lunedì, marzo 04, 2013
Curiosità
martedì, dicembre 04, 2012
Questions...
Ma io mi domando e dico...
se fossi uno speculatore, un avvoltoio, uno sciacallo della finanza (ovvero quel che si nasconde dietro la parola fintamente neutra "mercato") sarei solo rassicurato da quel che sta facendo il governo?
Noooo: sarei ENTUSIASTA!!!
Entusiasta di un gruppo di bocconiani, intimamente simili a me, che considerano "naturale" questo sistema di merda e sono disponibili ad affamare i propri governati, a ridurli alla miseria, pur di non scalfire nemmeno il sistema della diseguaglianza.
Entusiasta di chi sta apprestandosi a smantellare il welfare pubblico per regalare anch'esso ai famelici appetiti della finanza.
Entusiasta di chi promuove "accordi sulla produttività" che dicono alle imprese "non c'è bisogno di investire in ricerca ed innovazione, perchè vi procuriamo nuovi schiavi senza diritti e potete competere con questi..."
Entusiasta di chi vuol mettere mano ad uno dei sistemi sanitari pubblici più efficienti, solidali ed economici del mondo per dare i bocconi più golosi ai cani più avidi...
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Uno spot della Chiesa Cattolica afferma:
"Se non ci fossero i sacerdoti, chi si occuperebbe degli ultimi? Nessuno".
Quindi, si afferma esplicitamente che i cattolici, ad esclusione dei sacerdoti, non si occupano degli ultimi; ergo, se ne fregano del vangelo e dei precetti del cattolicesimo.
Si tratta di una clamorosa gaffe comunicativa, o della confessione di un fallimento di proporzioni bibliche?
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Beppe Grillo, la scorsa settimana, ha (come fa usualmente) gettato carrettate di letame sulle Primarie del Centrosinistra.
Oggi vara le "parlamentarie" del Movimento 5 Stelle: sostanzialmente, le persone che hanno diritto di votare guardano delle brevi presentazioni online dei possibili candidati alle elezioni politiche della propria zona e li scelgono con un click.
Fatemi capire: muoversi di casa propria per andare a votare tra un numero ragionevole di candidati (che in qualche modo han fatto ampiamente e pubblicamente sapere come la pensano) è da coglioni, mentre scegliere davanti ad un video degli emeriti sconosciuti che si autopresentano è democrazia reale?
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Esiste al mondo, oltre ad Israele, un qualsiasi stato a cui sia permesso decidere ed applicare la pena di morte sul territorio di un altro stato, e che si offenda pure se si reagisce?
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Dopo le armi di distruzioni di massa mai trovate in Iraq, voi ve la sentite di credere agli USA quando dicono che Assad in Siria sta usando le armi chimiche?
venerdì, novembre 06, 2009
Crocefisso e sentenza della Corte Europea: un altro capolavoro di ipocrisia italica.

La linea di difesa adottata dal Governo nella causa, infatti, si basa su una minimizzazione e su una mistificazione: si afferma che il crocefisso non è più un simbolo religioso, ma un simbolo portatore di valori umanistici condivisi da tutti.
Ma non solo: è un simbolo che si può tranquillamente ignorare.
"Il crocefisso, in effetti, è esposto nelle aule scolastiche, ma non è richiesto agli insegnanti nè di elevare ad esso il minimo segno di saluto, di riverenza o di semplice riconoscimento, ed ancora meno di recitare preghiere in classe.
Nei fatti, non è loro richiesto di prestare una qualsiasi attenzione al crocefisso."
Insomma, il Governo dice alla Corte: è vero, la nostra è una Repubblica Laica e la religione cattolica non è religione di stato, ma non dovete pensare che quel crocefisso sia una scelta di campo: è un simbolo laico, ormai.
E se proprio a qualcuno dà fastidio, può considerarlo alla stregua di un oggetto di arredamento, non farci caso: si può ignorare, come se non ci fosse.
La solita ipocrisia italica. Perchè di queste argomentazioni, nei lai alzati dagli uomini e dalle donne di governo dopo che la sentenza è diventata pubblica, non c'è traccia: lo stesso Governo che , negli atti di difesa, propone rispetto alla questione posta una tipica via d'uscita all'italiana, in pubblico alza la voce e grida al sacrilegio da parte di un'Europa portatrice di una "ideologia laicista".
Si badi bene: mai una volta, nella sua difesa davanti alla corte, il Governo mette in discussione il principio di laicità dello Stato, che è un valore comune europeo.
Sa di essere in colpa, e si "giustifica" rispetto a questa disarmonia tra laicità ed esposizione di un simbolo che si riferisce ad una specifica confessione.
Ma si guarda bene dal dirlo in pubblico, poi, quando la questione diventa pubblica.
Ma andiamo per ordine, ed entriamo nel dettaglio di questa storia leggendo passo passo la sentenza, che include anche una interessante dissertazione storica sull'argomento.
L'obbligo di esporre il crocifisso nelle scuole risale addirittura a prima della Unità d'Italia, perchè si trova per la prima volta in un decreto reale del 1860 del Regno di Piemonte-Sardegna.
Quando nel 1861 nasce il nuovo Regno d'Italia, esso assume di fatto come Statuto il vecchio testo albertino del 1848 e tutte le leggi sabaude, incluso tale obbligo.
Una circolare del Ministero dell'Istruzione datata 1922 lamenta il fatto che, nel tempo, dalle aule scolastiche delle scuole primarie stiano scomparendo l'immagine di Cristo ed il ritratto del Re, ed intima alle amministrazioni comunali di provvedere a ripristinarle entrambe.
Un decreto reale del 1924, confermato da uno del 1928, definisce il crocefisso come elemento fondamentale dell'arredamento delle aule scolastiche.
I Patti Lateranensi, siglati l'11 febbraio 1929, segnano la "conciliazione" definitiva tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica, dopo la crisi seguita all'annessione armata di Roma al Regno d'Italia avvenuta nel 1871.
Il Cattolicesimo viene confermato religione ufficiale dello Stato Italiano.
Il primo articolo del trattato afferma: "L'Italia riconosce e riafferma il principio consacrato dall'articolo 1 dello Statuto Albertino del Regno del 4 marzo 1848, secondo il quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato".
Nel 1948, lo Stato Italiano adotta la sua Costituzione Repubblicana.
L'articolo 7 riconosce esplicitamente che lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel suo ambito, indipendenti e sovrani. I rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi e le modifiche degli stessi accettate dalle due parti non richiedono una procedura di revisione costituzionale.
L'articolo 8 enuncia che le confessioni religiose diverse da quella cattolica hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purchè non siano in contrasto con l'ordinamento giuridico italiano.
Il nuovo accordo tra Stato e Chiesa del 18 febbraio 1984, firmato dal Cardinale Casaroli e dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi, modifica in parte i Patti Lateranensi e stabilisce esplicitamente (nel Protocollo Aggiuntivo che interpreta gli effetti degli articoli) che "si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano. "
Ne discende, come conseguenza, che la Corte Costituzionale, in una sentenza del 1989 rispetto al carattere non obbligatorio dell'insegnamento della religione cattolica, afferma che la Costituzione contiene in diversi articoli ( 2, 3, 7, 8, 9, 19 e 20) il principio di laicità dello Stato, e che il carattere confessionale dello Stato è stato esplicitamente abbandonato nel 1985, in virtù del Protocollo Aggiuntivo ai nuovi accordi con la Santa Sede.
Nel 2001, la signora Lautsi (che ai tempi ha due figli di 11 e 13 annni che frequentano un istituto comprensivo di Abano Terme) ritiene che la presenza dei crocefissi in aula sia contraria al principio di laicità dello Stato, al quale intende ispirare l'educazione dei propri figli, e chiede alla scuola di rimuoverli, anche in virtù del fatto una sentenza della Corte di Cassazione, nel 2000, ha giudicato contrario al principio di laicità dello Stato la presenza di un crocefisso nei locali dei seggi elettorali preparati per le elezioni politiche.
La scuola decide di mantenere i crocefissi al loro posto, e la signora Lautsi ricorre allora al TAR del Veneto.
Il 3 ottobre 2002, il Ministero della Pubblica Istruzione (guidato da Letizia Moratti) entra nella questione con questa direttiva:
Prot. n. 2666
Il competente Dipartimento del Ministero dell’Istruzione dell'Università e della ricerca provvederà ad impartire le occorrenti disposizioni perché:
- sia assicurata da parte dei dirigenti scolastici l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche;
- ogni istituzione scolastica, nell’ambito della propria autonomia e su delibera dei competenti organi collegiali, renda disponibile un apposito ambiente da riservare, fuori dagli obblighi ed orari di servizio, a momenti di raccoglimento e di meditazione dei componenti della comunità scolastica che lo desiderino.
Nel 2004, il TAR del Lazio giudica ammissibile la questione di costituzionalità posta dalla ricorrente e la pone alla Corte Costituzionale.
Il Governo sostiene che la presenza del crocefisso dentro le aule scolastiche sia un "fatto naturale", poichè non è solo un simbolo religioso ma anche la "bandiera della Chiesa Cattolica", che è stata la sola Chiesa nominata nella Costituzione (articolo 7).
Nello stesso anno, la Corte Costituzionale si dichiara incompetente a decidere sulla questione di costituzionalità perchè il motivo del contendere non è previsto in leggi ma in regolamenti, che non hanno valore di leggi.
Continua intanto la procedura davanti al TAR, che nel marzo 2005 respinge il ricorso, affermando che il crocefisso è un simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identità italiana, ed il simbolo dei principi di legalità, di libertà e di tolleranza oltre che della laicità dello Stato.
La ricorrente avanza ricorso al Consiglio di Stato, che il 13 febbraio 2006 rigetta il ricorso, motivandolo con il fatto che la croce è diventata uno dei valori laici della Costituzione Italiana e rappresenta i valori della vita civile.
A questo punto, il ricorso viene presentato a livello europeo, ipotizzando una possibile violazione della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (uno dei documenti fondanti dell'Unione Europea), e porta alla sentenza UNANIME della corte emessa il 3 novembre.
Il ragionamento della signora Lautsi è il seguente.
Il crocefisso viene esposto nelle aule in relazione a disposizioni che sono datate 1924 e 1928 e che sono considerate tuttora in vigore, nonostante siano anteriori all'entrata in vigore della Costituzione (1948) e soprattutto agli ultimi accordi tra Stato e Chiesa del 1984, in seguito ai quali la religione cattolica non è più religione di stato.
Tali disposizioni sono il frutto di una concezione confessionale dello Stato superata, appunto, dal 1984: non si capisce dunque per quale motivo lo Stato riconosca alla religione cattolica, con l'esposizione del crocefisso nelle aule, una posizione di privilegio che si traduce in una ingerenza nel diritto di libertà di pensiero, di coscienza e di religione.
Inoltre, il crocefisso è un simbolo inequivocabilmente religioso, malgrado si tenti di accreditarlo in modo diverso usando chiavi di lettura storiche e culturali.
Uno Stato laico non dovrebbe mai dare la sensazione di privilegiare una confessione religiosa rispetto ad un'altra, e soprattutto di fronte alle persone che sono più vulnerabili a causa della loro giovane età.
Come risponde il Governo italiano, di fronte alla Corte, a queste argomentazioni?
Afferma che si tratta di un questione più filosofica che giuridica. Che il simbolo in questione è ormai, più che specificatamente religioso, portatore di un messaggio umanistico e relativo a valori condivisi.
La croce rinnova un messaggio che è perfettamente compatibile con la laicità ed accessibile anche ai non cristiani ed ai non credenti.
In conclusione, il simbolo della croce può essere percepito come deprivato di significato religioso, e la sua esposizione in un luogo pubblico non costituisce in sè un attentato ai diritti ed alle libertà garantite dalla Convenzione.
Nello specifico, non è negata o meno la libertà di aderire o meno ad una religione: in Italia questa libertà è pienamente garantita. Il crocefisso, in effetti, è esposto nelle aule scolastiche, ma non è richiesto agli insegnanti nè di elevare ad esso il minimo segno di saluto, di riverenza o di semplice riconoscimento, ed ancora meno di recitare preghiere in classe. Nei fatti, non è loro richiesto di prestare una qualsiasi attenzione al crocefisso.
Secondo il Governo, l'esposizione della croce non mette in discussione la laicità dello Stato, principio che è inscritto dentro la Costituzione e negli accordi con la Santa Sede. Essa (l'esposizione) non viene considerata il simbolo di preferenza verso una religione, perchè si riferisce ad una tradizione culturale e di valori umanisti sostenuti anche da persone diverse dai cristiani. In conclusione, l'esposizione della croce non disconosce il dovere di imparzialità e di neutralità dello Stato.
Inoltre, il Governo chiede alla Corte di essere prudente e di astenersi dal dare un contenuto preciso al principio di "laicità dello Stato", ad esempio interdicendo la semplice esposizione di simboli.
Questo darebbe un "contenuto materiale predeterminato" al principio di laicità, il che sarebbe in contrapposizione alla legittima diversità degli approcci nazionali e condurrebbe a conseguenze imprevedibili.
Il Governo non sostiene che sia necessario, opportuno o desiderabile mantenere il crocefisso nelle aule scolastiche, ma la scelta di mantenerlo o no risponde a criteri di opportunità, non di legalità.
La Repubblica Italiana, benchè laica, ha deciso liberamente di lasciare il crocefisso nelle aule scolastiche per diversi motivi, tra cui la necessità di trovare un compromesso con i partiti di ispirazione cristiana che rappresentano una parte essenziale della popolazione e del suo sentimento religioso.
Quanto a sapere se un insegnante è libero di esporre altri simboli religiosi dentro un'aula, nessuna disposizione lo proibisce.
La Corte, sulla vicenda in questione, ha sentito un parere "terzo" e indipendente: il Greek Helsinki Monitor (GHM) (1).
Secondo il GHM, la tesi che il crocefisso non debba essere inteso come simbolo religioso, ma come simbolo "altro" (portatore di valori umanisti), non è accettabile, ed anzi potrebbe essere considerata offensiva per la Chiesa. Il Governo italiano non è probabilmente in grado di indicare un solo non-cristiano che sia d'accordo con questa tesi.
Se il crocefisso non deve essere nè salutato, nè degnato di attenzione, ci si chiede perchè allora venga affisso.
Il GHM osserva che, secondo i "Principi di Toledo per l'insegnamento relativo alle religioni e convinziioni nelle scuole pubbliche" pubblicati dall'OCSE (qui il testo scaricabile in inglese e spagnolo) , la presenza di un tale simbolo dentro una scuola pubblica può costituire una forma di insegnamento implicito di una religione, ad esempio dando l'impressione che questa religione particolare sia favorita in rapporto alle altre.
Alla fine, la Corte, all'unanimità, svolge le seguenti riflessioni:
"La Corte non è riuscita a a comprendere come l'esposizione, nelle aule di scuole dello Stato, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato al Cattolicesimo (la religione maggioritaria in Italia) possa essere funzionale al pluralismo educativo che è considerato essenziale per la preservazione di una "società democratica" così come concepita dalla Convenzione, un pluralismo che è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale Italiana. L'esibizione forzosa del simbolo di una confessione specifica in premessa usata dalle pubbliche autorità, e specialmente nelle aule, di conseguenza ha limitato il diritto dei genitori di educare i loro figli nel rispetto delle loro convinzioni, ed il diritto dei bambini di credere o non credere.
La Corte ha concluso, ALL'UNANIMITA' , che si è rilevata una violazione dell'Articolo 2 del protocollo n.1 unitamente all'articolo 9 della Convenzione (2)" .
Dunque, una sentenza tutt'altro che VIOLENTA, come si spinge ad affermare il Ministro Gelmini.
Anzi: su un argomento del genere, il Governo ha saputo pacatamente porre le proprie argomentazioni a difesa. Riconfermando la laicità dello Stato, come abbiamo visto, e traslando la portata del simbolo, chiedendo di non considerarlo più "simbolo religioso" ma "simbolo umanista".
Asserendo addirittura che non esiste alcuna direttiva che impedisca agli insegnanti di apporre in aula simboli di altre confessioni religiose in aula.
Ma appena la sentenza viene resa nota, ecco che il Governo cambia volto ed abbandona la sua posizione "ragionevole e laica". Lamenta l'aggressione laicista e secolarista, rinnega la sua stessa posizione "laicista ma tollerante verso il simbolo", e ridiventa un megafono ipocrita del Vaticano.
Al punto che la Lega Nord, la formazione più pagana ed antievangelica che si sia in tempi recenti aggirata sul territorio nazionale, arriva al paradosso blasfemo di usare la questione crocefisso per un'ennesima crociata: ovviamente non in difesa della religione cattolica, ma in "offesa" di tutti coloro nei cui confronti questo simbolo può essere usato come elemento di divisione e discriminazione religiosa o razziale.
Il "moderato" Cota, capogruppo alla Camera e candidato leghista alla Presidenza della Regione Piemonte, ha affermato: "Noi vogliamo il crocefisso nelle aule PERCHE' non vogliamo diventare musulmani", violentando contemporaneamente la ragione e la logica.
Ovviamente, la sentenza (che tutti possono leggere con una conoscenza elementare del francese) è lì a disposizione di chiunque voglia capire la materia del contendere: ed il modo migliore per non farlo è, come sempre, accontentarsi della informazione di regime strombazzata dai TG.
UPDATE: leggo ora (17,30) dal sito di Repubblica le seguenti dichiarazioni del Cardinale Bagnasco.
Crocifisso. Di fronte alla ''surreale'' sentenza emessa dalla Corte europea di Strasburgo a proposito della presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche italiane, ''bene ha fatto il Governo ad annunciare ricorso''. Dice Bagnasco che parla di una sentenza ''sorprendente'' e ''alquanto surreale''. "Un'impostura" di minoranze esigue che rischiano di far allontanare l'Europa dalla gente.
Credo che ognuno possa valutare da solo chi, in questa storia, si collochi tra gli impostori della peggior specie.
(1) Il GHM è un'organizzazione per la tutela dei diritti umani che realizza principalmente attività di monitoraggio sui media dell'area balcanica, redige Rapporti e Pubblicazioni sulla situazione delle minoranze etniche, linguistiche e religiose in Grecia.
(2) Articolo 9 della Convenzione: Libertà di pensiero, di coscienza e di religione 1 Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti. 2 La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui. Articolo 2 del Protocollo 1: Diritto all'istruzione Il diritto all'istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.
venerdì, gennaio 23, 2009
Giuro, non lo volevo fare, il post su Poletto...:-(
(l'intervista al cardinal Poletto comunque è qui, e va letta).
Anche se soggetto ad un processo di devastazione dall'interno delle istituzioni, noi viviamo ancora in uno Stato (formalmente) libero e democratico.
Così come io non mi arruolerei mai volontario nell'esercito, perchè sarei costretto a fare cose che aborro, è assolutamente legittimo che chi ha una convinzione profonda tenti di essere coerente ad essa, nella vita quotidiana e nello svolgimento del suo lavoro.
Però, esiste un problema.
Se non ci fosse alcun volontario disponibile ad entrare nell'esercito, probabilmente lo Stato sarebbe obbligato a tornare alla leva obbligatoria per garantire il diritto alla difesa del proprio territorio.
Se tutti, per ipotesi, decidessero di fare gli obiettori (ammesso che tornasse anche la legge sull'obiezione di coscienza), lo Stato legittimamente imporrebbe comunque a qualcuno di fare comunque il militare. A quel punto, la scelta sarebbe tra obbedire ed andare in galera (ahimè).
Ecco, quel che voglio dire è che, all'interno di uno Stato democratico, il "non rispetto" delle leggi sulla base di una obiezione di coscienza è possibile, senza pagarne le conseguenze, solo in due casi: o quando esiste una legge specifica che riconosce l'obiezione specifica su quel tema (vedi l'obiezione al servizio militare o all'aborto), o quando esiste un numero sufficientemente grande di persone che possono rispettare la legge al posto di chi fa obiezione di coscienza.
Se non si verificano queste due condizioni, deve essere serenamente accettato il concetto che l'obiezione di coscienza (ed il conseguente non rispetto delle leggi) può portare in galera o a perdere un determinato posto di lavoro.
Giova ricordare che la legge sull'obiezione di coscienza al servizio militare (varata nel 1972) è il frutto di obiezioni di coscienza pagate a caro prezzo (appunto, con la reclusione) da parte di pacifisti e nonviolenti, credenti o laici.
Nel caso posto dal cardinal Poletto, io non vedo molta consapevolezza su questo aspetto. Pur richiamando anch'egli il precedente dell'obiezione di coscienza al servizio militare, che è una presa di posizione forte e gravida di conseguenze, egli cita come esempi di "resistenza civile" dei cattolici alcuni atti che a me sembrano - scusate - assai miserelli e miserabili, per non dire pilateschi.
Il farmacista che rifiuta di vendere la pillola del giorno dopo alla ragazza preoccupata non è un obiettore di coscienza, per me: è Pilato che dice "arrangiati, io non ne voglio sapere".
Il medico che non stacca il sondino di Eluana è Pilato che dice "del vostro dolore, del vostro problema io non intendo interessarmi".
L'obiezione di coscienza è - deve essere - attiva, pone problemi, è pubblica, è sfida all'esistente. Costoro non fanno nulla di tutto ciò: la loro obiezione non è rivolta al mondo per sfidarlo, è solo assenza di azione, vigliaccheria, "non fare", "non dire", nascondersi, eclissarsi dai problemi del mondo e delle altre persone.
Ecco, se rispetto e concordo con l'idea di un uomo che, sulla base della propria coscienza, decide di non derogare da essa, fino al punto da violare una legge e pagarne le conseguenze civili e penali, non riesco assolutamente ad associare a questo l'idea di omuncoli pavidi che di fronte ai problemi degli altri usano la propria coscienza per dire semplicemente "non mi interesso di te", e tornano ai loro piccoli affari, senza nessuna intenzione di contaminare il mondo con la loro legittima idea, ma chiedendo solo che il mondo li lasci in pace, non li disturbi.
Questo tipo di "obiezione" non mi sembra affatto nobile, ma mi sembra pavido, oscuro, ambiguo, ipocrita.
Fa il paio con gli avvertimenti mafiosi di Sacconi alla clinica friulana, "fate quel che vi pare, ma attenti che..."
Consente di fare quel che pare loro senza mai pagare il prezzo delle proprie scelte, e questo è ipocrita.
E poi - mi scusi, cardinal Poletto - ma se si hanno dei valori non è che si può fare l'obiezione solo a quel che ci pare. Non è che si può scegliere sul vassoio solo quel delizioso bignè di valori, quella sfiziosa tartina di coscienza, e spilluzzicare solo quel che si preferisce tra le offerte del mercato dei principii.
Se si è dalla parte della vita, lo si è sempre. Contro la guerra, contro la mafia. Contro gli interessi che avvelenano la vita ed il futuro delle persone. Contro la fame della maggior parte del mondo, fame che è figlia di questo sistema in cui molti di questi obiettori "light" sembrano trovarsi meravigliosamente a proprio agio.
Lei, cardinale, continua a disquisire di minareti e di pillole: ma noi che viviamo quaggiù mica riusciamo ad appassionarci, a questi dettagli. Sarà che la vita, quella normale, è una fatica che le viene risparmiata. Beato lei...
UPDATE: segnalo questa riflessione di Saviano sul caso Englaro...
lunedì, dicembre 01, 2008
Ma quando dicono queste cose, che scopo hanno?
Ora: è evidente (a parte l'errore di consecutio temporum, che non va ascritto al Monsignore ma al sito di Repubblica che ne sintetizza la dichiarazione) che quanto sopra riportato è un'opinione abominevole.
Provate a coniugarla in modo leggermente diverso, tipo:
"L'osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Celestino Migliore, ha spiegato che l'Onu non deve depenalizzare la pena di morte perché ciò porterebbe a nuove discriminazioni, in quanto gli Stati che applicano la pena di morte verranno "messi alla gogna".
oppure
L'osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Celestino Migliore, ha spiegato che l'Onu non deve depenalizzare il razzismo, perché ciò porterebbe a nuove discriminazioni, in quanto gli Stati razzisti verranno "messi alla gogna".
Insomma, questa non è una logica: è una porcheria.
Le ipotesi sono:
- la notizia è falsa e viene diffusa per screditare il Vaticano: speriamo dunque che giunga una smentita;
- la notizia è vera e questo è davvero il pensiero del Vaticano; speriamo allora che giunga, maledettamente in fretta, un nuovo e definitivo Diluvio Universale. Localizzato su una porzione del territorio comunale di Roma della dimensione di 0,44 chilometri quadrati, però.
giovedì, febbraio 14, 2008
Una piccola guerra ignobile
L'offensiva contro le donne è aperta e dichiarata, perchè quello che è accaduto (sette poliziotti che irrompono in ospedale ed interrogano duramente una signora appena uscita da un aborto terapeutico) è la dichiarazione di apertura di un conflitto. In cui gli strumenti adoperati saranno l'intimidazione e la sopraffazione, il terrore e l'umiliazione.
A fianco del clero, di questa masnada di uomini che vivono in modo (loro sì!!!!) profondamente innaturale, fuori dal mondo e contro buona parte di esso (sicuramente contro la metà di sesso femminile, verso cui manifesta odio ancestrale e disprezzo atavico), è scesa in campo una vasta compagine di crociati.
Giuliano Ferrara (un uomo dall'intelligenza sopraffina, e ottimo esempio di come la si possa impiegare per scopi ignobili) ha deciso che presenterà alle prossime elezioni politiche un partito antiabortista: una provocazione aggressiva, decisa, violenta. Il suo commento ai fatti di Napoli è agghiacciante: "nessuno ricorda che in quell'occasione è morto un bambino".
Certo, omette di dire che a quel bambino era stata diagnosticata la Sindrome di Klinefelter, e che nessun esponente del clero si è preoccupato di dire alla madre chi e cosa sarebbe successo a quel bambino se fosse nato, quali aiuti avrebbe avuto, quale comprensione, quale supporto lungo la strada della sofferenza e dell'infelicità.
Ma no, ma chissenefrega di questo: è molto più semplice sparare accuse di omicidio, o addirittura di genocidio, dipingere le donne come assassine, irresponsabili, criminali: e poi fottersene del seguito, della vita reale, del dolore, del sacrificio, dell'abbandono, della solitudine.
Tra tutte le ipocrisie che il clero e la destra esibiscono in questi tempi tristi, quella sul diritto alla vita è sicuramente la più odiosa.
Come se il mondo di Giuliano Ferrara fosse un mondo che si interessa della vita dei bambini! Come se l'ideologia di questo maggiordomo e dei suoi padroni fosse tesa alla salvaguardia dei diritti dei bambini vivi del mondo, quelli che hanno diritto alla felicità come tutti gli esseri umani ed invece troppo spesso soffrono, lavorano, vengono sfruttati e violati (spesso, ahimè, da esponenti dello stesso clero che sostiene il diritto alla vita sopra ogni cosa).
Non è in fondo strano che a condurre questa piccola guerra ignobile contro le donne siano uomini, celibi o senza famiglia, o comunque senza figli (lo sottolinea Natalia Aspesi qui) : gli stessi che conducono battaglie in nome di una "famiglia" che non esiste nella realtà, e di cui peraltro non conoscono nulla.
Non è strano perchè questa non è, come si vuol far credere, una battaglia sui "valori": è la solita battaglia di sempre per il mantenimento del potere, e questa alleanza "cristiana" tra la destra ed il clero è semplice, tradizionale voglia di potere, esercitata - tanto per cambiare un po' - usando strumenti "vecchi ma nuovi" che sembrano poter fare presa su masse abbondantemente confuse, smarrite e rincoglionite da una informazione che fa venire il voltastomaco...
Non dobbiamo farci confondere, dunque: l'aggressione alle donne ed ai diritti acquisiti è una prova generale, un test. Ma l'offensiva è a tutto campo: ed è la solita offensiva di una oligarchia che sente in pericolo la conservazione del potere che ha fra le mani e che non ha nessuna intenzione di mollare o condividere.
Il sentimento che serpeggia tra la gente è la stanchezza, la sfiducia, l'individualismo seminato a piene mani negli ultimi lustri: ora il rischio è che questo sentimento mini anche il potere di costoro. Ed allora è tempo di introdurre il bisogno di "valori forti", oggi, e di "uomini forti" domani.
Affinchè nulla cambi, affinchè tutto continui come adesso.
martedì, febbraio 12, 2008
Son peggio gli ipocriti o i megafoni degli ipocriti?
E' vero che il nostro paese pullula ormai di personaggi adusi a dichiarazioni ipocrite, stupide, inutili e provocatorie, ma è anche vero che nessun giornalista è obbligato a raccogliere dalle strade questo sterco per renderlo pubblico.
Negli ultimi giorni siamo stati deliziati dalla notizia che la CEI fa il tifo per un certo partito dei cattolici; molto interessante! Anch'io nei giorni scorsi ho parlato molto di politica al bar dicendo cose egualmente prive di interesse per il mondo, ma nessun giornalista me le ha messe in prima pagina.
E oggi, udite udite, Repubblica on line ci avvisa persino che il responsabile della CEI per la pastorale giovanile, nientepopodimenochè, è andato al cinema (forse, non si sa bene) ed ha trovato intollerabili alcune "scene erotiche volgari e distruttive" contenute in un film di cui (noiosamente) son piene le pagine dei giornali in questi giorni, come se fosse 'sta gran novità due che trombano in un film.
Il nostro critico dice pure "mi sarei aspettato una scena romantica, soffusa, tenera, magari un momento d'amore aperto alla vita, ad un figlio", si vede che c'aveva la sceneggiatura pronta e non gliel'hanno voluta...
E poi, inarrestabile, continua l'inutile e pallosa disamina: "I due attori fanno l'amore in piedi, vestiti, senza guardarsi in faccia: capisco che la scena vada letta e inserita nel contesto del film (ahò, sei proprio un genio allora!), ma confesso che anch'io sono rimasto stupito e disturbato (e la prossima volta allora guardati la vita di Ratzinger,diobono!).
Molte persone osservano che i consacrati non possono e non devono parlare di sessualità corporea perchè non la vivono (eh, in effetti...). Mi sento di poter dire che noi la conosciamo (ehhhhhh? che cos'è, una confessione?) e la stimiamo così bella e importante che ogni giorno la offriamo sull'altare (pensate anche voi quel che maliziosamente penso io?), doniamo a Dio ed alla nostra comunità il nostro celibato, con fatica e con gioia. Per questo preghiamo per chi svaluta questi gesti (e farsi li cazzi sua ogni tanto no, ehhh?)".
Precisiamo: non ce l'abbiamo solo con 'sto poveretto, ma con chi ha raccolto le sue inutili lamentazioni di cui il mondo proprio non aveva bisogno. Non saranno 'sti pochi kbyte di cazzate a rovinare il mondo, ma chi aggiunge inutilità e rumore alla vita (come abbiamo fatto qui adesso con questo post, peraltro) non merita perdono.
Ah, ce n'è poi un'altra da dire, ma questa non è inutile: è tragica. Uno che si candida al governo del Paese, uno privo di scrupoli, uno pluridivorziato e che notoriamente le donne le considera un oggetto a cui al massimo palpare il sedere, ha proposto oggi di chiedere all'ONU una moratoria mondiale sull'aborto.
La rileggo piano, perchè quando l'ho sentita non ci ho creduto subito: richiede all'ONU una moratoria mondiale sull'aborto.
Costui ormai spara cazzate a livello mondiale. Per far vedere che è compiacente oltre ogni immaginazione con i celibi ipocriti medievali d'Oltretevere, se la piglia ormai con le donne di tutto il mondo. Non possiamo neppure sperare di eleggercelo noi per evitare che vada a far danni in giro per il mondo.
E' una sciagura planetaria.
martedì, febbraio 05, 2008
Feti e libri
Dopo la giusta reazione del Ministro Livia Turco, bisogna ricordare alla marmaglia clericale e medievale che esiste solo un modo accettabile per modificare le leggi: conquistare una maggioranza in Parlamento. Se gli italiani saranno così fessi da darla a forze che sostengono la cancellazione dei diritti e il soffocamento della volontà delle donne, non potremmo opporci (ci toccherà finalmente scappare in Spagna, dove il Governo ha ben chiara la linea di demarcazione tra stato di diritto ed legittimo esercizio del lobbysmo religioso), ma fino ad allora è giusto considerare inaccettabile ogni attacco ad una legge dello stato portato al di fuori del suo ambito naturale.
Qui a Torino adesso abbiamo un altro cruccio: la Sinistra RadicaleMilitanteCriticaSuscettibileEAncheUnPo'Scema è insorta contro il fatto che la Fiera del Libro sia dedicata alla letteratura di Israele. Io capisco che quando uno è ignorante finisce per pensarla come Goebbels ("Quando sento la parola cultura, la mia mano corre spontaneamente alla fondina della pistola"), ma lo sforzo di leggere un qualsiasi libro di Yehoshua, Oz o Grossman varrebbe almeno la pena di tentarlo, prima di aprire la bocca per dire sciocchezze.
Il boicottaggio della cultura è già appannaggio della destra più triviale, rozza e reazionaria, spiace davvero che i compagnuzzi (di cui peraltro si condividono parecchie battaglie ideali) decidano di volerle assomigliare.
lunedì, gennaio 21, 2008
Abominevole sarà lei!

In questo paese ormai alla deriva, invece, il presidente della CEI osa definire "abominevole" una legge dello Stato (la 194), ed abbiamo ahimè l'amara certezza che nessuno lo richiamerà all'ordine, ricordandogli il confine tra un'opinione ed un'offesa allo Stato che lo ospita.
Anzi, facilmente assisteremo di nuovo ad una desolante processione di baciapile che faranno a gara per condividere l'offesa e supportare l'ipocrisia di una gerarchia cattolica che se ne frega dei poveri, degli ultimi, ed amoreggia allegramente con la parte più immorale ed amorale del paese.
L'aggressività della Chiesa Cattolica sembra ormai inarrestabile.
Al pari del masochismo di tanta parte di coloro che si definiscono laici, e rinunciano a difendere gli spazi del pensiero libero contro i dogmi e le verità assolute.
giovedì, gennaio 17, 2008
Il Papa alla Sapienza: i documenti
Il testo della lettera aperta del professor Cini (14 novembre del 2007)," Se la Sapienza chiama il Papa e lascia a casa Mussi", pubblicata sul Manifesto
Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico.
Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico - rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università - da più 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.
Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.
Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più: «Nel profondo.., si tratta - cito testualmente - dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'infima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».
Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all'imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda {sui perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccetabile del nostro ascoltare e rispondere».
Al di là di queste circonlocuzioni (i corsivi sono miei) il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino. Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.
Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudo-razionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria danwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?
Non desco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell'immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il Papa inaugura l'Anno Accademico dell'Università La Sapienza».
Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli dei Suoi predecessori come. simbolo dell'autonomia, della cultura e del progresso delle scienze.
Marcello Cini
Il testo della lettera dei 67 docenti al Rettore.
"Magnifico Rettore, con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza. Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto". Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano. In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato".
Dichiarazione del Rettore (oggi, 17 gennaio):
"L'università ha un grande clima di libertà e il rettore non può intervenire. Coloro che hanno firmato la lettera saranno giudicati dagli studenti e dai colleghi. Se un docente fa valutazioni scientifiche errate viene giudicato dai suoi studenti, che sono i migliori giudici".
Robe da matti. Costui o non sa leggere, o è un mistificatore cosciente.
Dichiarazione di Maurizio Gasparri, AN (ieri,16 gennaio)
Senti da che pulpito si parla di intolleranza!! Senti chi parla di vergogna!!! Robe da matti, davvero, è un paese in cui ogni personaggio può dire la sua contando sull'ignoranza dei fatti e sulla menzogna.
mercoledì, gennaio 16, 2008
Il Papa alla Sapienza: un altro esempio di mistificazione
Il Magnifico Rettore della "Sapienza" ha invitato il Pontefice alla cerimonia di apertura dell'anno accademico.
Trattasi di una cerimonia INTERNA, e NON RIVOLTA AL PUBBLICO, dell'accademia; per questo motivo, 67 docenti della Sapienza hanno scritto al Rettore in forma privata per rilevare come l'invito, NEL CONTESTO DI QUELLA CERIMONIA, fosse incongruo ed inopportuno: in altre situazioni, vi sono stati interventi di pontefici presso la Sapienza, nella sua lunga storia (è stata fondata, ahimè, dal famigerato Bonifacio VIII), senza alcuna contestazione.
Ignorare questo dettaglio significa già fare volutamente disinformazione.
Il Rettore ha ignorato la lettera dei docenti, commettendo un secondo grave errore.
Poi, qualcuno ha deciso di rendere pubblica (malamente) e strumentalizzare la vicenda: la lettera privata al Rettore è stata resa pubblica e "trasformata" mediaticamente in una opposizione generica all'intervento del Pontefice, simbolo di una laicità intollerante: ovviamente siamo in un paese in cui tutti parlano di cose che non conoscono, per cui nessuno si è nemmeno preso la briga di leggerla,
questa lettera.
Poi è accaduto un bailamme inaudito, tipico di questo paese in via di impazzimento, dove ognuno ha detto la sua spacciandola per versione ufficiale dell'accaduto.
Riepiloghiamo, dunque:
- il personaggio principale responsabile di tutto questo caos è il Magnifico Rettore, che ha abusato dei suoi poteri o perlomeno ha forzato in modo irresponsabile una consuetudine secolare;
- la nota dei docenti era legittima e corretta;
- non si è trattato dunque di "tappare la bocca" a chicchesia.
Detto questo, e sottolineato che il Pontefice ha preso una decisione saggia nel decidere di non intervenire, a differenza del Rettore, non possiamo però ignorare che l'interventismo della Chiesa Cattolica, negli ultimi tempi, è BEN OLTRE il livello di accettabilità per chiunque non sia cattolico.
Non si tratta più semplicemente (e legittimamente) di esprimere opinioni, ma di interventi a gamba tesa in campo legislativo, atti di lobbysmo antidemocratico (se vuoi contare in parlamento, presentati e fatti eleggere!), senza una adeguata difesa, da parte laica, dei confini sacri del ruolo dello Stato.
Inevitabile che questo generi insofferenza, avversione, che io personalmente in gran parte condivido e capisco.
Io non voglio che le leggi vengano fatte su ispirazione della Chiesa Cattolica, ma sulla base delle idee espresse e presenti nel Parlamento democraticamente eletto.
Lamentare la censura è ridicolo, vista la presenza mediatica ossessiva ed ossessionante della Chiesa.
Ognuno conosce benissimo le posizioni (spesso medievali, spesso oltranziste, sempre nemiche della donna e delle libertà laiche, e per loro intrinseca natura integraliste, intolleranti e dogmatiche) espresse dalla Chiesa e dal Pontefice: quello che manca, mi sembra, è la libertà ormai di NON ascoltarle.
martedì, marzo 13, 2007
Dico: prima di parlare, siate coerenti!

Qualcuno afferma che chiunque vive l'affettività a modo suo, al di fuori della famiglia "canonica", esercita un diritto che mina alla base l'esistenza delle famiglie regolari.
E' un modo di ragionare assai bizzarro (come se quelli che preferiscono il risotto alla pastasciutta fossero nemici giurati degli spaghetti alla carbonara e volessero impedire a chiunque di mangiarli): ma se lo prendiamo per buono, appare evidente a tutti che i peggiori nemici della famiglia sono gli esponenti della Chiesa Cattolica.
Questi signori con sai, zuccotti e tonache rifiutano di sposarsi, rifiutano di procreare, rifiutano insomma di mettere in pratica gli stessi dogmi che vogliono imporre agli altri.
Una vecchia battuta di Daniele Luttazzi al riguardo diceva più o meno: "come fa a fare l'arbitro uno che non ha mai giocato a calcio?".
Diventate concreti alfieri di quella "famiglia" che neppure voi volete, e poi forse ne riparliamo.
Per adesso, avete la stessa credibilità di un baro che protesta perchè sta perdendo a poker.
martedì, febbraio 13, 2007
Chiesa Cattolica: sempre indietro di almeno cinquant'anni!

venerdì, febbraio 09, 2007
Buone, piccole cose per iniziare il 2007/2
E' una gran bella notizia, anche se è solo un primo passo e da qui all'approvazione il rischio di una reazione liberticida è assai concreto.
Io sono molto contento che lo Stato laico si interessi degli affetti, e li consideri come un valore da riconoscere e da tutelare.
Sono molto contento che la ministra Rosy Bindi abbia collaborato alla stesura di un testo così civile, e si sia dimostrata molto più laica di (ad esempio) un Rutelli, del cui passato radicale e libertario comincio ormai seriamente a dubitare (ricordo che lo fosse, ma forse è un inganno della memoria).
Certo, ci sono cose migliorabili. Ma è un passo importante, e poi bisogna tener conto della potenza di fuoco di quel bubbone retrogrado che ospitiamo sulle rive del Tevere, e della arretratezza culturale della Casa della Libertà-de-farmi-li-cazzi-miei, che su queste cose è dannatamente fascista/buttiglionista.
Buttiglione...stamattina, in una breve intervista radiofonica, lo sentivo accusare il governo di ipocrisia, perchè avrebbe introdotto con un gioco di parole un matrimonio di serie B. Che faccia di tolla!!! Avesse mai mosso un dito, quando era al governo con i suoi amici di parrocchietta, per aiutare chi vive in quelle situazioni, 'sto cattolico da operetta!
La seconda buona notizia di oggi è che, in Palestina, dopo settimane di guerra intestina e fratricida che mi hanno portato a credere che il futuro del popolo palestinese fosse ormai perduto per sempre anche senza l'aiuto di Israele, Hamas e Al Fatah hanno firmato un patto di unità nazionale. Forse i fucili palestinesi smetterannno di sparare contro i palestinesi. Forse.
martedì, gennaio 30, 2007
PACS
Ad esempio, i PACS: io credo che per chiunque sia normale, ormai, vedere persone che SI VOGLIONO BENE, si attraggono, vogliono condividere un pezzo del proprio percorso di vita, e si uniscono in una forma che non sarà forse definibile "famiglia" in senso stretto, ma è COMUNQUE un nucleo forte di affetto, di solidarietà, di vicinanza che qualunque Stato, ma anche qualunque persona di buonsenso, dovrebbe incoraggiare, sostenere, riconoscere.
Ed invece, no. Si guarda a questa aggregazione con sospetto, si chiede che il legame abbia una durata ed una solidità che nessuno si sognerebbe mai di chiedere ad un matrimonio normale, si colpevolizza, si indica col dito accusatore...
E che lo faccia la Chiesa medievale e retrograda, passi...che osino proferir parola sull'argomento anche gli ipocriti sepolcri imbiancati pluridivorziati del centrodestra (uno come Casini che parla di valore della famiglia, pensa te...), passi...ma che lo faccia gente che dovrebbe rappresentare la parte migliore e più illuminata del paese, è veramente triste.
E che il nostro Presidente dica che "bisogna tener conto delle indicazioni della Chiesa", è davvero un altro colpo basso alle speranza di emancipazione laica di questo paese dal dannato vincolo rappresentato da quegli insopportabili 0,44 chilometri quadrati nel cuore di Roma.
venerdì, marzo 10, 2006
Liberiamo la scuola (dalle religioni e dalle merci)
La Chiesa Cattolica cambia strategia, nell'occupazione di questo malandato paese.
"Se nelle scuole ci sono studenti musulmani, non vedo perchè non si possa insegnare la loro religione, anche senza reciprocità", afferma il cardinale Renato Raffaele Martino.
Sembra un'apertura, ma se la guardate bene è una santa alleanza contro il laicismo. E contro la scuola, che da ossatura del processo di costruzione di un bravo cittadino di uno stato laico si sta trasformando in un supermercato delle cazzate, in cui ognuno pretende di vendere il suo prodotto.
Ed ecco il moltiplicarsi dei particolarismi: l'ora di religione cattolica, quella di corano, il teatro, il dialetto... di tutto e di più in un contesto in cui la deriva verso l'ignoranza, verso la perdita di quella "cultura di base uniforme e diffusa" che dovrebbe cementare ed unire i cittadini di un paese, si fa ogni giorno più visibile.
Allora, caro Cardinale, si faccia gli affari suoi. Se si vuole insegnare il Corano, le famiglie musulmane pagheranno i costi dell'insegnamenti in sedi e luoghi che non siano la NOSTRA SCUOLA. Ma non ho una posizione antiislamica: è ora che anche lei porti FUORI DALLA SCUOLA LAICA la sua religione. Che è libero di professare ovunque e dovunque, nei modi in cui crede, ma che è un fatto privato, che non può e non deve essere finanziato dai soldi pubblici.
Questa mattina c'è una splendida intervista a Emma Bonino sull'argomento, su Repubblica (in versione cartacea, ma se e appena la mettono on line ve la linko).
Le sue parole sono ossigeno, aria pulita, speranza e sogno per noi laici in queste terre sempre più occupate dalle ombre tetre dei fondamentalismi.
Update: il testo dell'intervista alla Bonino è apparso sulla rassegna stampa del sito www.radicali.it, lo potete trovare qui.
giovedì, febbraio 02, 2006
Minus habens sarà lei, Cardinale!
Appartenendo a questa categoria, mi sono sentito colpito.
L'ateo? "Un pover'uomo, o una povera donna, che deve rassegnarsi ad una vita senza speranza, non potendo contare sulla vita eterna." Segue un'altra frase di commiserazione, da cui risulta evidente che - per il Cardinale - NOI siamo persone da compatire.
La mia prima reazione, quella interiore, è stata molto rozza e volgare, e non merita di essere pubblicizzata.
Quel che tristemente vorrei far notare è che la deriva ideologica (e aggressiva) della Chiesa Cattolica prosegue senza sosta, e che in queste considerazioni sugli ALTRI (che sono ovviamente poveretti, tristi, infelici: INFERIORI) è contenuto un germe di discriminazione pericolosissimo.
Poletto mi indica ai cattolici (e mi auguro che ben pochi lo ascoltino) con la sua faccina colma di pietà e commiserazione, dicendo che sono inferiore a loro.
Mi auguro che domani non prosegua su questa strada, magari suggerendo ai bravi cattolici di cacciarmi, dopo aver segnato la mia porta di casa con una croce bianca.
giovedì, novembre 24, 2005
Per una Chiesa moderna/1
Forse è proprio solo un problema di vicinanza, ma io - che ho un sacco di problemi quotidiani, primo fra tutti quello di limitare tutti i mesi il rosso in banca - sono abbastanza infastidito dal continuo strombazzare dei nostri confinanti vaticani su ogni argomento possibile ed immaginabile. Essendo io convintamente ateo, sto iniziando a detestare la Chiesa Cattolica quasi più di quanto non sopporti certi imam dalla sciocchezza facile.
Insomma, il rischio di una crescita dell'anticlericalismo, paventato in questi giorni, diventerà certezza se ogni mattina un vescovo continuerà a dirci qual è l'unico modo giusto per fornicare, innamorarsi, cucinare l'impepata di cozze e lavarsi i denti.
Sul fornicare, poi...sulla famiglia, poi...insomma, farsi dire le cose da gente che NON NE SA NULLA...è proprio il massimo.
Veniamo comunque alla prima proposta pratica: la Chiesa Itinerante. L'idea è quella che, da alcune migliaia di anni, a buona parte della popolazione mondiale è negato il privilegio di convivenza ravvicinata con il Pontefice e la sua corte.
Questa, ne converrete, è una cosa alquanto ingiusta. Si aggiunga che - come dicevamo - l'ingerenza cattolica nel nostro paese sta producendo effetti di saturazione e reazione allergica, mentre altri popoli del mondo - poverini - non riescono invece, per ragioni di distanza, a udire bene il messaggio di Santa Madre Chiesa.
La proposta è quindi di rendere stato itinerante la Città del Vaticano con i suoi abitanti (dal Primo all'ultimo). Non è un problema trovare, nel mondo, uno spazio a tempo di 0,44 kmq per circa mille persone. Poichè è doveroso rispettare i tempi lunghi della Chiesa, si può proporre, per il prossimo millennio, uno spazio nella periferia di Washington (acquistato o preso in affitto dalla Chiesa USA, se ha conservato qualche spicciolo dopo i rimborsi miliardari in seguito ai processi per pedofilia).
La sintonia con i locali neocon garantirà di certo una piacevole permanenza in loco.
Per la sede successiva (anni 3005-4004) ci si può pensare con calma, ma l'Africa mi sembra una sede adatta per stimolare un corretto ritorno alle origini (Alex Zanotelli potrà sicuramente consigliare qualche sito adatto).