mercoledì, maggio 28, 2008

Scusate...

...ma ho le pile completamente scariche, e non riesco nè a pensare nè a scrivere, nè a rispondere alle mail interessanti che mi inviate, nè a rispettare gli impegni.

Appena mi riprendo, torno: promesso.

martedì, maggio 27, 2008

Non ho parole

Quel che accade nel paese mi sgomenta, e non ho parole per commentarlo.
D'altronde chi ha paura e vuole semplificazioni estreme non viene certo a leggere un blog fondato sul dubbio, sulla introspezione continua, sul bisogno di capire le cose nella loro essenza - e sulla consapevolezza che lo sforzo è quasi sempre vano, perchè della realtà si colgono solo piccole visioni soggettive ed ogni tentativo di astrarle in una visione organica fallisce: si possono solo condividere, ed è già molto.

Vi propongo allora, in assenza delle mie, le parole del post odierno di Viviana, in cui mi riconosco profondamente (si, nel senso più ampio: nel post di oggi, che contiene un saggio appello dei Giuristi Democratici, e nel suo blog in genere).

giovedì, maggio 22, 2008

Un libro: "Viaggio di una parigina a Lhasa"

Visto che sto riorganizzando la sezione dei "libri letti", qui a destra sotto la sezione "cose da leggere, cose da fare", aggiungendo un po' di informazioni in più per consentirvi di ritrovarli, per l'occasione vi regalo la recensione di un libro che mi è piaciuto moltissimo (e piacerebbe di sicuro ad Artemisia, che lo sta in parte evocando con il suo viaggio a piedi).

"Viaggio di una parigina a Lhasa", di Alexandra David-Neel (sottotitolo: "a piedi e mendicando dalla Cina all'India attraverso il Tibet")

A.D.N. nasce a Parigi nel 1868, ed il viaggio a cui si riferisce il libro inizia nell'ottobre del 1923 (quando lei ha cinquantaquattro anni!) e finisce due anni dopo.

Prima, giovanissima, lei è stata grande amica dell'anarchico francese Eliseo Reclus, scrittore e geografo, di cui divora le opere. Studia inglese, sanscrito e canto. Grazie ad una eredità può permettersi i primi viaggi: Ceylon, l'India. Con il canto (ha una bella voce da soprano) si guadagna da vivere e diventa una stella in Indocina, mentre non ha eguale fortuna in Francia. A Tunisi conosce Philippe Neel, di cui diviene l'amante: bello, scapolo, occhi azzurri, gran classe...un moderno Don Giovanni. Alexandra di giorno fa la cantante e la direttrice artistica, di notte ama Philippe, e ogni tanto va a Parigi dove è conferenziera e giornalista.

Nel 1904 si sposano, ma lei non riesce a perdonargli il suo passato libertino. Per non cadere nell'angoscia, lavora disperatamente: libri di filosofia, congressi, viaggi…si trasforma definitivamente da cantante a prestigiosa orientalista.

Nel 1911 parte per un viaggio in Oriente, senza sapere che lei e Philippe si rivedranno solo nel 1925!

India, Nepal, sono le mete di viaggi di studi e conoscenza che la rendono famosissima. Nel 1914 ingaggia Yongden, un ragazzo di quattordici anni, reincarnazione di un capo tibetano, figlio di un lama-mago (con poteri di provocare o arrestare la pioggia e la grandine) e lama lui stesso: condivideranno tutte le esperienze di viaggio insieme, fino alla morte di lui. Per seguirla, lui lascia la famiglia e rinuncia alla sua parte di eredità.

Mentre in Europa infuria la guerra, Alexandra desidera la solitudine: trascorre 20 mesi in Nepal in una caverna a 3500 m d'altezza con un capo spirituale tibetano, il Gomchem, imparando lingua, cultura e tradizioni del paese, e perfezionando i metodi di meditazione.

Ne esce con il nome di "Lampada di Saggezza", e intraprende un viaggio in Tibet, presto espulsa dagli inglesi che dominano il paese.

Va poi in Birmania e in Giappone, ma ne resta profondamente delusa. Anche la Corea è una delusione: sente la nostalgia del Tibet. Nel 1917 è a Pechino, da cui parte l'anno dopo (in una situazione che preannuncia la guerra civile) per arrivare in Tibet via Mongolia, percorre 2500 km a piedi. Visita fortezze e monasteri, si abitua a camminare per oltre quaranta km al giorno. Entra finalmente ed illegalmente in Tibet, ma nel 1921, mentre viaggia con il seguito, viene riconosciuta e fermata, nonché espulsa. Capisce l'errore: "ero prigioniera delle circostanze, dei domestici chiacchieroni, delle bestie e dei bagagli. Gli uni e gli altri ostacolavano la libertà dei miei movimenti, mi impedivano di fare perdere le mie tracce, di mischiarmi alla folla anonima".

Ci riprova nell'inverno, ma viene arrestata.

Passa i successivi tre anni a viaggiare a nord del Tibet, per "farsi dimenticare". Intanto impara le espressioni popolari, impara a mendicare, a dormire all'aperto: le prove generali per il "Grande Progetto", arrivare a piedi a Lhasa, la capitale del Tibet e città proibita agli stranieri.

Nell'ottobre del 1923 parte in sordina, quasi senza viveri, con il fido Yongden: è il Viaggio, finalmente.

Un viaggio clandestino, vestiti da mendicanti, senza poter dare nell'occhio: anzi, dovendosi nascondere per buona parte del tempo, per evitare l'arresto.

Un viaggio a piedi che all'inizio si svolge quasi esclusivamente di notte.

Per cibo, tè alla tibetana con burro di yak, e "tsampa", una farina da mescolare all'acqua.

Marce forzate, durissime, valichi a 5, 6, 7000 metri, spesso compiuti di notte: nevicate continue per settanta, ottanta ore. Fame, freddo, paura dei briganti.

Ma, soprattutto, paesaggi da sogno, da fiaba, che riempiono il cuore e l'anima: mai visti dai viaggiatori e spesso neppure dai locali (nessuno viaggiava, in Tibet, per il "piacere" di farlo).

Pian piano il travestimento da mendicanti diventa realistico e convincente, ed è più facile farsi ospitare, diventare completamente mimetici. Spesso chi ospita non ha da mangiare, e per dormire offre il tetto della propria abitazione esposto alla bufera!

Alexandra osserva, impara, scopre, non giudica mai, anzi: ritiene la sua conoscenza sempre troppo angusta, non è mai sazia di imparare. Le foreste, le montagne, le nevi sono affrontate con umiltà, commettendo errori che spesso rischiano di essere fatali, ma con la stessa umiltà viene posto rimedio, si ripercorrono strade al contrario, si ammette di aver errato, si fa tesoro dell'esperienza. Anche le persone incontrate (poveri pastori, pellegrini, lama) sono viste come eguali, anche se a volte è difficile, per un animo europeo, sopportare (e condividere) il dormire direttamente sullo sterco congelato o mangiare carne putrefatta.

Il viaggio è soprattutto un'esperienza di crescita interiore, la scoperta di sé e dei propri limiti, e delle risorse che si sanno trovare dentro di sé quando è necessario e la situazione sembra disperata: non essere soli è importante, ma ognuno trova dentro di sé le risorse per continuare.

Arrivati a Lhasa senza essere scoperti, ci restano per due mesi a osservare, a vivere la Città Proibita: poi, senza alcun intoppo, nel giro di alcuni mesi raggiungono la frontiera indo-tibetana.

L'impresa le dona una enorme popolarità. Tornata in Europa, scrive decine di libri sulla cultura tibetana, tiene conferenze, scrive romanzi. Continua a viaggiare e scrivere per anni: Cina, Russia, ancora in una Cina sconvolta dalla guerra: il viaggio per visitare i monasteri si trasforma in una fuga (a piedi e in treno) che dura sedici mesi: perde tutto, resta in Cina per anni.

Nel 1941 Philippe muore, nel 1946 Alexandra ritorna in Europa per sempre.

Nel 1955 muore Yongden. Alexandra lavora moltissimo scrivendo libri anche negli ultimi anni, anche se verso la fine è quasi cieca ed immobilizzata su una sedia a rotelle: ma quando muore, nel 1969, ha 101 anni.

Le sue ceneri, con quelle di Yongden vengono disperse nel Gange.

I provvedimenti del governo: sintesi

"Ce la pigliamo coi poveri e gli stranieri, embè? Mica vorreste che ce la pigliassimo con la camorra e la mafia, o con gli evasori fiscali? Quella è roba seria..."

mercoledì, maggio 21, 2008

Gomorra

Quando lessi il libro di Saviano, oltre un anno fa, rimasi agghiacciato, come era giusto che fosse per un cittadino del nord ancora convinto che le mafie fossero un fenomeno nascosto, che condizionavano la realtà ed interagivano con essa, ma facendo in modo che la realtà (una parvenza di normalità) esistesse ancora.

Invece no, la scoperta che le mafie in Campania non sono "altro", ma LA realtà esistente (tutto il resto è sempre più, ormai, resistenza e testimonianza) mi sconvolse.

L'immagine delle mafie che fornisce Davide Mattiello di "Libera" è anch'essa agghiacciante: una immensa pozza putrida, piena di uova e di larve che continuano ad essere depositate, mentre lo Stato (la Magistratura) tenta disperatamente di schiacciare alcune delle zanzare più grandi tra quelle che hanno preso il volo.
Il problema è asciugare la pozza.
Nella pozza ci stanno anche quelli per cui Saviano è un personaggio pericoloso, per cui "è meglio che non affitti casa qui che se l'ammazzano ci rovinano tutto l'edificio, hai presente Borsellino..."

Quando andai in Brasile, nel 1989, in un viaggio di conoscenza con una ONG, ed incontrai sindacalisti della Fiat Brasile, rappresentanti dei contadini senza terra, missionari in lotta contro gli eserciti privati dei fazenderos, ognuno di loro si sentiva "marcado para morrer", ovvero ben in alto sulla lista dei condannati dagli squadroni della morte.

Mi sembrava una realtà assurda, spaventosa.
E invece, l'Italia di oggi assomiglia troppo al Sudamerica di allora (che forse oggi è migliorato, non lo so; il Presidente Lula allora era soltanto un leader sindacale amato dalle masse): un potere centrale folcloristico, sputtanato, che si esercita secondo canoni meramente televisivi, ed un controllo del territorio (di una parte eccessiva del territorio nazionale) in mano ai contropoteri criminali, che hanno le proprie liste di "marcado para morrer" piene di nomi di onesti servitori dello Stato e di rappresentanti della (residua) società civile...

martedì, maggio 20, 2008

Casalborgone


Casalborgone, originally uploaded by luposelvatico.

Questo è il paese in cui vivo (prove tecniche di pastrocchio ed integrazione tra Flickr e Blogger).

Se cliccate sulla foto finite sulla mia pagina Flickr dove ho caricato un po' di foto delle mie amatissime colline.

lunedì, maggio 19, 2008

Lui ha visto più lontano di noi

"Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la tv, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa. "

Licio Gelli: "Giustizia, tv, ordine pubblico. E' finita proprio come dicevo io"
Intervista di Concita De Gregorio, "La Repubblica", 28 settembre 2003
(Fonte: www.foruminsegnanti.it)


venerdì, maggio 16, 2008

Ma...voi che siete informatissimi...

...di Alitalia, che si dice?:-)
E' successo qualcosa e me lo sono perso?

Assolutamente da segnalare...

...questo articolo su "Carmilla".

Il festival dei luoghi comuni

Per dimostrare che l'attuale Consiglio dei Ministri non ha bisogno di andare a riunirsi a Napoli, in casa di Emilio Fede, ma starebbe benissimo in un qualsiasi bar di periferia, è finalmente stata effettuata la raffinata analisi della situazione che la classe dirigente eletta dal popolo ritiene necessaria per progettare il futuro del paese.
E, dopo uno sforzo di approfondimento che dimostra il reale cambiamento di approccio operato dal centrodestra, ecco i risultati:i problemi del paese sono i "fannulloni" ed i "rom".

Era così semplice! E tutti i sociologhi da strapazzo (comunisti, è evidente!) che da anni ce la facevano a fette con la complessità...che sciocchezze!

E presto anche nella scuola semplificheremo, eh, perchè anche quello è un nodo che nessuno è mai riuscito a sciogliere, semplicemente perchè sbagliava l'approccio: invece è tutto così semplice!

Il ministro Gelmini (che sì, è parente di quel Gelmini...ma è solo una circostanza sfortunata, eh), nominato notoriamente per i suoi riconosciuti meriti sul campo e le sue approfondite competenze (perchè tali sono considerati l'aver "guidato" Forza Italia in Lombardia), ha le idee molto chiare al proposito.

A febbraio, quando era ancora una giovane deputata, eletta a furor di popolo (ahhh, ma che mi dite? con l'attuale legge elettorale è impossibile? dite che l'hanno eletta perchè era ben posizionata in lista? maddai, sempre i soliti malpensanti...), si è preoccupata di presentare una proposta di legge (che trovate qui) che affronta il problema del MERITO, considerato chiave di volta del rinnovamento e dell'innovamento del paese.

Ora, è assai buffo che a parlare di merito sia:
a. una persona eletta in Parlamento nel 2006 su liste bloccate e senza possibilità di preferenze da parte degli elettori (quindi assurta a quel ruolo non in virtù del merito, ma grazie a scelte di casta);
b. una persona che ha ottenuto un incarico governativo non in virtù della sua competenza specifica nel settore di competenza, ma soltanto - diciamolo - per essere stata responsabile di Forza Italia in Lombardia (quindi, anche in questo caso, assurta a quel ruolo non in virtù del merito, ma di nuovo grazie a scelte di casta).

Poi, se accettiamo il fatto che non sia necessaria alcuna coerenza tra i comportamenti delle persone e le cose che dicono (se uno crede in quello che ha scritto, secondo me, dovrebbe rifiutare la nomina a ministro, non trovate?), che è uno dei grandi problemi di questo paese, allora vabbè, entriamo pure nel "merito" del "merito".

L'articolo 1 di questa proposta è illuminante:
"1. Ai fini della presente legge, si intende per merito il conseguimento di risultati individuali o collettivi superiori a quelli mediamente conseguiti nei rispettivi ambiti di attività, tenuto conto dei compiti assegnati e delle capacità possedute."

Definire il merito come "conseguimento di risultati individuali o collettivi superiori a quelli mediamente conseguiti nei rispettivi ambiti di attività", è a mio avviso una sciocchezza vuota, un mucchio di parole messe in sequenza affinchè suonino bene e producano un effetto "seducente". Cosa vuol dire "superiori"? cosa vuol dire "mediamente conseguiti"? è una misura quantitativa, qualitativa? è un riferimento a standard predefiniti? A me sembra una frase che non dice nulla, non chiarisce nulla, demanda a misteriosi organismi terzi una interpretazione che è - è per sua natura- assolutamente impalpabile, quasi soggettiva, non misurabile.
E che assume un senso solo in contesti ed ambiti di dimensioni contenute, con un forte riconoscimento reciproco degli interlocutori; quegli ambiti in cui non c'è bisogno di nessuna legge, perchè il merito esiste già ed è riconosciuto tra chi agisce nel contesto.
Perchè il merito è qualcosa come il genio, si può agevolare la sua espressione ma non si può misurare.
Ecco invece che, dagli scranni di una forza politica sedicente iperliberista, esce l'idea di definire il merito per legge, che mi sembra una cosa da Unione Sovietica, a dirla tutta, ovvero un concetto iperstatalista assolutamente opposto a quella volontà "liberatoria" che viene proclamata nella presentazione della legge.

Aria fritta, dunque, che è assolutamente in sintonia con le analisi che hanno condotto a individuare fannulloni e rom come problemi prioritari.

Ma questo vuole il popolo che li ha votati: mangiando pane e scemenze tutti i giorni, si accontenta di scemenze vecchie riverniciate a nuovo.
Io vorrei invece, da coloro che ho votato, un atteggiamento davvero responsabile.
Tanto abbiamo perso le elezioni: e allora possiamo essere alteri, diversi, disarmonici, dissonanti.

Questo stringere di mani, questo riconoscersi, questa preoccupante identità di vedute tra chi dovrebbe rappresentare ipotesi di società sufficientemente diverse, mi irrita, mi allontana, mi fa incazzare.

giovedì, maggio 15, 2008

Le mafie dentro di noi

Mattinata al liceo scientifico che frequenta mia figlia: questa sera si svolgerà presso il liceo uno spettacolo per ricordare i trent'anni dell'assassinio di Peppino Impastato a Cinisi, ed in cambio dello spazio per lo spettacolo, come Consiglio di Istituto, abbiamo pensato di chiedere come "compenso" lo svolgimento di una assemblea sulla legalità con la partecipazione di Don Ciotti.
Don Ciotti non era disponibile, ma c'è Davide Mattiello, che è un suo stretto collaboratore nonchè responsabile di Libera NordOvest.
Ho già sentito Davide in una assemblea a Torino in cui si presentava un film relativo alla vicenda di Bruno Piazzese: un'autentica forza della natura, seducente e spietato al tempo stesso.
Anche qui non delude: parte con un durissimo altolà a chi pensa che questo tempo di assemblea possa essere dedicato al cazzeggio ed al disinteresse.
Mattiello non consente distrazioni ("Siamo qui per lavorare, mi spiace.Non possiamo iniziare a parlare di mafie se non ci guardiamo negli occhi, perchè questa è la prima libertà che si perde dove esse comandano"), ma è un intrattenitore nato: seduce, fulmina, avvince.
"Solo che è in grado di immaginare, di sognare una realtà diversa la può cambiare: gli altri sono già morti che camminano".
I ragazzi reagiscono bene, e pongono questioni intelligenti, profonde.
Un'ora densa di ragionamento, di concentrata attenzione, di condivisione di una realtà che non si vede, ma è prossima a noi, invisibile ma reale.

Alla fine, approfondimenti sul radicamento della ndrangheta sul nostro territorio, dove tre famiglie dominano il territorio e riciclano i proventi che giungono dall'economia sporca.
Amare considerazioni, che Saviano ha analizzato a fondo in "Gomorra": ogni ragazzino di 13 anni che fa il palo a Scampia prende 500 euro la settimana, in più gli danno scooter e telefonino e lo vestono firmato da capo a piedi, solo per inviare un sms se qualcuno di estraneo entra nel territorio controllato.
Le mafie sono seducenti e convincenti: ti riempiono di soldi e ti fanno diventare qualcuno.
Quel qualcuno che non eri, quando ti hanno sbattuto fuori da scuola, quando ti guardavano disprezzandoti, dicendo che saresti diventato un rifiuto della società: ti danno il rispetto che eri destinato a non avere mai, e ti fanno guadagnare a 12,13 anni più di quanto guadagna tuo padre.
Bisogna essere davvero un eroe, per resistere a sirene simili in un luogo dove non c'è futuro e non c'è più Stato.
Sulla sola piazza di Scampia, le mafie incassano 100.000 euro al giorno dallo spaccio.
I soldi stanno un po' in standby, fanno alcuni giri per il mondo via rete (Hong Kong, paesi dell'Est), e poi tornano in Italia attraverso finanziarie per avviare attività legali e pulite, in modo più generoso di quello che fanno le banche: impossibile per i magistrati provare i legami tra l'attività legale e l'origine dei soldi.
Le mafie non sono solo i pizzini di Provenzano, non sono arcaiche come spesso siamo portati a pensare: usano la tecnologia più avanzata, conoscono i processi reali, sono completamente dentro la realtà, la conoscono, la dominano: e contaminano la nostra, senza che noi ce ne accorgiamo.
Le mafie qui non sparano, ma aprono pizzerie e sale giochi "pulite". Quando beviamo una birra, spesso oltre al nostro intestino laviamo anche i soldi del pizzo e della droga.

Le mafie forniscono servizi, dai finanziamenti agli imprenditori ai piccoli sballi del sabato sera (impossibili senza i laboratori di sintesi): rispondono a domande che sono in noi, che la alimentiamo spesso senza rendercene conto, se non sappiamo qual è il grado di controllo del territorio.
Perchè la differenza è che le organizzazioni criminali tradizionali cercano esclusivamente l'arricchimento,ma le mafie sono una idea di governo alternativo del territorio: vogliono il potere ed il controllo di quel che è pubblico. E, a giudicare da quel che abbiamo intorno, ci stanno riuscendo pienamente. Stanno vincendo.

mercoledì, maggio 14, 2008

Chiavi di ricerca:-)

Ogni tanto mi diverto a vedere attraverso quali chiavi di ricerca si arriva a questo blog, e soprattutto cercare di capire in quali post avrò mai scritto cose simili!!!!
Beh, l'ultima l'ho capita, è perchè nell'elenco dei libri letti è citato quello dello scrittore cinese Mo Yan "Grande seno, fianchi larghi", che nonostante il titolo non è affatto il tipo di romanzo che siete portati a pensare...:-), la prima ancora ancora, ma la seconda...boh!

lunedì, maggio 12, 2008

Le storie che ci raccontano

In questo fine settimana, da giovedì a ieri, ho fatto una autentica scorpacciata di teatro (un record assoluto, direi), necessario e stupendo antidoto ad una intera settimana a Milano:-).

Ho iniziato con un pezzo forte, giovedì sera: un allestimento di "Anna Karenina" del regista lituano Eimuntas Nekrošius. Quattro ore e mezza di spettacolo, a cui mi ero preparato con cura leggendo il classico di Tolstoj (1000 pagine!) nel weekend precedente.
All'inizio sono rimasto un po' sconcertato dal registro grottesco e farsesco che rendeva tutti i personaggi un po' imbecilli...ma poi, accettato questo approccio (che comunque manteneva l'assoluta fedeltà al testo originario, salvo l'introduzione di uno spassosissimo personaggio inventato necessario a rappresentare il Destino), lo spettacolo è filato via leggero e godibile.
Non mi cimento in un tentativo di riassunto della trama, vi addormentereste nel corso del post, e vi rimando a Wikipedia se proprio ne volete uno: ma è la storia di una passione e di un amore travolgente, irresistibile, immenso, che sconvolge la vita di Anna senza che lei riesca a resistervi, e la conduce inesorabilmente alla disperazione ed alla follia.
Una storia bella e complessa, che racconta di come le passioni possano travolgerci, cambiare radicalmente la nostra vita, capovolgerla, e a volte distruggerla: e di come (mi riferisco all'amore di Levin per Kitty) si debba lottare e resistere, anche attraverso sconfitte che sembrano irrimediabili, per affermare il diritto all'amore, che alla fine DEVE vincere.

Se l'amore è al centro della vicenda di Anna Karenina, è invece il lavoro il tema principe dello spettacolo di Assemblea Teatro Torino che ho visto sabato sera: "Mio padre voleva chiamarmi Libero" è dedicato a Primo Levi, ed al suo primo vero libro da narratore, "La chiave a stella".
Lo spettacolo si svolge, ed è un contesto emozionante, nella palazzina della ex fabbrica di vernici di Settimo Torinese in cui Levi lavorò come direttore tecnico nel dopoguerra, fino alla pensione, ed esattamente nello stesso locale in cui risiedeva il laboratorio, e si provavano le nuove vernici.
La storia di Levi e della fabbrica (anche attraverso interviste filmate a chi ci lavorò in quel periodo) si fonde con la vicenda di Tino Faussone, montatore specializzato che gira il mondo ed è orgoglioso delle sue conoscenze, e ci convince che il lavoro (il lavoro sapiente, utile, concreto, che non ha bisogno di padroni per essere svolto, che produce cose visibili, utili, reali) è una delle vie alla realizzazione di sè e alla felicità, se non ci si rassegna a farne uno alienato e stupido in cui non si riesce ad essere se stessi.

E ieri, per terminare, ho partecipato ad una specie di maratona teatrale dedicata a Dante, e svoltasi sulle ultime propagini delle colline torinesi, con tre spettacoli in tre luoghi diversi (una fortezza sabauda e due centri storici mediavali) tra le 16 e le 21,30.
Ha iniziato Mario Barzaghi, il cui splendido spettacolo sull'Inferno è stato purtroppo interrotto da un autentico nubifragio, ha proseguito il collettivo chivassese del Faber Teater, ed ha terminato, nella chiesa del centro storico di Casalborgone, Lucilla Giagnoni con lo spettacolo "Vergine madre".
Confesso pubblicamente di provare un'attrazione folle per questa attrice, di una bellezza irresistibile e di una bravura straordinaria, da quando la vidi per la prima volta in "Adriano Olivetti" con Laura Curino.
La sua declamazione dei versi del "viaggio" per eccellenza, con l'approfondimento di alcuni dei personaggi descritti nella Commedia (Francesca da Rimini, Ulisse, il Conte Ugolino, Piccata Donati), è stata intervallata da riflessioni acute sul senso del viaggio, sulla religiosità, sul senso di quello che - tutti noi - stiamo facendo.
Questa vita che viviamo correndo, perdendoci perchè non abbiamo il tempo di stare fermi a capire cosa siamo, sembra indicare la paura collettiva della fine prossima ventura: i testi sacri indiani, i Veda, indicano la presente come la fase terminale dell'Età del Ferro, il Kali Yuga, in cui l'uomo si è allontanato definitivamente dalla propria natura divina e dal proprio sè.

Inutile dire che questa scorpacciata di teatro, ma soprattutto questa indigestione di storie su di noi, su quello che siamo, sulle nostre passioni e sulle nostre paure, sul modo in cui cerchiamo di capire una verità - qualunque essa sia - e di dare un senso alla nostra esistenza, mi ha fatto bene.
Mi ha ricordato che la mia attuale paura rispetto alle condizioni del mondo non è un'angoscia solo mia, ma che sulle vicende umane, da sempre, chi ha cervello, chi ha cuore si interroga e prova, se può, a fornire delle proprie umanissime risposte: ma se non riesce, è già molto importante che non cessi mai di condividere le domande che ci angosciano, raccontando con qualsiasi mezzo storie che ci uniscano, ci facciano sentire meno soli, meno disperati.


lunedì, maggio 05, 2008

Settimana senza post

Questa settimana la passo a Milano, a seguire un corso.
Il corso si svolge in inglese, e sono così disabituato ad ascoltarlo che alla fine del corso sono estenuato, anche se uso molto a lungo la traduzione simultanea disponibile in cuffia.
In più, nel workshop sono finito in gruppo con giovani ingegneri stranieri (un indiano, un argentino, una kazaka) ed il loro inglese mi sfinisce ancora di più di quello del docente.
In più, a causa di una mia vecchia antipatia per Milano che qualcuno un giorno attenuerà, non mi fermo lì a dormire ma "pendolo" avanti e indrè tutti i giorni partendo da casa alle 5,30 e tornando alle 20: in treno leggo molto e questa è un'ottima cosa, ma è comunque stancante.

Inzomma, tutto sto popo' di scuse serve a dire che questa settimana non avrò la forza, di scrivere quassopra, anche se di argomenti ce ne sarebbero a iosa; e neppure di leggere e commentare i blog amici (Artemisia, almeno io ti darò requie!:-)))
Ma non siate troppo felici, e non fate troppa festa: 'che tanto lunedì prossimo son di nuovo qua:-))).

venerdì, maggio 02, 2008

Dalla parte di Visco (e ancora contro Grillo)

Eh, no, mi spiace.
In questo paese, ogni volta che si invoca con tanto fervore il diritto alla privacy, io sento un'inequivocabile puzza di bruciato: quel che avviene con le intercettazioni telefoniche, che mettono a nudo la desolante povertà umana della nostra classe dirigente, si ripete ora con i dati delle dichiarazioni dei redditi.
Io sono molto d'accordo con la pubblicazione dei dati relativi ai redditi dei contribuenti italiani.
Questa campagna elettorale si è giocata sulla difficoltà della gente di arrivare alla "quarta settimana", sul paese affamato dalla sinistra, sui supermercati con la gente che ruba per fame...è dunque giusto sapere che chi diffondeva questa immagine guadagna centinaia di migliaia o addirittura milioni di euro all'anno.
E' giusto che i nuovi proletari ed i futuri poveri che si sono identificati in questo mondo ricco e vincente si rendano conto che tra loro e chi li rappresenta, in termini di redditi, c'è una differenza di cento, mille, diecimila volte: e si interroghino almeno su quanto sono scemi.
E' giusto sapere che il noto fustigatore di costumi e vaffanculista professionista guadagna QUATTRO MILIONI DI EURO all'anno: e che invece di andarlo a sentire occorrerebbe seppellirlo sotto una colossale pernacchia, perchè non c'è alcuna credibilità in chi denuncia le caste facendo a sua volta casta a sè.
E' giusto sapere che calciatori e veline guadagnano duecento, trecento volte quello che guadagna un operaio: ed è giusto chiedersi se non sia ora di essere meno fessi, meno imbecilli, e iniziare a prosciugare questo oceano di ingiustizia smettendo di interessarsi di questi circhi mediatici che rendono vergognosamente ricchi personaggi dotati di un solo (e a volte nemmeno quello) discutibile talento.
E' giusto sapere che i magistrati che lottano per la legalità guadagnano dieci volte meno di manager che non decidono e non rischiano mai nulla, se non i risparmi dei poveracci.
Insomma, dietro queste aride cifre che tanto scandalo sembrano dare, si nascondono in realtà una serie di semplici ragionamenti che chiunque possiede un cervello è in grado di fare da solo: è evidente che questo scatena la rabbia dei contaballe professionisti...

Complimenti dunque a Vincenzo Visco per il coraggio di una azione che nel resto d'Europa sarebbe normale, ma qui è un reato da pena capitale: e totale solidarietà rispetto al diluvio di contumelie che i ricchi ed i potenti (ed in particolare il fustigatore di costumi da 4 milioni di euro l'anno, con una veemenza ed una violenza spaventosa e inaccettabile) gli stanno scaricando addosso: ma non è colpa sua se IL RE E' NUDO, e forse sarebbe ora che iniziassimo a gridarlo tutti.

Eppure accadono cose...

Su Repubblica di ieri, edizione Torino, una notizia bella (e strana per questo paese, e per questi tempi).
Giancarlo Caselli cessa di essere Procuratore Generale di Torino e torna Procuratore Capo: di fatto una retrocessione, richiesta da lui al CSM per poter tornare “operativo”, visto che il Procuratore Capo Marcello Maddalena deve lasciare perché ricopre l’incarico da otto anni.
Anche Maddalena accetta una retrocessione a Procuratore Aggiunto (sarà il vice di Caselli), invece di chiedere il passaggio a più alti ruoli direttivi.
Che due simili, apprezzatissimi simboli della legalità (che peraltro si stimano profondamente l’un l’altro) accettino di svolgere ruoli considerati “minori” rispetto a quelli precedenti, pur di restare sul campo a combattere PER lo Stato, cioè per tutti noi, mi sembra una cosa che riscalda il cuore.
E, in questi giorni/mesi/anni cupi, ne avremo davvero bisogno, di notizie così...