martedì, luglio 28, 2009

Calembour/2


INCOMPRENSIONI LINGUISTICHE
Il grande architetto piemontese Alessandro Antonelli, nel 1863, si sposò con una ragazza cinese.
Indispettita dal tempo che Antonelli passava nel suo studio, sottraendolo ai suoi doveri coniugali, la coniuge orientale si piazzava spesso fuori dalla pesante porta dello studio urlando: "Alessandlo, facciamo l'amole, facciamo l'amole!".
Antonelli, mosso a sincera compassione ma capendo fischi per fiaschi, la accontentò.

Calembour/1

Se Ivano si compra un sofà, si chiamerà "Divano d'Ivano?":-)

(omaggio ad Achille Campanile)

La crudeltà genera fantasmi

E così, dall'8 agosto, i cittadini stranieri dovranno mostrare il permesso di soggiorno per ogni atto di stato civile.
Matrimonio, morte e nascita.
Vuol dire che, dall'8 agosto, i figli dei clandestini - come i loro genitori - saranno fantasmi.
O figli altrui, di chi "esiste": potete venderli o regalarli, questa è la scelta che vi lascia la cattolicissima Italia ossessionata dall'integrità della famiglia.
Che razza di bestie sono, che razza di bestie siamo.

Il mondo di Horten

Cosa ti può portare, in una splendida serata torinese dall’aria tiepida e pulita, a rinchiuderti in un cinema per vedere una storia ambientata nel desolante inverno norvegese?

Forse è il bisogno di storie “normali”, quasi banali, che raccontino di persone dalle vite tranquille, dalle emozioni controllate e dalle variazioni meditate, ponderate.

Forse è la nausea da clamore, da “istigazione al successo”, forse è il bisogno di distanziarsi da modelli di uomini e donne che tutto propongono meno che l’accettazione pacata di se stessi.

“Il mondo di Horten” racconta la storia di un ferroviere che, dopo quarant’anni di vita regolata dagli orari e dalle abitudini, va in pensione e si concede finalmente il lusso di guardare con curiosità alla vita, e sperimentare le piccole trasgressioni che possono portarlo su strade sconosciute.

Così, in una Oslo fredda e piovosa e quasi sempre notturna, Odd Horten – ancora protetto dalla sua divisa da ferroviere, e guidato dalla sua pipa – inizia le avventure della sua nuova vita.

Nella sera in cui i colleghi macchinisti ne festeggiano l’addio al lavoro, tradito dal codice errato di apertura di un portone, si avventura su un ponteggio e, per errore, nell’appartamento di un famiglia, dove un vispo fanciullo lo costringerà a vegliarlo fino al mattino – venendo meno per la prima volta, proprio in quello che sarebbe stato l’ultimo viaggio, ai suoi doveri di conducente.

E poi incontra persone curiose e strane.

Un tenero e sfigatissimo uomo che continua a perdere e farsi regalare scatole di fiammiferi dalla signora venditrice di tabacco e pipe.

Un curioso soggetto che asserisce di essere diplomatico ed inventore, confondendo la sua identità con quella del fratello, che ha sviluppato la inconsueta abilità di guidare ad occhi chiusi la sua vettura (una Citroen DS, pura aliena nella capitale della Svezia), e morirà d’improvviso mentre ne dà dimostrazione a Odd, all’alba, lungo le strade deserte ed innevate di Oslo.

Odd ha un conto aperto con la sua vita: sua madre, che lentamente svanisce e si spegne senza parole nel corso della vicenda, è stata una delle poche donne saltatrici con gli sci, ai suoi tempi, contro il parere del padre e della maggioranza della società.

Odd sente che anche a lui manca un “salto”, per chiudere serenamente i conti con il proprio passato e poter iniziare un futuro diverso e libero.

Risolto simbolicamente questo bisogno, Odd abbandonerà la sua vecchia divisa e sarà finalmente pronto per lasciarsi andare all’amore e ad altri nuovi viaggi.

Nel film, splendide le scene del treno che viaggia attraverso paesaggi candidi di neve e silenziosi, con rare tracce dell’uomo in un paesaggio segnato quasi soltanto dalle rotaie innevate.

Oslo è quasi sempre deserta, nelle sue notti gelide e spazzate dalla neve e dalla pioggia.

Bar, stazioni, strade sono il palcoscenico vuoto su cui il placido Odd, dal baffo enigmatico, è libero di esplorare se stesso in uno spazio urbano privo di disturbi e di distrazioni, cosa che dovrebbe esser concessa ad ogni uomo ogni volta che la sua "normalità" è nelle condizioni di dover essere cambiata.

venerdì, luglio 24, 2009

Noi ci siamo

Il mondo, là fuori, frana tra oscene leggi contro l’uomo e contro la morale.

Uomini volgari e disgustosi ammiccano dalla TV dicendomi “in fondo siam tutti uguali, no? Tutti egualmente corrotti e corruttori , puttanieri, ladri, furbi, immorali”.

Sale da congresso colme di uomini-merda in giacca-e-cravatta, che amano autodefinirsi “classe dirigente e creatrice di ricchezza”, si riempiono di applausi e di sghignazzi solidali, condividendo l’idea di un mondo dove l’unica differenza tra le merci e le persone è nell’esposizione o meno del cartellino del prezzo.

Consessi istituzionali promulgano e diffondono con convinzione l’odio razziale e razzista: l’uomo, l’altro, è nemico per definizione, se non ha i soldi (pur grondanti sangue) per comprarsi una rispettabilità.

Un criminale che venda armi, che distrugga l’ambiente, che avveleni migliaia di persone, purchè sieda in un consiglio di amministrazione o faccia capire di essere molto pericoloso, vale molto più di un uomo onesto, e ottiene rispetto e genuflessione: e la sera con i suoi figli, destinati a brillanti carriere in un sistema scolastico nuovamente classista, non dedicherà nemmeno un pensiero alle non-persone che muoiono per garantirgli soldi e potere.

Non riusciamo più a batterli, costoro.

Non riusciamo più a liberare lo stato democratico, basato sulla Costituzione, dall’infezione che lo sta uccidendo, perché la stessa infezione è stata prima accuratamente diffusa nella testa della gente.

Siamo ormai una minoranza, noi che sentiamo ogni attacco all’uomo come un’offesa a noi stessi.

La stessa idea, oggi, di rivendicare un mondo giusto ed equo ci sembra eccessiva, oltraggiosa.

Persino l’idea di una normalità borghese e morale sembra ormai rivoluzionaria: va bene, diamo per scontato che il mondo sia fatto di privilegiati e di sfigati, ma almeno i privilegiati si comportino bene, usino il privilegio per diventare migliori, e migliorando il mondo aiutare quelli che sono sfigati.

Macchè, qui ormai “non si fanno prigionieri”: chi vince piglia tutto, non ha nessun obbligo, anzi si sente autorizzato a massacrare i vinti, a disprezzarli, a insultarli, a sfotterli.

Dobbiamo continuare a lottare contro gli occupanti indegni dello Stato, pur sapendo che è vano stare alle regole quando la controparte se ne infischia, ma contemporaneamente metterci fuori subito da questo gioco, per ritrovare la speranza.

Continuare ad aderire ad ogni progetto democratico volto alla salvaguardia dei diritti costituzionali, e nel contempo dimenticare “il buffone d’Europa”, la sua corte, i suoi spettacoli penosi.

Opprimeranno i poveri, i clandestini, i diversi? Si, certo, possono farlo. Respingerli, mandarli a morire, fare le cose più odiose. Non riusciremo ad impedirglielo, perché ormai hanno avvelenato il cuore e l’anima di questo popolo, nutrendolo di paura.

Ma nessuna legge di questo stato impazzito potrà mai impedirmi di sorridere a chi mi pare, portarmelo a casa, condividere con lui il pane, la vita; né potrà mai obbligarmi ad odiare qualcuno. E nessuno potrà impedirmi di creare, con gli amici, reti che continuino a considerare fratello ogni uomo che passa su questa terra, e nemico chiunque voglia fargli del male.

Se continuiamo ad essere noi stessi nonostante tutto, se resistiamo allo scoramento, se non ci adattiamo alla cattiveria imposta per legge, se conserviamo la capacità di amare, sorridere, sentire il prossimo, conserveremo questi semi preziosi per i tempi migliori che verranno, quando le leggi saranno di nuovo dettate dal rispetto per l’uomo e non dalla paura.

Spegneranno la voce ai blog? Ormai il dramma della disinformazione è già quasi completamente compiuto: siamo liberi di parlare, ma nel frastuono dell’idiozia nessuna delle nostre voci supera la soglia dell’udibilità. Ma nessuna legge potrà impedirci di ritrovarci, di continuare a parlarci e informarci e coltivare le idee e le speranze, e magari tornare a scrivere volantini e lettere e manifesti, da consegnare ed affiggere in modo clandestino, ci ridonerà antiche emozioni facendocele sentire come nuove.

Forse staremo di meno al pc e saremo costretti a tornare fuori dalle case per ritrovare l’uomo con maggior fatica ma anche maggior soddisfazione di oggi , per coltivare le relazioni in modo più antico ma non meno profondo, sostituendo il mouse con un bicchiere di vino e i forum con le osterie…chissà, magari non tutto il male viene per nuocere, e sarà obbligatorio trovarsi più spesso a Collevecchio…

Io vedo e sento intorno a me persone splendide, che non rinunceranno mai ad essere se stesse. Che lottano, non si rassegnano, che non vengono mai meno a se stesse. Le persone che amo ed a cui voglio bene, incontrate camminando nella vita o vagando nella blogosfera, e di cui oggi non voglio e non so più fare a meno, nonostante ogni tanto io abbia bisogno di silenzio per ritrovarmi e riprendermi (che luposelvatico sarei mai, altrimenti?).

Vorrei elencarle tutte per ringraziarle di esserci, ma so che rischierei di dimenticare qualcuno ed allora mi limito ad un immenso abbraccio collettivo, dedicando a voi ed a me questa bellissima canzone di Gaber. Vi voglio bene, ce la faremo.

Io come persona

di Gaber – Luporini (1994)

In un tempo di rassegnata decadenza
serpeggia la paura nascosta dall'indifferenza.
In un tempo così caotico e corrotto
in cui da un giorno all'altro ci può succedere di tutto.
In un tempo esasperato e incongruente
con tanta, tanta informazione che alla fine
uno non sa niente.

In un tempo tremendo in ogni parte del mondo.

In un tempo dove il mito occidentale
nel momento in cui stravince è nella crisi più totale.
In un tempo che è forse peggio di una guerra
dove gli ordigni nucleari pian piano invadono la terra.
In un tempo dove milioni di persone
si massacrano tra loro
e non sappiamo la ragione.

Io come persona
io come persona
io come persona, completamente fuori dalla scena
io come donna o uomo
che non avverte più nessun richiamo
io che non capisco
e che non riesco a valutare e a credere
io che osservo il tutto
con il sospetto di non sceglier mai, di non sceglier mai, di non sceglier mai…

In un tempo sempre più ostile allo straniero
tutti i popoli del mondo stanno premendo sull'Impero.
In un tempo indaffarato e inconcludente
si alza minaccioso il sole rosso dell’oriente.
In un tempo senza ideali né utopia
dove l'unica salvezza è un'onorevole follia.

In un tempo tremendo in ogni parte del mondo.

In un tempo dove tutto ti sovrasta
e qualsiasi decisione passa sopra la tua testa.
In un tempo dove il nostro contributo
la nostra vera colpa è solamente un voto.
In un tempo che non ti lascia via d'uscita
dove il destino o qualcuno ha nelle mani la tua vita…

Io come persona, io come persona
io coi miei sentimenti
coi miei traguardi quasi mai raggiunti
io con la mia fede che si disperde in infinite strade
io, stordito e spento, con lo gomento di dover assistere
io, confuso e vuoto, e rassegnato a non schierarmi mai
a non schierarmi mai, a non schierarmi mai

[parlato:] In un tempo tremendo piano piano ti allontani dal mondo, ma con fatica, senza arroganza, come un uomo sconfitto che riesce a vivere solo rifugiandosi nel suo piccolo mondo. Ma la salvezza personale non basta a nessuno. E la sconfitta è proprio quella di avere ancora la voglia di fare qualcosa e di sapere con chiarezza che non puoi fare niente.
È lì che si muore, fuori e dentro di noi. Sei come un individuo innocuo, senza giudizi e senza idee. E se non ti si ferma il cuore è perché il cuore non ha mai avuto la pretesa di pensare. Sei come un individuo impoverito e trasportato al capolinea, un individuo sempre più smarrito e più impotente, un uomo al termine del mondo, ai confini del più niente.

Ma io ci sono, io ci sono
io come persona ci sono, io come persona ci sono ancora
io coi miei sentimenti ci sono, io coi miei sentimenti ci sono ancora
io con la mia rabbia ci sono, io con la mia rabbia ci sono ancora
io con la mia voglia di cambiare ci sono, io con la mia voglia di cambiare ci sono ancora.

Io ci sono, io ci sono
io come persona ci sono, io come persona ci sono ancora
io con le mie forze ci sono, io con le mie forze ci sono ancora
io con la mia fede, io con la mia fede ancora
io come donna o uomo ci sono, io come donna o uomo ci sono ancora.

Io ci sono, io ci sono
io come persona ci sono, io come persona ci sono
io come persona ci sono, io come persona ci sono ci sono, ci sono, ci sono.