mercoledì, dicembre 31, 2008

AUGURI

(Questo post è praticamente lo stesso del 2006. Le uniche differenze rispetto ad allora stanno nel fatto che la mia vita è cambiata - e sta cambiando - radicalmente, e che quest'anno c'è un sacco di neve, nonostante il 2008 sia comunque stato - da queste parti - il settimo più caldo negli ultimi 250).

Auguri a questo paese sempre più stanco, impaurito ed isterico: ammesso che siano ancora utili, gli auguri.
Auguri a quelli che non stanno bene, e si affidano con fiducia alla sanità pubblica, finchè ci sarà.
Auguri a quelli che sono senza soldi, e scoprono che - smontando pezzo a pezzo tutti i falsi bisogni a cui siamo quasi tutti incatenati - forse si può trovare una via alla felicità (o almeno alla serenità) anche col portafoglio vuoto.
Auguri a quelli che stanno pensando intensamente ai propri amici, ai propri cari, e sfruttano questo periodo per rinforzare i legami spruzzandoci sopra dosi consistenti di affetto, di amicizia e di calore.
Auguri a quelli che sono cortesi, che riescono a mantenersi gentili anche in questi tempi di barbarie, a quelli che danno una mano agli altri nelle case e nei luoghi di cura, a quelli che stanno in piazza al freddo con i banchetti per qualsiasi motivo.
Auguri a quelli che costruiscono, con le mani e con le parole, un mondo in cui sia ancora possibile stupirsi come bambini.
Auguri a quelli che sorridono, che si emozionano, che muoiono in pace.
Auguri a chi vive la guerra, la povertà, la miseria, la solitudine: sperando di incontrarli, di esser loro vicini in qualche modo.
Auguri a chi prova a fare qualcosa di concreto per l'uomo: mi vengono in mente Don Ciotti, Ernesto Olivero del Sermig, l'arcivescovo Tettamanzi, Gino Strada, Roberto Saviano, Giancarlo Caselli, Raffaele Guariniello, gli amici di Progetto Continenti...; ma per fortuna nostra sono così tanti (conosciuti o no, non ha alcuna importanza) che è impossibile nominarli e ricordarli tutti.

Auguri.

mercoledì, dicembre 24, 2008

Il nostro Natale è altrove

Ogni giorno di più si allarga la distanza tra quel che sentiamo di essere, consapevolmente, e l’immagine del mondo che ci viene fornita da voi, gente di potere.

D’accordo: siete imbattibili, onnipotenti, avete conquistato le menti ed i cervelli della gente; la vostra capacità di raccontare menzogne e diffondere miti è ormai inarrestabile.

E nemmeno ve ne accontentate: volete di più, un potere assoluto ed indiscusso, totale, esteso ad ogni ambito della vita altrui.

Fate, nelle vostre vite, quel che volete, senza pudore e senza limite: ma ci perseguitate e ci opprimete nelle nostre vicende più intime, impedendoci di morire quando dobbiamo, intimandoci di nascere quando non possiamo, impedendoci di amare chi, quando, come vogliamo.

Non abbiamo i mezzi per combattervi: non per ora, non siamo ancora abbastanza grandi di numero da poterci liberare di voi, perché troppi sono ancora sensibili alle vostre sirene, alle vostre lusinghe, ai vostri telegiornali zeppi di sorrisi e di luminarie scintillanti.

Ma abbiamo ed affiniamo gli strumenti per difenderci: usiamo la tecnologia per conoscerci e avvicinarci gli uni agli altri, non – come vorreste voi - per allontanarci dalla vita reale, per costruire realtà virtuali in cui disinteressarci di quella vera.

Rifiutiamo le verità preconfezionate e amiamo il dubbio, la fatica del capire, lo sforzo di approfondire: i vostri slogan, che puzzano di bugia, ve li rimbalziamo addosso.

Siamo curiosi e non abbiamo paura dell’altro: ci attrae la diversità, la differenza, che affrontiamo senza specchi deformanti, senza miti, e con profondo rispetto.

Ci piacciono le storie e le favole, e tutte le arti che ci consentono di ascoltarle e raccontarle: rifiutiamo solo quelle che ci raccontate voi.

Siamo umanamente imperfetti, ma siamo i modelli di noi stessi, e non ci interessano quelli che ci propinate voi, patinati e “di successo”.

Adottiamo una scala dei valori antica e vicina all’uomo, ed ai nostri bisogni essenziali non potranno mai rispondere le vostre merci: non ci interessa comprarle, e non potete comprarci con esse.

Per questi motivi, nel vostro Natale non ci siamo, non siamo nemmeno rappresentati.

Il nostro Natale è altrove: nel ritrovarsi ancora, in silenzio e senza chiasso, intorno ad un desco sobrio e sereno, con le persone che amiamo.

Nel pensiero forte costantemente rivolto agli amici che lottano (contro la malattia, contro il dolore), ed hanno bisogno del nostro calore e della nostra vicinanza.

Nel sorriso che ci fiorisce sul volto pensando a quante persone meravigliose ci sono intorno a noi, ed a quanto possiamo – e dobbiamo – fare insieme per propagare l’eguaglianza, la giustizia, il rispetto, l’attenzione di cui godiamo quotidianamente, affinché tutti possano goderne, e far parte della stessa, vera comunità umana.


Un augurio speciale, quest'anno, a tutti coloro che fanno o faranno parte in futuro (speriamo molti!) della Compagnia di Collevecchio.:-)

lunedì, dicembre 22, 2008

Filumena Marturano, o del riscatto necessario

Venticinque anni di silenzio, di umiliazioni e di sottomissione a don Mimì Soriano, che l'ha portata via dalla casa di appuntamento in cui lei lavorava (e di cui lui era cliente assiduo, ovviamente).
Senza però darle mai dignità di moglie.
Filumena, bella e ruvida popolana, tace e sopporta, ma giunge il giorno del riscatto, anche se lo strumento adottato è l'inganno.
Si finge morente, e con l'aiuto di un prete costringe don Mimì a sposarla sul letto di morte.
Poi risorge, e la commedia (o meglio, il dramma) inizia da qui.
Dal furore di Mimì per essere stato ingannato; e dal lungo monologo di Filumena che spiega la sua scelta, rivendicando il dovere di emanciparsi da una realtà umiliante e insostenibile.
E gli rivela dei tre figli (ormai grandi) allevati rubando il denaro, giorno dopo giorno, al ricco pasticcere Soriano.
Uno solo è figlio di Mimì, concepito nell'unica notte in cui Filumena, nella sua triste vita precedente, si diede a lui per vero amore (senza che lui lo capisse: e pagò, come sempre, quel che invece era un dono).

Mimì, a questa rivelazione, è doppiamente furente: ha buon gioco, con il proprio avvocato, a rendere invalido il matrimonio, generato dall'inganno. Filumena, che ha convocato nella casa che credeva finalmente sua i figli fino ad ora ignari delle proprie origini, se ne va per essere accolta presso uno di loro (colui che ha il presente più precario e difficile: un lavoro operaio, una famiglia numerosa).

Ma Soriano è costretto poi a capire, ad arrendersi, a piegarsi alla caparbietà di questa donna disperata ma orgogliosamente inflessibile.
La cerca, la implora, si umilia.
E' costretto ad accettare il matrimonio, che questa volta si svolgerà alla luce del sole, e dare a Filumena la dignità che esige.
Si rassegna a non poter conoscere mai quale, tra i tre figli di Filumena, sia il suo: lei non glielo dirà mai per evitare che lui ignori e disprezzi gli altri due.
"I figli so' figli", e basta: senza condizioni. Dovrà voler bene a tutti e tre (e vani saranno i suoi comici tentativi di identificare suo figlio sulla base delle attitudini dei tre: e irresistibile sarà il suo commento desolato dopo una straziante versione corale di "Munasterio 'e Santa Chiara": "Dio, non è possibile: non credevo esistessero dei napoletani che non sanno cantare!").

E alla fine, Mimì si inginocchia di fronte a questa donna - esausta - che lo ha vinto, e ne riconosce la grandezza: e le dichiara, finalmente, l'amore che merita.

Luca De Filippo, invecchiando, evoca sempre di più il padre (anche se non avrà mai l'impressionante e scavata magrezza): la sua recitazione è asciutta e sorniona, brillante e doverosamente cinica (nel corso del primo confronto con questa donna che esce dal suo ruolo di decennale sottomissione).
Lina Sastri è una Filumena che lotta, rivendica i suoi diritti generati dall'amore e rivela l'ingiustizia della vita (anche delle leggi, che non tengono conto dei sentimenti): commovente e struggente, ma purtroppo spesso impenetrabile per chi napoletano non è, a causa della durezza e della velocità dell'eloquio autenticamente popolano.
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Filumena Marturano

di Eduardo De Filippo
con Lina Sastri, Luca De Filippo
e con Nicola Di Pinto, Antonella Morea, Giuseppe Rispoli
Gioia Miale, Daniele Russo, Antonio D’Avino
Chiara De Cresenzo, Carmine Borrino, Silvia Maino
regia Francesco Rosi
scene Enrico Job
luci Stefano Stacchini
costumi Cristiana Lafayette
Teatro di Roma

venerdì, dicembre 19, 2008

Io, se fossi Veltroni

Io, se fossi Veltroni, avrei chiesto ai parlamentari del PD di votare compatti PER concedere l’autorizzazione a mettere agli arresti domiciliari il deputato Margotta.

Io, se fossi Veltroni, avrei chiesto alla Jervolino di dimettersi immediatamente, dopo l’arresto di due assessori della Giunta (perché so – o almeno spero - che un Soru, un Chiamparino, un Cacciari avrebbero fatto così).

Io, se fossi Veltroni, avrei sospeso dal PD Bassolino e tutti gli indagati, come misura cautelativa e di salvaguardia della credibilità del partito, fino al termine delle indagini.

Io, se fossi Veltroni, avrei fatto dimettere tutti i rappresentanti del PD dalla Commissione di Vigilanza della RAI, non appena mi fossi reso conto che Villari non se ne sarebbe mai andato.

Io, se fossi Veltroni, avrei intimato a tutti gli eletti e – soprattutto! – a tutti i nominati del PD a qualunque carica di NON andare più in televisione. I luoghi deputati a far politica devono tornare ad essere le istituzioni, le piazze, i circoli: i luoghi in cui si esercita la politica per legge e per elezione, e in cui si risponde direttamente alle persone, rispettandone il mandato e guardandole negli occhi.

Io, se fossi Veltroni, chiederei agli esponenti del PD, quando sono liberi da impegni istituzionali, di essere presenti con costanza nei mercati rionali, davanti alle fabbriche, agli uffici postali, alle scuole, agli ospedali. Dove le persone esistono, soffrono, combattono la vita dura di tutti i santi giorni, e spesso sono sole di fronte alle fatiche, al dolore, alle difficoltà. Lontani, dietro uno schermo, in un salotto televisivo, non servono a nulla.

Io, se fossi Veltroni, non rinuncerei al sogno di un mondo diverso da questo, perché mi renderei conto che in giro ce n’è un bisogno disperato e fortissimo, e non mi rassegnerei a leggere la crisi come un incidente, ma come un effetto consequenziale di un sistema folle, ingiusto, iniquo, inaccettabile da un punto di vista etico.

Io, se fossi Veltroni, mi chiederei perché quell’immenso capitale umano che era apparso dalle nebbie un anno fa, fatto di persone splendide, di giovani che si appassionavano per la prima volta alla politica, della parte sana del paese rimessa in movimento sul cammino della speranza, sia stato dilapidato, distrutto, disperso, ingannato.

Io, se fossi Veltroni, mi accontenterei di un PD piccolo, che rinuncia al palcoscenico mediatico controllato dal Grande Burattinaio. Un PD magro ma sano, che rinuncia al potere se non sa gestirlo in modo corretto. Un PD che generi orgoglio, senso di appartenenza, fierezza, e – si, accidenti! – superiorità morale rispetto al disastro etico che abbiamo davanti agli occhi.

Ma io non sono Veltroni, e sinceramente cosa sta facendo Veltroni io non riesco più a capirlo da un po’.

Peccato.
Un’occasione perduta, e con gravissimo danno per ogni operazione del genere che si volesse tentare in futuro.

Non sarà più possibile farci credere che il nuovo mondo sarà semplicemente una nuova release del vecchio;e che sarà un leader nato dal vecchio mondo a condurci fuori dalla palude.

mercoledì, dicembre 17, 2008

La Compagnia di Collevecchio


Uffaaaaaaaa, avrò iniziato 'sto post almeno tre volte e per tre volte l'ho cestinato, insoddisfatto.
La distanza tra le emozioni che ho provato nello scorso weekend e le parole che so usare per descriverle è sempre troppo grande: detesto questa mia incapacità di trovare le parole adatte, detesto correre il rischio di banalizzare nella cronaca qualcosa che invece è vita, è evento che scava a fondo dentro me stesso, è passaggio cruciale.

E' anche vero che la ritrosia a dire parole che reputo insufficienti mi sta creando grossi problemi: le parole mi si stanno intasando dentro, e se non le butto fuori in qualche modo - anche sbagliate, anche confuse - rischio di ritrovarmi dentro un casino emozionale simile a quello del deragliamento di un treno, quando tutti i vagoni si intruppano disastrosamente dietro il locomotore che improvvisamente interrompe ed ostacola la corsa.

E allora via, lascio esondare l'anima, e sia quel che sia:-)

Lo scorso weekend...è iniziato, in realtà, un sacco di mesi fa.
Qui, nella blogosfera.
Molte persone hanno iniziato, per un puro moto dello spirito, per autentica esigenza interiore, a seminare parole. E, con esse, idee; e con esse emozioni.
La presenza di quei semi ha portato altre persone (spontaneamente, senza nemmeno pensarci) ad accudirli, ad innaffiarli con altre parole, a seguirne la crescita.
Il tutto è avvenuto con lentezza, con semplicità, senza alcuna ansia.
E poi è accaduto che, dopo un po', le persone che - senza mettersi d'accordo preventivamente - avevano partecipato collettivamente alla semina ed alla cura di quanto seminato, abbiano sentito la voglia di vedere - insieme - il primo frutto di questo lavoro.
E di vedere dal vivo l'immagine dei propri compagni di lavoro, costruita come un puzzle usando le parole che ci si è scambiati nel tempo.

Lo scorso weekend...ufficialmente, siam partiti da diverse parti d'Italia per confluire sul convento di Sant'Andrea, in Sabina, e conoscerci.
Dal punto di vista della cronaca, siam saliti su treni ed auto, abbiamo viaggiato per alcune ore e poi ci siamo incontrati.
In realtà, abbiamo scoperto quel che sapevamo già: che ci conoscevamo tutti da tempo, ed assai bene.
Arricchire con le immagini e con i suoni della nostra fisicità quel che già sapevamo gli uni degli altri, è stato un dono reciproco di gioia e di meraviglia.

Un dono imperdibile, in ogni suo aspetto.
Ad esempio, stare lì seduti in silenzio, in una tensione carica di commossa attenzione, ad ascoltare Daniele, che recitava con un coinvolgimento senza pari i suoi versi, al contempo spietati e grondanti di amore per l'uomo, ci ha resi già vicini ed eguali sin dalle prime ore.
Condividere quel turbamento, quegli occhi lucidi, quella voglia di reagire con rabbia ed amore al disastro che ci circonda è stato meraviglioso.

Come non avremmo mai smesso di ascoltare Ermanno dei Boschi, che con il suo linguaggio pacato racconta incessantemente storie, aneddoti, incontri con grandi personaggi, e sotto sotto ti dici che non è possibile che abbia meno di 200 anni, perchè un simile volume di esperienza, di vissuto, di emozioni richiede un tempo immenso, incrociato ad uno sconfinato amore per la vita.

Poi la mitica Artemisia, accompagnata dal simpatico consorte killer di particelle:-), che sembra una ragazza e per fortuna lo è davvero, per la freschezza del suo cuore comunicata al mondo con quel meraviglioso accento fiorentino...

E poi c'erano ovviamente Angela e James, belli e sorridenti padroni di casa, che irradiano una quantità incredibile di energia, luce, calore, anche se la bolletta a tratti è resa carissima da terrificanti sprazzi di humor inglese:-)))

Ma poi c'eravamo tutti noi, ognuno di noi unico e splendido a suo modo, e non faccio altri nomi perchè vorrei e dovrei raccontare di tutti, ma qui non mi sento ancora capace di farlo: ed ognuno di noi sapeva di essere lì senza maschere, senza ruoli, senza nulla a nascondere l'anima o a proteggerla.
Ed ha messo in comune quel che aveva di meglio: se stesso.

E poi c'era questo luogo suggestivo e bellissimo, in cui noi torinesi siamo arrivati attraversando una nebbia fittissima e - probabilmente - un varco spazio-temporale; è l'unica ragione che spieghi il nostro ritrovarci, all'improvviso, in un altro mondo: il mondo che vorremmo.

Anche il tempo sembrava fluire con maggior lentezza, per dare la possibilità di colmarlo il più possibile con quel che avevamo da condividere: sembrava di esser lì da sempre, perchè ogni attimo trascorso insieme era intenso, denso, importante.
Come il Tevere pochi chilometri più a sud, anche il flusso di emozioni nella nostra anima ha superato dolcemente gli argini...

E il sole, per l'intero weekend, ci ha accompagnati lungo i crinali, ad ammirare i profili morbidi delle colline oltre il Soratte.

Quando ci siamo salutati, per iniziare il ritorno, tutti abbiamo avuto la stessa impressione: è stato solo l'inizio, il ritrovarsi ad un crocicchio per continuare a camminare insieme.
Se questa storia la scrivesse Tolkien, saremmo adesso al punto in cui si è appena costituita la Compagnia di Collevecchio: l'avventura è dunque appena iniziata, i compagni di viaggio hanno appena iniziato a discutere la destinazione.

giovedì, dicembre 11, 2008

Un altro 12 dicembre


Domani, ovviamente per chi mi legge, sarò in piazza con la CGIL e andrò alla manifestazione di Torino. Il settore produttivo (produttivo?:-)) al quale appartengo farà otto ore di sciopero, e la mazzata sul portafoglio si farà sentire: ma non ho il benchè minimo dubbio sulle ragioni dello sciopero e sulle proposte che stanno alla base dello stesso (è, per così dire, il "minimo sindacale" che un'organizzazione dei lavoratori possa fare in una situazione come questa).

Quel che mi sembra sballato è lo slogan della manifestazione: "contro la crisi", come se la Crisi fosse un soggetto proprio, una variabile indipendente, o addirittura un accidente, qualcosa di simile ad un evento atmosferico.
Come se la Crisi non fosse il frutto ovvio e consequenziale di un sistema basato sulla rapina, sullo sfruttamento e sul profitto.
Come se la Crisi non fosse, invece che una disgrazia caduta dal cielo, una opportunità storicamente irripetibile in tempi brevi per ragionare su come diavolo stiamo vivendo: un salutare stop collettivo a miti scaduti e scadenti.
Una occasione per uscire dal percorso obbligato "sviluppo=aumento dei consumi", dal mito del PIL e del progresso infinito.
So che non posso pretendere un simile sforzo dal sindacato: per la sua ragion d'essere, per il suo statuto, per la sua storia, non ha necessariamente il compito di definire un progetto per un mondo nuovo.
Non si può chiedere alla CGIL di supplire all'assenza di un progetto politico alternativo alla deriva etica ed umana di questo paese: dovrebbero farlo altri soggetti, ma sono troppo impegnati a osservarsi l'ombelico per poter alzare lo sguardo e immaginare un futuro diverso.

Il 12 dicembre...sono quasi quarant'anni da Piazza Fontana: una strage senza colpevoli, dopo sette processi, con i parenti delle vittime obbligati a pagare le spese processuali.
Quando frequentavo le superiori, e costituivo il 50% della cellula anarchica del mio ITIS :-), in quel giorno mi ritrovavo sempre in piazza con i compagni, dietro le bandiere nere con la A cerchiata, a sfilare per ricordare quel che non andrebbe mai dimenticato.
Il problema è che, con il passare del tempo, abbiamo così tante cose nuove da ricordare che rischia di non rimanerci più il tempo per sognare.



giovedì, dicembre 04, 2008

Fantastici!

“Il ministro dell'Interno propone di estendere ai centri culturali islamici sospettati di fare proselitismo terroristico la norma della legge Mancino che consente al Viminale di sciogliere le associazioni che fanno propaganda razzista.”

Riassunto: siamo capaci di applicare il razzismo anche attraverso una norma antirazzista. Tiè!

Ci pensa lui

ROMA - "Regolamentare internet". Silvio Berlusconi, ispirato dalla visita al Polo tecnologico di Poste italiane all'Eur di Roma, parla di un sistema per dare delle regole al web. E di una proposta che il governo s'impegna a portare sul tavolo del prossimo G8, presieduto proprio dall'Italia. "Porteremo sul tavolo una proposta di regolamentazione di internet in tutto il mondo, essendo internet un forum aperto a tutto il mondo", ha annunciato.

Ho capito. Tra un po', oltre a dover tornare a combattere in montagna, dovremo pure recuperare i vecchi ciclostile ai mercatini delle pulci.

Pregiudizi

Solo nelle ultime settimane.
Le classi ponte, la negazione dell'assistenza sanitaria agli immigrati, ed ora:

Le parole di Maroni. In serata Maroni ha spiegato come il ministero abbia fatto una ricognizione completa sulle moschee esistenti in Italia. "Il ministero dell'Interno - ha detto Maroni - ha fatto una ricognizione completa sulle moschee esistenti in Italia.
Purtroppo non è mai agevole distinguere tra luoghi culto e luoghi in cui si svolgono altre attività, come anche reclutamento e la raccolta di fondi per finanziare il terrorismo e la preparazione di attentati". Maroni è poi intervenuto direttamente per difendere la moratoria: "Il Parlamento farà le sue valutazioni, ma dire no pregiudizialmente solo perché la proposta arriva dalla Lega è il solito balletto dettato dal pregiudizio ideologico".
La proposta di legge. Cota ha annunciato che la Lega presenterà una mozione parlamentare sull'argomento e ha anche fatto presente che esiste già "una nostra proposta di legge per la regolamentazione della costruzione di questi luoghi di culto di cui abbiamo chiesto la calendarizzazione in aula". In particolare, la proposta prevede che le moschee siano costruite solo con il permesso della regione interessata, se prima ci sarà stato un referendum sui cittadini che avrà dato esito positivo e purché vengano edificate ad almeno un chilometro di distanza da chiese o sinagoghe.

Dunque: la Lega vuole il privilegio del pregiudizio. Essa può diffondere odio, paura, razzismo, xenofobia, cacca nei cervelli, ma guai a "dire no pregiudizialmente alle sue richieste".
Bisogna entrarci nel merito, sembrano dire: ma se il merito è porcheria pura, non lo si può dire, perchè trattasi di pregiudizio. Sono diventati astuti manipolatori del linguaggio, come il Padrone.
Usano la "ragionevolezza" per far passare il peggio, per riportare in superfice i rifiuti tossici che ogni uomo nasconde in fondo alla propria anima ed al proprio cuore.
Sono "ragionevoli" come i due coniugi assassini di Erba, che in fondo volevano solo pulizia, silenzio, ordine: e dopo aver fatto quello che han fatto riescono a sorridere, a essere normali.

No, rivendico anch'io il diritto al pregiudizio. Verso Cota e soci: persone che usano la loro intelligenza e la loro capacità di linguaggio per raccogliere l'odio negli uomini ed eleggerlo a sistema.
Mi fanno schifo, pregiudizialmente.


martedì, dicembre 02, 2008

Accuratezza

Guardate il titolo di questo documento ufficiale ("Istruzione TENICA") emesso dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e...giudicate in che mani siamo.:-(


lunedì, dicembre 01, 2008

Ma quando dicono queste cose, che scopo hanno?

Il contenuto della notizia è talmente idiota che, a differenza di quanto faccio di solito, non posso astenermi dal considerarlo.

"Il Vaticano si oppone alla proposta di depenalizzazione universale dell'omosessualità, presentata all'Onu dalla Francia. L'osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Celestino Migliore, ha spiegato che l'Onu non deve depenalizzare l'omosessualità perché ciò porterebbe a nuove discriminazioni, in quanto gli Stati che non riconoscono le unioni gay verranno "messi alla gogna"."

Ora: è evidente (a parte l'errore di consecutio temporum, che non va ascritto al Monsignore ma al sito di Repubblica che ne sintetizza la dichiarazione) che quanto sopra riportato è un'opinione abominevole.

Provate a coniugarla in modo leggermente diverso, tipo:

"L'osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Celestino Migliore, ha spiegato che l'Onu non deve depenalizzare la pena di morte perché ciò porterebbe a nuove discriminazioni, in quanto gli Stati che applicano la pena di morte verranno "messi alla gogna".

oppure

L'osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Celestino Migliore, ha spiegato che l'Onu non deve depenalizzare il razzismo, perché ciò porterebbe a nuove discriminazioni, in quanto gli Stati razzisti verranno "messi alla gogna".

Insomma, questa non è una logica: è una porcheria.
Le ipotesi sono:
  • la notizia è falsa e viene diffusa per screditare il Vaticano: speriamo dunque che giunga una smentita;
  • la notizia è vera e questo è davvero il pensiero del Vaticano; speriamo allora che giunga, maledettamente in fretta, un nuovo e definitivo Diluvio Universale. Localizzato su una porzione del territorio comunale di Roma della dimensione di 0,44 chilometri quadrati, però.

Imperdibile

Mi riferisco all'articolo su democrazia e regime che Gustavo Zagrebelsky ha pubblicato su "La Repubblica" del 26 novembre (vi propongo però qui il link all'articolo ripubblicato su Megachip, che è formattato in modo più leggibile rispetto all'originale reperibile su Repubblica on line, ed integrato con link interessanti - vedi soprattutto la voce relativa a Robert Michels ed alla sua "ferrea legge dell'oligarchia").

Leggete con attenzione il passaggio relativo all'uguaglianza: ciò che, secondo Zagrebelsky, qualifica e distingue i regimi, e segna il passaggio dalla democrazia alla oligarchia.

E poi, parliamone: non smettiamo di rifletterci, di ragionare, di capire cosa sta davvero accadendo.