venerdì, febbraio 17, 2023

Giorgio Gaber a vent'anni dalla morte: con tutta la rabbia, con tutto l'amore.

Bella serata dedicata al grande Gaber, ieri sera al Circolo dei Lettori di Torino, con lo storico Gianni Oliva e Bruno Maria Ferraro di Tangram Teatro /lui e Ivana Ricci hanno nel curriculum molti interessanti spettacoli su De Andrè e Gaber).

Inframmezzato da clip di Gaber fornite dalla Fondazione Gaber (di cui è motore e anima da sempre Paolo del Bon), il dialogo, con Oliva che rispondeva alle domande di Ferraro, ha analizzato il contesto storico in cui Gaber ha realizzato i suoi pezzi più significativi.

Gaber iniziò a fare il chitarrista di rock'n'roll negli anni Cinquanta, girando per i locali milanesi con Celentano e Jannacci. 

Negli Anni Sessanta divenne un cantante popolare e conduttore celebre, ricco e di successo.

Poi, negli Anni Settanta, stimolato dallo stravolgimento culturale del '68, fece qualcosa di incredibile: abbandonò la tv, e decise che il suo confronto con il pubblico sarebbe proseguito solo nei teatri. Nacque il Teatro Canzone, in tandem con Sandro Luporini, che avrebbe segnato i successivi trent'anni della carriera di Gaber (morto poi nel 2003).

Il Teatro Canzone si rivelò da subito impegnato, fortemente politico e dedicato ad una rigorosa analisi critica di quei tempi. Gaber era sempre "sul pezzo", seguendo l'entusiasmo e poi la disillusione rispetto ai grandi movimenti di quel tempo: il Muro non era ancora crollato, e pur con tutte le contraddizioni del caso si pensava che si potesse ancora realizzare un mondo migliore, una libertà "diversa da quella americana".

Poi vennero le derive nichiliste, il terrorismo, la perdita del sogno e delle speranza in qualcosa di amaro, stantio, marcio.

Gaber e Luporini hanno raccontato tutto questo con parole e pensieri, canzoni e monologhi, con una passione che sul palco era tremendamente fisica, tanto che il corpo di Giorgio alla fine di uno spettacolo era sfinito, spossato.

Gianni Oliva sottolineava che Gaber era così fortemente rivolto a capire e analizzare i fenomeni del tempo in cui viveva, che probabilmente tra alcuni decenni le sue canzoni cadranno nell'oblio. (Dè Andrè resisterà, perchè canta di temi universali che riguardano l'uomo, e i temi universali non invecchiano mai).

Già oggi molti suoi pezzi risultano zeppi di riferimenti incomprensibili a chi ha meno di cinquant'anni: improbabile che qualcuno possa capirlo tra qualche anno, quando noi non ci saremo più:-)

Eppure, ci vorrebbe un Gaber per ogni epoca. Qualcuno che ragioni, cerchi di capire, ci spinga a discutere, selezioni un punto di vista, ci aiuti a orientarci in questo rumore quotidiano.

Per noi, Giorgio è stato preziosissimo. Ci manca.

domenica, maggio 17, 2020

Affamato di storie (il pretesto per giustificare le ore passate a guardare serie TV:-() 1/N

Una delle cose che ha più contraddistinto la mia quarantena, tra marzo e oggi, è il consumo spropositato di serie TV (su Netflix, in primo luogo).

Un tempo le evitavo accuratamente: l'idea di dover trascorrere ore attaccato allo schermo mi terrorizzava. Ora che dispongo di molto tempo libero, sono precipitato in questa dipendenza.

E, accidenti, è una dipendenza davvero piacevole!

Considero le sceneggiature in genere avvincenti, e adatte a destare il mio stupore infantile.
(Molti pensano che io mi accontenti di poco: beh, è vero! Mi diverto con cose semplici, in fondo sono un bambinone).

La mia dipendenza dalle serie è sicuramente iniziata con Netflix, e sicuramente con questa serie:



La prima stagione mi ha letteralmente estasiato. Anzitutto ogni episodio è a se stante ed autoconclusivo, il che libera dall'ansia di dover vedere per forza il prossimo episodio anche se è tarda notte solo per "sapere come continua".

E poi, ogni storia era eccezionale.
Distopica, disturbante, "Black Mirror" racconta il nostro possibile rapporto futuro con la tecnologia rendendo plausibile il fatto che molto di quel che prefigura possa davvero accadere.
Molti degli episodi della prima serie (non chiedetemi il titolo, non lo ricordo ovviamente più) sono straordinari; geniali, coraggiosi, intelligenti. Alcuni li ho rivisti, perchè erano piccoli autentici capolavori.
Posso fare l'esempio della impiegata della assicurazioni che, con un dispositivo che registra i ricordi, porta alla luce un omicidio ormai dimenticato dalla mente di una donna di successo, non disponibile a pagarne il prezzo dopo aver fatto di tutto per cancellarlo dalla propria storia.
O del visore che i soldati devono indossare per vedere come zombie gli oppositori al regime, in modo da eliminarli senza alcun senso di colpa perchè "non sono esseri umani", quindi non si sta realmente uccidendo qualcuno che ti somiglia; salvo quando un errore del software rivela che SONO esseri umani, e allora l'orrore sembra far inceppare il meccanismo.
O la storia della ragazza che, in una società dove il like altrui vale come posizionamento sociale, cerca di andare al matrimonio dell'amica di gioventù, ora famosa, che le garantirà nuovi follower, nuovi punteggi positivi e l'accesso ad un quartiere vip; ma una serie di circostanze sfigate la faranno precipitare al punto più basso della scala sociale, anche se da lì forse comprenderà l'orrore del sistema.
Ma almeno altri due o tre episodi della prima stagione erano letteralmente sublimi.

Gli episodi delle stagioni successive li ho trovati meno visionari, più stanchi e meno memorabili.
Ma non per questo privi di interesse...



giovedì, aprile 23, 2020

Giapponismo

Chiunque mi conosca sa quanto il mio cuore batta per l'Iran: la Persia è un paese che amo profondamente, per i suoi abitanti, i suoi luoghi, la sua cultura e la sua storia millenaria.

Ma c'è un altro luogo, in questo momento di pandemia più distante che mai, che ha sempre popolato il mio cuore: il Giappone.

Non ho mai organizzato davvero un viaggio in quel paese, ma mi accorgo che nel corso della mia vita sono sempre stato affascinato da quel paese. Qualche traccia di questa fascinazione si trova sicuramente anche nella mia biblioteca...:-)


giovedì, aprile 02, 2020

Scrivere a mano


Ecco le mie quattro stilografiche.
(Erano sei: una è morta ed una si è perduta, sfuggendo dallo zaino).

Ha senso scrivere ancora a mano, oggi?
E' una domanda retorica, ovviamente:-)

Cosa c'è di più personale, di più intimo, di più originale dello scrivere a mano?
Da anni compilo i miei diari: da mesi curo di scrivere qualcosa ogni giorno.

Scrivere è come suonare, si devono allenare i muscoli giusti, con costanza, ogni santo giorno, anche per poco.

mercoledì, aprile 01, 2020

Take a walk on the wild side

Camminare su strade deserte.
Prendere uno scooter ed arrivare ad un prato deserto o ad un bosco deserto.
Prendere il furgone ed andare in cima ad una montagna deserta.
Prendere la bici e farsi un giro su strade deserte.

Sono cose che NON possono portare il contagio.

Epperò:
"se lo facessero tutti, ci sarebbero gli assembramenti, quindi non devi farlo nemmeno tu"
"degli italiani non ci si può fidare, quindi non devi farlo nemmeno tu"
"l'ha detto il telegiornale (cit. Jannacci), quindi non devi farlo nemmeno tu"
"non ci fidiamo di te, quindi non devi farlo nemmeno tu"

Ma dove diavolo vuole andare un paese che considera TUTTI i suoi cittadini imbecilli, incoscienti, stupidi, solo perché lo è una piccola parte di essi?
Da dove ripartiamo, se consideriamo il prossimo un nemico?

Un paese dominato dalla paura, dalla tristezza, dalla sfiducia, pronto ad invocare l'esercito per le strade.
https://expertsystem.com/wp-content/uploads/2020/03/20200331-COVID-19-Insights-Feelings.pdf







sabato, marzo 28, 2020

I tempi del coronavirus

Questo blog langue abbandonato da tempo (come lo spazio su Medium, che in alcuni momenti sembrava poterlo sostituire).
Mi sembra il momento di farlo ripartire.
La situazione attuale è inconsueta. Non ho mai vissuto qualcosa di simile nel passato, e questo è uno di quei periodi della storia che si potranno raccontare ai nipoti - per quanto stressante, è un periodo che segna la nostra esistenza in modo profondo.

Il nostro futuro non assomiglierà granché al nostro passato.

lunedì, luglio 29, 2019

Atene (24-27 luglio 2019)

Pensavo ad Atene come ad una città depressa, dopo la lunga crisi che ha passato la Grecia.
Sono rimasto stupito di come sia invece una capitale normale. Se la crisi ha colpito duro, non si vede più. Non c’è povertà visibile. Nemmeno ricchezza esibita, è vero, ma sembra che il peggio sia passato.
Atene non è una bella città: se si fa il classico giro con il bus scoperto, ci si aggira tra banali architetture anni sessanta/settanta e pochi bei palazzi in stile neoclassico. I marciapiedi, piastrellati per non assorbire troppo calore, sono sgarrupati e disassati. soprattutto nei quartieri non centrali…se non si cammina con estrema attenzione la storta è in agguato.