Ormai l'attacco allo Stato a colpi di decreti legge, per distruggere tutto quel che conoscevamo, è così quotidiano che non si riesce nemmeno a razionalizzarlo.
La scorsa settimana hanno fatto anche questo:
DECRETO-LEGGE 7 ottobre 2008, n. 154. Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali.(GU n. 235 del 7-10-2008 ).
L'ho letto, e non ho gli strumenti per capire quali effetti abbia in ambito sanitario, però c'è un articolo che si capisce benissimo, ed è questo che integra e aggrava la famigerata legge 133, quella con cui Tremonti distrugge la scuola pubblica con 7652 milioni di tagli in quattro anni:
Art. 3.
Definizione dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali
1. All'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il comma 6 e' inserito il seguente:
«6-bis. I piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile per assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della rete scolastica previsti dal presente comma, già a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010 e comunque non oltre il 30 novembre di ogni anno. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con la procedura di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica. Ove le regioni e gli enti locali competenti non adempiano alla predetta diffida, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un commissario ad acta. Gli eventuali oneri derivanti da tale nomina sono a carico delle regioni e degli enti locali.».
Riassunto: entro il 15 dicembre le Regioni devono predisporre i piani per tagliare "fisicamente" le scuole (prerequisito per "tagliare" gli insegnanti e le ore di insegnamento) come previsto dal piano programmatico della Gelmini di cui ho parlato qui; se non lo fanno, verranno commissariate.
Alla faccia del federalismo! Qui vengono in mente i federali, più che altro, quelli col fez e gli stivaloni neri.
E, per associazione di idee, anche certe pratiche naziste: perchè il piano prevede la soppressione delle scuole più piccole e più deboli. Quelle con meno di 50 alunni, che si trovano ovviamente nei comuni più piccoli, o in montagna.
La Presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, stima che in tutto il Piemonte le scuole che dovranno chiudere sono 856 (il 52 % dei comuni piemontesi si trova in montagna). Le fonti governative dicono che è una bufala, ma si guardano bene dal dare un altro numero.
Una stima non smentibile parla però di circa 4000 scuole chiuse in tutta Italia, su poco più di 40.000, con la scomparsa definitiva delle scuola da circa 800 comuni su poco più di 8000 (eliminare una scuola su 10, eliminarle da un comune su 10: non è un rapporto che evoca qualcosa di molto tetro?).
Non è allarmismo. Non dimentichiamo che la Gelmini ha scritto nel suo Piano Programmatico, sotto evidente dettatura di Tremonti, quanto segue:
"Attualmente circa 700 istituzioni scolastiche autonome hanno una popolazione scolastica inferiore ai minimi previsti dalla fascia in deroga (meno di 300 alunni). All’interno poi della stessa fascia in deroga vi sono oltre 850 istituzioni scolastiche che non hanno titolo, per tipologia di scuola (circoli didattici, scuole medie, istituti superiori), a farne parte, perché per la loro istituzione non è prevista la possibilità di deroga. Alle citate scuole se ne aggiungono altre 1.050 (istituti comprensivi) comprese nella fascia minima, ma non tutte si trovano effettivamente nei territori montani o nelle piccole isole.
Si può dunque stimare che una buona percentuale di istituzioni scolastiche, compresa tra il minimo certo del 15% e il massimo probabile del 20%, non sia legittimato a funzionare come istituzione autonoma.
Anche per i diversi punti di erogazione del servizio le dinamiche demografiche hanno determinato
significative modifiche nel numero della popolazione scolastica accolta.
La presenza di oltre 10.760 istituzioni scolastiche autonome, che governano 41.862 punti di
erogazione del servizio, è di ostacolo alla stabilità delle stesse e all’offerta di una pluralità di scelte
aggregate in maniera razionale alle esigenze del territorio e che agevolino l’esercizio del diritto
all’istruzione. Inoltre, escludendo dal computo le scuole dell’infanzia per la loro particolare natura di servizio capillarmente diffuso, su poco più di 28 mila punti di erogazione del servizio circa il 15% ha meno di 50 alunni e un altro 21% ha meno di 100 alunni.
In effetti, la polverizzazione sul territorio di piccole scuole non risulta funzionale al conseguimento degli obiettivi didatticopedagogici, in quanto non consente l’inserimento dei giovani in comunità educative culturalmente adeguate a stimolarne le capacità di apprendimento e di socializzazione."
I conti sono presto fatti, dunque, e sono drammatici.
Beh, pensate che questo abbia fatto notizia? A parte Repubblica ieri, e la cronaca locale de "La Stampa" sabato, questa notizia oggi non è neppure nella prima pagina dei siti di Repubblica, Stampa e Corriere, e resiste solo nella cronaca locale di Repubblica.
E le reazioni di opposizione e sindacati?
Quasi meglio non saperlo.
La Ministra Ombra del PD (che in certi momenti uno auspicherebbe fosse ancora più ombra di quanto gia è), Maria Pia Garavaglia, non ha trovato niente di meglio che uscirsene con una dichiarazione a Radio Rai1 che non si sa se definire più imbecille o più idiota:
"Anche noi abbiamo detto che ci voleva la razionalizzazione della spesa ed eravamo disponibili a valutare fino a sei miliardi (!!!), ma non siamo stati messi in grado di discutere".Ah, ecco: tutta qui la differenza. 1652 milioni di euro. Sul resto, nessun problema, evidentemente.
E non parliamo di Bonanni (CISL) e Angeletti (UIL): "costretti" dalla reazione di docenti e genitori a proclamare lo sciopero generale sulla scuola del 30 ottobre, trascinati dalla malsopportata CGIL, non perdono occasione per dire che proprio non c'hanno voglia di preoccuparsi del problema, e che basterebbe una convocazione (solo quello! nient'altro!) per revocare lo sciopero.
Peraltro, la piattaforma sindacale per la manifestazione del 30 ottobre recita:
FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams contestano e contrastano gli interventi del Governo sulla scuola che si concretizzano in una manovra indiscriminata di “tagli” al Comparto per quasi 8 miliardi di euro che destrutturano il nostro sistema pubblico di istruzione e mettono a rischio il diritto allo studio e la qualità dell’offerta formativa.FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams denunciano che la definizione del Piano è stata fatta in totale assenza di un reale confronto con le forze sociali e con il mondo della scuola destinatario dei provvedimenti.FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams ritengono necessaria per il Paese una vera politica di innovazione del sistema scolastico che non può realizzarsi con basse retribuzioni, riduzioni del tempo scuola e “tagli” indiscriminati di risorse umane e finanziarie.FLC Cgil, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS Confsal e GILDA Unams rivendicano:- la revisione del decreto-legge 137/2008, con abrogazione dell’articolo 4 che ripristina il maestro unico e introduce l’orario di 24 ore settimanali nella scuola primaria;
- l’apertura di un tavolo negoziale con il Governo in merito al Piano Programmatico e ai regolamenti attuativi di cui all’articolo 64 del decreto-legge 112/2008, per un reale confronto finalizzato ad una vera riqualificazione della spesa, in grado di coniugare la lotta agli sprechi e alle diseconomie con la garanzia del “giusto” tempo scuola per tutti gli ordini e gradi, del diritto allo studio, della qualità dell’istruzione e della salvaguardia della professionalità degli operatori della scuola;
- il rinnovo del contratto collettivo nazionale del Comparto e interventi fiscali a favore del lavoro;
- il mantenimento delle prerogative contrattuali e garanzie contro le incursioni legislative nella disciplina del rapporto di lavoro;
- garanzia di organici di istituto funzionali, stabili e pluriennali per il personale docente ed ATA al fine di dare certezze al personale e continuità didattica ed organizzativa alle scuole;
- tutele per il personale precario, anche intervenendo sul “turn over” e sul pensionamento.
Roma, 9 ottobre 2008Sinceramente: non è molto.
A parte la richiesta di ritirare il ritorno al maestro unico, per il resto si chiede -tutto sommato - di condividere responsabilmente il disastro, di esserne partecipi.
Una posizione molto "responsabile", che tiene sicuramente conto degli umori (tristi) del paese, ma è già rinunciataria in partenza, perdente.
Insomma: siamo ogni giorno più soli, davanti al disastro.
Non li fermeremo. La scuola pubblica è condannata, anche se non lasceremo nulla di intentato. Sono i momenti in cui tocca lottare, anche se si è condannati alla sconfitta. Non per farcela oggi, è utopia: ma per lasciare un seme da cui possa germogliare, tra qualche anno, il sogno di un paese diverso.
(Anche l'appello al Presidente della Repubblica affinchè non firmi la conversione in legge del DL 137 - il Decreto Gelmini - è, ahimè, seppur utile a far sapere le nostre ragioni, anch'esso un atto di pura testimonianza: il Presidente può rinviare alle Camere una sola volta la legge, che peraltro ha superato le eccezioni di incostituzionalità, e non ha in realtà alcuna possibilità di fermarlo realmente: basta saperlo, considerare il tentativo per quello che è - sapendo che non ha possibilità di incidere sul percorso delle decisioni del Governo - e non prendersela con il Presidente se farà unicamente quel che è nelle sue prerogative istituzionali...Egli le rispetta, anche se sembra ormai l'unico in questo paese, e giustamente non intende travalicarle.)