lunedì, aprile 15, 2013

La mia (piccola) Biennale Democrazia

Spesso si è stanchi, annoiati, distratti.
Sembra a tratti che la vita sia una noiosissima sequenza di atti sempre uguali a se stessi, faticosi, irritanti, e che nulla riesca a farci uscire da questo fiume (assai densamente popolato di altri pescetti come noi) che ci trascina via senza speranza di poterne uscire.

Poi, d'improvviso, ti accorgi (finalmente) di come basti pochissimo per uscire dall'apatia e raccogliere emozioni.
Le emozioni che possono illuminare la vita sono molteplici, e sono molto spesso a portata di mano.
Basta decidersi, uscire, partire, andare, osare...

A Torino si è svolta, tra il 10 ed il 14 aprile, la edizione 2013 della Biennale della Democrazia (sempre sia lodato il Presidente Zagrebelsky!!!). Il tema di quest'anno, assolutamente azzeccato, era quello dell'Utopia.

Purtoppo non ho avuto nè il tempo nè la voglia di seguire granchè, tra le decine e decine di eventi che si sono susseguiti in questi giorni (tutti a ingresso assolutamente gratuito, come è nello spirito della Biennale, al solo prezzo di code spesso estenuanti ma giustamente ineludibili...)

Ma un paio di cose, nonostante la mia pigrizia ormai leggendaria, sono riuscito a non perderle.

La prima era la serata inaugurale, dedicata a Giorgio Gaber, al Teatro Regio.
Presente in sala un insolitamente loquace Sandro Luporini, coautore di GG, intervistato da Michele Serra.
Giovanna Zucconi ha letto alcuni brani gaberiani, di insolità attualità.
(Serra a Luporini:" Ma siete stati profetici voi o in questi trenta-quarant'anni in questo paese non è cambiato nulla", e Luporini: "Eh, l'è brutto dirlo, ma mi sa che non hè cambiato 'ulla.")
Sul video scorrevano immagini degli spettacoli di Gaber, così appassionati da portare ad applaudire persino il pubblico in sala in sincronia con quello originale della registrazione, come in un passaggio di testimone...
Impossibile, per me, sopprimere l'abituale commozione (ed il terribile groppo in gola) sul finale bellissimo e terribile di "Qualcuno era comunista", o la rabbia della versione più recente (ed antimafiosa) di "Io se fossi Dio", o il piacere dell'ascolto alla semplicità de "Un'idea"...così come impossibile è stato, per la platea,  non fare il coro, all'inizio della serata, con "La Libertà".
Alcuni video (doverosi) rendevano omaggio alla profonda amicizia e divertita collaborazione con quel geniaccio di Jannacci (l'unico, sottolineava la Zucconi, capace di far rimare "Quando tace il water" con "Quando parla Gaber" - in "Se me lo dicevi prima").
Tra i video e le parole di Luporini (che fluivano sempre più copiose, segno che era a suo agio) ci sono stati gli interventi musicali di Bruno Maria Ferraro (con una bellissima "Non insegnate ai bambini" alla chitarra), Andrea Mirò (con una bella "Il conformista" al piano), Luca Barbarossa, Enzo Iachetti (con la esilarante "Le elezioni"), ma soprattutto una appassionata ed emozionatissima Paola Turci da ovazione (con "C'è un'aria" e "Si può"): "Essere qui, in questo posto bellissimo, e cantare Gaber davanti a Luporini...mi scoppia il cuore!", e una tale ondata di emozione si è riverberata nel teatro, durante la sua esibizione, da lasciarci tutti meravigliosamente scossi...(qui una sua esibizione al Festival Gaber...giusto per dare l'idea...)


Il secondo evento è stata la lezione sull'utopia tenuta ieri al Piccolo Regio da Melania Mazzucco (un altro dei miei miti:-))
(Leggete qui per un resoconto davvero ben fatto della lezione...)

La Mazzucco, aiutata dalle immagini, ha compiuto una disamina degli affreschi di Ambrogio Lorenzetti (al tempo di Giotto, un pittore celebre quasi come lui) realizzati nella "Sala dei Nove" del Palazzo Civico di Siena (costruito a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo). Gli affreschi, conosciuti originariamente come "della pace e della guerra", nel Settecento sono stati ridenominati "del Buon Governo".

Il Comune di Siena, affidata a quei tempi la guida a nove Signori, si era dotato di una Costituzione, il cui testo - legato da una catena - era a disposizione di tutti i cittadini per la lettura e la conoscenza del contenuto.
Ma, poichè erano pochi i cittadini in grado di leggere, si rese necessario esibire i concetti della Costituzione attraverso il media più diffuso dell'epoca, ovvero la Pittura, e farlo nel luogo simbolicamente più corretto - la stanza di Palazzo Civico in cui i Signori esercitavano il Potere per conto del Popolo.
Fu chiamato appunto a questo compito Ambrogio Lorenzetti, non un semplice artigiano della pittura ma un uomo colto (un "filosofo", lo definì il Vasari), e quindi perfettamente in grado di "interpretare" visualmente i concetti contenuti nella Costituzione (i Signori esercitavano un potere quasi assoluto, ma la Costituzione li vincolava a manterenere Siena in pace: una pace attiva, anche bellicosa se necessario).
Ed ecco, dunque, gli elementi fondamentali del Buon Governo: la Giustizia, innanzi tutto, che deve essere lo scopo di chi governa. Sotto di essa, la Concordia, con una pialla per appianare i dissidi.
La Concordia è tramite tra la Giustizia ed il Popolo: questo tramite è rappresentato dalla corda che, attraverso la concordia, viene tenuta in mano da 24 cittadini (tutti diversi, a rappresentare mestieri e professioni, ma tutti di eguale altezza, per indicarne l'uguaglianza), fino a giungere al polso, a cui è saldamente annodata, della figura che rappresenta il Comune di Siena.
Non sto a descrivere nel dettaglio gli innumerevoli aspetti simbolici degli affreschi, che sono ampiamente descritti qui , ma in sintesi Lorenzetti esprime il concetto che se la Giustizia è al centro del Buon Governo la città diventa prospera, felice, bella, piacevole e priva di paura.
Se invece la Giustizia è umiliata e resa impotente vince la Tirannide, alle Virtù si sostituiscono i Vizi e nel declino che ne deriva si perde tutto: lavoro, speranza, felicità, e quel che resta è violenza, rovina e guerra.
Inutile sottolineare la persistente attualità del messaggio.

Poi, la Mazzucco ha preso come spunto un dipinto di Paul Signac, "Al tempo dell'anarchia", per una dissertazione sull'utopia anarchica (concentrandosi su fine Ottocento, quando la fiaccola dell'anarchia - nel bene e nel male - splendeva come riferimento per milioni di esseri umani oppressi che sognavano un mondo nuovo), incrociando quindi un altro dei miei miti.

(Sono anarchico? Lo sono stato, sinceramente, profondamente ed in modo convinto ed informato. Lo sono ancora, nel cuore, anche se oggi mi dico che un popolo che non è nemmeno in grado di usare decentemente una democrazia non può nemmeno giungere immaginare una cosa bella come l'assenza di governo dovuta al fatto che le comunità di individui sono in grado di gestirsi da sole).
Il grande Eliseo Reclus, scienziato ed anarchico (ricordate che incrociò la sua vita, per un tratto, con quello della esploratrice Alexandra David-Neel, di cui parlai qui?), disse che l'esperienza dei comuni italiani medievali può considerarsi il tipo di organizzazione che è giunto più vicino al concetto di libertà e giustizia.
Gli anarchici furono (e sono, anche se la loro voce è ormai così fiebile) i maggiori sognatori di un mondo davvero nuovo, radicalmente rifondato dalle radici...avevano una fiducia nell'uomo che andava oltre ogni ragionevole speranza:-)

Infine, la Mazzucco ha concluso con "Il mondo nuovo" , di Giandomenico Tiepolo (1791), rilevandone altri stringenti motivi di attualità.

Il mondo nuovo era una forma di lanterna magica montata nei giorni di festa che mostrava immagini straordinarie e fantastiche: «Tiepolo era attratto dagli imbonitori, da quelli che riescono ad attrarre l’attenzione della gente – dice Mazzucco – millantando qualcosa che in realtà non esiste. In questa lanterna magica erano promesse la visione di posti lontani, un mondo nuovo, diverso e anche un mondo alla rovescia. Tiepolo non ci fa vedere questo spettacolo perché nel quadro sono mostrati  invece gli spettatori di spalle, sono loro i protagonisti dello spettacolo senza saperlo, e gli spettatori sono il vero futuro al quale Tiepolo vuole offrire l’immagine di questa gente. Persone di tutti i tipi, manovrate da un ciarlatano, contagiati dalla smania di evasione e imboniti dalle promesse del mondo nuovo».

C'è forse qualcosa da aggiungere?:-)

sabato, aprile 06, 2013

Vorrei un governo...

Vorrei un governo...
che si ponesse come obiettivo la creazione di condizioni utili a far prosperare la felicità per i propri cittadini, dove i cittadini sono TUTTI coloro che vivono in questo paese.
Un governo che creasse le condizioni per una vita in cui ci sia sicurezza del reddito, e persistenza dello stesso.
Che restituisse serenità e capacità di progettare un futuro, e di impiegare nella società il meglio delle proprie capacità personali senza il timore costante di essere gettato all'inferno.
Un governo che abbandonasse l'accettazione acritica del mercato, che tende a rendere schiavi e concorrenti i suoi cittadini, e li difendesse, li proteggesse, li tranquilizzasse rispetto alle paure di non farcela.
Un governo che agevolasse la creazione di reti, di connessioni, di socialità tra le persone, che impedisse la prigionia della solitudine, dell'isolamento.
Un governo che non accettasse più che chi dirige un'azienda guadagni centinaia di volte rispetto a chi ci lavora nelle posizioni subordinate: che ponesse limiti insuperabili al divario tra chi si assume responsabilità e chi è al fondo della catena.
Un governo che usasse il suo potere per equilibrare i poteri economici che vogliono trasformare le persone in merci, in materiale da usare e gettare secondo le convenienze.
Un governo che riscoprisse e valorizzasse le competenze davvero utili a tutti, e le premiasse in aperta sfida ai valori del mercato: che impedisse che sul proprio territorio un artigiano muoia di fame mentre si danno milioni di euro a chi calcia un pallone.
Se il mercato non ha una morale esigo un governo che la rivendichi, la morale. Abbandonando il moralismo!
Vorrei un governo che aiutasse le famiglie con i servizi, che ridesse tempi e spazi alle persone per riscoprire la fratellanza, la vicinanza, l'assistenza e la cura reciproche.
Vorrei un governo che si impegnasse a propagare i valori della sobrietà, della mitezza, della pazienza, della tranquillità, della tenacia: e che usasse sempre parole moderate, caute, rispettose.
Vorrei un governo che si presentasse con un sorriso ed insegnasse che la paura è il peggiore handicap dell'anima, che la paura è nemica delle persone e dei cittadini, ed amica solo di chi li vuole opprimere ed umiliare.
Vorrei un governo che insegnasse che avere il giusto significa non avere nulla da perdere, e ad aprirsi al prossimo senza timori, sapendo che il confronto non è mai perdita di sè, ma arricchimento.
Vorrei un governo che combattesse la povertà culturale, l'ignoranza e l'analfabetismo di ritorno con la stessa forza con cui combatterebbe la povertà materiale.
Un governo che dicesse che saremo tanto più felici quanto più felici saranno le persone intorno a noi, dentro e fuori dai "confini".
Vorrei un governo che insegnasse il gusto per le cose belle e le cose buone, e che le cose sono più belle e più buone quanto più sono condivise con gli altri.
Vorrei un governo che volesse bene ai propri cittadini, a tutti, senza distinzioni, come c'è scritto nella Costituzione.
Anzi, io nella Costituzione aggiungerei questa frase: "Lo scopo del Governo è voler bene ai propri cittadini".
Un governo che li lasciasse vivere e morire come preferiscono, se non fanno male a nessuno (ed insegnasse a chi si sente "a disagio" rispetto ai comportamenti altrui che il disagio è un problema personale, non risolvibile con le leggi).

...ma, pensandoci bene, se io fossi un cittadino che MERITA davvero un simile tipo di governo, in fondo NON avrei nemmeno bisogno di un governo, e di certo il mio paese non sarebbe quella cosa triste che è.