mercoledì, ottobre 16, 2013

Mi dò da pensare...

(UPDATE 21 ottobre 2013: vedi a fondo post...)

E' da un po' di tempo che mi trovo disallineato con il mondo.

Facciamo un esempio fresco fresco: il "negazionismo", all'unanimità, sta diventando reato.
A me sembra una cosa sbagliatissima.
Chi afferma che le camere a gas non sono mai esistite, o non sono state usate nel modo massivo che conosciamo, probabilmente si ostina a negare una realtà oggettiva.
Ma qual è il danno, qual è il bene offeso da una simile posizione, al punto tale da configurarlo come "reato"?

Chi sostiene questa posizione è minoritario, ed in termini storiografici direi irrilevante.
Potremmo definirla una posizione irritante, bugiarda, negatrice appunto di una realtà oggettiva.
Ma è di fatto un'opinione, che chiunque abbia un minino di conoscenza e di cultura considerà irrilevante.
Una opinione, per l'appunto. Che va combattuta con le prove, con la cultura, con i documenti.
Che chi la sostiene vada in galera per cinque anni, a cosa serve? A chi serve?

Perchè una cosa simile è accaduta e accade in qualsiasi sistema totalitario, no?
Chiunque affermi un'opinione diversa dalla opinione del potere dominante, viene perseguito. Perchè chi ha il potere decide qual è la verità.
Ora, che la verità del potere coincida a volte con la verità oggettiva può capitare, ma io ritengo sbagliato e pericoloso che si mandi in carcere qualcuno per un'opinione, fosse pure una opinione delirante.
Soprattutto se è lo Stato a decidere qual è la "verità". Non ho letto il meccanismo che porta a definire il reato, ma mi preoccupo.
Se si manda in galera la gente ANCHE per le opinioni, domani potremmo mandarla per QUALSIASI opinione che non piace al potere dominante: basta si faccia una legge al riguardo.

Poi, la trovo una dimostrazione di grandissima debolezza. Laddove non arriviamo con la cultura e l'informazione, usiamo la galera. Terribile.

Allo stesso modo, dissento dalle leggi che puniscono in modo più severo, rispetto alle altre offese alla persona, il femminicidio e l'omofobia.
Un'offesa è un'offesa rivolta contro la persona, ed il motivo per cui viene rivolta (che sta nella testa dell'offenditore) è assolutamente ininfluente.
Se uno mi picchia perchè a lui sta sui coglioni che io canti in bagno sotto la doccia, è MENO GRAVE del fatto che mi picchi perchè sono gay o sono donna?
Secondo me no. Non ne vedo la ragione.
Se uno mi usa violenza per un qualsiasi motivo, solo perchè lui detesta quello che sono o quello che penso, basta e avanza la legge che c'è, che punisce le offese alla PERSONA, non alla CARATTERISTICA DELLA PERSONA (il genere, la scelta sessuale...) che si ritiene motivo della OFFESA.
Anche in questo caso si tratta di leggi approvate sotto la spinta dell'emotività.
Una legge, a mio modesto avviso, non dovrebbe nascere su queste basi (sennò vengono fuori mostruosità come la Bossi-Fini...)

E, ancora - giusto per diventare antipatico ai più:-) - io non credo nella forza intrinseca della Costituzione.
Non fraintendetemi. La nostra Costituzione è bellissima, e colma di principi che condivido in toto.
Ma se non viene applicata, o è sotto attacco, è perchè sono sotto attacco (ed io ritengo anche minoritari, ormai) i valori sulla base della quale è stata costruita e scritta.
Quindi "difendere la Costituzione" è una parola d'ordine affascinante e seducente, che apparentemente non si può non condividere: ma in realtà dobbiamo chiederci per quale motivo i valori scritti nella Costituzione sono diventati (molti da subito) poco rilevanti e minoritari.
E' inutile chiedere di applicare la Costituzione se non ci chiediamo come mai i valori della Costituzione non sono nella testa della gente, ecco, e non sono più la base delle regole di convivenza in questo Paese.
E' il discorso che vale in genere per la legalità: perchè ormai è normale la sua violazione, quando una volta era fisiologica?
Cosa ha prodotto questo scollamento tra le regole ed i comportamenti individuali?
Qualunque cosa sia, è reversibile?
E, soprattutto, ha ancora senso immaginare il ritorno ad uno stato "ideale", dove le PERSONE vengono rispettate e le leggi sono conseguenza di questo, o bisogna rassegnarsi a un coacervo di leggi che tentano di imbrigliare una società fondamentalmente svuotata di valori collettivi a scapito di quelli individuali?

Ahimè, mi dò molto da pensare...

UPDATE 21 ottobre 2013: sul reato di negazionismo, ho trovato in rete opinioni simili alle mie, ma ben più autorevoli, che mi fanno sentire meno solo.
E sono anche contento che siano state pubblicate dopo la mia, perchè certifica che a questo ragionamento ci sono arrivato da solo, pur con i miei modesti mezzi: son soddisfazioni!
Qui l'opinione di Bruno Tinti, qui quella di Aldo Giannuli, qui un editoriale del Post, qui un intervento dell'Unione delle Camere Penali.

(Ecco i rispettivi link espliciti:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/19/negazionismo-lidiozia-non-e-reato/748961/
http://www.aldogiannuli.it/2013/10/negazionismo/
http://www.ilpost.it/2013/10/18/contro-il-reato-di-negazionismo/
http://www.camerepenali.it/news/5502/Al-negazionismo-si-risponde-con-le-armi-della-cultura-non-con-quelle-del-diritto-penale.html)


lunedì, ottobre 14, 2013

Nella piccola pozzanghera padana...

Sabato 12 ottobre, in occasione della manifestazione nazionale contro l'immigrazione convocata a Torino dalla Lega Nord, ho sentito il bisogno di essere in piazza per manifestare pubblicamente e fisicamente la mia avversione.
Sapevo che c'era un presidio promosso da un certo numero di associazioni e movimenti, e così mi sono recato in centro, nel luogo di cui avevo letto al mattino sulla "busiarda" (1) - più o meno a metà del percorso previsto dal corteo della Lega Nord, il che mi sembrava un po' strano.
Infatti, quando sono giunto lì, non ho trovato nessuno, a parte una dimostrante solitaria con un cartello che ricordava come anche gli italiani fossero un popolo di migranti, e pochi altri cercatori del presidio.
Quando poi ho scoperto che, per ragioni di ordine pubblico, la posizione dei presidii era stata spostata fuori dal raggio di azione del corteo, era ormai troppo tardi: la città era blindata e tra i due mondi si ergeva ormai una barriera impenetrabile di poliziotti. Aggirarla sarebbe stato complicato, quindi mi sono rassegnato a starmene lì.
Prima sono però andato un attimo a vedere da vicino i Padani. Mezz'ora prima dell'inizio previsto del corteo erano ancora poche decine.
Una signorina bionda mi ha porto un volantino della Lega, dicendo "è per la difesa dei valori antichi, dei valori cristiani". Quando le ho chiesto cosa c'entrassero questi valori con le campagne di odio contro gli immigrati, mi ha invitato a rivolgermi al numero di telefono indicato sul volantino, "le spiegheranno tutto".

Ho fatto un giro da Feltrinelli, dove ho trovato una copia superscontata di questo bellissimo libro di Bruno Munari, e mi son messo lì, seduto sul bordo di una delle due fontane di piazza CLN, a leggere.
(La dove ha inizio il film "Profondo Rosso", per dire...)


Finalmente, verso le 17, il corteo si è mosso.
Intorno a me, intanto, nella piazza, il numero di persone con sentimenti antileghisti era aumentato a una ventina.
Quando il corteo si è avvicinato a piazza CLN, una coppia matura ha sfoderato uno striscione del Movimento Nonviolento e ha cercato di mettersi sul percorso del corteo, ma i funzionari di polizia l'hanno considerata una provocazione e li hanno costretti a ripiegare e a ripiegarlo.
Purtroppo, quando il corteo è passato lì davanti, i pacifisti non hanno saputo resistire alle proprie pulsioni ed hanno iniziato ad insultare, abbastanza pesantemente, i leghisti che passavano.
I quali, ovviamente, ci sono andati a nozze ed hanno iniziato a rispondere per le rime.
I due gruppi si sono pericolosamente avvicinati, le voci e le mani hanno iniziato ad alzarsi ed i due branchi - a dir la verità - in quel momento sembravano abbastanza indistinguibili.
I poliziotti, messisi immediatamente in mezzo e abbastanza innervositi dal fatto di non aver saputo prevedere la minaccia imprevista, hanno calato i caschi e impugnato i tonfa ed hanno iniziato ad avanzare minacciosi verso i pacifisti, seguiti da orde di giornalisti con le telecamere e le macchine fotografiche - assetati di sangue, a loro volta seguiti da masse di leghisti pronti a menar le mani.

Visto che non ci tenevo ad esibire il mio cranio insanguinato all'edizione serale del TG3 Piemonte, in uno scontro "militare" così asimmetrico ed impari da essere completamente idiota, sono sgusciato via in mezzo ai fazzolettati verdi verso piazza San Carlo, dove sarebbe terminata la manifestazione.





Ho visto dunque sfilare i manifestanti.
Molti pittoreschi, bardati di verde da capo a piedi, o con i soliti confusi richiami a icone celtiche o vichinghe; ma la maggior parte avevano un aspetto normale, erano quella "gggente" che incontri ogni giorno per strada senza mai saper bene se aspettarti un sorriso o una coltellata.
I giovani non erano molti, ma erano l'unico tratto iconicamente aggiornato di un corteo zeppo di immagini uscite dal passato (molte bandiere di San Marco e altre che sembrano uscite paro paro dall'epoca dei Comuni).
Alla fine i partecipanti erano più o meno tremila, di cui - sono cifre fornite dalla organizzazione di quel partito - circa 500 autoctoni.
(Un autentico flop, direi, trattandosi di una manifestazione nazionale: gli antagonisti indigeni, avversi alla manifestazione, erano stimati in almeno il doppio.)



Poi, dal palco, hanno iniziato a parlare i big del partito.

Calderoli, dal vero, mi ha confermato l'impressione di un essere volgare e villano che già avevo di lui.
Inconsistente Giorgetti.
Tosi l'ho trovato deludente: un eloquio povero e tutt'altro che seducente, tanto da chiedersi se davvero abbia qualche chance come candidato del centro destra.
Salvini si presenta meglio (pensa te!): la claque dei Giovani Padani della piazza era tutta per lui (con lo slogan "Più Salvini, meno clandestini" (sic!); è un tipo che sa parlare bene, sa modulare i toni e sa accendere la piazza.
Poi ha parlato Roberto Cota. Personalmente lo trovo già insopportabile ed arrogante quando parla come Presidente (con quel c***o di fazzoletto verde nel taschino che saprei bene dove mettergli, quando dovrebbe rappresentare tutti i piemontesi).
In versione militante, si trasforma di fatto in un botolo ringhiante, rancoroso e traboccante di malvagità.
Con lui, come si dice qui, "ne ho avuto a basta", e non ho avuto cuore di fermarmi a sentire anche l'intero comizio di Maroni e l'eventuale abbaiare triste di Bossi.

La cifra comune dei discorsi dei dirigenti della Lega però è identificabile.
Un po' di immondizia culturale, un po' di paure ignoranti e un po' di rancori da bar.
(Mi ha fatto molto ridere, detto da Cota, il bisogno di "difendere la nostra cultura".
Mi son guardato intorno, a guardare i militanti che applaudivano, e mi son chiesto - senza ironia - che significato avesse per loro questa espressione.)
Il tutto mixato con un linguaggio da trivio, per marcare la distanza dai "salotti radical chic", come li chiama Cota.
Direi che la loro ricetta è sdoganare il peggio dei nostri sentimenti; mentre una volta - complice anche una educazione cattolica che qualche merito ce l'aveva - ci si vergognava di certi pensieri, con la Lega essi si possono ululare insieme sghignazzando e mangiando porchetta.
Si possono insultare i ministri (meglio se donna, ovviamente) sentendosi superiori ad essi, si può ironizzare pesantemente sulla diversità sentendosi compresi.

Liberi, finalmente, di essere se stessi (e di non essere costretti a migliorare mai).

(1) "la Stampa", così come la chiamavano un tempo gli operai della Fiat.