta con il "pensare globalmente, agire localmente": meglio "pensare bene almeno a qualcosa, e poi agire":-))

Tornando a Babsi Jones: la scelta del silenzio è coraggiosa, e probabilmente dovuta dopo una forte, rumorosa sovraesposizione che non poteva non attirare altro rumore.
Per quanto ultimamente divergessi alquanto dalle sue opinioni, troppo draconiane per il mio modo di vedere la vita, l'assenza di sue parole nuove sarà in qualche modo una perdita importante. Ma restano quelle che ha scritto fin qui (intelligenti, stimolanti, mai banali), e su quelle possiamo pensare e ragionare a lungo, senza alcuna urgenza.

PS Anche il mio amico Andrea Rendi ha dichiarato l'esaurimento temporaneo delle motivazioni che lo portano a tenere un blog...ma son sicuro che torna:-)

Nessuna simpatia

Mi hanno prestato un libro che si intitola "Dal basso dei cieli": in copertina la guglia della Mole è costituita da una siringa da cui spunta una goccia di sangue.
Il libro racconta la vita di Peppo Parolini, morto nell'estate 2006, che secondo il risvolto di copertina era un "artista, icona dell'underground torinese...un uomo libero che ha lasciato un grande vuoto in chi ha ascoltato le sue storie e conosciuto la sua voce impastata di alcol e di fumo".

In realtà, 'sto personaggio - noto per essere un elemento fisso dell'arredamento di alcuni famosi locali torinesi - ha percorso gli anni sessanta e settanta della città con una vita tristissima, dedicata alla morfina, all'eroina e ad ogni sorta di sballo chimico.
Furti, galera, una patetica autodefinizione di "rivoluzionario e sognatore" che deriva dall'aver partecipato a rivolte nichiliste nelle carceri.
Per farsi, il nostro si organizzava con lestofanti suoi pari per rubare vaglia negli uffici postali (e chissenefrega se i soldi erano magari di qualche poveraccio: a lui serve un milione al giorno, negli anni settanta, non è che può star lì a sofisticare), documenti e ricette per prelevare migliaia di scatole di porcherie farmaceutiche da spararsi in vena.
Il Parolini ripercorre la storia di una generazione inutile, che passa il suo tempo a non fare un cazzo dalla mattina alla sera fuorchè procurarsi materiale da sballo, a vivere da parassita come gli omologhi ricchi (con cui infatti si trova perfettamente a suo agio), ma non potendo mungere genitori ricchi si accontenta di fottere i poveracci suoi pari...

E son storie tristi di morti nei cessi, in India, di droga e AIDS, di figli abbandonati a se stessi, di amori senza impegno, senza legame fuorchè il dannato buco...di una Torino in fondo assai peggiore di quella che negli anni Settanta era la sua immagine "pubblica", lacerata dal dramma dell'immigrazione e del terrorismo.

Un libro assolutamente da leggere: perchè capisci che una vita così alla fine è davvero cacca distillata, perchè questo approccio bohemienne alla vita provoca il giusto schifo ed il giusto ribrezzo e quindi una reazione positiva, vitale, perchè vien voglia di riascoltare il grande Gaber di "Quando è moda e' moda", ed alla fine ti fa sperare che tuo figlio tutto sommato diventi un grigio impiegato di un ministero, 'che almeno la sua vita la butterà via senza accorgersi di soffrire e senza far soffrire gli altri.

venerdì, ottobre 19, 2007

La pazienza è una virtù necessaria

Ieri sera, nel nostro piccolo paesino di circa 1700 abitanti, noi consiglieri comunali della lista civica di minoranza abbiamo tenuto un incontro pubblico per illustrare il lavoro svolto, nell'ambito del nostro limitatissimo ruolo istituzionale, in questi tre anni e mezzo di legislatura.
La cinquantina di persone intervenute (un gran successo, tenuto conto della scarsa vocazione partecipativa della comunità) erano in parte animate da sentimenti ultimamente ahimè assai diffusi: una forte animosità (cosa assai diversa dalla passione), una forte diffidenza, una scarsa vocazione all'ascolto.

Purtroppo la capacità di affrontare questioni complesse con il tempo e la calma necessarie sembra essere virtù sempre più rara, così come il rispetto preliminare verso l'interlocutore sconosciuto.

E' assai normale invece un atteggiamento che sostiene che "tutto è semplice, facile, ovvio, se non capita è solo questione di volontà".
Le leggi, le norme, le regole sono ormai vissute con estremo fastidio anche da persone che hanno un forte senso della legalità: è indubbiamente un elemento su cui riflettere.
Le leggi sono viste, sempre più, come un pretesto che la "casta" usa per non agire, per nascondersi, per mantenere i privilegi: purtroppo, questo spesso è qualcosa che accade davvero.

Io non so davvero come faremo a recuperare le virtù necessarie per la convivenza civile: la pazienza, il rispetto e la fiducia, che sono le basi di una democrazia rappresentativa.
Occorrerà uno sforzo gigantesco, immane, infinito, assolutamente controcorrente.
Ma - sembra essere una costante della mia vita, in questi ultimi tempi - non possiamo non tentarlo.

giovedì, ottobre 18, 2007

Guadagno inferiore a zero

Tutto quello che sto facendo adesso sembra configurare una perdita.
Non avrò più molte delle cose che ho adesso, e quel che continuerò ad avere sarà in quantità e qualità ridotta.
Soffrirò di sicuro, e molto, a fronte di un percorso che non offre alcuna ragionevole garanzia di felicità o di serenità.
Una scommessa che sembra già perduta in partenza.

Eppure, una scommessa che non posso non giocare.
Una scommessa che si lega ad un filo di speranza sottile, esile, contraddittorio, perchè quel che desidero è la sua felicità, e vedere questo filo significherebbe che non l'ha raggiunta.
In qualsiasi modo vada, qualcuno perderà qualcosa di importante senza sapere se sarà stato utile, senza sapere a priori se avrà qualcosa in cambio.

Eppure, ci sono momenti nella vita in cui senti di dover giocare anche se non c'è alcuna certezza.
Lo senti, e basta. Segui quel che senti, e basta. Accettando quel che verrà, senza recriminazioni, senza rimorsi.

martedì, ottobre 16, 2007

Aspro e dolce

Prendo il titolo da un libro di Mauro Corona (lo scalatore/scultore di Erto), dedicato alle spaventose ciucche della sua vita ed al modo in cui è - miracolosamente! - sopravvissuto alla maledizione alcolica che pervade quelle valli, per avviare un paio di riflessioni sul tema dell'alcool.
In questi giorni uno dei leit motif dell'informazione drogata (la evito per quanto posso, ma leggendo delle primarie del PD non ho potuto fare a meno di coglierne gli echi) è un'impressionante quantità di incidenti stradali causati da autisti ubriachi.
Come al solito credo che non ci sia nessuna impennata statistica in questi eventi rispetto alla normalità, ma visto che entrano in vigore leggi severe per quanto riguarda la guida in stato di ebbrezza è evidente che questi incidenti "fanno più notizia" in questi giorni.

Dunque, ed è sacrosanto, mettersi al volante dopo aver bevuto più di due-tre bicchieri di vino sarà severamente punito.
E' così in tutta Europa, ed è probabilmente giusto che la comunità si difenda da comportamenti potenzialmente pericolosi prima che essi provochino conseguenze.
Già. "Probabilmente giusto", dico.
Perchè in realtà credo sia una deriva pericolosa, questa, in cui lo Stato giunge a controllare i comportamenti privati dell'individuo perchè l'individuo è socialmente inaffidabile.
Il problema è questo: la società non si fida più di se stessa, nè dei suoi componenti, nè del fatto che i comportamenti dei suoi componenti siano "controllati" e non dannosi.

Gli esseri umani si inciuccano spaventosamente da quando esistono il vino e l'alcool. Non è un bello spettacolo, vedere un ubriaco, ma fino a ieri lo consideravamo - al massimo - uno che, se abituale, metteva a rischio se stesso, si rovinava il fegato - se andava bene - o la vita, al peggio.

Oggi l'ubriaco è socialmente pericoloso: ed è vero, ahimè, perchè da ubriaco come da sobrio "l'individuo" tende a fottersene del suo prossimo. Se ieri aveva il buon senso di mettersi a dormire per smaltire la sbronza, inoffensivo, su un prato o su una panchina o sul sofà dell'amico, oggi deve necessariamente salire a bordo della sua protesi psicologica su ruote ed esprimere potere e potenza rischiando di ammazzare il prossimo.

Ma non è una bella cosa, uno Stato che ti debba dire fermo lì, sei pericoloso: non è una bella cosa che uno non lo capisca più da solo, quando rischia di essere pericoloso per gli altri.

Se domani si scoprisse che anche lo stato di eccitazione preliminare o successivo ad un incontro amoroso può avere effetti negativi o distraenti sulla guida, bisognerebbe dotare le pattuglie della Stradale anche di un ormonometro per perseguire i comportamenti pericolosi?:-(

lunedì, ottobre 15, 2007

Siamo in tanti!

Tremilionietrecentomila.
Inclusi i settantamila che han passato tutta la giornata ai seggi - volontari e non pagati.

Quando capitano giornate così, c'è da essere ottimisti ancora una volta.
Credo che Veltroni sia abbastanza intelligente da capire che questo forse è l'ultimo treno per recuperare fiducia alla politica, e che non vada assolutamente perso: spero in qualche atto forte, simbolico ed anche demagogico nei prossimi giorni, per non sprecare questa atmosfera.

Ma intanto, godiamoci questa straordinaria, benefica ventata di democrazia diretta.

venerdì, ottobre 12, 2007

Fiducia

Nelle ultime settimane, mi è capitato spesso di ritrovarmi in un contesto con diverse persone sconosciute, o non particolamente vicine a me nella vita di tutti i giorni.

E ho provato la sensazione di capirle come non mi era mai avvenuto prima.
Come se le loro parole mi toccassero il cuore e l'anima. Come se sentissi esattamente, con una precisione assoluta, quel che volevano trasmettermi.

Non sono mai stato così sensibile, in vita mia, così ricettivo, e - dannazione - anche così indifeso.

E' come se in questi ultimi mesi fossero crollati dentro di me, uno ad uno, tutti i muri che mi dividevano dagli altri. Come se - immerso in una relazione di assoluta fiducia, di straordinaria trasparenza - si fossero dissolte le paure, gli ostacoli, che rendono difficile ed impossibile il confronto con gli altri.

Sono spaventosamente sincero, leggibile, trasparente. Non mento più, nemmeno per legittima difesa.

E sono contento che sia così, perlomeno fino a quando prenderò il primo tramvai in pieno muso, mi risveglierò dal sogno ed inizierò con cemento e cazzuola a ricostruire i muri, le difese, a mettere i sacchi di sabbia alle finestre della mia anima, ed il filo spinato attorno al cuore.

Ma spero, spero, spero che sia il più tardi possibile.

P.S. per questa trasparenza e questa sensibilità, una nuova ondata di gratitudine mi travolge, e la destino alla stessa meravigliosa persona a cui è dedicato il post "Cos'è la felicità".

giovedì, ottobre 11, 2007

In lotta contro la razionalità

Si può credere in qualcosa da soli?
Si può sentire fortemente una verità e non essere condivisi da nessuno?
Si può essere sicuri di quel che si sente quando tutto il mondo intorno dice che ti stai sbagliando?

Si, si può.
Si deve, persino. E' una questione di dignità, di rispetto verso se stessi e verso gli altri.
Non si può mentire a se stessi, se uno è certo di non ingannarsi sui sentimenti altrui.
Non si può rinunciare a se stessi, ed alle cose che contano di più nella propria vita.
Neppure se la strada è difficile, franosa, stretta, in salita, neppure se rischi di perdere tutto quello che hai.

mercoledì, ottobre 10, 2007

Il mio nuovo atteggiamento verso la vita...

Si può riassumere in questa splendida, indimenticabile canzone di Gaber...

Buttare lì qualcosa

di Gaber - Luporini

Ho visto aiutare chi sta male
sperare in un mondo più civile
ho visto chi si sa sacrificare
chi è sensibile al dolore
ed ho avuto simpatia.


Ho visto tanti figli da educare
e gente che li cresce con amore.
Ho visto genitori comprensivi
ed insegnanti molto bravi
pieni di psicologia.

Ma non ho visto mai nessuno
buttare lì qualcosa e andare via.

Ho visto tanti giovani lottare
di fronte alla violenza del potere.
Ho visto tanti giovani impegnati
militare nei partiti
con la loro ideologia.

Ma non ho visto mai nessuno
buttare lì qualcosa e andare via.

Ho visto farsi strada una tendenza
si parla di politica e coscienza.
Ho visto dar valore ai nostri mali
anche ai fatti personali
teorizzare anche Maria.

Ma non ho visto mai nessuno
buttare lì qualcosa e andare via.

Diffondere e insegnare la conoscenza
imporre a tutti i costi la propria esperienza.
Guidare, guidare per farsi seguire
opporsi al potere, infine riuscire a cambiare
il potere.
Decidere per gli altri dentro a una stanza
sapersi organizzare con molta efficienza.
Guidare, guidare per farsi seguire
opporsi al potere, cambiare per poi reinventare
il potere.
Il potere.

E non ho visto mai nessuno
buttare lì qualcosa e andare via.

martedì, ottobre 09, 2007

Al voto! al voto!...

No, non sto aderendo alla solita campagna terroristica berlusconiana; andare a votare di nuovo con questa legge elettorale mi fa vomitare, ed è assai probabile che se il governo attuale non si ricorderà di cambiarla, io abbia seri problemi di coscienza ad usarla una seconda volta...

Sto parlando delle primarie del Partito Democratico.
Io ci credo molto, in questa cosa che nasce. Nonostante il percorso di creazione delle liste non sia stato molto innovativo, nonostante tutto ciò che si può legittimamente criticare nel processo di costruzione di questo nuovo soggetto, che in parte nasce vecchio, io credo che sia l'unica cosa davvero nuova che sta accadendo nel panorama politico italiano.

E penso che il PD avrà successo o meno solo in funzione non di quanto spazio verrà concesso dalle "vecchie" nomenclature, che hanno pieno diritto di stare nel partito (io non credo ai partiti costituiti esclusivamente dalla "società civile": credo che la politica sia mestiere, fatica e competenza), ma dello spazio che riusciranno a ritagliarsi i volenterosi e gli umili, quelli che decideranno di mettersi al servizio di un progetto che ha uno scopo nobile.

Io cercherò di essere uno di questi.

Rileggo il discorso di Veltroni al Lingotto: lo rileggo in modo approfondito e critico, e nel complesso mi convince, lo condivido, sono disposto a dare una mano a portarlo avanti.

Domenica andrò a votare, dunque, e spero che ci siate anche voi.

sabato, ottobre 06, 2007

Che cos'è la felicità

Io conosco la felicità.

L’ho avuta per sei mesi di fila: una fortuna incalcolabile. Spesso, nella vita, la felicità arriva per pochi istanti, poche ore o pochi giorni. A me, sei mesi: e non ho fatto nulla per meritarla.

Adesso è finita. Ma la cosa più stupida da fare sarebbe essere tristi.

Quando le cose belle finiscono, uno si intristisce. Non c’è mai un modo “giusto” o buono per fare finire le cose belle, perché comunque uno inizia a pensare che “domani tutto questo non ci sarà più”, e si fa prendere dalla tristezza.

Lei ha fatto in modo che la nostra cosa bella finisse in modo bellissimo: tra le sue labbra, tra le sue braccia, tra i suoi occhi. Il modo migliore in assoluto per ricordarsi la felicità. Io lì per lì non ho neppure capito che stava finendo, ma adesso so che devo amarla anche per questo, per il modo stupendo in cui ha fatto finire la nostra felicità.

Sto piangendo da tre notti, ma è perché sono uno stupido. Se fossi intelligente e applicassi la filosofia che ho distillato in anni di angosce, e che ultimamente dimentico un po’ troppo spesso di applicare, ridiventerei subito felice. Anche perchè, mentre cercavo piangendo di capire tutte le cose che avrei perduto in futuro, ho ripercorso tutte le meravigliose cose che ho avuto in questi sei mesi. Ho capito quanto e come sono stato amato: in modo disinteressato, meraviglioso, totale.

Ma quali forme ha assunto la felicità, in questi sei mesi? Molteplici! A parte il fare l'amore, a parte il tenersi per mano, possiamo elencare anche quanto segue:

  • svegliarsi di fianco a lei;
  • bere il chinotto gelato dopo aver fatto l'amore;
  • baciarsi su tutti i ponti che abbiamo incontrato;
  • camminare parlando di qualsiasi cosa;
  • guardare il mondo mentre si passeggia mano nella mano;
  • bere il refosco fresco parlando della vita;
  • mangiare insieme;
  • ascoltare abbracciati le canzoni di Gaber;
  • guardare il panorama in una fresca notte d'estate, stringendosi forte forte;
  • vederla all'improvviso;
  • guidare tenendo una mano sulle sue gambe;
  • chiacchierare su una panchina tenendo le sue gambe ignude sulle mie;
  • vedere che è apparsa una mail con il suo nick;
  • leggere insieme il diario della nostra storia;
  • far l'amore mentre fuori giocano i bambini...

Potrei continuare all'infinito, perchè la felicità non sono in realtà le cose che ho fatto con lei, ma E' stato fare qualsiasi cosa purchè fosse con lei.

E' dunque giusto che io sia felice perché sono stato felice, e anche guardando all’indietro questa è una cosa meravigliosa, che capita poche volte nella vita, perlomeno con una simile intensità.

Felice perché ho trovato, senza cercarla, la donna della mia vita. E con lei ho vissuto sei mesi di felicità. Certo, uno con la donna della propria vita vorrebbe viverci la vita. Era quello che volevamo, perché anch’io ero l’uomo della sua vita.

Però non era la vita giusta, questa, in cui essere l’uomo e la donna della propria vita.

Avevamo già costruito così tante cose importanti, perché le famiglie ed i figli sono cose importanti, che per avere la nostra vita avremmo dovuto smontare tutto quello che avevamo fatto.

E allora abbiamo smesso di essere felici. Ma per scelta, per un atto d’amore: per non fare infelici gli altri, e quindi questo è un buon motivo per smettere di essere felici dopo sei mesi che lo si è.

Magari non ci si riesce più, ad esserlo un’altra volta, ma è giusto pensare che la propria felicità non è l’unica cosa che conta al mondo. Una felicità deve essere un po’ irresponsabile, ma non deve essere cattiva, altrimenti muta la propria natura positiva.

E allora, si può decidere di smettere di essere felici per via della felicità che si prova, e accontentarsi di essere felici perché lo si è stati, ed esserlo stati è una cosa rarissima e meravigliosa.

Ora la donna della mia vita è tornata alla sua vita di donna della vita altrui (ma "altrui", se ne renderà conto, di questa fortuna incredibile che ha avuto?). Ha fatto una scelta d’amore, e quindi una scelta d’amore è sempre una scelta giusta, anche se non si è tra i destinatari di quella scelta.

Io non sono più felice come prima, ma sono lo stesso felice di essere stato felice. La amo più di prima, perché una persona capace di scelte d’amore che vanno a ridurre la sua felicità è una persona che merita di essere amata ancora di più, e di essere resa felice.

Lei è veramente la più bella persona che io abbia incontrato nella vita, e devo convincermi che molte persone (oltre a me) possano e abbiano il diritto di godere della meraviglia che è, anche se sono intimamente convinto che solo io sono riuscito ad amarla in modo così disinteressato da darle (per qualche tempo) la felicità. Io spero che prima o poi gli altri se ne accorgano davvero, di quanto lei sia meravigliosa: così, forse, riusciranno a scambiare con lei la stessa felicità che ci siamo scambiati noi per sei mesi.

Ma quel che volevo dire, in fondo, è che quando un amore finisce bene (e il nostro non è finito per consunzione, ma per una diversa scelta d’amore), in realtà quell’amore non può morire, perché la persona che ami la ami ancora più di prima, ed all’amore si aggiunge una gratitudine (per essere stati così tanto amati, per aver ricevuto così tanta felicità) che rende il sentimento ancora più grande, bello e duraturo.

Io non potrò mai dirglielo, ma se voi potete, se voi la incontrate, se la vedete o la sentite, vi prego: fatelo per me.

Ditele quanto le sono grato, ditele che la amo più di prima, ditele che sono felice perché l’ho incontrata, ditele che anche se non avrò più lei, questa felicità mi resterà dentro per tutta la vita.

E non saprò mai come dirle grazie a sufficienza, per questa meraviglia che ho vissuto.

giovedì, ottobre 04, 2007

Che cos'è l'amore

Io lo so, cos’è l’amore. Lo so, ma non ve lo posso insegnare.

L’amore non ha bisogno di farsi capire. Non deve perdere tempo a convincere. Non deve neppure usare le parole. Non gliene frega niente, all’amore, di convincerti a votarlo.

L’amore comunica per via aerea, ma colpisce duro come se fosse un pugno. Se lei è vicina, l’amore lo senti forte nello stomaco. E nei muscoli del viso. E a volte in altri muscoli (in genere in momenti molto sbagliati).

L’amore adora guardare. Lo fa per ore, senza stancarsi, e riesce a percorrere migliaia di km partendo da due occhi, a perlustrare mondi sconosciuti che si trovano dietro due sfere nocciola, mondi infiniti che nessuno sa trovare. A volte ci si perde, in quei mondi, e sembra che non torni più: ma poi ti accorgi che sei tu che sei rimasto fuori in un mondo piccolo e inutile, e ti butti dentro per raggiungerlo.

L’amore a volte si nasconde sulla punta delle dita. Lo capisci solo quando tu non le trovi più, le tue dita, perché si son perse da qualche parte in lei, e lei sospira e sorride.

L’amore a volte fa finta di andar via, ma poichè è amore non va via per davvero. Sembra che rinunci, sembra che sia indifferente, sembra che ti lasci lì nelle canne per sempre. Ma poi torna quando meno te lo aspetti. Con un caterpillar. Sfonda la porta, e ti prende con sé. Per sempre.

L’amore, a volte, si trova sulle labbra di lei. Ma è nascosto così bene che devi cercarlo a lungo con le tue, e chiudere gli occhi per concentrarti, e smettere di respirare, e poi chiamare anche la lingua, e poi…

L’amore legge molto e scrive molto e parla molto, ma ad un certo punto getta via tutto, tace, e ti guarda negli occhi a lungo. E tu capisci che sei spacciato.

L’amore fa perdere i sensi. E quando li ritrovi scopri che sono supereccitati.

L’amore se ne fotte del pianeta su cui vivere. E’ un po’ qua, un po’ là, esattamente dove gli aggrada. Sei tu che devi andargli appresso. E se decidi che proprio vuoi averlo qua sulla terra, è probabile che si stuferà: l’amore odia la competizione, le scelte, “o io o lui”. Appena sente ‘ste cose, si rompe le balle e va su un altro pianeta.

L’amore è un superpotere. Se ti si appiccica addosso, poi fare novecento chilometri in poche ore e poi passare una giornata ballando ad un concerto celtico e poi pensare a lei tutta la notte dopo, il tutto senza dormire mai.

L’amore vuol bene ai bambini. Anzi, a volte se ne va via in silenzio per non svegliarli.

L’amore è molto più forte di Chuck Norris. Ma non se lo fila manco di striscio.

venerdì, settembre 21, 2007

E se lo dice lui...

Da "La Stampa" online, venerdì 21 settembre 2007.
TORINO
Si chiama Mirafiori baby ed è il più grande asilo nido aziendale d’ Italia: lo ha inaugurato questa mattina l’ amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, con il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, all’ interno dello stabilimento di Mirafiori.

L’ asilo rimane aperto 12 ore, dalle 7,30 alle 19,30, con uscite ed entrate flessibili a seconda delle necessità dei dipendenti. Si estende su una superficie di circa mille metri quadrati ed ha un’ area giochi attrezzata esterna di 400 metri quadri in parte coperta. Può ospitare fino a 75 bambini dai tre mesi ai tre anni. Attualmente gli iscritti sono 56, di cui 13 con meno di un anno.
Vi lavorano 16 dipendenti. Davanti all’ ingresso accolgono i bambini due piccole nuove 500 a pedali, una bianca e l’ altra verde:« per i nostri clienti del futuro», ha detto scherzosamente Marchionne.

«Quando sono arrivato alla Fiat - ha aggiunto - sono rimasto allibito delle condizioni dei dipendenti e mi sono posto l’ impegno di umanizzare l’ ambiente di lavoro. Si cominciano a vedere i risultati del nostro impegno con l’ asilo, ma anche con la nuova mensa, le docce e gli spogliatoi e abbiamo intenzione di aprire un supermarket sempre a Mirafiori. A noi stanno molto a cuore le condizioni dei lavoratori».

giovedì, settembre 20, 2007

Mi fanno paura

Son tempi davvero difficili, questi…il clima di questo paese è talmente sovraeccitato ed incattivito che tentare di esprimere opinioni pacate – piuttosto che giudizi universali – è come tentare di sussurrare parole d’amore sotto il palco ad un concerto dei Greenday: inutile e frustrante.

Son tempi di masse furiose, incollerite, urlanti pronte a marciare verso il castello con le torce in una mano ed il cappio in un’altra, per fare giustizia sommaria e radere al suolo tutto quello che incontrano.

Me ne rendo conto. E’ assolutamente inutile dire che, nonostante tutto, in questo paese sfinito ed eticamente putrefatto la vita continua: gli ospedali e le scuole sono aperte, i treni e gli autobus continuano a portare in giro la gente, i supermercati traboccano di merci (spesso inutili), le autostrade nei weekend sono bloccate da code di settanta/ottanta chilometri, qualcuno spazza le strade, qualcuno pensa al futuro e a risolvere i problemi (il tutto in modo confuso, caotico, diverso per qualità da città a città: ma il tutto continua ad esistere).

La complessità di questo mondo, in questo momento, viene ignorata. Tutto magicamente funzionerebbe, a detta di alcuni, se si togliessero di mezzo quei mille-o-poco-più signori che siedono in Parlamento o sono al Governo (si, rivendico le iniziali maiuscole per le Istituzioni: sono anche mie, Cittadino di questo Stato, e ne difendo il senso e l’utilità).

Che sono, ovviamente, tutti ladri-incapaci-presuntuosi-arroganti.

E’ liberatorio, adesso, parlare male dei “politici”. Va di moda, è trendy, è necessario farlo più volte al giorno per sentirsi bene con se stessi. E se ieri si poteva fare solo al bar o sul pianerottolo con le borse della spesa, oggi ci sono possibilità infinite di farsi sentire: la mitica Rete, e le piazze stesse, che una volta venivano usate per ascoltarli, i “politici”, ed oggi ospitano i cappi virtuali.

Si può dar libero sfogo alla propria furia iconoclasta: abbattere, abbattere tutto; partiti, leader, istituzioni, la stessa organizzazione civile della vita deve essere gettata all’aria. Tanto, per magia, tutto rinascerà dalle macerie, bello e pulito, in modo spontaneo.

Questo è quello che pensavano anche gli anarchici, agli inizi del secolo scorso…ma c’è una sostanziale differenza. L’anarchismo credeva nell’uomo, nella sua bontà interiore, nella sua tendenza innata e naturale alla solidarietà e fratellanza: pensava che, abbattendo il sistema oppressivo che abbruttiva gli uomini, queste virtù sarebbero uscite alla luce illuminando il mondo nuovo.

Il senso comune di oggi no, non crede nell’uomo. Non ha fiducia in esso, lo disprezza, lo guarda con sospetto. Non si fida del vicino e del prossimo, a cui si accosta solo per gridare insieme contro un nemico comune. Vuole abbattere tutto solo per difendersi dal confronto, dalla fatica di vivere insieme e comprendersi, dal duro lavoro di costruzione di valori comuni e condivisi.

Il senso comune di oggi mi fa paura, e mi sembra assai peggio di quel che vuole abbattere.

venerdì, settembre 07, 2007

Lavarotti & Pavavetri

Così, con un incredibile colpo di fortuna, il Gran Circo Mediatico ha cambiato lo show in prima pagina (QuelloDiCuiTuttiDoveteParlare) senza neppure cambiare la metrica.:-(

giovedì, agosto 30, 2007

Bretagna mia /1

Tregastel è un piccolo paesino turistico della Cote d'Armor, in Bretagna: 2000 anime che si quintuplicano durante l'estate. Non è granchè bello, in sè: disarmonico e disorganico, privo di un centro che lo caratterizzi davvero, che gli fornisca un elemento di unicità e singolarità. Ma appena si arriva al mare...beh, lo spettacolo è magnifico.

Le sei spiaggie di granito rosa sono punteggiate, all’interno ed ai bordi, da immensi macigni da decine di tonnellate l’uno, anch’essi di un rosa commovente.

Essi danno l’impressione di essere stati plasmati nel pongo da un gruppo di giganti bambini e burloni, che li hanno con cura pacioccati, arrotondati, lisciati e premuti con le loro enormi dita, e poi gettati lì, a caso, uno sull’altro, nell’equilibrio più instabile ed assurdo possibile.

Due di queste spiaggie si aprono su altrettante piccole baie, che hanno un accesso ridotto alla vasta massa d’acqua esterna, e i macigni e gli scogli rosa danno un senso di protezione rispetto all’immane agitarsi di quel mondo scuro ed impetuoso che non si ferma mai.

In un sabato pomeriggio di agosto avanzato, migliaia di persone si inerpicano sui macigni che guardano le spiaggie, perché alle 16 è prevista la partenza della “24 ore di barca a vela”, il cui percorso si compie esclusivamente all’interno delle due baie: altre migliaia si assiepano lungo la strada che fiancheggia la spiaggia della partenza.

Le 47 imbarcazioni a vela, rigorosamente lunghe 420 centimetri, sono allineate in acqua presso la linea in cui la bassa marea copriva la spiaggia, tenute a bada ognuna da uno dei due membri dell’equipaggio, mentre il secondo attende sulla spiaggia il segnale di partenza della giuria (altri due componenti di ogni equipaggio riposano in una serie di tende innalzate lungo la spiaggia, sotto il molo, in modo da essere pronti a dare il cambio ai primi due durante la maratona).

Alle 16,10 risuona un colpo di cannone da una collina prossima alla spiaggia, e 47 pazzi si mettono a correre d’improvviso sulla sabbia, tra il boato della folla presente, per raggiungere le barche e il compare dell’equipaggio: uno salta a bordo, l’altro spinge la barca e si tuffa anch’esso a bordo.

Le 47 barche partono tutte assieme, caoticamente, nella stessa direzione: è previsto che facciano un primo giro di “scrematura” all’esterno della baia, in mare aperto, prima di percorrere per un giorno intero il percorso interno.

In soli 10 minuti si creano già precise gerarchie: quattro equipaggi filano veloci come il vento e si piazzano stabilmente in testa, dietro essi il resto delle imbarcazioni forma un gruppone più o meno sgranato ed indistinto, in coda si distinguono gli equipaggi che partecipano alla competizione più per celia che per vincere (tra essi si distingue una barca che innalza il vessillo dei pirati, e i membri dell’equipaggio, vestiti da corsari, passano più tempo a fingere di duellare a pistolettate, per l’ilarità del pubblico, che a governare la barca…)

*

E’ sera, sono le 21 passate, non è ancora tramontato definitivamente il sole. Nella piccola piazzetta davanti al molo (ora c’è l’alta marea, e l’acqua sciaborda sotto il muro nascondendo completamente la spiaggia), affollata da centinaia di persone, si sono già succeduti diversi gruppi musicali e bande tradizionali bretoni, precedute dall’immancabile portabandiera con lo stendardo a strisce bianche e nere. La gara di vela intanto continua, nella baia illuminata dai riflettori. Gli stand gastronomici offrono sidro, vino bordeaux, crepes e galettes.

Sul palco sono attesi i Mask Ha Gazh (per ricordarmi il nome penso alla maschera a gas, ma dal logo del gruppo deduco che in bretone il nome voglia davvero dir quello!), e alcuni tecnici lavorano senza fretta agli ultimi preparativi prima del concerto.

Non vedo la batteria, e un po’ mi preoccupo (ci saran solo gli strumenti tradizionali stile bagadou, cioè banda bretone di paese? Non che non mi piaccia ascoltarli per un po’, ma mi piacerebbe sentire qualcosa di diverso…), ma poi sale alla sinistra del palco il chitarrista con lo strumento elettrico, e la cosa mi rassicura.

Lo raggiungono, posizionandosi alla sua destra ed all’estrema destra del palco, un violinista ed un suonatore di strumenti a fiato; ne ha in mano sette o otto, tra bombarde, piccoli flauti e vari cilindri suonabili di cui non saprei dire il nome esatto.

Quest’ultimo ha un aspetto da bambinone un po’ scemo, ma come al solito l’aspetto inganna, visto che (lo scoprirò dopo, comprando il cd) costui è autore di quasi tutte le musiche ed i testi del gruppo, e che durante il concerto si rivela un performer eccezionale.

Al centro del palco troneggia una massiccia pedana di legno su cui è posizionata una vecchia sedia, sempre di legno: a fianco, solo un microfono. Temo che qualcuno salga su a leggere vecchie storie bretoni, o favole, o poesie, o cose comunque per me meno comprensibili della musica.

Ad un certo punto sale sul palco un tipo massiccio e nerovestito, pelosissimo, con lunghi capelli grigi, baffi e pizzetto, dall’aspetto vagamente druidico.

La prima cosa che fa - lo intuisco dietro la pedana con la sedia - è togliersi le scarpe!

Quando riappare in primo piano, vedo che ha indossato un paio di zoccoli di legno neri, da contadino, assai consunti.

Si posiziona sulla sedia, ed estrae da un piccolo contenitore appeso all’asta del microfono (che prima non avevo notato) due…normali cucchiai da minestra!

Che cosa ne fa durante il concerto lo si può intuire dalla foto...

Insomma, la intera linea ritmica del gruppo è basata su due strumenti principali suonati dal nostro, che è anche la voce ed il leader del gruppo: sabots percussifs et cullieres, zoccoli percussivi e cucchiai!

Il concerto è molto bello: la musica è tradizionale bretone ma rivista in chiave rock, il druido ha una bella voce (canta in francese, talvolta in bretone), ed è istrionico, teatrale, coinvolgente.

Invita il pubblico a cantare nei coretti: spesso interrompe il concerto, visibilmente insoddisfatto della partecipazione corale, finge di indignarsi comicamente con i suoi compagni per un pubblico così noioso, srotola nastri di carta su cui c’è scritto solo “la-la-la…” per aiutare scherzosamente il karaoke di chi non conosce le parole del coretto…Uno spasso, davvero.

Non nuovo, ma simpatico, il trucco di dividere in due il pubblico e far fare la gara a chi canta più forte il refrain, sfotticchiando la presunta afonia della folla.

Il concerto è partecipatissimo, il pubblico locale evidentemente li conosce molto bene e li ama, ridendo divertito alle facezie del nostro che a me restano, ahimè, doverosamente oscure.

Ad un tratto improvvisa una storia evidentemente triviale i cui protagonisti sono due uccelli (deduco un presuntuoso gabbiano ed una civettuola folaga), ma purtroppo non so dire su cosa fosse basato il meccanismo comico della storia che ha fatto scompisciare la platea.

Prima ancora che il concerto finisca, alle 23 esatte, l’organizzazione dà il via ai fuochi d’artificio, sparati da un’isoletta di fronte a poche centinaia di metri dalla spiaggia, e la gente non sa più bene se guardare sul palco o lo spettacolo pirotecnico che si svolge dietro (già ci sono le barche, nella baia visibile alla sinistra del palco, che continuano a gareggiare sotto i riflettori!).

Il momento è bellissimo, magico...e in Bretagna ne vivrò moltissimi, di momenti simili.


lunedì, luglio 16, 2007

Pastisun! (un'altra storia dalla Nuova Europa)


Seguo da un paio d'anni con attenzione e un po' di inquietudine quel che accade nella Nuova Europa, ed in particolare in Polonia e nelle Repubbliche Baltiche (sarà che due anni fa, quando ci ero andato, mi ero innamorato a tal punto dell'Estonia da desiderare di andarci a vivere...poi, con quel che sta accadendo negli ultimi mesi, ho cambiato idea: meglio la Spagna!).

L'ultima l'ha combinata il Ministro Estone della Giustizia, Rein Lang, come potete leggere nell'articolo a cui linka il titolo del post: ha pensato bene di festeggiare il proprio cinquantesimo compleanno in un ristorante di Tartu facendo rappresentare per i propri invitati una piece teatrale su Adolf Hitler.

Il Ministro afferma che la rappresentazione ("scritta da Pip Utton e rappresentata con successo in giro per il mondo") è un testo profondamente antinazista. E' vero, per quel che ne ho letto in rete: è un testo sulla parte oscura dell'uomo, sulla terribile propensione dei popoli a farsi manipolare, ingannare, accettando i peggiori crimini in nome di una menzogna.
Il messaggio del testo teatrale è che l'intolleranza continua ad attraversare la storia, e che da essa alla fine non impariamo nulla.

Il Ministro aggiunge, piccato - visto che la questione ha suscitato prevedibili clamori in un paese in cui non ci si è risparmiati nulla, negli ultimi tempi, per suscitare le ire della popolazione russa: “Apparently (Russia’s) principle is that even the most anti-Nazi work of art, such as Charlie Chaplin’s “The Great Dictator,” becomes pro-Nazi as soon as a member of the Estonian government goes to see it.”

Beh, io gli do credito, al buon Ministro. Voglio pensare che l'abbia fatto con uno spirito di profonda autocritica rispetto alle ultime azioni del governo estone, e che non si sia trattato dell'ennesima provocazione gratuita nei confronti di qualcuno. Sarebbe assai sciocco, no?:-)

martedì, luglio 03, 2007

Affinità e divergenze tra terrorismo e stragi di civili

Ieri sera leggevo Repubblica, e intanto ripensavo a quel che scriveva e diceva Kapuscinski in "Autoritratto di un reporter" sulla deriva dell'informazione.

Le pagine 1,2,3,4,5,6 erano dedicate ai falliti attentati di Londra e Glasgow. A pagina 11, l'inquietante indignazione del Ministro della Difesa Parisi ("se non imparate a mirare, evitate di sparare") faceva da apertura alla notizia che un ennesimo bombardamento della Nato sull'Afganistan meridionale ha provocato la morte di un numero di persone compreso tra ottanta e centoquaranta. L'inviato di Repubblica (Renato Caprile) riportava la notizia che i morti tra la popolazione nel 2007, a causa dei bombardamenti Nato, sono stati ufficialmente almeno 350 (facile pensare che il numero sia fortemente sottostimato).

La Nato bombarda per "stanare" i talebani. Parisi dichiara "I talebani sono assassini", e quindi non si pone problemi morali rispetto al fatto che vadano uccisi. Peccato che questi cattivoni si mescolino alla gente normale, invece di indossare appositi abiti fosforescenti con il bersaglio. E visto che scendere giù a cercarli è assai pericoloso, la Nato "non può fare altro", a suo dire, che bombardare dall'alto i villaggi.

(Ovviamente, non ci sono foto di questi eventi, in rete. Potete trovare documentazione sui bombardamenti dello scorso anno, e di due anni fa: ma nulla di nuovo su queste "non notizie". Non vedrete case distrutte, bambini bruciati, macerie e morte. Dovrete continuare ad emozionarvi con la foto del bobby londinese in giubbotto fosforescente davanti ad un nastro da cantiere.)

In prima pagina, sullo stesso quotidiano, un acuto commentatore argomentava che l'Islam odia l'Occidente perchè rappresenta la corruzione ed il permissivismo rispetto ad una visione altrimenti cupa, oppressiva e fondamentalista della vita. Ma dovrebbe ricordarsi di aggiungere a questi possibili motivi anche una sacrosanta indignazione, quando il bombardare villaggi massacrando uomini, donne e bambini indifesi viene definita una "guerra giusta" contro l'estremismo.

Se si risponde al "terrorismo" con la guerra globale, facendo un numero di vittime notevolmente superiore a quelle provocate dagli atti più odiosi e simbolici degli ultimi anni; se si considerano implicitamente inferiori le vittime degli altri, ignorandole e cancellandole; se ad odiare con forza l'Occidente non sono più le sole "masse ignoranti e diseredate", ma le nuove generazioni colte, coscienti, che in Occidente ci vivono da più generazioni apprezzandone gli aspetti positivi...beh, non serve nessun tipo di analisi per capire che qualsiasi vettura parcheggiata nel centro delle nostre città può essere, domani, l'esplosiva espressione di un odio reciproco e spaventoso coltivato con cura ed attenzione.

No, io non ci sto a questo gioco. La "nostra" guerra fa schifo come tutte le guerre, non è "giusta", "comprensibile", "doverosa". E' morte, sangue e macerie come tutte le guerre, è levatrice d'odio, è seme di altra morte, sangue e macerie.

Ci dicono che il nemico è - in generale - un soggetto con il turbante e la barba lunga, che indossa una tunica. Costui odia tutti noi, il nostro modo di vivere, le nostre donne, i nostri pensieri, la nostra cultura. Odia il cinema, il sesso, la letteratura. Odia il laicismo, odia chi non prega e pensa di avere un pensiero autonomo e indipendente.

(oh, se non fosse per la barba ed il turbante per un attimo sembrava stessi parlando del Papa...:-)))

Si, certo, un tipo così non può certo essere nostro "amico".

Ma nemmeno lo possono essere questi nostri leader in giacca e cravatta, dall'eloquio intelligente e seducente (non parlo di Bush, eh...pensavo a Blair!), dall'ampio sorriso: che chiamano "valori" il cuore di questo sistema di sopraffazione verso la maggioranza della popolazione del mondo, e per difenderlo sono disposti a versare più sangue, a distruggere di più, a uccidere di più.

Insomma, noi in fondo non abbiamo il problema di "fare la guerra a qualcuno". Abbiamo il problema di trovare degli amici.

Gente a cui voler bene per quello che è, fottendosene allegramente della razza e della religione che indossano.

Gente con cui stare ore a chiacchierare, a raccontarsi le cose del mondo, le diversità e le differenze.

Questo è il nostro problema: non farci fregare dalla paura. Dalla paura di perdere la vita, gli agi, e tutte le cazzate che chiamiamo "tenore di vita occidentale". Dalla paura di riconoscere che questo mondo è profondamente ingiusto, che duecentocinquanta persone al mondo possiedono i beni che possiede mezza umanità rimanente, che andrebbe tutto subito rivoltato come un calzino. Dalla paura dell'altro, del diverso, dello scoprire che siamo più fratelli suoi che dei potenti che ci spingono alla guerra.

Chi ci indica un nemico non potrà mai essere nostro amico.

mercoledì, giugno 27, 2007

Una buona notizia

PALERMO - Assolta l'insegnante che aveva costretto un alunno a scrivere sul quaderno "sono un deficiente", dopo un episodio di bullismo. La donna era stata denunciata dal padre del ragazzo.

Secondo il pm, che aveva chiesto una condanna di due anni, la risposta della docente di Lettere, trent'anni di insegnamento alle spalle, era stata sproporzionata rispetto al comportamento del suo alunno dodicenne. Un ragazzino vivace che, all'inizio dell'anno scolastico, aveva impedito a un coetaneo di entrare in bagno coprendolo di insulti omofobici.

La docente è stata assolta "perché il fatto non sussiste". La donna si era sempre dichiarata tranquilla, sostenendo di aver fatto "il proprio dovere". All'udienza e alla lettura delle motivazioni hanno assistito i rappresentanti di alcune associazioni gay, che le hanno portato solidarietà.

giovedì, giugno 21, 2007

Omuncoli

Michele Serra, nella sua "Amaca" di ieri, riporta la notizia che il nuovo Sindaco di Verona si rifiuta di appendere nel proprio studio la foto del Presidente Napolitano in quanto "comunista".
Costui appenderà - provocatoriamente - il ritratto di Sandro Pertini, forse dimenticando - non si può pretendere la conoscenza della storia da parte di persone del genere - che Pertini ebbe l'occasione di essere assai più antifascista e "comunista" di Napolitano, vista la propria militanza partigiana attiva, e le innumerevoli condanne subite proprio per non consegnare il proprio Paese in mano ad omuncoli e nazifascisti.
Uno come Sandro Pertini, ad uno come il Sindaco di Verona, non gli avrebbe neppure sputato in faccia. Sarebbe stata saliva sprecata.

venerdì, giugno 15, 2007

Belle giornate

I militanti di Hamas sparano su quelli di Al Fatah: ci voleva proprio una bella guerra civile per distogliere l'attenzione del popolo palestinese dall'assoluta mancanza di futuro e di speranza.

Un "genitore" (ormai questo termine si sta squalificando, forse è meglio usare "persona che si è incidentalmente riprodotta"), dopo la seconda bocciatura del figlio, minaccia di dare fuoco alla scuola.

Il ministro D'Alema, che esce malissimo, umanamente, da alcune vecchie ed inutili intercettazioni (da cui sembra anch'egli un triste parvenù, in fondo), invece di prendersela con se stesso e fare autocritica lancia il solito, deprimente attacco ai magistrati, come un berluscone qualunque.

La popolazione di un piccolo comune irpino aggredisce l'auto con il Commissario Straordinario Bertolaso. E' giusto, è un menagramo e non esiste alcun problema rifiuti a cui trovare soluzione. Se proprio è necessario, si chiamino Maga Magoo o Amelia, e i rifiuti spariranno con un colpo di bacchetta magica.

La popolazione della Val di Susa promette di fare lo stesso con tutti i politici che gli verranno a tiro: insopportabile l'idea che un Governo democraticamente eletto possa prendere decisioni che riguardano un territorio che - evidentemente - è stato oggetto di una secessione notturna di cui ancora non si è avuta notizia.

Dei signori che si spacciano per parlamentari, ma devono essere dei manigoldi travestiti, ieri alla Camera si sono messi ad urlare - agitando un pezzo di carta igienica travestito anch'esso da giornale, su cui c'era scritto: "Prodi fuori dalle palle". I manigoldi erano travestiti da deputati della Lega, ma è evidente l'intento diffamatorio: nessuno potrebbe essere così rozzo, così volgare così becero, così stupido da trasformare un'aula del Parlamento nella dependance di una bettola.
Questo blog è solidale con la Lega per il becero tentativo di sputtanarla.:-)

E così, signori miei, queste son le gaie notiziole che si leggono sui giornali in questi giorni.
Tutto va bene, dunque.
La nave va, è solo quello stupidissimo iceberg che non si toglie dalla nostra rotta.

giovedì, giugno 14, 2007

La cultura non apprezzo:-)

Questo blog si associa alla solidarietà doverosa verso la maestra che, a fronte di una piccola creatura già omofoba e razzista, ha tentato di consapevolizzarla facendole scrivere per cento volte "io sono un deficiente": visto che la piccola creatura non è riuscita neppure a scriverlo giusto, trasformandosi anche in "deficente", sarebbe stata necessaria un'ulteriore cura a base di mille "e sono pure un ignorante", a cui non sarebbe stato male aggregare i genitori cafoni e offensivi.
Altro che risarcimento, qui si auspicherebbero nerbate, che quannocevòcevò!
Peccato non avere l'indirizzo della maestra per farle sapere che se la Giustizia Cieca e Stupida vuol perseguitarla, il Buon Senso e quel poco che resta di un'Italia per bene è FORTEMENTE dalla sua parte.

Ma cosa mai si può pretendere, d'altronde, in un paese dove la Presidenza del Consiglio dei Ministri vara uno spot informativo sul TFR il cui slogan "forte" è "Basta che vi decidete" ????
Immagino la scena del crimine: un gruppo di lavoro fatto da creativi di grido (magari quelli che nobilitano la pubblicità con le scorregge degli scoiattoli, diomio...), quadri e dirigenti della Presidenza del Consiglio...tutti pagati a caro prezzo per fare i killer del congiuntivo.
Tutta gente che, parafrasando Goebbels, "quando sente la parola cultura porterebbe automaticamente la mano alla fondina, se sapesse che cazzo vuol dire fondina".

Insomma, è il caso in cui un sonoro "Vergognatevi! " non avrebbe effetto; ci guarderebbero di certo con quelle facce stupide ed offese chiedendoci "epperchè?".

venerdì, giugno 08, 2007

Dio e la bellezza

L'Istituto San Raffaele di Milano, per raccogliere fondi per la ricerca medico scientifica, ha organizzato una sfilata di moda.
Il fondatore dell'Istituto, tale Don Luigi Verzè, ha dichiarato: "Le modelle sono l'immagine della bellezza di Dio".
Noi brutti, per evitare di dare di Dio una brutta immagine, saggiamente abbiam deciso di essere atei.

La nuova Europa che avanza

La notizia è di qualche giorno fa, ma merita di essere ripresa.
Il Ministro della Cultura della Polonia ha emesso una specie di "fatwa" contro le opere di Goethe, Kafka e Dostojevskij, ritenuti colpevoli di nichilismo, esaltazione degli amori clandestini e anomali e dell'esaltazione dell'assassinio.
C'è da dire che la stupidaggine è stata subito stroncata da una forte reazione nel paese, e neppure i due gemelli Kascinsky hanno seguito la sortita.
Però, il tizio continua ad essere Ministro della Cultura.

giovedì, maggio 31, 2007

Anna da non dimenticare


Anna Politkovskaja è stata uccisa nell'androne di casa, a Mosca, il 7 ottobre 2006. La sua morte ha emozionato il mondo civile, ma il tempo passa e inevitabilmente il ricordo di lei si fa labile, evanescente.
Il modo migliore per ricordare Anna è continuare a leggere i suoi scritti: la sua vita è stata dedicata a raccontare, nel suo stile asciutto da cronista, gli orrori della nuova "democrazia" russa.
In "Proibito parlare", è possibile ritrovare cronache recenti di quell'inferno dimenticato a due passi dall'Europa che ha il nome di Cecenia. Sono storie di città rase al suolo, di esecuzioni sommarie, di violenza spietata, di rapimenti, di stupri, di futuri spezzati, di miseria, di sopravvivenze da fantasmi. Di persone considerate come insetti fastidiosi, di famiglie da cacciare insieme ai figli perchè "la mela non cade mai lontana dall'albero". Di totale assenza di leggi, di diritti, di regole al di fuori della violenza.
Queste cronache fanno pensare a quanto sia labile ed incerto, in buona parte del mondo, il confine tra una vita normale e l'inferno. Uno vive in un posto che improvvisamente - come in questo caso - diventa il luogo in cui trovare il pretesto per farsi eleggere Presidente della Russia. Non ha colpe, non ha fatto nulla, ma improvvisamente arrivano i carri armati a buttare giù il palazzo in cui vivi, l'aviazione bombarda il mercato che frequenti, la soldataglia ammazza per puro piacere, rapisce, stupra. Nel giro di poco tempo non resta più nulla; lavoro, affetti, futuro, beni, tutto finisce in macerie. Se si sopravvive (ed in Cecenia si calcola che la guerra abbia ucciso duecentocinquantamile persone su un milione) si diventa fantasmi, e si può cercare scampo solo nel sollievo di una follia liberatrice, che stacchi ogni legame con il mondo degli uomini.
Il problema è che questo avviene sempre più spesso, nel mondo. Avviene in Africa, in Asia, in Medio Oriente, nel Caucaso, ma anche nel cuore dell'Europa, in Kossovo, dove è impossibile distinguere tra vittime e carnefici per i continui scambi di ruolo tra albanesi e serbi. Il pretesto è il potere del potente di turno, l'arma è l'odio coltivato con cura: contro una etnia, contro una religione, contro una "razza", non importa. L'odio seminato così continua a dare frutti per sempre, non avvizzisce mai.
Dilaga e diventa la cifra stilistica di questo modo di vivere che garantisce il tenore di vita dell'Occidente: il benessere di pochissimi costruito sul sangue, sulla rapina, sullo sfruttamento del resto del mondo.
Eppure, i fautori di questo modello insistono: tutto il resto (utopie, sogni, ideologie) è fallito, l'unica realtà possibile è questa. Denaro e potere sono gli unici idoli che resistono saldamente nel naufragio del sogno di un umanesimo basato sull'uguaglianza e sull'equità.
Quanto faccia schifo questo modello lo sappiamo bene, e se ce lo fossimo dimenticati basta leggere le parole di Anna e di molti altri che - solo per raccontarlo, questo schifo - vengono spazzati via come insetti, nel silenzio e nella indifferenza.
Possiamo ignorarlo: ma non possiamo credere che saremo salvi per sempre nascosti dietro questo paravento di democrazia declinante e malaticcia, non possiamo credere che un giorno non accadrà anche a noi quel che accade a tutti coloro che - per sbaglio, per caso - si trovano sulla strada scelta dal potere di turno per estendersi e consolidarsi.
E' gia accaduto, accade tuttora: accadrà sempre.
Se facciamo finta di non saperlo, se ci mettiamo la coscienza in pace e non pensiamo con forza che questo mondo va rifatto più o meno da capo, perchè così com'è fa veramente schifo...beh, allora dimentichiamoci pure di Anna e di quelli come lei. Sono morti davvero per nulla.

mercoledì, maggio 23, 2007

Come si uccide la scuola pubblica/2

Segnalo, ripubblicati con intelligenza su foruminsegnanti.it, questo articolo di Mario Pirani su Repubblica di lunedì 21 maggio, nonchè il precedente su Repubblica del 14 maggio, perchè sollevano un problema di fondo su cui dovremmo tutti ragionare (o almeno noi che abbiamo a cuore il futuro di questo paese). Il problema è il passaggio critico, che sta avvenendo negli ultimi 10 anni, dal concetto di scuola pubblica "unica ed indivisibile" al concetto (vago e un po' ambiguo) di "autonomia delle istituzioni scolastiche basata sull'identità culturale".

Ma andiamo con ordine. C'erano una volta i Programmi Nazionali: garantivano in tutte le scuole del Paese (o del Regno, come si diceva un tempo) una uniformità di finalità, obiettivi e contenuti della scuola, ed erano la garanzia (od almeno il tentativo) di non creare scuole di serie A e B sul territorio nazionale.
Dal "Manifesto dei 500", redatto nel 1999 da insegnanti e genitori mobilitati contro la riforma Berlinguer:
"La Costituzione afferma l'eguaglianza dei cittadini, e lo Stato si dovrebbe assumere il compito di rimuovere gli ostacoli alla crescita umana e culturale che possono derivare dalle differenze economiche, di ceto, religiose che esistono tra i cittadini.
Per questo la scuola statale basata sui Programmi Nazionali ha l'obiettivo di essere una scuola aperta a tutti, che non si fonda su idee particolari o su programmi differenziati, che non pone condizioni per nessun iscritto, che rispetta le idee di ognuno e non ha obiettivi diversi tra un istituto e un altro.
La scuola statale non può avere altri obiettivi che i Programmi Nazionali: non può quindi avere l'obiettivo di far profitti sull'istruzione, né quello di far passare particolari idee, convinzioni pedagogiche, politiche, religiose."

La riforma di Berlinguer (il ministro, non il rimpianto Enrico) è la prima, negli anni 1997-2000, a scardinare organicamente i Programmi Nazionali.
(Anche questo si deve ascrivere, al nostro Centrosinistra: di essere stato il primo, cosciente o no, ad aver avviato un piano organico di distruzione della scuola pubblica).
La riforma Moratti (2003) tenta di sostituirli in sordina con "Indicazioni nazionali" redatte in clandestinità e senza validazione giuridica, anche se formalmente i Programmi Nazionali (aggiornati nel '79 e nell'85) non sono mai stati ufficialmente abrogati.
Per fortuna queste indicazioni (illeggittime) sono state di fatto ignorate da buona parte delle scuole italiane, affossando "de facto" l'applicazione pratica della Riforma.
Ma arriva il 2006, e giunge il Ministro Fioroni, che al riguardo la pensa così:

"L’autonomia scolastica e l’interazione, nei contesti locali, tra le diverse autonomie, costituisce il quadro di riferimento principale dei processi di innovazione e di riqualificazione di cui l’intero sistema educativo ha bisogno.
Pretendere di imporla dall’alto, con atti dirigistici legislativi o amministrativi, sarebbe un grave errore. Condannato in partenza all’incomprensione e all’inefficacia. Ciò che occorre non è una logica abrogativa che sarebbe connotata inevitabilmente da rischi conservativi, né tanto meno la restaurazione – evocata da non poche cassandre – di una scuola del passato
che non può più esserci perchè è scomparso il suo mondo di riferimento. Ma, d’altro canto, bisogna evitare la pretesa , ancora una volta di cambiare tutto e subito, anche se il nostro sistema educativo ha senza alcun dubbio bisogno di profonde innovazioni."

In soldoni, ed anche in pratica, i Programmi Nazionali sono un concetto da spedire in soffitta a favore dei POF, che rappresentano "l'identità culturale delle istituzioni scolastiche" (DPR 275 del 1999, articolo 3, "Regolamento delle autonomie scolastiche"), pur nel rispetto delle famose "indicazioni nazionali".
Il problema è di equilibrio, ovviamente. Il rischio forte è che la "identità culturale delle istituzioni scolastiche" diventi un elemento di disgregazione della scuola pubblica, trasformando ogni "istituzione scolastica" in un supermarket dell'offerta didattica e formativa, fortemente condizionato da meccanismi di risposta alla domanda del "mercato" che nulla hanno (e debbono) avere a che fare con una istituzione che deve garantire l'istruzione (a parità di condizioni) verso tutti i cittadini.
Non penso solo al fiorire di scuole confessionali (che in questa fase di aggressività intollerante delle diverse fazioni religiose mi preoccupa non poco), ma anche di scuole "padane" o "buddiste", "patafisiche" o "pleistescioniste", visto che il concetto di "identità culturale" - che non esiste neppure nella Costituzione - si presta ad ogni sorta di interpretazione.
E ultimamente, di ogni cosa importante vedo solo apparire "interpretazioni" nel segno dell'egoismo, della chiusura, del recinto, del localismo spinto, della paura dell'altro, o, peggio, della vacuità più assoluta.