Esisteva un tempo, nel linguaggio, un modo per segnare la distanza dagli eventi e dalle persone.
Oggi leggo i quotidiani e mi accorgo che - per quanto riguarda la cronaca nera, cioè il lato più morboso e malato della comunicazione di massa - tale distanza è azzerata.
I protagonisti dei fatti di cronaca su cui vorremmo fossero attive solo le indagini, e non i riflettori della stampa e i denti degli sciacalli, ci vengono proposti come vecchi amici, e chiamati amichevolmente per nome.
"Arrestato Azuz", "Rudy sarà estradato", e poi un fiorire di Meredith, Amanda, Raffaele, ...
Quel che un tempo si dava con parsimonia alle persone, dopo una lunga fase di avvicinamento - il diritto alla vicinanza segnato dal passaggio al "tu" - è oggi scontato, implicito.
Basta esser famosi - in qualsiasi modo, si badi bene, anche nel peggiore - per aver diritto ad entrare nella cerchia degli "intimi della massa" a cui ci si rivolge.
La pessima abitudine dilaga un po' ovunque, anche nei posti di lavoro dove anche il megadirettore generale annulla la demenzialità gerarchica scrivendo mail dove dice "datemi del tu (tanto guadagno dieci volte voi e me la rido di questa concessione populista)"...
Eh no, cavolo. No. Io non sono amico che dei miei amici. Statemi distanti, voi che non siete autorizzati ad entrare nella mia intimità, ad avvicinarvi a me. Datemi del "lei", voi che non siete interessati a me come persona. Allontanatevi, ritornate ad una giusta distanza.
Questa finta familiarità non è onesta, non è sincera, è fatta solo per fregare il prossimo.
Preferisco il caro, vecchio, sano rispetto segnato dal "lei" che questo gran casino di sorrisi, di mani untuose, di vicinanze pericolose, di "ehi amico!" che rende tutto terribilmente uguale.
E tutto, ahimè, senza valore - rispetto ed amicizia in primo luogo.
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