Mi hanno prestato un libro che si intitola "Dal basso dei cieli": in copertina la guglia della Mole è costituita da una siringa da cui spunta una goccia di sangue.
Il libro racconta la vita di Peppo Parolini, morto nell'estate 2006, che secondo il risvolto di copertina era un "artista, icona dell'underground torinese...un uomo libero che ha lasciato un grande vuoto in chi ha ascoltato le sue storie e conosciuto la sua voce impastata di alcol e di fumo".
In realtà, 'sto personaggio - noto per essere un elemento fisso dell'arredamento di alcuni famosi locali torinesi - ha percorso gli anni sessanta e settanta della città con una vita tristissima, dedicata alla morfina, all'eroina e ad ogni sorta di sballo chimico.
Furti, galera, una patetica autodefinizione di "rivoluzionario e sognatore" che deriva dall'aver partecipato a rivolte nichiliste nelle carceri.
Per farsi, il nostro si organizzava con lestofanti suoi pari per rubare vaglia negli uffici postali (e chissenefrega se i soldi erano magari di qualche poveraccio: a lui serve un milione al giorno, negli anni settanta, non è che può star lì a sofisticare), documenti e ricette per prelevare migliaia di scatole di porcherie farmaceutiche da spararsi in vena.
Il Parolini ripercorre la storia di una generazione inutile, che passa il suo tempo a non fare un cazzo dalla mattina alla sera fuorchè procurarsi materiale da sballo, a vivere da parassita come gli omologhi ricchi (con cui infatti si trova perfettamente a suo agio), ma non potendo mungere genitori ricchi si accontenta di fottere i poveracci suoi pari...
E son storie tristi di morti nei cessi, in India, di droga e AIDS, di figli abbandonati a se stessi, di amori senza impegno, senza legame fuorchè il dannato buco...di una Torino in fondo assai peggiore di quella che negli anni Settanta era la sua immagine "pubblica", lacerata dal dramma dell'immigrazione e del terrorismo.
Un libro assolutamente da leggere: perchè capisci che una vita così alla fine è davvero cacca distillata, perchè questo approccio bohemienne alla vita provoca il giusto schifo ed il giusto ribrezzo e quindi una reazione positiva, vitale, perchè vien voglia di riascoltare il grande Gaber di "Quando è moda e' moda", ed alla fine ti fa sperare che tuo figlio tutto sommato diventi un grigio impiegato di un ministero, 'che almeno la sua vita la butterà via senza accorgersi di soffrire e senza far soffrire gli altri.
Il libro racconta la vita di Peppo Parolini, morto nell'estate 2006, che secondo il risvolto di copertina era un "artista, icona dell'underground torinese...un uomo libero che ha lasciato un grande vuoto in chi ha ascoltato le sue storie e conosciuto la sua voce impastata di alcol e di fumo".
In realtà, 'sto personaggio - noto per essere un elemento fisso dell'arredamento di alcuni famosi locali torinesi - ha percorso gli anni sessanta e settanta della città con una vita tristissima, dedicata alla morfina, all'eroina e ad ogni sorta di sballo chimico.
Furti, galera, una patetica autodefinizione di "rivoluzionario e sognatore" che deriva dall'aver partecipato a rivolte nichiliste nelle carceri.
Per farsi, il nostro si organizzava con lestofanti suoi pari per rubare vaglia negli uffici postali (e chissenefrega se i soldi erano magari di qualche poveraccio: a lui serve un milione al giorno, negli anni settanta, non è che può star lì a sofisticare), documenti e ricette per prelevare migliaia di scatole di porcherie farmaceutiche da spararsi in vena.
Il Parolini ripercorre la storia di una generazione inutile, che passa il suo tempo a non fare un cazzo dalla mattina alla sera fuorchè procurarsi materiale da sballo, a vivere da parassita come gli omologhi ricchi (con cui infatti si trova perfettamente a suo agio), ma non potendo mungere genitori ricchi si accontenta di fottere i poveracci suoi pari...
E son storie tristi di morti nei cessi, in India, di droga e AIDS, di figli abbandonati a se stessi, di amori senza impegno, senza legame fuorchè il dannato buco...di una Torino in fondo assai peggiore di quella che negli anni Settanta era la sua immagine "pubblica", lacerata dal dramma dell'immigrazione e del terrorismo.
Un libro assolutamente da leggere: perchè capisci che una vita così alla fine è davvero cacca distillata, perchè questo approccio bohemienne alla vita provoca il giusto schifo ed il giusto ribrezzo e quindi una reazione positiva, vitale, perchè vien voglia di riascoltare il grande Gaber di "Quando è moda e' moda", ed alla fine ti fa sperare che tuo figlio tutto sommato diventi un grigio impiegato di un ministero, 'che almeno la sua vita la butterà via senza accorgersi di soffrire e senza far soffrire gli altri.
2 commenti:
Ciao, curiosando nel tuo blog ho trovato questo passato post e, lettolo, non ho saputo resistere alla tentazione di dire la mia.
Non sapevo di questo libro, ma mi ricordo molto bene bene Peppo "il brutto". E la tua descrizione non solo è calzante, ma forse pure gentile.
Io me lo ricordo, ai primordi, che bazzicava in via Po, poi un giorno, credo nel '72 + o-, una mia amica mi fece vedere la foto sulla "busiarda" (manca l'accento sulla u..), che riportava la sua foto e la notizia dell'arresto. Lei era molto spaventata perchè pochi giorni prima, proprio quel "brutto" ceffo l'aveva abbordata insistentemente in via Po...L'articolo recitava che l'arresto, oltre che per uso e spaccio di droga, era anche per "tratta delle bianche" e "sfruttamento della prostituzione"...
Poi l'ho ritrovato in varie "Piole" e/o circoli ARCI in cui bazzicavano allora ancora dei "Compagni"..
Personalmente non ho mai avuto contatti diretti, forse perchè allora un'occhiata era più eloquente di qualunque parola...
Quando ho letto sempre sulla nostra "busiarda" l'articolo mistificatorio della sua persona che, in occasione della sua morte, lo aveva assurto al ruolo di "artista" mi sono indignata fortemente, ricordando i miei amici morti a causa sua....
Ora questo libro, di cui non ero a conoscenza, mi pare sia ancora una volta una mistificazione della realtà...la ricostruzione della verginità morale di una persona...
del resto che ci aspettiamo??
Le informazioni sono pilotate, ormai anche su Internet e per farsi un'idea + o - verosimile (che dire corretta mi pare eccessivo)bisognerebbe verificare di persona.
Credo di essere diventata un pò come "s. Tommaso"...
Uahu, che tuffo nel passato remoto che ho fatto!!...
Comunque grazie! Mai perdere la memoria storica!!...
Stefi
Non capisco questo atteggiamento tollerante e condiscendente verso personaggi simili.
Persone che hanno fatto dell'egoismo e del disprezzo per gli altri la propria ragione di vita: troppo deboli e vigliacchi per essere crudeli, ma non per questo più innocenti.
Nel libro c'è una scena che fa accapponare la pelle: una di queste sciagurate fa morire il figlio per andarsi a procurare la roba. Lo dimentica, semplicemente. E la leggerezza con cui 'sto Peppo racconta la tragedia è semplicemente disgustosa.
Rivendico, alla Gaber, il mio diritto di indignarmi e di gridare che se mio figlio diventasse un Peppo lo distruggerei con le mie mani.
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