Bella serata dedicata al grande Gaber, ieri sera al Circolo dei Lettori di Torino, con lo storico Gianni Oliva e Bruno Maria Ferraro di Tangram Teatro /lui e Ivana Ricci hanno nel curriculum molti interessanti spettacoli su De Andrè e Gaber).
Inframmezzato da clip di Gaber fornite dalla Fondazione Gaber (di cui è motore e anima da sempre Paolo del Bon), il dialogo, con Oliva che rispondeva alle domande di Ferraro, ha analizzato il contesto storico in cui Gaber ha realizzato i suoi pezzi più significativi.
Gaber iniziò a fare il chitarrista di rock'n'roll negli anni Cinquanta, girando per i locali milanesi con Celentano e Jannacci.
Negli Anni Sessanta divenne un cantante popolare e conduttore celebre, ricco e di successo.
Poi, negli Anni Settanta, stimolato dallo stravolgimento culturale del '68, fece qualcosa di incredibile: abbandonò la tv, e decise che il suo confronto con il pubblico sarebbe proseguito solo nei teatri. Nacque il Teatro Canzone, in tandem con Sandro Luporini, che avrebbe segnato i successivi trent'anni della carriera di Gaber (morto poi nel 2003).
Il Teatro Canzone si rivelò da subito impegnato, fortemente politico e dedicato ad una rigorosa analisi critica di quei tempi. Gaber era sempre "sul pezzo", seguendo l'entusiasmo e poi la disillusione rispetto ai grandi movimenti di quel tempo: il Muro non era ancora crollato, e pur con tutte le contraddizioni del caso si pensava che si potesse ancora realizzare un mondo migliore, una libertà "diversa da quella americana".
Poi vennero le derive nichiliste, il terrorismo, la perdita del sogno e delle speranza in qualcosa di amaro, stantio, marcio.
Gaber e Luporini hanno raccontato tutto questo con parole e pensieri, canzoni e monologhi, con una passione che sul palco era tremendamente fisica, tanto che il corpo di Giorgio alla fine di uno spettacolo era sfinito, spossato.
Gianni Oliva sottolineava che Gaber era così fortemente rivolto a capire e analizzare i fenomeni del tempo in cui viveva, che probabilmente tra alcuni decenni le sue canzoni cadranno nell'oblio. (Dè Andrè resisterà, perchè canta di temi universali che riguardano l'uomo, e i temi universali non invecchiano mai).
Già oggi molti suoi pezzi risultano zeppi di riferimenti incomprensibili a chi ha meno di cinquant'anni: improbabile che qualcuno possa capirlo tra qualche anno, quando noi non ci saremo più:-)
Eppure, ci vorrebbe un Gaber per ogni epoca. Qualcuno che ragioni, cerchi di capire, ci spinga a discutere, selezioni un punto di vista, ci aiuti a orientarci in questo rumore quotidiano.
Per noi, Giorgio è stato preziosissimo. Ci manca.
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