Oh... noi fondisti, adesso qualche sassolino dalle Salomon abbiamo pure il diritto di togliercelo, no?
Saremo fratelli poveri nel grande circo equestre della montagna, va bene.
Saremo lenti e affaticati sulle salite: 25 km all'ora di media, vuoi mettere con la discesa libera?
Saremo quelli che vivono in montagna, che parlano con forte accento dialettale, che non popolano le riviste patinate e non vengono invitati a fare gli sboroni nei talkshow televisivi.
Quelli che nessuno pagherà mai per fare uno spot per vendere automobili.
Però, chissenefrega. Quando Giorgio Di Centa si è sparato gli ultimi 100 metri in testa, con 49900 metri già nelle gambe e sotto la soletta, nella 50 Km a tecnica libera, per noi fondisti (che siamo fondisti anche nella vita) è stato un momento straordinario. Commovente, eccitante,
gasante. Che si capisce di più se ti è capitato, come a me domenica scorsa, di scivolare sulla neve nella valle di Cogne sotto una nevicata da fiaba, nel silenzio rotto solo dal fruscio dello sci, e passare tra gli alberi osservato con indifferenza da uno stambecco lì, a due passi.
Capisco, la figura è retorica: lo stambecco puzza, ed il fondista pure dopo venti km e parecchie salite; la neve che cade non ha il fascino di quella sollevata a spruzzo dal tarro a fine pista.
Ma quel silenzio e quella fatica in mezzo ai boschi, a fronte di una vita di plastica sovraffollata di rumori e che disprezza l'impegno, hanno un valore così importante e così semplice che bisognerebbe introdurre due ore obbligatorie di fondo la settimana per tutti i ragazzini in età scolare.
Grazie, Giorgio!
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