La rabbia e l'indignazione che crescono dentro, ogni giorno, non sono più rivolte solo ai miseri, nefasti, pericolosi figuri che hanno "legittimamente" occupato le istituzioni per farne pascoli per le proprie vacche.
No... ormai, quando sono in mezzo ad una folla, penso che due persone su tre tra quelle che vedo - se devo credere a quel che mi dicono i sondaggi, e se accetto un banale criterio statistico - stanno approvando in silenzio quel che accade, la macellazione della convivenza civile in questo paese.
(E se fosse un inganno? Se i sondaggi fossero finti, se le percentuali fossero rovesciate, se fosse un ulteriore inganno degli Unni al potere, se lo facessero apposta per farci pensare minoranza senza possibilità di riscatto e costringere anche noi all'odio verso "gli altri"?)
E le vedo lì, tranquille e beate, apparentemente senza alcuna inquietudine. Magari in una chiesa affollata, come mi è capitato domenica, concentrate sul richiamo alla fratellanza e sul valore di un sacramento come "chiamata del Signore".
O negli uffici di questa multinazionale, dove ormai la melassa che chiamiamo "relazioni umane" fa sì che lo stesso Megadirettore che considera, nei fatti, quasi tutta l'umanità come una merdaccia senza valore, dispensi poi amabilmente il "tu" anche agli ultimi della catena, e sorrisi e abbracci e motti di spirito, confondendo la visione nitida della realtà, le sue gerarchie, le scale di valori imposte.
E sempre più, ogni giorno, sento il bisogno di trasformare questa rabbia in gesti, in azioni, in fisicità, in formalismi visibili.
Di squarciare il velo dell'ipocrisia. Di ristabilire la realtà, senza fumogeni.
Di prendere le distanze da chi non stimo, da chi ha deciso di non esistere, di rinchiudersi nella sua pavidità.
Di distinguere il bene dal male, senza sofismi, senza esagerare con i distinguo.
Di dire che chi non sceglie, oggi, in realtà sceglie lo stesso, e contro di me: e per legittima difesa non posso più sorridergli, mangiare con lui, conversare come se niente fosse sul tempo o su cazzate senza importanza.
Di spostare il disagio da me a loro, di metterli in crisi, di costringerli a capire che non siamo pacificati, che è l'ora di un sano conflitto, che non sono io a dovermi vergognare di quel che sento, ma lo devono fare loro per quel che NON sentono.
"Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti".
Esserci. Rioccupare gli spazi anche fisicamente, esprimendo il proprio dissenso in modo forte, individuale. Non far più dormire sonni tranquilli e giusti a chi giusto si considera. Instaurare il tarlo del dubbio, costringere al pensiero, non dare scampo.
Esprimere giudizi. Biasimare. Recuperare gli spazi per un confronto cancellato dagli slogan, dalla approssimazione, dalla superficialità.
Che scappino, che ci rifuggano, che guardino a noi con paura e fastidio: ma che non si permettano più, mai più, di credersi dalla parte giusta.
Che siano inquieti, disturbati, scossi. Che tutto ciò che è normalmente accettato venga intelligentemente, ironicamente rimesso in discussione.
Sorridendo. Incrinando le certezze. Dimostrando che si può essere felici senza nessuna (o con pochissime) delle cagate che sono spacciate per indispensabili.
Vivendo in un modo nuovo, diverso, sconcertante. Destabilizzante.
No... ormai, quando sono in mezzo ad una folla, penso che due persone su tre tra quelle che vedo - se devo credere a quel che mi dicono i sondaggi, e se accetto un banale criterio statistico - stanno approvando in silenzio quel che accade, la macellazione della convivenza civile in questo paese.
(E se fosse un inganno? Se i sondaggi fossero finti, se le percentuali fossero rovesciate, se fosse un ulteriore inganno degli Unni al potere, se lo facessero apposta per farci pensare minoranza senza possibilità di riscatto e costringere anche noi all'odio verso "gli altri"?)
E le vedo lì, tranquille e beate, apparentemente senza alcuna inquietudine. Magari in una chiesa affollata, come mi è capitato domenica, concentrate sul richiamo alla fratellanza e sul valore di un sacramento come "chiamata del Signore".
O negli uffici di questa multinazionale, dove ormai la melassa che chiamiamo "relazioni umane" fa sì che lo stesso Megadirettore che considera, nei fatti, quasi tutta l'umanità come una merdaccia senza valore, dispensi poi amabilmente il "tu" anche agli ultimi della catena, e sorrisi e abbracci e motti di spirito, confondendo la visione nitida della realtà, le sue gerarchie, le scale di valori imposte.
E sempre più, ogni giorno, sento il bisogno di trasformare questa rabbia in gesti, in azioni, in fisicità, in formalismi visibili.
Di squarciare il velo dell'ipocrisia. Di ristabilire la realtà, senza fumogeni.
Di prendere le distanze da chi non stimo, da chi ha deciso di non esistere, di rinchiudersi nella sua pavidità.
Di distinguere il bene dal male, senza sofismi, senza esagerare con i distinguo.
Di dire che chi non sceglie, oggi, in realtà sceglie lo stesso, e contro di me: e per legittima difesa non posso più sorridergli, mangiare con lui, conversare come se niente fosse sul tempo o su cazzate senza importanza.
Di spostare il disagio da me a loro, di metterli in crisi, di costringerli a capire che non siamo pacificati, che è l'ora di un sano conflitto, che non sono io a dovermi vergognare di quel che sento, ma lo devono fare loro per quel che NON sentono.
"Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti".
Esserci. Rioccupare gli spazi anche fisicamente, esprimendo il proprio dissenso in modo forte, individuale. Non far più dormire sonni tranquilli e giusti a chi giusto si considera. Instaurare il tarlo del dubbio, costringere al pensiero, non dare scampo.
Esprimere giudizi. Biasimare. Recuperare gli spazi per un confronto cancellato dagli slogan, dalla approssimazione, dalla superficialità.
Che scappino, che ci rifuggano, che guardino a noi con paura e fastidio: ma che non si permettano più, mai più, di credersi dalla parte giusta.
Che siano inquieti, disturbati, scossi. Che tutto ciò che è normalmente accettato venga intelligentemente, ironicamente rimesso in discussione.
Sorridendo. Incrinando le certezze. Dimostrando che si può essere felici senza nessuna (o con pochissime) delle cagate che sono spacciate per indispensabili.
Vivendo in un modo nuovo, diverso, sconcertante. Destabilizzante.
7 commenti:
sì, Lupo, destabilizzante...perchè l'umano quando si illumina acceca e costringe a coprirsi gli occhi...disturbiamo per dare chiarore, nella notte...tvb
Complimenti per la grinta! Solo una cosa: non ti fare il sangue amaro. A muso duro si', ma occhio al fegato. A molti di quelli che chiami "chi giusto si considera", secondo me, non smuove una cellula la tua disapprovazione. Magari ti etichettano come uno strambo, un po' fuori dal mondo, uno con la luna sempre storta e continuano per la loro strada. Questa e' la mia impressione.
Ti diro' che io invece ovunque vada sento gente che si lamenta del governo. La percezione non corrisponde quindi a quello che dicono i sondaggi. E' vero che vivo nella rossa Toscana, e' vero che alla gente piace lamentarsi sempre e comunque, ma qui spesso ci si chiede dove siano gli elettori del centrodestra. Ci sono ci sono, ma qui hanno qualche remora a parlare. Semmai quello che noto e' tanta ignoranza, ignoranza, non tanto di cultura quanto di valori, di abitudine al pensare, a porsi domande, tanta superficialita', tanto prosciutto sugli occhi. E li' ci fai poco...
Infatti, Arte, accade proprio che mi sono stufato di farmi il sangue amaro:-) Tranquilla, è che se non inizio a sfogare esternamente questa rabbia che ho dentro ben che vada mi viene l'orticaria!:-)
Per quel che può contare, io ci sono.....
Conta, Vale, conta eccome...:-)
Il concetto di tolleranza? Dov'è?
Tolleranza: "il permettere o l'accettare idee e atteggiamenti diversi dai propri; il dimostrare comprensione o indulgenza per gli errori e i difetti altrui."
Non vedo alcuna contraddizione con l'apertura di un sano conflitto con il prossimo sul tema dei valori per i quali si vive.
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