mercoledì, agosto 31, 2011

Senza neppure salvare le apparenze...


'cidenti, uno pensava che quando si creano le manovre funzionasse così:
  • ci sono tutti i cervelloni dei ministeri che stan rinchiusi dentro stanze fumose per settimane (anche quando in pubblico i ministri dicono che non succede nulla, non c'è nulla da preoccuparsi) e fanno brainstorming con i post it gialli, con le lavagne, i fogli di carta pieni di idee e di calcoli, i notebook che surriscaldano l'ambiente con finestre piene di calcoli...
  • e poi ogni idea viene sviscerata, approfondita, sottoposta a verifica, per verificarne la solidità, la resistenza ad ogni tipo di obiezione....
  • e poi finalmente, verificata solidità e incidenza economica di ogni singola misura, e verificata la coerenza generale delle misure individuate e scelte, si pensa a come comunicarla al paese, per convincerlo della sua necessità.

(Oh, non è che questo sia lo schema che si usa nel privato, eh. Almeno, non lo si fa più da parecchio tempo. Ma speravo che almeno nel pubblico si mantenessero le buone abitudini).

Invece no. Sembra che l'altro giorno due tipi si siano trovati a casa di uno dei due. L'ospitato tra l'altro ha qualche problema di dizione, bofonchia per gli esiti di un grave problema di salute e di quel che dice si capisce si e no una parola su tre (ed anche la sua gestualità non aiuta molto: ogni due parole su tre alza il dito medio, che alla fine non aiuta).
L'altro non è che sia proprio sordo, ma è afflitto da una curiosa sindrome per cui è in grado di ascoltare e comprendere solo le parole che pronuncia egli stesso: le altre le sente ma non le comprende.
E dunque, nell'arco di sette ore, sembra che questa strana coppia, questa minicorte dei miracoli abbia prodotto nientepopodimenoche una manovra.

Secondo me quei due (che per comprendere quello che dicono usano degli interpreti, magari Apicella che traduce cantando con la chitarra) si dicono più o meno cose di questo genere:
"...allora, per tirare fuori dei soldi bisogna trovare un pezzo di società da massacrare che sia numericamente poco consistente (in modo da poterlo indicare come "portatore di privilegi") e/o privo di rappresentanza/credibilità/vicinanza a noi. Gli statali van sempre bene, e quindi lasciamo che paghino solo loro il contributo di solidarietà, oltre a fottergli il TFR. Tanto li odiano tutti e nessuno darà loro solidarietà, e poi tra qualche mese - in nome dell'eguaglianza - potremo estendere le stesse bastonate ai privati. E poi, anche 130.000 laureati potrebbero andar bene. Tanto nel tuo partito di laureati veri mica ce ne sono, ah ah ah (risate di entrambi)..."

Ogni tanto toppano alla grande. E' vero, i laureati che si massacrano impedendo il ricongiungimento degli anni di università riscattati sono oggettivamente pochi, peccato che appartengano a settori sociali la cui influenza è cento volte più importante della loro consistenza numerica.
Cioè, se massacri tre milioni di operai si lamenta solo la CGIL, e chi se ne frega, ma se massacri cinquantamila medici non è la stessa cosa. Oh, tanto per dire si è lamentata pure la UIL, e sembra che anche Bonanni abbia, nell'intimità, sussurrato la parola "birichini" (ma la notizia non è certa).

Comunque, per dire pane al pane, non è che la release precedente della manovra sembrasse pensata più a lungo, o che i cervelloni si siano spremuti più dei due saltimbanchi di cui sopra.
Prendi la ventilata (ed ormai affossata) proposta di cancellare le province sotto i 300.000 abitanti, purchè di dimensioni inferiori ai 3000 kmq.
Se a uno viene un'idea del genere, prima di tutto dovrebbe mettersi lì con la mappa delle province italiane e fare delle simulazioni - cambiando i parametri - per vedere cosa ne viene fuori, no?
Così ti accorgi, ad esempio, che applicando quei parametri ci sono ben tre regioni (Liguria, Basilicata, Molise) che diventano "monoprovincia". Nell'unica altra regione in cui questo capita (la Valle d'Aosta) l'entità "provincia" proprio non esiste.
E allora devi decidere tu, cervellone, e subito, nella proposta iniziale, cosa fare delle province di Genova, Campobasso e Potenza: farle restare? Abolire anch'esse ed ipotizzare una nuova redistribuzione delle competenza tra regioni e comuni? E se regioni monoprovincia non hanno senso, non è il caso di pensare già da subito ad un ridisegno (con una legge costituzionale) delle Regioni?
In sintesi, son tutte cose a cui devi pensare quando progetti qualcosa: non è che devi aspettare che te lo facciano notare i giornali o gli amministratori locali.
Perchè sennò il risultato è quello che vediamo: per la seconda volta in pochi mesi, una proposta di riorganizzazione delle province va quasi immediatamente in putrefazione, così come la credibilità di chi l'ha avanzata.
Sui comuni sotto i mille abitanti, stessa zuppa: se ti metti lì con una cartina, te ne accorgi subito che - tanto per dire - in Piemonte, se applichi i parametri che hai ipotizzato, finisci per aggregare comuni che stanno in valli alpine diverse...e la cosa è insensata da ogni punto di vista, amministrativo, sociale ed economico. E, se ci ragioni anche solo mezz'ora, non arrivi fino al punto di presentare una proposta scema per farti subito prendere per il culo per la sua stupidità.

Insomma, la sensazione è quella di essere in mano a dei perfetti deficienti, a degli arraffoni, a gente che si fa venire le idee al bar, a persone incapaci non solo di approfondimento ed analisi, ma prive addirittura del basilare buonsenso che trovi nel meno istruito dei montanari della penisola.

A gente approssimativa, inaffidabile, a cui non presteresti non dico la tua bicicletta, ma nemmeno il triciclo di tuo figlio: figurati uno Stato aggredito da un nemico potente come la speculazione finanziaria.

Gente al confronto della quale il comandante del Titanic assume la stessa affidabilità di Mosè che conduce il popolo ebraico attraversando il Mar Rosso.

UPDATE: come era ampiamente prevedibile, la norma sulle pensioni (che riguardava il riscatto degli anni di laurea e del servizio militare) è data per morta dopo nemmeno un giorno e mezzo dalla sua brillante invenzione.

martedì, agosto 23, 2011

Povera Libia

Come scrissi a suo tempo qui, su quel che accade in Libia mi riservo il diritto di non credere nemmeno ad una parola di quanto viene raccontato oggi.
In assenza di inviati in loco che rispondano al nome di Ryszard Kapuściński, Tiziano Terzani, Oriana Fallaci, Ettore Masina, Ettore Mo, mi rifiuto assolutamente di leggere qualsiasi velina che giunga dal giornalismo "NATO-embedded" o dalle grandi agenzie.
(UPDATE: qualcuno che racconta da lì una realtà non allineata al pensiero unico sembra esserci ancora...)
Se un giorno esisterà ancora una storiografia indipendente, mi farò raccontare da essa quel che è accaduto in questi mesi (io ho visto solo una guerra sporca, lercia come tutte le guerre, in cui il comportamento del mio Paese è stato indegno e vile come sempre).
Non troppo ironicamente, posso dire che sono molto dispiaciuto per i fratelli libici: Gheddafi era un male conosciuto, ma alla bisogna sapeva opporsi al resto del mondo in nome di un qualcosa che assomigliava ad un concetto di "nazione".
Prima il Male che insidiava la Libia era in qualche modo un prodotto locale: da domani sarà globalizzato.
Ora, il governo passerà in mano a perfetti sconosciuti, a cui viene dato un credito impressionante seppur privo di qualsiasi fondamento logico, che ricevono gli omaggi di tutti i capi dei governi occidentali - gli stessi che, in queste settimane, si inchinano di fronte alla finanza mondiale e decidono di colpire i propri cittadini svuotando le stesse democrazie che - altrove - vengono spacciate per merce preziosa.
Anzi, vien da pensare che i vincitori siano i benvenuti perchè c'è finalmente un altro paese del mondo (pieno di sugo dal punto di vista delle risorse) da gettare tra le fauci insaziabili dei "mercati".
Uscire dalle grinfie di un dittatore può essere, in linea teorica, un bene: ma ricevere in cambio una pseudodemocrazia marcia e già asservita ai padroni del mondo è di certo un dono avvelenato.

lunedì, agosto 22, 2011

Django, la mano zingara e monca di Dio

(L'immagine è tratta da qui)

(Sottofondi consigliati per la lettura del post: Minor swing, Nuages, Sweet Giorgia Brown...gli stessi utilizzati per la scrittura:-))

Eccolo qui, Django Reinhardt.

Son due settimane che mi sparo a nastro i suoi virtuosismi chitarristici accompagnati dal violino di Stèphane Grappelli: quelli della sua epoca d'oro, dagli anni Trenta del secolo scorso alla sua morte (1953).

Sono brani brevi, di tre minuti al massimo: all'inizio entusiasmano, freschi e strabordanti di pura e gioiosa voglia di suonare.
Dopo dieci ascolti non ne puoi più (eccheppalle, sembra tutto uguale...)
Ma dopo venti, se sopravvivi, sono come una droga.

Inizi a vedertelo, il Quintette du Hot Club de France, con Django e Stéphane elegantissimi ed imbrillantinati, i capelli neri e lucidi pettinati all'indietro...sul palco di un piccolo locale, o in quelle stanze piene di fumo...

Partiamo dall'inizio, però?
Ok.
Django Reinhardt nasce nel 1910. In Belgio, ma è un puro caso: perchè Django è un sinti (o un manouche), e vive in un carrozzone.
Un carrozzone che viaggia per Francia, Italia ed Algeria per sfuggire agli orrori della Prima Guerra Mondiale.

E finalmente un bel giorno quel carrozzone, con altri, imbocca la strada di Parigi, ed è con quella città che Django incrocerà definitivamente il suo destino.
Vive per strada, com'è ovvio, e per strada "assorbe" la musica: che è una cosa assai diversa da "impararla".
Django, dice la leggenda, per tutta la vita sarà analfabeta e totalmente incapace di leggere o scrivere uno spartito. Semplicemente, non gliene frega niente dell'aspetto "teorico" della musica: lui la possiede dentro, e tanto basta.

Ben presto, infatti, è in grado di suonare il violino, il banjo e la chitarra.
A 13 anni gira per feste e palazzi, apprezzatissimo dalla Parigi bene: suona per pura passione.
Ed è così bravo a suonare il banjo che a 18 anni registra il suo primo disco e gli viene proposto di andare a suonare in Inghilterra in una orchestra jazz.

Lui si diverte come un matto, a suonare, ed ogni sera fa tardi nei locali. Si sposa con Bella Baumgartner, in un fastoso matrimonio zingaro, ma non smette per questo di fare le ore piccole.

Una sera del 1928 torna, a tarda notte, dal suo giro nei locali fino alla roulotte nella periferia della capitale francese, ubriaco di musica ed alcool, e per non svegliare la sua sposa si muove con circospezione: accende una candela e la oscura con un fazzoletto, per non dar fastidio.
E' un attimo: la stoffa prende fuoco, e le fiamme in poco tempo si propagano prima ai fiori di celluloide e carta che Bella costruiva per tirar su qualche franco, e poi all'intero carrozzone. Django urla, sveglia e mette in salvo la moglie, ma è lui a non farcela in tempo, nonostante cerchi di ripararsi con una coperta.

Rimane gravemente ustionato, la gamba destra e la mano sinistra in pessime condizioni. Rovinato.
Gli arti dovrebbero essere amputati, ma Django - terrorizzato dall'idea - si tiene e si cura per un sacco di tempo le ferite aperte.
Solo nel 1929 si sottopone ad un intervento chirurgico - con la pericolosissima anestesia al cloroformio - che cicatrizza le ferite, bruciandole con nitrato d'argento: l'anulare ed il mignolo della mano sinistra sono però spacciati, inservibili.

La leggenda racconta che il fratello Joseph, a questo punto, gli regala una chitarra per affrontare la convalescenza (mah...in quelle condizioni Django avrebbe potuto spaccargliela in testa, come legittima reazione...), e che in diciotto (o sei , dipende dalle fonti) mesi di sforzi titanici Django sviluppa una tecnica chitarristica originale che gli permette di suonare la chitarra meglio di come suonava il banjo, pur senza due dita.

In realtà gli ci vogliono anni, ma il livello raggiunto è incredibile.
Quando Django è in convalescenza, scopre il jazz.
Ascolta Duke Ellington, Lang, Armstrong, e sente che la sua chitarra può essere protagonista insieme agli altri strumenti.
Che Django-ottodita suonasse il jazz da dio, è provato dai video (qui ne potete ammirare un po') e dalle registrazioni. La sua musica è principalmente figlia dell'improvvisazione, della strada e della passione per lo swing, ma ha una tale forza ed una tale identità che viene catalogata come "gipsy jazz".
Dunque, nei primi anni '30 Django torna ad essere un grande musicista, nonostante abbia dimenticato il banjo.
Torna a suonare in giro (e ad ubriacarsi, e a far tardi, e a dimenticarsi gli appuntamenti: sempre un manouche resta!), a fare ed ascoltare musica.
E incontra il violinista Stéphane Grappelli: musicista a tutto campo, colto e raffinato, ma anch'egli affascinato dalla musica che nasce dalla strada. Lui lo racconta così, l'incontro, e non poteva essere diversamente:

"Quella sera ero a suonare il sassofono in un club di Montparnasse e ad un certo momento vidi entrare dal fondo dei loschi individui... io ed i miei colleghi pensammo subito a degli strozzini venuti a riscuotere il pizzo... nella pausa mi vennero incontro... fu lì che incontrai Django e i suoi fratelli... mi chiesero di suonare il violino... io lo feci e da lì a pochi giorni dopo nacque il Quintette."

E' l'inizio di un'esperienza, chiamata appunto "Quintette du Hot Club de France" che dura dal 1934 al 1948. Il Quintetto, che ruota intorno a Django e Stéphane come elementi fissi, gira l'Europa e l'America diffondendo il gipsy jazz. Django si conferma come uno dei migliori chitarristi del mondo.

Arriva nel frattempo la guerra, e ovviamente la paura delle persecuzioni. Nonostante tutto, Django resta in Francia, mentre Stéphane ripara in Inghilterra.
Nel 1946 Django ottiene un contratto americano e - come si erano ripromessi i due durante un incontro nel 1939 - va a suonare negli States con Duke Ellington.
E' un vero disastro: Django adora suonare ma detesta la ritualità, e la critica stronca i suoi continui ritardi, i rifiuti di concedere bis, la sua bizzosità. Una sera si presenta persino alla Carnegie Hall in ritardo e senza chitarra (perdeva regolarmente gli strumenti nei locali e sui taxi), trovando normale che qualcuno possa imprestargliene una. Non conosce l'inglese, ed i brani di Ellington non sono ripensati per accogliere la sua chitarra; così suona alla fine, come attrazione.
Nel 1947 torna in Europa, ma è tempo di sazietà. Di successo e di vita. Suona sempre, ma non gliene frega più nulla di farlo in pubblico: lo fa poco e male.

Torna a fare vita nomade, la sua vita.
Spesso non va a suonare perchè non ha voglia di alzarsi dal letto. O perchè preferisce fare una passeggiata sulla spiaggia. O annusare l'odore della rugiada.

Dipinge: ma non ha lasciato nessun quadro, così come nessuno spartito.
Va a pesca, gioca a biliardo, fuma e beve.
Ciò non gli impedisce di suonare ancora con Grappelli, quando si presenta l'occasione.

Nel 1951 gli torna la voglia e l'ispirazione, e torna regolarmente ai concerti in formazione con i migliori musicisti jazz francesi. Prova anche la chitarra elettrica, con buoni risultati.
Si compra una casa nei pressi di Fontainebleu e ne fa un "buen retiro".

Nel 1953 registra ancora un disco, ma si sente che Django si sta dissolvendo in una nuvola.
A primavera, se ne va.

Ma la sua musica resta, oh se resta...e basta andare per le strade del mondo per sentirla ancora...


giovedì, agosto 18, 2011

I miserabili

Che questo (come qualsiasi altro possibile) governo ormai non conti un accidente, che la sovranità nazionale sia perduta, che - ha scritto Nadia Urbinati - lo Stato sia destinato ormai a fare solo il cane da guardia dei poteri finanziari, da cui ottiene in appalto solo i servizi di repressione (quando ci sarà da massacrare la gente nelle piazze, mica potranno farlo i finanzieri in giacca e cravatta!), è cosa risaputa.
E' penoso, però, che qualcuno approfitti di questo momento per tentare di regolare i conti e picchiare l'avversario sperando di trovarlo a terra.
E' il caso del Ministro Sacconi. Non trovo parole per definire quest'uomo.
Il paese è in preda al panico, e costui non trova di meglio che approfittarne per seminare il terrore tra le categorie più indifese. Nel momento in cui tutti abbiamo un disperato bisogno di reddito, costui agisce per renderne più facile ed agevole la perdita, mettendo in campo l'aggiramento dell'articolo 18 ed introducendo la possibilità di licenziare a livello aziendale previo accordo sindacale (evvai con i sindacati gialli, come ai tempi di Valletta...)
Così, soddisfatto, può finalmente rendere pratico il suo risentimento rancoroso contro la CGIL, da cui peraltro proviene - come tutti gli ex, non perdona a se stesso l'idea di essere considerato un traditore.
Cosa c'è in quel cuore, cosa c'è in quel cervellino? Polvere, bucce di patate, piccole scorie tossiche...va a sapere. Comunque il tizio VUOL FAR DEL MALE. Volontariamente, ostinatamente, caparbiamente. Questo basta a giudicarlo.
Oh, ben, ovviamente non siamo qui a indicare il Sacconi come bersaglio dell'indignazione popolare. Ci mancherebbe altro. Sarebbe un onore troppo grande, che non merita affatto.
E poi, suvvia, mica è il solo.
Come sapete, Bossi è Ministro delle Riforme (e pagato come tale). Ecco, alzi la mano chi è in grado di indicare una sola iniziativa partita da quel Ministero negli ultimi anni. A parte bofonchiare minchiate da bar, cosa fa quell'uomo tutto il santo giorno? Che diavolo di lavoro è il suo?
O il Ministro Romano. A parte sfuggire alle accuse di concorso in associazione mafiosa, che fa?
E...chessò...Giorgia Meloni, che è ministra di qualcosa, pare. Cheffà? Come si guadagna il pane? Qualcuno ha mai sentito dire che la Meloni abbia fatto qualcosa?
Sulla Brambilla, lasciamo perdere: che quel che fa è sempre molto peggio di quel che non fa.
Anche le altre donne ministro tacciono da un po'. Carfagna, Prestigiacomo, Gelmini... ci siete? Siete ancora vive?
E Galan? Ah, già...salverà l'Accademia della Crusca.
Parbleu.

E' vero che è meglio tacere e defilarsi che fare i sacconi, in fondo. E' vero che è meglio nascondersi dietro il fronte, e lasciare che a gestire l'impudicizia della situazione ci sia Tremonti.

Ma, come si cantava un tempo, "per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti."
Anche se non contate nulla, ci ricorderemo per sempre della vostra pavida complicità.

giovedì, agosto 11, 2011

Cattivi maestri

Una volta i "cattivi maestri" avevano almeno insegnato in qualche università... ora son mediocri attori o manager con il maglioncino blu...

I nemici dentro

Mi chiedevo assai retoricamente, in post precedenti, perchè lo Stato rinunciasse a difendere i cittadini dai nemici esterni (speculatori & affini).
La conferenza stampa di Tremonti, elencando le previste misure, fornisce la risposta esplicita: lo Stato ha deciso di assumersi in prima persona il compito di essere nemico dei suoi cittadini. Non li difenderà: li massacrerà. E' complice dei nemici.

Costi della politica
«Bisogna intervenire con maggior incisività sui costi della politica» ha spiegato Tremonti. «Dobbiamo tornare sulla materia non solo sui costi dei politici - ha aggiunto - non solo su quanto prendono ma anche su quanti sono. C'è un effetto di blocco, di manomorta».

Liberalizzazione dei servizi pubblici
Per rilanciare la crescita serve «la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali», dei "«servizi professionali e la privatizzazione su larga scala dei servizi locali».

Tassa sulle rendite finanziarie
«L'aliquota sulle rendite finanziarie potrebbe essere aumentata dal 12,5% al 20%».L'incremento progettato dal governo, ha spiegato, toccherà i titoli finanziari e non i titoli di Stato.

Lotta all'evasione
Allo studio del governo ci sono anche «forme più forti di contrasto all'evasione fiscale» in particolare nei casi di omessa fattura o scontrino.

Contributi di solidarietà
Dal lato delle entrate nel decreto che il governo varerà la prossima settimana possono essere previsti dei «contributi di solidarietà».

Diritto di licenziare
Sul mercato del lavoro ci sono le ipotesi di mettere in campo «una spinta verso la contrattazione a livello aziendale, il superamento di un sistema aziendale rigido e il licenziamento e la dismissione del personale compensato con meccanismi di assicurazione più felici», una «sorta di diritto di licenziare», ma «compensato con migliori posti di lavoro».

Pensioni d'anzianità e innalzamento dell'età minima delle donne
Il ministro dell'Economia ha elencato tutte le misure chieste dalla Bce, ma ha precisato che il governo non ha preso ancora nessuna decisione in merito. Tra queste ce n'è una che riguarda le pensioni d'anzianità e l'innalzamento dell'età di pensionamento delle donne nel settore privato.

martedì, agosto 09, 2011

Forse è meglio un (esplicito) dittatore?

Dunque, la nostra democrazia - già minata dalla legge elettorale porcata, che consente al potere di nominare i "rappresentanti del popolo" senza nemmeno più fingere di farli eleggere dal popolo stesso - sembra arrivata al capolinea.
La Banca Centrale Europea scrive una lettera al nostro governo (una lettera? su carta? scritta con la stilografica? con il francobollo? imbucata a Francoforte? diosanto, fatecela vedere...) , e la sera stessa esso si presenta in tivvù per dire "obbedisco".
Ieri Francia e Germania hanno "chiesto" al nostro Parlamento di approvare entro settembre le misure d'emergenza varate per riequilibrare i conti pubblici alla luce della crisi in corso sui mercati.

In condizioni normali, un Paese che si sente dire dagli altri che cosa deve fare, reagirebbe. Duramente. Ricordo che Maroni andò fuori di testa quando l'Europa osò dire che, insomma, sul problema della immigrazione seguita alle crisi nel Nordafrica ci stavamo comportando un po' da cialtroni.

Al governo, per l'appunto, c'è un partito politico che da anni ci frantuma i cabasisi con lo slogan "padroni a casa nostra". Gente che viene colta da crisi isteriche se vede pelli umane di colore non candido, o che stramazza epiletticamente alla vista di un kebab o di una scritta in cinese sulla vetrina di un negozio.

Se invece a darci ordini sono gli alieni (perchè è noto che gli speculatori e gli investitori non sono esseri umani, non hanno fisicità, nè nomi cognomi o indirizzi, e i "mercati" sono pianeti di un'altra galassia, al di fuori della giurisdizione terrestre) o altri europei di razza caucasica, si vede che non ci sono problemi: la nostra vocazione nazionale all'obbedienza ad un padrone, purchè si dimostri sufficientemente determinato, non può che rispondere prontamente e pronamente al richiamo ed alla catena.

Ed allora, pronamente, il Parlamento obbedirà (non fa altro da quando è fatto di nominati...chissenefrega da dove arrivano gli ordini?)
E allora, vai con le "misure".
Ricordiamo un attimo quali sono?
1) pareggio di bilancio e libertà economica nella Costituzione.
Il pareggio di bilancio è una ovvietà pericolosa. Ovvio perchè concetto "di buon senso", pericolosa perchè messa in pratica da questa classe dirigente significa macelleria sociale, macelleria sociale, macelleria sociale.
"Libertà economica" nella Costituzione. Come suona bene! Si, è giusto: che lo Stato lasci FINALMENTE libere le forze creative del mercato! Senza lacci e lacciuoli! Visto che il mercato fa del bene al mondo, e lo si vede proprio in questi giorni, è giusto che ognuno faccia quel cazzo che gli pare...sacrosanto! visionario!
2) riforma assistenziale e fiscale e contrasto all’evasione
"Riforma": leggasi tagli, tagli, tagli. Ma non per tutti. L'ultima vagheggiata riforma fiscale proponeva aliquote premianti per quei poveracci che avevano un reddito altissimo, a scapito delle risorse dello Stato. Qui cambieranno idea?
Contrasto all'evasione. Ehhh? Ah ah ah ah ah ah ah...
3) modernizzazione delle relazioni industriali e del mercato del lavoro
Nella neolingua liberista, è vecchio tutto ciò che è "diritto", è moderno tutto ciò che fa piazza pulita dei diritti (che, sempre nella neolingua, è d'obbligo chiamare "privilegi").
La prima arma contro la crisi che viene in mente a questi è sempre quella di renderti debole e licenziabile, per poi dare la colpa alla crisi che minaccia i posti di lavoro.
Quindi, ragazzi, il precariato non basta già più. Evidentemente i mercati reclamano già la schiavitù. Però sembra che il governo promuoverà una campagna di incentivi per l'acquisto delle catene.
4) finanze e reti di impresa con internazionalizzazione
Chissà che cazzo vorrà mai dire...
5) accelerazione opere pubbliche, delle reti energetiche e delle nuove reti di telecomunicazione
Eh si...l'impoverimento dei cittadini è doveroso, ma non sia mai che lasciamo a secco di affari gli amici...se la gente non avrà da mangiare non importa, ma potrà andare a vivere sotto il Ponte sullo Stretto o nelle stazioni della TAV...
6) privatizzazioni anche dei servizi pubblici locali e liberalizzazioni
Evvai!!! Vendiamo tutto, visto che dobbiamo ridurre le tasse ai ricchi!
7) costi della politica e semplificazione della politica della burocrazia e delle funzioni pubbliche e sociali centrali e locali
"Semplificazione"...si, qui mi vedo bene il gesto simbolico di Calderoli, quando bruciò gli scatoloni di leggi inutili (nessuno ha mai saputo quali fossero, peraltro): però con il lanciafiamme girato al contrario magari diventa più efficace, la semplificazione...
8) diffusione delle nuove tecnologie, fondi strutturali europei e Mezzogiorno.
La solita fuffa, iniziata dai tempi di Stanca, che stanca sempre di più.

Insomma, i padroni ci chiedono di velocizzare l'applicazione di queste misure.
Io, in queste misure, vedo la dichiarazione, da parte del governo, di una lotta di classe CONTRO buona parte dei cittadini di questo stato.

Lo Stato Italiano contro i suoi cittadini, agli ordini di potenze straniere e forze contrarie all'interesse della collettività.

A questo punto, non è forse meglio un dittatore?
Se ci fosse uno che...
  • si ponesse come obiettivo la difesa dei cittadini di questo paese, e non la loro riduzione oggettiva in povertà e schiavitù;
  • considerasse come atto ostile ogni attacco al paese sotto qualsiasi forma, e considerasse la speculazione al pari del terrorismo, e promulgasse a tal fine opportune leggi speciali;
  • prendesse iniziative severe nei confronti della finanza (chiudendo immediatamente le borse a tempo indeterminato, prevedendo l'arresto immediato di chiunque procura un danno economico al paese);
  • stabilisse dei diritti minimi e dei livelli di prestazioni socio-assistenziali ed educativi predefiniti e uguali per tutti (eliminando contributi e fondi erogati a strutture private);
  • eliminasse i privilegi riconosciuti alla Chiesa Cattolica (esenzioni fiscali, esenzioni ICI per le attività non legate direttamente all'esercizio del culto, 8 per mille);
  • imponesse una tassa sostanziosa sulle rendite ereditarie e finanziarie, con cui finanziare la ricerca e la cultura;
  • prevedesse l'arresto per gli evasori fiscali, considerati nemici del paese...
beh, se uno del genere si presentasse con autorevolezza a proporre un programma del genere (e solo un dittatore lo può fare, perchè nessun democratico condizionato dal consenso potrebbe mai farlo), io sarei disposto anche a rinunciare, per qualche anno, a tutte le libertà fittizie che ci restano...si tratta di dare delle priorità, in fondo.

Ma state tranquilli, la mia provocazione non ha alcuna possibilità di porsi nemmeno come ipotesi: se uno così ci fosse, lo farebbero fuori i servizi segreti internazionali in un paio di settimane, in nome della democrazia.:-)

Quindi ci terremo semplicemente quelli di adesso, sapendo già cosa accadrà.
Si salveranno tra di loro, e quando vedranno che gira male semplicemente scapperanno...

*

Ci sono ancora due cosette che mi stanno sul gozzo, nella cronaca degli ultimi giorni...

La prima riguarda il fallimento della società Arenaways.
Si tratta di una compagnia ferroviaria che ha tentato di far concorrenza a Trenitalia sulla tratta Torino-Milano, con treni "a normale velocità" ma puliti, decorosi ed a tariffa ragionevole.
Una di quelle cose sane che dimostrerebbero la capacità di autoregolamentazione del mercato, neh?
Peccato che, a furia di "bastoni tra le ruote", i "campioni del liberismo italiano" siano riusciti a farla fallire. (I responsabili sono quelli di RFI, Rete Ferroviaria Italiana, società di Ferrovie dello Stato).
Impedendo, ad esempio, di fare fermate intermedie tra Torino e Milano (e quindi tagliando fuori una considerevole fetta di potenziale utenza).
Nel paese che scriverà a lettere maiuscole "LIBERTA' ECONOMICA" nella Costituzione, si dice ad una impresa ferroviaria che, peccato, E' PROIBITO far fermare i suoi treni nelle stazioni di Torino Lingotto, Torino Porta Susa, Santhià, Vercelli, Novara, Rho Fiera, Rogoredo, Pavia, Voghera, Alessandria ed Asti.
Da giugno, poi, Arenaways ha istituito i "Treni del Mare", per collegare Torino con Genova e Livorno fermando in tutti i paesi della Riviera di Levante.
Prima RFI ha costretto Arenaways a orari di partenza folli, per non "disturbare" le FS: 5 e 20 del mattino da Torino, 6,30 il sabato e la domenica. Poi, FS ha cercato di intervenire sulla Regione Liguria per invocare l'esclusività del contratto regionale di trasporto rispetto alla presenza di altri concorrenti. Respinta la richiesta, Moretti ha minacciato di sospendere le agevolazioni per i pendolari previste in Liguria (la storia in dettaglio la racconta qui il Fatto Quotidiano).
Questa non è "una storia": è LA storia tipica che accade tutte le volte che qualcuno cerca di sfidare davvero un monopolio, in questo paese. E' la storia che ci autorizza, come cittadini, a sputare in faccia a tutti quelli che blaterano rispetto alla "libertà d'impresa", alla capacità del mercato di "autoregolarsi", eccetera eccetera. E dimostra soltanto che gli spazi di taglieggiamento non ancora occupati dalla criminalità organizzata vengono sempre più volentieri occupati dallo Stato.

*
La seconda vicenda-rospo che non mi è andata giù (ma è scivolata via dalle pagine dei giornali senza lasciare traccia) è l'accordo tra il gruppo bancario Intesa-San Paolo e le 17 sigle sindacali della galassia bancaria riguardo agli esuberi del gruppo, firmato la settimana scorsa.
L'azienda ne aveva dichiarati fino a 10.900, di esuberi, su un totale di circa 80.000 (1), poi ci si è accordati sul fatto che "gli inutili" fossero soltanto 8.000.
2500 di essi dovrebbero maturare il diritto alla pensione entro il 2014, altri 500 verranno gentilmente accompagnati alla porta con incentivi.
Gli altri 5000 verranno riconvertiti a "mansioni commerciali":"i lavoratori, dopo il necessario iter formativo, saranno adibiti allo sviluppo di prodotti assicurativi e di mutui e ai ruoli di promotori finanziari e gestori di clienti famiglie."
Cioè, andranno a (tentare di) vendere merda finanziaria casa per casa, e fottere i risparmi di anziani e famiglie. Diventeranno dei rapinatori di reddito, per mantenere il proprio.
E quello che fanno adesso? Completamente inutile, è evidente, se da un giorno all'altro possono smettere di farlo.

Ah, ma non è finita. A 2000 di questi 5000 sarà proposta un'alternativa: invece di tentare di mettere a rischio i risparmi del prossimo, possono andarsene in pensione mediante un lungo "scivolo". Cioè, pagati per stare a casa, piuttosto che stare al lavoro a continuare a fare qualcosa che non serve più.

Se questi 2000 accettassero, allora ci sarebbero 5000 pensionamenti e 3000 riconversioni: e l'azienda sarebbe così felice che - SOLO IN QUESTO CASO - "verrebbero assunti 1000 giovani, con due formule: 750 assunzioni ordinarie e ulteriori 250 attraverso un innovativo progetto di «solidarietà generazionale» con cui gli anziani lasceranno spazio ai più giovani, secondo uno schema in voga nei Paesi scandinavi." (2)

Questi i commenti all'accordo:
Marco Vernieri, responsabile delle Risorse umane del gruppo: «È un accordo innovativo e di grande importanza per tutto il settore. Consolida un sistema concertativo di relazioni industriali che in questo momento è un assoluto “plus” a livello di settore e di sistema. Un accordo che riduce il costo del lavoro come richiesto dal piano industriale ma che mantiene alta l’attenzione alle persone».

L’intesa è stata firmata dai sindacati Dircredito, Fabi, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Sinfub, Ugl e Uilca del gruppo Intesa Sanpaolo. «Quello raggiunto» commenta il segretario generale aggiunto del sindacato Fabi, Mauro Bossola, «è un accordo che guarda al futuro, perché garantisce un giusto equilibrio tra uscite incentivate e nuova occupazione stabile». Per Fisac-Cgil il segretario generale Agostino Megale parla di «accordo buono e positivo che insieme alla volontarietà nelle uscite e alla riconversione professionale definisce l’assunzione di 1000 giovani».

Io, personalmente, allibisco. Un accordo di merda E', semplicemente, un accordo di merda. Butti via 8000 posti di lavoro (siiii, perchè spiegami oggi come si fa a mandare allo sbaraglio sul mercato 5000 piazzisti di prodotti finanziari...è già tanto se non gli sparano a sale quando si presentano alla porta...), e "forse" ne riporti a casa 1000.

Potevi dire, caro segretario, che non potevi fare altrimenti, che son tempi terribili, che nessuno è più sicuro di nulla, che nessun posto di lavoro è davvero tutelabile, che ogni accordo sotto cui si mette la firma oggi è sempre una sconfitta, un cedimento, un arretramento; che se non ricostruiamo un tessuto di relazioni umane solidale e consapevole, in futuro, sarà sempre peggio; che la crisi di oggi la pagheraranno senza dubbio i più deboli, se non sapranno organizzare qualche forma di resistenza: ma se me lo spacci per buono e positivo, allora oltre a farmi del male stai anche tentando di buggerarmi.

Perchè il sindacato firma cose del genere?
Che cosa ci guadagna a condividere la perdita di 8000 posti di lavoro? Qual è la contropartita di un simile "sforzo di responsabilità"?
Perchè non ha lasciato alla sola azienda la responsabilità di decidere che, dall'oggi al domani, il 15% delle sue risorse sono diventate "inutili"?
Forse perchè è d'accordo con questa idea, forse perchè era già corresponsabile del fatto che in realtà da anni l'impresa forniva in buona misura redditi, e non posti di lavoro?

Ma perchè mai, in un momento come questo, il sindacato si schiera con Confindustria e ne condivide in toto la visione e l'analisi della realtà?
La visione è questa: la crisi farà perdere inesorabilmente posti di lavoro, non ci sono vie d'uscita e l'unica cosa da fare è "recuperare la credibilità nei confronti degli investitori" e - udite udite - rilanciare il mito della "crescita".

Queste cose sono anche scritte, purtroppo, nero su bianco nel documento congiunto delle parti sociali reso noto il 27 luglio:
“Per evitare che la situazione italiana divenga insostenibile occorre ricreare immediatamente nel nostro Paese condizioni per ripristinare la normalità sui mercati finanziari con un immediato recupero di credibilità nei confronti degli investitori.
A tal fine si rende necessario un Patto per la crescita che coinvolga tutte le parti sociali; serve una grande assunzione di responsabilità da parte di tutti ed una discontinuità capace di realizzare un progetto di crescita del Paese in grado di assicurare la sostenibilità del debito e la creazione di nuova occupazione”.

"Recuperare la credibilità nei confronti degli investitori": oh, non è poi così difficile. Basta firmare accordi come quelli con Intesa SanPaolo, o quelli con Marchionne su Pomigliano e Mirafiori. Buttiamo via, dunque, migliaia di posti di lavoro, e peggioriamo la condizione di quelli esistenti, così verranno gli investitori (attratti da qualunque luogo dove si riducano i diritti dei lavoratori), che rilanceranno la crescita, che creerà migliaia di posti di lavoro... a me sembra un ragionamento astuto per un padrone, ma idiota per un sindacato.

"Un progetto di crescita del paese": dunque più cultura, più welfare, più istruzione, più ricerca?
Ma noooo...più infrastrutture, più megaopere, più appalti...che cosa si può condividere, con la visione di Confindustria? Per loro crescita significa taglio dei salari, più tasse per i soliti, attacco alle pensioni e riduzione dei diritti.

Ma quando la piantiamo di baloccarci con questo mito della "crescita"?
Continuiamo a considerare "crescita" l'aumento della ricchezza di pochi, e "sviluppo" il consumo dissennato di risorse esauribili.
Non c'è bisogno di essere Latouche o Pallante, ma nemmeno di credere nel mito della "decrescita felice", per capire che i parametri dello sviluppo del mondo non possono più essere basati sulla quantità di cazzate tecnologiche che noi occidentali possiamo acquistare ogni giorno, ma sulla crescita del benessere e della salute della maggior parte possibile dei cittadini del mondo.

Questo vuol dire, ad esempio, porsi il problema delle risorse energetiche del futuro (sia di quello prossimo prossimo, che di quello che verrà tra trent'anni, o cinquanta...).
Vuol dire coltivare l'innovazione e la ricerca - ed i talenti non si trovano tagliando le risorse alla scuola, ma aumentandole: le operazioni di scouting delle intelligenze vanno fatte laddove è possibile che esse si manifestino, non nelle discariche sociali.
E le intelligenze devono essere messe a disposizione della comunità, non buttate nel cestino della indifferenziata (possibile, per dire, che tra gli 8000 rottamati di Intesa non ci siano competenze ed intelligenze utili all'azienda?)

E invece no: anche il sindacato si appiattisce sul darwinismo sociale ("chi ha un posto di lavoro è perchè se lo merita, chi non ha è giusto che soccomba").
E' evidente che l'emergenza annebbia i cervelli, fa sbagliare rotta.

E, sbagliare per sbagliare, forse è davvero ora che incominciamo a farlo da soli. Senza più deleghe e rappresentanze.


(1) da vent'anni, ogni supermanager che entra in una azienda dichiara che circa il 15% del personale è in esubero: eccheppalle!!!

(2) si può dire che quando un'azienda parla di "innovativo progetto di solidarietà generazionale" c'è sempre puzza di fregatura? Anche se sa di aringa e di "socialdemocrazia del nord", puzza lo stesso...

venerdì, agosto 05, 2011

Vogliamo Perel'man come presidente del mondo!!

Di Grigorij Jakovlevič Perel’man abbiamo già parlato qui.
E' stato l'unico matematico al mondo a dimostrare un complesso problema di topologia, la cosiddetta Congettura di Poincarè.
Inserisci linkMa questo probabilmente sarebbe rimasto un merito circoscritto ai matematici e sconosciuto ai più, se Perel'man non avesse deciso di rifiutare il premio di un milione di dollari previsto per la risoluzione del problema con questa motivazione:
"Per me è del tutto irrilevante. Se la soluzione è quella giusta, non c'è bisogno di alcun altro riconoscimento."
Ora, si riporta qui, Perel'man sembra aver rilasciato una intervista "al quotidiano russo Komsomolskaya Pravda, a cui ha annunciato le sue chiare e lucidissime intenzioni: «voglio scoprire come fece Gesù a camminare sulle acque»."

Scrive S.P:
"A quanto si legge nell’intervista, Perelman incontrò questo avvenimento (l’evangelica camminata sull’acqua) da giovane e sin da piccolo fu sopraffatto dal fascino della cosa. «E poi – ha dichiarato – se la leggenda ha resistito fino ai giorni nostri, vuol dire che non mi sbagliai a esserne così impressionato, e che vale la pena studiare matematicamente il modo in cui fu possibile quel fenomeno». Attualmente, alcuni animali possono realmente camminare sull’acqua. Distribuendo il peso in una maniera che la tensione superficiale non si spezzi, ci sarà sufficiente resistenza da impedire di affondare sotto la superficie – un effetto sfruttato da alcuni insetti (come le Gerridae) e alcuni ragni. Questi animali hanno una struttura corporale ottimizzata e un distribuzione dei pesi adattata all’acqua proprio per questo scopo. Il Basiliscus può inoltre correre su delle brevi distanze sulla superficie dell’acqua usando un meccanismo differente. Riguardo alle origini del racconto biblico, in altre culture sono narrati episodi simili. Ad esempio, nell’antica mitologia egizia il dio Horus camminò sull’acqua, mentre in quella greca Orione, cacciatore di giganti e figlio di Poseidone, compì la stessa impresa. E le tradizioni indù, buddiste e greche presentano storie in cui dei personaggi camminano sull’acqua. Noi comunque rivolgiamo un sentito in bocca al lupo a Grigorij." (16/05/2011 S.P. – CodiCS)

Noi abbiamo bisogno di tanti Perel'man, in questo mondo.
La sua scelta di occuparsi di un tema del genere va accolta in modo completamente scevro da qualsiasi ironia. Di fronte al suo cervello, ed alla portata (immensa e dimostrata) dei suoi risultati, non possiamo assolutamente permettercelo.

I pazzi, quelli di cui sorridere, oggi sono altri.
Sono quelli che hanno smesso di sognare, e ci raccontano che "non ci si può fare nulla, il mondo è sempre stato così ingiusto!"
Quelli che allargano le braccia, e dicono "Oh, ci attaccano gli speculatori...oh, dobbiamo conquistare la fiducia dei mercati...oh, dobbiamo rilanciare la crescita...oh, dobbiamo fare le riforme, anticipare la manovra, decidere, fare, muoversi...il momento è difficile...il rischio è alto...il paese è in bilico...dobbiamo agire TUTTI INSIEME, superare le divisioni, essere responsabili..."

E basta, su. Smettetela.
Che palle. Continuate a sostenere che sto mondo non si può cambiare, e contemporaneamente dite che siamo nei guai, e sempre contemporaneamente dite che "è doloroso, lo sappiamo, ma bisogna che VOI facciate sacrifici...a cosa serve che rinunciamo noi alla ricchezza ed ai privilegi? siamo pochi, anzi sempre di meno, e non facciamo volume..."

Mica vi chiediamo di fare quello che fa Grigorij: ma usate almeno un treppercento di quel cervello che avete in testa, diobonino.

Abbiamo un signore con i capelli di plastica, che sembra il nonno di Big Jim, che dice che non c'è affatto da preoccuparsi: e tutti gli intelligentoni che rappresentano le opposizioni e le parti sociali che invece dicono che tutto va a ramengo.
E, per evitare di andare a ramengo, bisogna che si vada a ramengo comunque tagliando servizi, welfare, scuole, ospedali, trasporti, vendendo pezzi di stato, privatizzando: ma bisogna farlo subito, perchè E' IMPORTANTE andare subito a ramengo così adesso, piuttosto che cosà tra qualche mese.
E si candidano a governare per andare a ramengo subito.

Che noia. Che totale mancanza di fantasia, di immaginazione, di intelligenza. Se il Rinascimento fosse stato fatto da gente così, avrebbe prodotto al massimo l'invenzione della fotocopiatrice.
Se il Risorgimento avesse avuto motivazioni così forti, nel paese oggi ci sarebbero 723 granducatini.

Che razza di classe dirigente siete, capace di dirigere la nave solo quando va tutto bene?
Oggi, l'unica cosa che sapete fare è blindare il treno su cui siamo tutti, e che corre a gran velocità verso Cassandra Crossing (dopo esservi accertati, ovviamente, che i vostri vagoni siano stati staccati in tempo...)


Invece dovreste fermarlo, il treno. E farci scendere. E darci tempo e risorse per ragionare, per inventare. Per ripensare i significati delle parole "ricchezza" e "felicità", perchè fino ad oggi non è che le abbiamo coniugate granchè bene.

Dobbiamo creare ricchezza, sì, ma una ricchezza diversa dalle menate che voi intendete per "crescita": valanghe di nuove merci inutili ed energivore che vengono ad occupare ogni spazio della nostra vita. Dobbiamo creare salute, speranza di vita per tutti: e dentro quella vita, contenuti che nascano dall'interazione tra la cultura ed i talenti individuali.

Dobbiamo creare tempo libero, che non sia tetro tempo di insicurezza e povertà: e dentro questo tempo lasciare che le idee inizino di nuovo a germogliare. E creino risorse nuove: energetiche, filosofiche, materiali e morali, a sostituire quel che abbiamo consumato in modo abnorme e che non lasceremo ai nostri figli e nipoti.

Tirate fuori 'sti soldi di merda che avete nascosto dentro i caveau, investito nelle azioni, buttato nei SUV, nelle vacanze esotiche, nella case blindate, nell'esclusività, nel "lusso che è un diritto" (come recita una delle vostre idiote pubblicità), nella vostra alterità spocchiosa.

Buttateli per le strade, a pioggia: se anche un solo frammento di questa inutile ricchezza finisse in mano ad un Grigorij Perel'man, per tentare di capire come si possa camminare sulle acque, sarebbe impiegato mille volte meglio, per la collettività, di tutti i vostri averi messi insieme.

Darebbe la speranza, finalmente, che il mondo abbia smesso di essere in mano a mucchi di cervelli mummificati dalla più arida avidità.

PEREL'MAN FOR PRESIDENT!