lunedì, luglio 16, 2007

Pastisun! (un'altra storia dalla Nuova Europa)


Seguo da un paio d'anni con attenzione e un po' di inquietudine quel che accade nella Nuova Europa, ed in particolare in Polonia e nelle Repubbliche Baltiche (sarà che due anni fa, quando ci ero andato, mi ero innamorato a tal punto dell'Estonia da desiderare di andarci a vivere...poi, con quel che sta accadendo negli ultimi mesi, ho cambiato idea: meglio la Spagna!).

L'ultima l'ha combinata il Ministro Estone della Giustizia, Rein Lang, come potete leggere nell'articolo a cui linka il titolo del post: ha pensato bene di festeggiare il proprio cinquantesimo compleanno in un ristorante di Tartu facendo rappresentare per i propri invitati una piece teatrale su Adolf Hitler.

Il Ministro afferma che la rappresentazione ("scritta da Pip Utton e rappresentata con successo in giro per il mondo") è un testo profondamente antinazista. E' vero, per quel che ne ho letto in rete: è un testo sulla parte oscura dell'uomo, sulla terribile propensione dei popoli a farsi manipolare, ingannare, accettando i peggiori crimini in nome di una menzogna.
Il messaggio del testo teatrale è che l'intolleranza continua ad attraversare la storia, e che da essa alla fine non impariamo nulla.

Il Ministro aggiunge, piccato - visto che la questione ha suscitato prevedibili clamori in un paese in cui non ci si è risparmiati nulla, negli ultimi tempi, per suscitare le ire della popolazione russa: “Apparently (Russia’s) principle is that even the most anti-Nazi work of art, such as Charlie Chaplin’s “The Great Dictator,” becomes pro-Nazi as soon as a member of the Estonian government goes to see it.”

Beh, io gli do credito, al buon Ministro. Voglio pensare che l'abbia fatto con uno spirito di profonda autocritica rispetto alle ultime azioni del governo estone, e che non si sia trattato dell'ennesima provocazione gratuita nei confronti di qualcuno. Sarebbe assai sciocco, no?:-)

martedì, luglio 03, 2007

Affinità e divergenze tra terrorismo e stragi di civili

Ieri sera leggevo Repubblica, e intanto ripensavo a quel che scriveva e diceva Kapuscinski in "Autoritratto di un reporter" sulla deriva dell'informazione.

Le pagine 1,2,3,4,5,6 erano dedicate ai falliti attentati di Londra e Glasgow. A pagina 11, l'inquietante indignazione del Ministro della Difesa Parisi ("se non imparate a mirare, evitate di sparare") faceva da apertura alla notizia che un ennesimo bombardamento della Nato sull'Afganistan meridionale ha provocato la morte di un numero di persone compreso tra ottanta e centoquaranta. L'inviato di Repubblica (Renato Caprile) riportava la notizia che i morti tra la popolazione nel 2007, a causa dei bombardamenti Nato, sono stati ufficialmente almeno 350 (facile pensare che il numero sia fortemente sottostimato).

La Nato bombarda per "stanare" i talebani. Parisi dichiara "I talebani sono assassini", e quindi non si pone problemi morali rispetto al fatto che vadano uccisi. Peccato che questi cattivoni si mescolino alla gente normale, invece di indossare appositi abiti fosforescenti con il bersaglio. E visto che scendere giù a cercarli è assai pericoloso, la Nato "non può fare altro", a suo dire, che bombardare dall'alto i villaggi.

(Ovviamente, non ci sono foto di questi eventi, in rete. Potete trovare documentazione sui bombardamenti dello scorso anno, e di due anni fa: ma nulla di nuovo su queste "non notizie". Non vedrete case distrutte, bambini bruciati, macerie e morte. Dovrete continuare ad emozionarvi con la foto del bobby londinese in giubbotto fosforescente davanti ad un nastro da cantiere.)

In prima pagina, sullo stesso quotidiano, un acuto commentatore argomentava che l'Islam odia l'Occidente perchè rappresenta la corruzione ed il permissivismo rispetto ad una visione altrimenti cupa, oppressiva e fondamentalista della vita. Ma dovrebbe ricordarsi di aggiungere a questi possibili motivi anche una sacrosanta indignazione, quando il bombardare villaggi massacrando uomini, donne e bambini indifesi viene definita una "guerra giusta" contro l'estremismo.

Se si risponde al "terrorismo" con la guerra globale, facendo un numero di vittime notevolmente superiore a quelle provocate dagli atti più odiosi e simbolici degli ultimi anni; se si considerano implicitamente inferiori le vittime degli altri, ignorandole e cancellandole; se ad odiare con forza l'Occidente non sono più le sole "masse ignoranti e diseredate", ma le nuove generazioni colte, coscienti, che in Occidente ci vivono da più generazioni apprezzandone gli aspetti positivi...beh, non serve nessun tipo di analisi per capire che qualsiasi vettura parcheggiata nel centro delle nostre città può essere, domani, l'esplosiva espressione di un odio reciproco e spaventoso coltivato con cura ed attenzione.

No, io non ci sto a questo gioco. La "nostra" guerra fa schifo come tutte le guerre, non è "giusta", "comprensibile", "doverosa". E' morte, sangue e macerie come tutte le guerre, è levatrice d'odio, è seme di altra morte, sangue e macerie.

Ci dicono che il nemico è - in generale - un soggetto con il turbante e la barba lunga, che indossa una tunica. Costui odia tutti noi, il nostro modo di vivere, le nostre donne, i nostri pensieri, la nostra cultura. Odia il cinema, il sesso, la letteratura. Odia il laicismo, odia chi non prega e pensa di avere un pensiero autonomo e indipendente.

(oh, se non fosse per la barba ed il turbante per un attimo sembrava stessi parlando del Papa...:-)))

Si, certo, un tipo così non può certo essere nostro "amico".

Ma nemmeno lo possono essere questi nostri leader in giacca e cravatta, dall'eloquio intelligente e seducente (non parlo di Bush, eh...pensavo a Blair!), dall'ampio sorriso: che chiamano "valori" il cuore di questo sistema di sopraffazione verso la maggioranza della popolazione del mondo, e per difenderlo sono disposti a versare più sangue, a distruggere di più, a uccidere di più.

Insomma, noi in fondo non abbiamo il problema di "fare la guerra a qualcuno". Abbiamo il problema di trovare degli amici.

Gente a cui voler bene per quello che è, fottendosene allegramente della razza e della religione che indossano.

Gente con cui stare ore a chiacchierare, a raccontarsi le cose del mondo, le diversità e le differenze.

Questo è il nostro problema: non farci fregare dalla paura. Dalla paura di perdere la vita, gli agi, e tutte le cazzate che chiamiamo "tenore di vita occidentale". Dalla paura di riconoscere che questo mondo è profondamente ingiusto, che duecentocinquanta persone al mondo possiedono i beni che possiede mezza umanità rimanente, che andrebbe tutto subito rivoltato come un calzino. Dalla paura dell'altro, del diverso, dello scoprire che siamo più fratelli suoi che dei potenti che ci spingono alla guerra.

Chi ci indica un nemico non potrà mai essere nostro amico.