venerdì, febbraio 27, 2009

Impossibile stargli dietro

No, basta, non me ne occupo più.
Di quello che fa (o spesso solo dice) questo governo, intendo.
La sua potenza di fuoco antidemocratica è infinitamente superiore, ormai, alla mia capacità di indignarmi.
Solo nelle ultime settimane questi hanno (riepilogo a memoria e vado in ordine sparso):
  • deciso che si possono denunciare i clandestini che si presentano in ospedale;
  • deciso di riformare la contrattazione aziendale senza e contro la più grande organizzazione sindacale del paese;
  • deciso di cancellare il diritto di sciopero nei trasporti pubblici;
  • deciso di cancellare il diritto di disporre della propria vita;
  • deciso di impedire le intercettazioni telefoniche che li possano mettere nei guai;
  • deciso di riformare la giustizia per porre la magistratura sotto il diretto controllo del governo;
  • deciso di ignorare che un tizio è stato condannato per essere stato corrotto ai fini di dire bugie, nei processi, a favore di Berlusconi;
  • deciso di insultare un padre che esigeva il rispetto dei diritti di sua figlia morente;
  • deciso di aggredire il Presidente della Repubblica ogni volta che ricorda i limiti dei poteri del nostro paese;
  • deciso di modificare la Costituzione perchè non gli consente di fare quel che vogliono;
  • deciso di terrorizzare la gente costruendo artificialmente una "emergenza sicurezza" non suffragata dai dati oggettivi;
  • deciso di mandare in giro per il paese ronde di cittadini impauriti a seminare la paura;
  • deciso di impostare il futuro energetico del paese su una quota importante di energia nucleare, senza discutere nè l'opportunità nè la validità economica del progetto;
  • deciso di essere "cattivi" con gli extracomunitari, indicati come "nemici" e capri espiatori della paura;
  • deciso di rappresentarci al mondo come cafoni, volgari, ignoranti, offensivi, peggio delle barzellette che raccontano...
Penso di essermi dimenticato un sacco di cose e (soprattutto) un sacco di porcherie.
Penso che buona parte di queste cose siano proclami fatti apposta per fare rumore, confusione, e per distrarre l'attenzione dal disastro verso cui sta correndo il paese.
Ma non possiamo più farci nulla, temo. Intendo: non c'è verso di fermarli, se come classe dirigente hanno deciso di correre verso il fascismo, e la gente impaurita li applaude e li segue.

E allora concordo con Angela: finiamo di ingoiarci tutto, fino al "pussa caffè", di questo pasto indegno.
E iniziamo a pensare ed a costruire il dopo, l'altrove che non ci sono, per i quali dovremo tirar fuori qualche idea quando tutto questo sarà finito (e finirà, finirà: in farsa o in tragedia, ma finirà).
Che poi può (o forse deve) essere un futuro che riparte dall'antico.
Le antiche reti di solidarietà, che vanno ritessute con pazienza, miglior antidoto possibile alla paura. La ricostruzione delle comunità umane disperse dal benessere, miglior antidoto possibile alla solitudine, all'isolamento, alla disperazione. Le società di mutuo soccorso. Le scuole autogestite. Nel nulla che seguirà, ogni idea di scambio di energie e di affetti tra gli uomini avrà un valore inestimabile.
Ci vuole tempo, ci vuole fatica, ci vuole energia. Se ne usiamo subito un po' di quella che ci fanno dissipare nell'indignazione, magari ne nascono cose belle.

mercoledì, febbraio 25, 2009

Saldare la terra con il cielo

Ecco, ci voleva proprio, una cosa bella come l'intervento di Don Ciotti (uno dei miei personalissimi miti laici) alla trasmissione "Parla con me".
Ci voleva la sua passione, il suo entusiasmo, la sua foga.
Racconta della cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera, di Trapani, liberata dalla proprietà della mafia e restituità alla dignità del lavoro libero, e dell'impegno coraggioso dei servitori dello Stato (il Prefetto ed il Capo della Squadra Mobile di Trapani) che hanno permesso la confisca ai sensi della legge La Torre.
Dice, che di fronte a quel che accade, non ci si può più accontentare dell'indignazione, ma occorre arrivare fino al disgusto per poi finalmente reagire: con i progetti, le proposte, la presenza.
Si accalora, Don Ciotti, quando insiste su questo punto: esserci, esserci, esserci!
Coniuga di nuovo al futuro, su invito della Dandini, le parole "coraggio", "speranza", "legalità".
Si dichiara "uomo che tenta di saldare la terra con il cielo", e questa definizione mi piace moltissimo.

martedì, febbraio 24, 2009

Vajont, l'onda lunga

Lo ammette anche l'autrice, Lucia Vastano: questo libro (giunto alla seconda edizione, nel 2008), esplora volutamente il peggio, il lato oscuro della vicenda del Vajont dopo la catastrofe.
Il disastro del Vajont, accaduto nell'ottobre del 1963, è considerato dall'ONU "a classic example of the consequences of the failure of engineers and geologists to understand the nature of the problem that they were trying to deal with."
Quasi 2000 morti per colpa dell'uomo, in un susseguirsi raccapricciante di errori reiterati, di allarmi inascoltati, di pervicace ostinazione "progressista" contro l'"oscurantismo" ignorante delle popolazioni locali.
Ma questo è il prima, e ce lo hanno raccontato benissimo Paolini con la sua orazione civile e Martinelli con il film.
Il sottotitolo del libro è "Quarantacinque anni di truffe e soprusi contro chi sopravvisse alla notte più crudele della Repubblica".
Già, perchè oltre alle quasi 2000 vittime di quella terribile notte, va considerato che ci sono state altre decine di migliaia di vittime: i sopravvissuti, che oltre a perdere le famiglie e le case, hanno perduto - all'improvviso - anche la propria storia, il proprio passato.
Longarone (con le sue vie, le sue piazze, le sue chiese, i suoi bar) dopo il passaggio dell'onda si è trasformata in un immenso deserto di fango, sepolcro di vite e di una quotidianità che non sarebbe mai più esistita, se non nel ricordo.
Allibiti fantasmi, i sopravvissuti sono caduti subito vittime degli avvoltoi.
Come l'Enel, che ha - con rapide e sommarie transazioni economiche - messo fuori gioco con quattro soldi chi avrebbe potuto richiederle giustizia nei processi.
Come coloro che - muovendosi agevolmente sulle strade complesse delle leggi pro-Vajont - hanno acquistato per altri quattro soldi licenze commerciali ed artigianali dai sopravvissuti, ottenendo poi finanziamenti - in buona parte a fondo perduto - per avviare attività commerciali in tutto il Nordest.
(Pochi hanno resistito, ma anche perchè ben pochi erano nelle condizioni di resistere).
Già, perchè paradossalmente la tragedia del Vajont è stata uno dei motori dello sviluppo economico del Nordest.
Sono rinate, lungo i greti dei fiumi violentati, pericolose e inquinanti aziende che hanno fatto della zona uno dei luoghi in Italia che vede la maggior incidenza di morti per tumore (peggio di Porto Marghera!).
E' stato creato un paese finto, Vajont, con vie dritte e case tutte uguali, completamente avulso dalla storia di quel territorio.
La stessa ricostruzione di Longarone ha dato vita ad un paese senz'anima, senza cuore, senza alcun legame con la vivace cittadina del passato: un paese che respinge, in cui non si sente il respiro del vincolo che l'uomo crea con il luogo in cui abita.
E, come in tutte le storie italiane, anche in questa spesso scompaiono le tracce di parte degli ingenti flussi di denaro che si raccolsero quando l'emozione e la commozione percorsero l'Italia.

Ma questa è anche una storia di comunità divise, incapaci di avere una visione ed un obiettivo comune per difendersi, incapaci di ragionare insieme. Che giungono a creare associazioni e comitati in concorrenza tra loro, che antepongono l'orgoglio ed il campanile alla necessità di lottare e vincere insieme.
E' una storia di sconfitte, questa.
Di processi decennali in cui, pur accertando senza tema di smentita che il disastro era previsto e prevedibile, pagheranno alla fine soltanto in due, con pene ridicole (due anni - sei mesi).
Di un risarcimento tardivo e modesto, di fronte all'entità della tragedia, che l'Enel sarà infine costretta a versare al solo Comune di Longarone.
Di uomini e donne lasciati soli, senza supporto nè aiuto, avvolti dal mito dell'arricchimento grazie alla tragedia ("Con le tasche piene si piange meglio"), e scacciati dal pensiero del paese in quanto vittime scomode e "antipatiche".
Una storia da leggere, senza dubbio.

giovedì, febbraio 19, 2009

Impressionante...

...come la notizia della condanna di Mills sia già scomparsa dalle news, e persino su Repubblica non sia più visibile...

Riporto allora la vicenda come la racconta The Guardian, con parole semplici e chiare, senza mistificazioni.
Il testo è anche venato da un ottimismo che noi non riusciamo più a permetterci, perchè dice che non tutto è perduto: la Corte Costituzionale potrebbe giudicare incostituzionale il lodo Alfano, e ColuiCheVinceSempre potrebbe ancora, teoricamente, essere condannato in un altro processo per evasione fiscale (seeeeee! scommettiamo che la legge ad hoc è già in bozza? gli inglesi son ancora troppo ottimisti sulla situazione del paese...)

Di seguito la mia traduzione (abbiate pietà, il mio inglese è scolastico, ho cercato più che altro di rendere il senso dell'articolo) e, sotto, l'articolo originale.

"L'immunità garantita dal Parlamento potrebbe essere annullata dalla Corte Costituzionale.
di John Hooper, Mercoledì 18 febbraio 2009

Dopo essere ritornato al potere lo scorso anno, Silvio Berlusconi ha considerato priorità del proprio governo approvare una legge che gli garantisse l'immunità dai processi. La sentenza di ieri dimostra quanto questa mossa sia stata preziosa.

Comunque, il Presidente del Consiglio non è ancora in salvo.La legge, che è entrata in vigore a luglio, è all'esame della Corte Costituzionale, che potrebbe ancora bocciarla - come fece nel 2004 con una legge simile promulgata durante il governo Berlusconi.

La nuova legge estende l'immunità al Presidente del Consiglio ed ad altre quattro alte autorità dello Stato. Dopo la sua entrata in vigore, il giudice che ha emesso la sentenza ieri ha sospeso gli addebiti contro Berlusconi, ma è andato avanti con quelli contro il suo ex avvocato, David Mills.

Se la legge di immunità venisse dichiarata incostituzionale, le accuse contro il Presidente del Consiglio tornerebbero ad essere prese in considerazione.Ma dato il passo lento della giustizia italiana, è improbabile che una condanna possa giungere in tempi rapidi - e il reato di cui Berlusconi era accusato andrà in prescrizione il prossimo febbraio.

Comunque, il processo che è terminato ieri non è l'unico in cui i due uomini sono coimputati. Essi sono accusati anche di evasione fiscale e di altri reati finanziari in un caso che riguarda l'acquisto di diritti televisivi relativi a film. In quel caso, il giudice ha usato un'altra interpretazione della legge sull'immunità ed ha sospeso il processo per tutti gli imputati - inclusi Berlusconi ed il suo ex avvocato.
Così facendo, ha fermato i tempi della prescrizione. Il risultato è che se la legge sull'immunità risulterà incostituzionale, l'accusa avrà più tempo per ottenere la sentenza.

Anche se verrà ritenuto colpevole, Berlusconi ha la garanzia che non andrà mai in prigione. Egli sembra giovane, ma ha più di 70 anni. E questa è l'età massima per la quale un imputato può essere incarcerato secondo la legge italiana."


(Versione originale dell'articolo -> qui la pagina del Guardian)

Immunity granted by parliament could yet be voided by top court

by John Hooper, Wednesday 18 February 2009

"After he was voted back into power last year, Silvio Berlusconi made it a priority of his government to pass a law that would give him immunity from prosecution. Yesterday's verdict shows just how valuable that move was.

However, Italy's prime minister is not yet safe. The law, which came into effect in July, is under consideration by the constitutional court, which could still overturn it - just as it threw out similar legislation in 2004 during Berlusconi's government.

The new law extended protection to the prime minister and four other top officials of state. After it reached the statute book, the judge who gave yesterday's verdict suspended the charges against Berlusconi, but went ahead with those against his former legal adviser, David Mills.

If the immunity law is declared unconstitutional, the charges against the prime minister could be revived. But given the slow pace of Italian justice, it is unlikely that a conviction could be secured quickly - and the offence of which Berlusconi was accused is timed out by a statute of limitations next February.

However, the trial that ended yesterday is not the only one in which the two men are co-defendants. They are also accused of tax-dodging and other financial offences in a case that involves the trading of television film rights. In that case, the judges took a different view of the immunity bill and suspended the trial of all the defendants - including Berlusconi and his erstwhile lawyer. In so doing, they also stopped the clock on the statute of limitations. The result is that if the immunity law is ruled unconstitutional, the prosecutors will have more time in which to secure convictions.

Even if found guilty, Berlusconi can rest assured he will never go to prison. He may look younger, but he is over 70. That is the maximum age at which a defendant can be imprisoned under Italian law."

UPDATE: Megachip pubblica la traduzione dell'analogo articolo apparso sul New York Times, ancora più esplicito...

Ennesima non-notizia sul paese...

...che spiega benissimo la correlazione tra i malandrini che votano e quelli che vengono votati...

http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/fisco-evasione/duecento-miliardi/duecento-miliardi.html

Dell'ipocrisia perduta

Io credo che NoiSappiamoChi sia - ahimè - sinceramente convinto di far ridere, quando esibisce in pubblico il suo agghiacciante campionario di battute sugli ebrei, sui desaparecidos o sulle donne come oggetti sessuali.
E che creda davvero che chi rabbrividisce e s'indigna sia una persona triste e tetra.

Il problema più grave non è nemmeno che egli ed i suoi più violenti cortigiani- da Gasparri a Cicchitto a Bocchino- difettino di sensibilità e di rispetto verso gli altri: ma il fatto che non sentano più il bisogno di mascherare, nascondere qualcosa che potrebbe offendere un sentimento diffuso.
Stessa cosa dicasi per i Maroni, i Bricolo, i Cota, che da sempre (ma in particolare negli ultimi tempi) non fanno distinzione tra sbraitare al bar del paese e parlare a Montecitorio.

Mi piace riprendere e riproporre, al riguardo, parti di un articolo su questo tema che Nadia Urbinati pubblicò sulla Repubblica del 28 settembre scorso.

"La politica (quella del governo) è non soltanto insensibile al giusto ma è colpevole di non perseguirlo.
È colpevole di violare i diritti fondamentali promuovendo una legislazione e un' ideologia che sono razziste nei contenuti e nello spirito, perché escludono e criminalizzano chi ha come unica colpa quella di non essere "uno di noi".
La parola razzismo spaventa, ma deve essere pronunciata, ha scritto molto giustamente Stefano Rodotà su Repubblica di qualche giorno fa.
Deve essere pronunciata anche perché questa, solo questa, è la parola che riesce a descrivere quello che sta succedendo con sempre più frequenza nelle nostre città.
"

"Non è necessario che al linguaggio segua la violenza perché ci sia razzismo e perché ci sia comportamento violento.
Il linguaggio può fare violenza oltre che istigare alla violenza. E il razzismo è un linguaggio violento. È una forma di violenza che è prima di tutto un modo di pensare che riceve energia dalla pigrizia mentale.
Il pregiudizio (del quale il razzismo si alimenta), vive della nostra inettitudine mentale e della nostra faciloneria, perché è poco faticoso associare molte persone sotto un' unica idea: tutte insieme senza distinzioni individuali, solo perché nere o asiatiche o mussulmane.
Al razzista questi aggettivi dicono da soli tutto quello che egli vuole sapere senza fare alcuno sforzo ulteriore di conoscenza, osservazione, distinzione, analisi. «Sei nero, allora sei anche A, B, C». Questa faciloneria rende il razzismo un codice di riconoscimento: i razzisti vanno d' accordo, si riconoscono e si attraggono; rinforzano le loro credenze a vicenda e accorgendosi che non sono soli a pensare in quel modo concludono che hanno ragione, perché la maggioranza ha ragione.
Proprio perché genera emulazione il razzismo è facilmente portato a espandersi; l' atteggiamento razzista non è mai "un fenomeno isolato" perché se una persona ha il coraggio di rivelarsi razzista in pubblico è perché sa di poter contare sull' appoggio dell' opinione pubblica.
Ecco perché quando si legge a commento di un fatto di razzismo che si tratta di "un fenomeno isolato" si resta allibiti (io resto allibita): perché il commento è sbagliato e figlio della stessa faciloneria di chi ha commesso il fatto.
Questa è una osservazione di grande importanza, un' osservazione che si può comprendere prestando attenzione a quello che con superficiale supponenza molti osservatori italiani criticano degli Stati Uniti: il "politically correct".
L' idea che ci si debba vergognare di usare un linguaggio razzista in pubblico (questo è il "politically correct") riposa sull' osservazione ben documentata che l' escalation di comportamenti riprovevoli è indotta dal consenso (anche implicito o tacito) da parte degli altri. Se so di essere in minoranza quando dico "sporco negro" mi guardo bene dal dirlo in pubblico.
I moralisti tacciano questa strategia educativa di ipocrisia dimostrando così di non capire che molto spesso i vizi privati (e l' ipocrisia è un vizio) sono facitori di virtù pubbliche.
Ha scritto Jon Elster che una delle molle psicologiche che ha reso la deliberazione pubblica possibile (e con essa il radicamento della democrazia) è stata proprio l' ipocrisia, la quale ha per questo, quando esercitata nella sfera pubblica, una funzione civica. Qual è infatti quel deputato che in Parlamento ha il coraggio di dire apertamente di essere lì a rappresentare un interesse fazioso o l' interesse di qualcuno, che vuole fare leggi per se stesso e i suoi interessi? Sappiamo che questi comportamenti sono tutt' altro che rari eppure è raro che vengano così pubblicamente confessati.
Anche chi è lì a rappresentare solo se stesso giustificherà le proprie proposte di legge con l' argomento dell' "interesse generale". Certo, è ipocrita; ma è un' ipocrisia che mentre mostra che quel deputato è inaffidabile denota anche un fatto di grande valore: che l' opinione generale ritiene ancora che sia l' interesse generale a dover essere perseguito dai rappresentanti non quello privato o della propria fazione.
Insieme alla doppiezza del deputato, l' ipocrisia rivela, se così si può dire, una certa solidità della cultura etica democratica.
Il problema sorge quando non c' è più ipocrisia, quando il deputato non ha alcun ritegno a dire apertamente la ragione vera della sua elezione.
L' autocensura del "politically correct" presuppone una società nella quale il razzismo non è un' abitudine mentale della maggioranza. Ma una società nella quale ciascuno sa di poter apertamente essere razzista senza venir mal giudicato o redarguito (punito cioè con la disapprovazione pubblica) è a rischio di barbarie.
L' Italia ha di fronte a sé questo rischio. Sarebbe sbagliato mettere la testa sotto la sabbia o rifiutare di vedere.
E ancora più sbagliato scegliere la strada assolutoria.
Prima che alla violenza, e proprio affinché questa venga scongiurata, è quindi al linguaggio che occorre prestare attenzione, perché esso è il veicolo primo e più potente del razzismo, proprio a causa della natura del linguaggio, un mezzo con il quale costruiamo l' oggetto di riferimento e il suo significato, una costruzione che è condivisa da altri e imitativa, non privata e personale. Il linguaggio può essere usato per deumanizzare o onorare, per spogliare della dignità o per dare dignità. Per stimolare comportamenti violenti o comportamenti civili.
Per questa ragione tutti coloro che svolgono servizi di responsabilità collettiva - dai politici agli insegnanti ai giornalisti agli operatori dello spettacolo - devono sentire tutta la gravità del loro ruolo: perché le loro parole circolano più estesamente e velocemente di quelle di tutti gli altri cittadini e perché essi creano modelli di comportamento.
Il fatto gravissimo è che in Italia, sui giornali, in televisione e perfino in Parlamento, si fa a gara per tirar fuori la parola più razzista o l' espressione più volgare e intollerante. E il pubblico ride, senza rendersi conto che ridicolizza se stesso per l' insipienza con la quale questa sua noncuranza trascina la società in una spirale di disunione e violenza, con prezzi altissimi per tutti, anche per i razzisti.
"

mercoledì, febbraio 18, 2009

Ehmmm...sarà stata colpa mia?

...si, perchè...sabato, dopo un sacco ed un sacco ed un sacco di ripensamenti, ho preso la mia prima tessera del PD.
Quindi può anche darsi che sia causa mia, la debacle in Sardegna, ma non mi sembrerebbe bello dimettermi dopo neppure mezza settimana.
O forse...o forse son causa mia le dimissioni di Veltroni: ha saputo che sono formalmente entrato nel partito, ha pensato a quanto sarebbe stata dura sopportare un simile rompiscatole e ha preso al balzo la scusa della sconfitta in Sardegna per defilarsi.

Scherzi a parte: dopo l'orribile settimana-Englaro, avevo ragionato sul fatto che restano aperte tutte le perplessità e le distanze che sento nei confronti di questo partito "liquido", senza identità, ma ho sentito il bisogno impellente di fare un gesto simbolico, costruttivo, di fiducia, rivolgendolo all'unico argine visibile e possibile (e cosciente che sia necessaria una visione globale della società, anche se incapace di elaborarla compiutamente), rispetto alla deriva totalitaria in corso.

Beh, non sono pentito di averlo fatto. Io considero le crisi, in generale, come il punto di inizio del rinnovamento: la fine del dramma, più che l'inizio. La presa d'atto che il modello applicato sino a quel punto è fallito, e che bisogna crearne uno nuovo per interpretare la realtà. Quando scoppiano le crisi, si è obbligati ad agire, non si cerca più di tenere insieme i pezzi, ma si riparte obbligatoriamente da capo.

Che poi dalla crisi si generi un'analisi sincera degli errori commessi, non sempre è garantito.
Che non si torni a ripetere gli stessi errori, tantomeno (la crisi della Sinistra Arcobaleno, non meno drammatica, non mi sembra per ora produrre frutti nuovi, pur con tutta la curiosità ed il rispetto per chi ci sta provando).

Ma è una opportunità. Inutile sarebbe usarla solo per crocifiggere Veltroni, visto che si è assunto in prima persona un compito improbo ed io lo considero sincero e onesto, nonostante l'insuccesso: ed io rispetto sempre profondamente chi si assume responsabilità, rispetto a chi critica senza farlo mai. Sua è la responsabilità della fumosa identità del partito, senza dubbio.

Ma io credo che, in questo momento, in questo paese, in queste condizioni di sfacelo morale ed etico, nemmeno Gesù Cristo avrebbe opportunità di essere ascoltato: in quanto amico degli ultimi, dell'onesta e della giustizia, verrebbe fatto a pezzi dalle televisioni nel giro di due settimane. La verità oggettiva (che so, il fatto che la sentenza contro Mills dica che l'avvocato è stato corrotto per testimoniare il falso a favore di Berlusconi), ed il buon senso, non sembrano più bastare per scalfire il sarcofago di menzogna e di cattiveria con cui il potere ha soffocato il paese.

Inutile dire "se Veltroni avesse detto, fatto...". Non lo sappiamo.

Quel che so è che ci troviamo di fronte ad una situazione in cui l'immoralità è dilagante, non solo tollerata, ma condivisa, apprezzata, appoggiata con il voto.
Quel che una volta era la quota fisiologica di schifezza umana, per cui una parte della popolazione era corrotta, mafiosa, marcia dentro, sembra essersi fatta maggioranza (se non attiva, passiva nel tollerare, non guardare, non occuparsene): e allora stanno saltando le regole, i valori, e si sta mettendo in pericolo la stessa convivenza civile.

Avviene dunque, come scrive Angela con una immagine azzeccata, che si debba aver paura più del gregge che del lupo.
E allora è urgente ed importante, in questo momento raccogliere i pezzi (del PD, della sinistra, del cattolicesimo di valore: delle persone perbene), tentare di ripulirli ed incollarli insieme, per ricostruire dal basso - in piccole laboriose reti di persone che si collegano, si uniscono, si parlano, agiscono (e qui penso con affetto alla Compagnia di Collevecchio, esempio perfetto di quel che si può fare) - quel che ci hanno rubato e ci stanno rubando .

Opera da compiere con infinita pazienza, perchè le nostre verità non valgono un accidente se non riusciamo a condividerle ed a farle capire. Se non riescono a far breccia nella menzogna e nel rumore in cui hanno incartato i cervelli delle persone.

lunedì, febbraio 16, 2009

Dell'informazione malata, morbosa e fuorviante

Ad ascoltare tg e gr in questi giorni, sembra che il paese sia percorso da ondate di stranieri stupratori. Nessun luogo è sicuro, nessuna donna è al sicuro, se percorre strade che incrociano rumeni o tunisini.

Il meccanismo informativo è tale da mettere perfettamente a fuoco la necessità di odiare lo straniero, e nel contempo fare diventare la violenza un fatto "estraneo a noi".
Il ragionamento indotto è che "se non ci fossero gli stranieri non ci sarebbe la violenza".
Sono certo, purtroppo, che al potere non interessi nulla di queste anime e di questi corpi violati, esattamente come non gli interessava nulla di Eluana Englaro.

E' il solito "format" comunicativo applicato da quando gli unni sono andati al potere.
Il messaggio che viene quotidianamente martellato nei cervelli è che questo è un paese di gente perbene contaminato da poche milionate di farabutti di vario genere: di volta in volta si tratta (in ordine di cattiveria) di rumeni e stranieri in genere, piloti, insegnanti, sindacalisti (e comunisti, nella più orribile delle coniugazioni), impiegati pubblici...

Il problema di questo format bugiardo è che, man mano che le cose vanno peggio, occorre allargare progressivamente la cerchia dei cattivi, o dire che i cattivi sono ancora più cattivi di quanto si pensasse.
Ecco infatti l'ostinazione rancorosa contro i clandestini, che oggi sono il nemico più debole e con meno capacità di difendersi: ed io credo che nei palazzi del potere qualcuno veda con piacere, al di là delle condanne di circostanza, il diffondersi di atti di violenza compiuti dalla parte peggiore del popolo contro i propri "nemici", segno evidente che il messaggio è stato interiorizzato.
Nessun tg dice che chi è disposto a sprangare in branco un innocente fa ribrezzo e schifo esattamente come chi stupra: è un'opinione impopolare, di fronte alla barbarie dilagante.
E non manca l'incitamento al peggio, con l'annuncio dell'ennesimo inutile decreto "cattivo", e con una provocazione - ovviamente di matrice leghista - sulla castrazione, che ancora una volta tenta di superare i limiti dell'orrore (ma castreranno allora anche i bravi padani che stuprano le proprie sfortunate compagne nelle comode villette del Nord?).

Ma la violenza (la violenza contro le donne, contro i deboli, contro i diversi e gli "estranei") è un relitto arcaico della natura umana da cui ci può affrancare soltanto con la cultura: e un potere che odia la cultura, la conoscenza, la scuola, l'educazione, il cittadino (preferendogli il servo ignorante) è un potere che oggettivamente e consapevolmente opera per la diffusione della violenza.
Per bieco interesse, perchè è più semplice dominare un popolo rincoglionito, ignorante, bue: sfruttarlo, usarlo, adoperarlo come strumento per conservare e perpetuare la diseguaglianza, l'ingiustizia.

Noi uomini che in questo modello aborriamo di riconoscerci, oltre a rafforzare la nostra rete di affetti e di relazioni sane, schiette, egualitarie con le donne e con gli uomini, non dobbiamo cadere nella trappola del silenzio, nè farci dettare l'"agenda dello sdegno" dal potere e dai suoi media.

Ieri Eluana, oggi le ragazze violate in modo seriale...è uno schifoso ricatto emozionale, quello a cui ci obbligano.
Giorno dopo giorno ci occupano la mente con qualcosa di cui a loro non importa nulla, ma che ci impongono come doverosa emozione collettiva: ma poichè - ad esempio - delle donne stuprate in casa, o delle donne straniere stuprate dalle bestie italiche, non ci parlano mai, quel che ci costringono a condividere è un'emozione corrotta, parziale, bugiarda.

Che ci distrae dalla necessità - dalla priorità - di combatterli, di rifiutarli, di cacciarli via, perchè finchè ci saranno loro la semina della violenza non avrà mai fine.

giovedì, febbraio 12, 2009

Zio Vanja

Questa opera di Anton Cechov, scritta appositamente per il teatro nel 1899, affronta il tema del fallimento, del rimpianto, della consapevolezza che la vita non è andata come si sognava, come avrebbe potuto essere...in questo è moderna, e perfettamente comprensibile in un tempo in cui il mito del successo è più forte che mai (e tutto complotta per farci sentire sempre un po' più falliti, un po' più inadatti, un po' più sbagliati).
Ogni personaggio sente di non aver raggiunto nulla di importante, o di aver sbagliato le proprie valutazioni e le proprie scommesse: e comprende, purtroppo, che è troppo tardi ormai per cambiare le cose, ripartire da zero, scommettere su qualcosa di diverso.
Non si può far altro che capire, accettare, e rassegnarsi: ogni tentativo di vitalità, di reazione è catastrofico, non fa che peggiorare le cose.
Il senso della morte, della fine, della impossibilità di cambiare il senso della storia è in tutti prepotente, imbattibile.Zio Vanja, che conduce per conto della nipote Sonja una tenuta in campagna, ospita il fratello Professore, in pensione, e la sua giovane e conturbante moglie, Elena. Il loro arrivo sconvolge l'operosità quotidiana della piccola comunità, e nulla funziona più come prima. Il dottore amico di Vanja intensifica improvvisamente le sue visite, con il pretesto della gotta del Professore, ma in realtà vede in Elena la via d'uscita da una vita che - pur vissuta - sembra d'un tratto anche a lui vuota ed insopportabile.
Il contrasto tra campagna e città, e la consapevolezza di aver bruciato una vita nel mito di un fratello che alla fine si rivela inconsistente, noioso, pedante, portano Vanja ad una ribellione senza sbocchi, in cui prova ad usare l'amore come strumento di riscatto - ma senza convinzione, poichè Elena è al contempo desiderata da troppi e troppo annoiata dalla vita per credere ad un nuovo amore.
Dopo un drammatico contrasto tra i due fratelli riguardo al futuro della tenuta, il Professore ed Elena tornano in città, e zio Vanja, con Sonja, torna alla vita di sempre, piccola e senza clamori, perchè questo è il destino, la sorte, la condanna a cui non ci può sottrarre, ma che occorre accettare con grazia, con pazienza.
Attori intensi e lievi nonostante la gravità del testo, in un teatro Carignano appena sottoposto ad un restauro che lo riporta in vita tra Ottocento e futuro.
Emozione personalissima: ero in prima fila, e al modesto prezzo di un torcicollo mi sono goduto la presenza di Lucilla Giagnoni (che io amo senza ritegno) a pochi metri di distanza per quasi tutto lo spettacolo.


UPDATE (for turineis only:-)): la ristrutturazione del Carignano mi ha lasciato un po' perplesso.
L'acustica è splendida e la torre scenica permetterà di fare cose grandiose, anche se Vacis ha forse esagerato a...mettere in scena i cambi scena, il che - in un dramma in cui il testo va seguito con estrema attenzione - porta inevitabilmente a distrarsi seguendo il traffico di funi e tappeti...
Adottando la tipica lamentosità sabauda, potrei dire che l'assenza della bussola all'ingresso è una perdita, che l'atrio è piccolo e triste, che alcuni dettagli (le ringhiere delle scale, ad esempio) non sembrano all'altezza di una spesa di 14 milioni di euro.
Lasciandola invece un attimo da parte, direi che la "bomboniera" del Carignano è sempre un luogo che regala emozioni fortissime, e sono felice che abbia riaperto.


martedì, febbraio 10, 2009

Attesa

Che questa nube tossica (fatta di indecenza, offesa, mancanza di rispetto, parole gravide di odio e follia) si depositi al suolo.
Che questo strepito osceno, questa barbarie vocale si spenga nelle gole degli ipocriti.
Che si diradi la nebbia.

Allora vedremo che nulla è più come prima. Che quel che è accaduto in questi giorni ha separato per sempre noi da "loro". Che non potremo mai perdonare quel che hanno commesso, non li riammetteremo più come simili a noi. Saremo nemici, a lungo, dichiaratamente.
Fino a quando riusciremo a rimettere insieme i pezzi di questo paese massacrato e umiliato.
Fino a quando ricostruiremo la bellezza dello stare insieme, infangata dalle urla degli xenofobi e contaminata dalle menzogne dei conducator.

lunedì, febbraio 09, 2009

La legge come il decreto: non può esser retroattiva

Colui che occupa legittimamente il posto di Presidente del Consiglio, ma lo usa per devastare la legalità, dopo i fuochi di artificio eversivi di venerdì ha apparentemente attuato una ritirata tattica.
Fingendo di odiare la Costituzione, appena un po' meno di quel che tutti abbiamo chiaramente inteso: senza possibilità di fraintendimento.
Ma questo non deve farci erroneamente pensare che si sia placato: il diktat al parlamento (ormai con la p minuscola) per approvare in tre giorni una legge scritta dall'esecutivo è una aberrazione.
E la legge che verrà approvata da quelle teste di legno (scusate, ma non so come definire chi - di fronte a quel che accade- non ha dubbi nè problemi di coscienza e vota quel che gli viene ordinato dal padrone) da un punto di vista giuridico non può servire a nulla per il caso specifico, esattamente come il decreto: varrà a valle di questa vicenda, su cui la sentenza definitiva della Cassazione vale come una pietra tombale.
(Qui il parere di Carlo Federico Grosso al riguardo).
Costui lo sa, ma gioca sporco, e con la legge in mano verrà a dire che vale per il passato, e tenterà magari di riesumare qualche salma, intollerabilmente morta a dispetto del suo volere e potere assoluto.
Il ministro Sacconi, dal suo miserabile canto, usa persino i NAS per aver vinta la partita oltre i tempi supplementari.
Insomma, lo scontro è aperto e totale, e l'appello di Libertà e Giustizia ne chiarisce bene i termini, senza alcuna ambiguità.
Non molliamo.
Con le parole, le coscienze ed i nostri corpi, resistiamo.
Oggi alle 17 a Torino presidio di PRC davanti alla Prefettura, mi dicono. E nei prossimi giorni iniziative del PD, sembra.
Ci saremo.

P.S.: Segnalo questo interessante editoriale di Barbara Spinelli sulla Stampa.
UPDATE: da non perdere questa riflessione del grande Gustavo Zagrebelsky.
UPDATE/2 (ore 16.22): leggete queste allucinanti dichiarazioni di Sacconi riportate da Repubblica.it:
15:45 Sacconi: "Correggeremo il ddl su sospensione nutrizione"

Il disegno di legge varato dal governo per Eluana Englaro sarà corretto nel passaggio in cui si vieta la sospensione della nutrizione. A denunciarlo è stato il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, prima della riunione della commissione Sanità del Senato dedicata al ddl. Dal momento che il testo è stato scritto quando Eluana Englaro era ancora alimentata con un sondino, "lo correggeremo", ha detto Sacconi. "La norma è stata redatta quando ancora non era stata sospesa la nutrizione", ha ricordato.

Siamo ormai giunti, dunque, alle leggi "in tempo reale". Non c'è più limite all'abominio giudirico introdotto da questo governo.


venerdì, febbraio 06, 2009

Colpo di stato

Un decreto che sovverte una sentenza della Corte di Cassazione: quindi definitiva e non modificabile a posteriori, secondo il nostro ordinamento.
Il Presidente del Consiglio interviene a valle di un dibattito lungo e complesso, ed avoca a sè ogni decisione: disprezza ogni altro potere che non sia il suo, e ce lo fa capire con una brutalità mai raggiunta fino ad ora.
Uno schiaffo al Presidente della Repubblica, che aveva appena richiamato il Governo al rispetto delle regole.
Il Vaticano, senza pudore, senza neppure sentire un fremito di vergogna, applaude.
Che sia un trucco per nascondere, sotto lo sdegno ed il clamore, la contestuale vergogna della riforma sudamericana della giustizia, e del decreto sicurezza di ieri?
Comunque sia, io credo che oggi si sia varcata una soglia definitiva: di là, indietro, perduta, umiliata, è rimasta la democrazia. Qui c'è qualcosa che non può chiamarsi più così.
O scendiamo in piazza per costringere la luce a tornare, o ormai rimarremo nel buio a lungo.
Io, personalmente, ho paura come l'ebbero i nostri nonni nel '22.

giovedì, febbraio 05, 2009

Opinioni

Se Berlusconi pensa che Soru sia "un fallito", fatte le debite proporzioni, immaginate che opinione ha costui delle persone normali che sono oggi i suoi sudditi.
Degli operai in cassa o dei precari.
Degli immigrati.
Dei poveri.
Dei malati.
Delle donne.
Di chi fatica, lavora, si sbatte per sopravvivere.
Di noi tutti.
Dei "coglioni", per riprendere il simpatico appellativo con cui il nostro premier effettua la mirabile sintesi di quel che pensa di noi.

Possiamo lasciare un potere sempre più grande in mano a chi ci disprezza, e disprezza gli strumenti stessi attraverso cui è giunto al potere e dovrebbe amministrarlo per conto nostro?
Non è già accaduto, nella storia, qualcosa di egualmente brutto?
Non è il caso di immaginare quali strumenti - creativi e nonviolenti - usare per impedirgli di disprezzarci o - almeno - impedirci di governarci?

UPDATE: leggo ora che è passato in Senato l'ennesimo emendamento xenofobo e rivoltante proposto dalla Lega (ed approvato da 154 - centocinquantaquattro! - senatori della maggioranza, non meno pronti a essere "cattivi con i clandestini" come richiesto dal ministro Maroni): quello che cancella, per i medici, l'obbligo di NON denunciare alle autorità i clandestini che si presentano presso le strutture sanitarie - e apre dunque la possibilità di farlo.
A me, quella di usare il momento del bisogno come occasione per la delazione e la denuncia mi sembra una cosa che può nascere solo da teste piene di vermi e cuori pieni di rancore e crudeltà.
Nello stesso emendamento, si innalza da 80 a 200 euro il costo del permesso di soggiorno: un'altra inutile vessazione verso chi è già regolare e di fatto "cittadino" di questo paese (già, non corra il rischio di dimenticarsene mai: è straniero, è qui per concessione, taccia, scompaia, non chieda diritti!)
L'unica speranza è che, alla fine di questo brutto film, noi si riesca dare ai "cattivi" - se non lo siamo diventati nel frattempo anche noi - una di quelle lezioni che si ricordino per tutta la vita.


UPDATE/2: Altrove, nel mondo, accade questo:
"Il presidente americano Barack Obama ha firmato oggi una legge che estende la copertura sanitaria a quattro milioni di bambini finora non assicurati. Obama ha detto, durante la cerimonia della firma, che questa legge è solo un «primo passo» verso il traguardo di «estendere la copertura sanitaria a tutti gli americani». Gli oltre 30 miliardi di dollari necessari per coprire le spese della iniziativa saranno trovati aumentando le tasse federali sul tabacco."


martedì, febbraio 03, 2009

Voglio un governo...

...il cui obiettivo sia creare le condizioni per la FELICITA' dei suoi cittadini, dove i cittadini sono TUTTI coloro che vivono qui.
Voglio un governo che crei le condizioni per una esistenza in cui ci sia la sicurezza del reddito, e della sua persistenza nel tempo.
Che restituisca serenità e capacità di progettare un futuro, e di impiegare nella società il meglio delle proprie capacità personali, senza il timore di essere gettati all'inferno ogni volta che crolla il PIL.
Voglio un governo che abbandoni l'accettazione acritica dell'idea di "mercato", che vuole rendere schiavi e competitivi i suoi cittadini, e li difenda, li protegga, li tranquillizzi rispetto al fatto che essere persone è un elemento sufficiente per meritarsi una vita decente.
Un governo che agevoli la creazione di reti, di connessioni, di socialità tra le persone, che impedisca la prigionia della solitudine, l'autismo, l'isolamento.
Un governo che non accetti che chi dirige un'azienda guadagni fino a 300 volte rispetto a chi ci lavora: che ponga limiti insuperabili al divario tra chi si assume una responsabilità, e va per questo adeguatamente retribuito, e chi opera in fondo alla scala gerarchica.
Voglio un governo che parli di nuovo di "diritti inviolabili e non negoziabili" delle persone.
Un governo che usi la sua autorevolezza e la sua credibilità presso i cittadini per arginare ed equilibrare i poteri economici che vogliono trasformare i suoi cittadini in merci, da usare e gettare secondo le convenienze del momento.
Un governo che riscopra e valorizzi le competenze che davvero possono essere utili e donar piacere reale agli altri, e le premi in aperta sfida ai "valori del mercato": che impedisca, sul proprio territorio, che un artigiano fatichi a sopravvivere mentre si danno milioni di euro a chi calcia un pallone o passa in televisione.
Basta, se il mercato non ha una morale io voglio un governo che la rivendichi, la morale, e ne esiga il rispetto.
Voglio un governo che aiuti le famiglie senza dover sindacare su come sono fatte, che ridia tempi e spazi alle persone per darsi una mano reciprocamente, per riscoprire la fratellanza, la vicinanza, l'assistenza e la cura reciproca.
Voglio un governo che si impegni a propagare i valori della sobrietà, della mitezza, della pazienza, della tranquillità: e che usi sempre parole moderate, caute, rispettose.
Che, come un padre saggio, insegni che non si può spendere quel che non si è ancora guadagnato, che non si può consumare più di quel che la natura produce, nè farlo più velocemente di quanto è possibile.
Voglio un governo che si presenti con il sorriso ed insegni che la paura è la peggior malattia dell'anima, che la paura è nemica delle persone e dei cittadini, e complice di chi li vuole umiliare ed opprimere.
Voglio un governo che insegni che "avere il giusto" porta a "non aver nulla da perdere", e questo consente di aprirsi agli altri senza timori, sapendo che il confronto con qualcosa diverso da sè non è mai perdita, ma solo arricchimento.
Voglio un governo che combatta la povertà culturale con lo stesso ardore con cui combatterà la povertà materiale.
Un governo che dica che saremo tanto più felici quanto più saranno felici le persone che vivono intorno a noi, siano esse dentro o fuori dai "confini".
Voglio un governo che voglia bene ai suoi cittadini: a tutti, senza distinzioni.
Anzi, io all'articolo 3 della Costituzione aggiungerei la frase: "Lo scopo della Repubblica è voler bene ai cittadini".
Voglio un governo che lasci la libertà di vivere e di morire i cittadini come preferiscono, se non fanno volontariamente male a nessuno.

Utopia?
Boh. Vedo che, con il mondo che va come va, stanno tutti a raccontarci che tra sei mesi-un anno la buriana sarà passata, e che dobbiamo continuare a fidarci di tutti coloro che ci hanno ingannati: i banchieri, gli economisti, le classi dirigenti, uniti in una casta perversa che ha a cuore soltanto se stessa, e continua ed essere disposta ad ingannare, tradire, persino uccidere l'uomo pur di autoconservarsi.

Forse credere finalmente ai nostri sogni può essere meno pericoloso e più bello che credere di nuovo a costoro.

Il problema più grande, forse, è capire quanto, come persone, riusciamo ancora a immaginarci (e dunque ad essere) diversi da come ci sta rappresentando il potere: per stupirlo, e colpirlo al cuore.