Lo ammette anche l'autrice, Lucia Vastano: questo libro (giunto alla seconda edizione, nel 2008), esplora volutamente il peggio, il lato oscuro della vicenda del Vajont dopo la catastrofe.
Il disastro del Vajont, accaduto nell'ottobre del 1963, è considerato dall'ONU "a classic example of the consequences of the failure of engineers and geologists to understand the nature of the problem that they were trying to deal with."
Quasi 2000 morti per colpa dell'uomo, in un susseguirsi raccapricciante di errori reiterati, di allarmi inascoltati, di pervicace ostinazione "progressista" contro l'"oscurantismo" ignorante delle popolazioni locali.
Ma questo è il prima, e ce lo hanno raccontato benissimo Paolini con la sua orazione civile e Martinelli con il film.
Il sottotitolo del libro è "Quarantacinque anni di truffe e soprusi contro chi sopravvisse alla notte più crudele della Repubblica".
Già, perchè oltre alle quasi 2000 vittime di quella terribile notte, va considerato che ci sono state altre decine di migliaia di vittime: i sopravvissuti, che oltre a perdere le famiglie e le case, hanno perduto - all'improvviso - anche la propria storia, il proprio passato.
Longarone (con le sue vie, le sue piazze, le sue chiese, i suoi bar) dopo il passaggio dell'onda si è trasformata in un immenso deserto di fango, sepolcro di vite e di una quotidianità che non sarebbe mai più esistita, se non nel ricordo.
Allibiti fantasmi, i sopravvissuti sono caduti subito vittime degli avvoltoi.
Come l'Enel, che ha - con rapide e sommarie transazioni economiche - messo fuori gioco con quattro soldi chi avrebbe potuto richiederle giustizia nei processi.
Come coloro che - muovendosi agevolmente sulle strade complesse delle leggi pro-Vajont - hanno acquistato per altri quattro soldi licenze commerciali ed artigianali dai sopravvissuti, ottenendo poi finanziamenti - in buona parte a fondo perduto - per avviare attività commerciali in tutto il Nordest.
(Pochi hanno resistito, ma anche perchè ben pochi erano nelle condizioni di resistere).
Già, perchè paradossalmente la tragedia del Vajont è stata uno dei motori dello sviluppo economico del Nordest.
Sono rinate, lungo i greti dei fiumi violentati, pericolose e inquinanti aziende che hanno fatto della zona uno dei luoghi in Italia che vede la maggior incidenza di morti per tumore (peggio di Porto Marghera!).
E' stato creato un paese finto, Vajont, con vie dritte e case tutte uguali, completamente avulso dalla storia di quel territorio.
La stessa ricostruzione di Longarone ha dato vita ad un paese senz'anima, senza cuore, senza alcun legame con la vivace cittadina del passato: un paese che respinge, in cui non si sente il respiro del vincolo che l'uomo crea con il luogo in cui abita.
E, come in tutte le storie italiane, anche in questa spesso scompaiono le tracce di parte degli ingenti flussi di denaro che si raccolsero quando l'emozione e la commozione percorsero l'Italia.
Ma questa è anche una storia di comunità divise, incapaci di avere una visione ed un obiettivo comune per difendersi, incapaci di ragionare insieme. Che giungono a creare associazioni e comitati in concorrenza tra loro, che antepongono l'orgoglio ed il campanile alla necessità di lottare e vincere insieme.
E' una storia di sconfitte, questa.
Di processi decennali in cui, pur accertando senza tema di smentita che il disastro era previsto e prevedibile, pagheranno alla fine soltanto in due, con pene ridicole (due anni - sei mesi).
Di un risarcimento tardivo e modesto, di fronte all'entità della tragedia, che l'Enel sarà infine costretta a versare al solo Comune di Longarone.
Di uomini e donne lasciati soli, senza supporto nè aiuto, avvolti dal mito dell'arricchimento grazie alla tragedia ("Con le tasche piene si piange meglio"), e scacciati dal pensiero del paese in quanto vittime scomode e "antipatiche".Il disastro del Vajont, accaduto nell'ottobre del 1963, è considerato dall'ONU "a classic example of the consequences of the failure of engineers and geologists to understand the nature of the problem that they were trying to deal with."
Quasi 2000 morti per colpa dell'uomo, in un susseguirsi raccapricciante di errori reiterati, di allarmi inascoltati, di pervicace ostinazione "progressista" contro l'"oscurantismo" ignorante delle popolazioni locali.
Ma questo è il prima, e ce lo hanno raccontato benissimo Paolini con la sua orazione civile e Martinelli con il film.
Il sottotitolo del libro è "Quarantacinque anni di truffe e soprusi contro chi sopravvisse alla notte più crudele della Repubblica".
Già, perchè oltre alle quasi 2000 vittime di quella terribile notte, va considerato che ci sono state altre decine di migliaia di vittime: i sopravvissuti, che oltre a perdere le famiglie e le case, hanno perduto - all'improvviso - anche la propria storia, il proprio passato.
Longarone (con le sue vie, le sue piazze, le sue chiese, i suoi bar) dopo il passaggio dell'onda si è trasformata in un immenso deserto di fango, sepolcro di vite e di una quotidianità che non sarebbe mai più esistita, se non nel ricordo.
Allibiti fantasmi, i sopravvissuti sono caduti subito vittime degli avvoltoi.
Come l'Enel, che ha - con rapide e sommarie transazioni economiche - messo fuori gioco con quattro soldi chi avrebbe potuto richiederle giustizia nei processi.
Come coloro che - muovendosi agevolmente sulle strade complesse delle leggi pro-Vajont - hanno acquistato per altri quattro soldi licenze commerciali ed artigianali dai sopravvissuti, ottenendo poi finanziamenti - in buona parte a fondo perduto - per avviare attività commerciali in tutto il Nordest.
(Pochi hanno resistito, ma anche perchè ben pochi erano nelle condizioni di resistere).
Già, perchè paradossalmente la tragedia del Vajont è stata uno dei motori dello sviluppo economico del Nordest.
Sono rinate, lungo i greti dei fiumi violentati, pericolose e inquinanti aziende che hanno fatto della zona uno dei luoghi in Italia che vede la maggior incidenza di morti per tumore (peggio di Porto Marghera!).
E' stato creato un paese finto, Vajont, con vie dritte e case tutte uguali, completamente avulso dalla storia di quel territorio.
La stessa ricostruzione di Longarone ha dato vita ad un paese senz'anima, senza cuore, senza alcun legame con la vivace cittadina del passato: un paese che respinge, in cui non si sente il respiro del vincolo che l'uomo crea con il luogo in cui abita.
E, come in tutte le storie italiane, anche in questa spesso scompaiono le tracce di parte degli ingenti flussi di denaro che si raccolsero quando l'emozione e la commozione percorsero l'Italia.
Ma questa è anche una storia di comunità divise, incapaci di avere una visione ed un obiettivo comune per difendersi, incapaci di ragionare insieme. Che giungono a creare associazioni e comitati in concorrenza tra loro, che antepongono l'orgoglio ed il campanile alla necessità di lottare e vincere insieme.
E' una storia di sconfitte, questa.
Di processi decennali in cui, pur accertando senza tema di smentita che il disastro era previsto e prevedibile, pagheranno alla fine soltanto in due, con pene ridicole (due anni - sei mesi).
Di un risarcimento tardivo e modesto, di fronte all'entità della tragedia, che l'Enel sarà infine costretta a versare al solo Comune di Longarone.
Una storia da leggere, senza dubbio.
3 commenti:
Grazie della segnalazione
Ho visto lo spettacolo di Paolini, sconvolgente.
non ero ancora nata quando avvenne questo disastro, ma il racconto, del bravissimo Marco Paolini, (di cui poi ho acquistato anche il cd)mi ha illuminato su questa tragedia e sui retroscene, così tanto da esserne coinvolta emotivamente! :(
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