Inutile commentare il delirio del Presidente del Consiglio, le sue affermazioni gravissime smentite dopo poche ore (accade ormai con una regolarità sconcertante, e c'è il rischio concreto di abituarsi).
Il suo linguaggio è dissociato come la società a cui si rivolge, ormai così annichilita da non saper neppure più rispondere con un sonoro pernacchio ad un governante che smentisce dicendo che tutto il resto del mondo ha capito/sentito/interpretato/ascoltato male (e ricorda la barzelletta di quel deficente che, ascoltando la radio mentre guida in autostrada, sente la notizia "Attenzione! c'è un pazzo che sta guidando contromano sull'autostrada" e afferma: "Uno? ma saranno migliaia!").
L'ultima di ieri è bellissima, perchè rispolvera un linguaggio da questura che non si sentiva più dagli anni Cinquanta:
"In tantissime manifestazioni organizzate dall'estrema sinistra e dai centri sociali, così come mi ha confermato il ministro dell'Interno, ci sono dei facinorosi: non tutti naturalmente, dei piccoli gruppi, ma nei cortei organizzati da queste entità ci sono facinorosi che hanno il supporto dei giornali".
Facinorosi...ragazzi miei, questa parola è bellissima. Detta da lui, è un complimento, una lusinga, una medaglia che dobbiamo indossare con orgoglio, così come gli anarchici dell'Ottocento assumevano con orgoglio il titolo di Malfattori.
Anzi, al nostro premier dedichiamo oggi questo bellissimo canto anarchico che sicuramente apprezzerà: l'inno dei Malfattori.
Beh, insieme al canto, ovviamente gli inviamo anche un gigantesco pernacchione.
Ai gridi ed ai lamenti
di noi, plebe tradita,
la lega dei potenti
si scosse impaurita
e prenci e magistrati
gridaron coi signori
che siam degli arrabbiati,
dei rudi malfattori.
Deh, t'affretta a sorgere,
o sol dell'avvenir,
vivere vogliam liberi,
non vogliam più servir.
Folli non siam nè tristi,
nè bruti, nè birbanti,
ma siam degli anarchisti
pel bene militanti;
al giusto, al ver mirando,
strugger cerchiam gli errori;
perciò ci han messo al bando
col dirci malfattori.
Noi del lavor siam figli
e, col lavor concordi,
sfuggir vogliam gli artigli
dei vil padroni ingordi,
che il pane han trafugato
a noi lavoratori
e poscia han proclamato
che siam dei malfattori.
Natura, comun madre,
a niun nega i suoi frutti
e caste ingorde e ladre
ruban quel che è di tutti.
Che in comun si viva,
si goda e si lavori:
tal è l'aspettativa
ch'abbiam noi malfattori.
Chi sparge l'impostura
avvolto in nera veste,
chi nega la Natura
sfuggiam come la peste.
Sprezziam gli dèi del cielo
e i falsi lor cultori;
del ver squarciamo il velo:
Perciò siam malfattori.
Amor ritiene uniti
gli affetti naturali
e non domanda riti
nè lacci coniugali.
Noi dai profan mercati
distor vogliam gli amori
e sindaci e curati
ci chiamano malfattori.
La Chiesa e lo Stato,
l'ingorda borghesia
contendono al Creato
di libertà la via.
Ma presto i dì verranno
che Papa, Re e signori
coi birri lor cadranno
per man dei malfattori.
Allor vedremo sorgere
il sol dell'avvenir,
in pace potrem vivere
e in libertà gioir.
(Antonio Panizza, 1892)
Il suo linguaggio è dissociato come la società a cui si rivolge, ormai così annichilita da non saper neppure più rispondere con un sonoro pernacchio ad un governante che smentisce dicendo che tutto il resto del mondo ha capito/sentito/interpretato/ascoltato male (e ricorda la barzelletta di quel deficente che, ascoltando la radio mentre guida in autostrada, sente la notizia "Attenzione! c'è un pazzo che sta guidando contromano sull'autostrada" e afferma: "Uno? ma saranno migliaia!").
L'ultima di ieri è bellissima, perchè rispolvera un linguaggio da questura che non si sentiva più dagli anni Cinquanta:
"In tantissime manifestazioni organizzate dall'estrema sinistra e dai centri sociali, così come mi ha confermato il ministro dell'Interno, ci sono dei facinorosi: non tutti naturalmente, dei piccoli gruppi, ma nei cortei organizzati da queste entità ci sono facinorosi che hanno il supporto dei giornali".
Facinorosi...ragazzi miei, questa parola è bellissima. Detta da lui, è un complimento, una lusinga, una medaglia che dobbiamo indossare con orgoglio, così come gli anarchici dell'Ottocento assumevano con orgoglio il titolo di Malfattori.
Anzi, al nostro premier dedichiamo oggi questo bellissimo canto anarchico che sicuramente apprezzerà: l'inno dei Malfattori.
Beh, insieme al canto, ovviamente gli inviamo anche un gigantesco pernacchione.
Ai gridi ed ai lamenti
di noi, plebe tradita,
la lega dei potenti
si scosse impaurita
e prenci e magistrati
gridaron coi signori
che siam degli arrabbiati,
dei rudi malfattori.
Deh, t'affretta a sorgere,
o sol dell'avvenir,
vivere vogliam liberi,
non vogliam più servir.
Folli non siam nè tristi,
nè bruti, nè birbanti,
ma siam degli anarchisti
pel bene militanti;
al giusto, al ver mirando,
strugger cerchiam gli errori;
perciò ci han messo al bando
col dirci malfattori.
Noi del lavor siam figli
e, col lavor concordi,
sfuggir vogliam gli artigli
dei vil padroni ingordi,
che il pane han trafugato
a noi lavoratori
e poscia han proclamato
che siam dei malfattori.
Natura, comun madre,
a niun nega i suoi frutti
e caste ingorde e ladre
ruban quel che è di tutti.
Che in comun si viva,
si goda e si lavori:
tal è l'aspettativa
ch'abbiam noi malfattori.
Chi sparge l'impostura
avvolto in nera veste,
chi nega la Natura
sfuggiam come la peste.
Sprezziam gli dèi del cielo
e i falsi lor cultori;
del ver squarciamo il velo:
Perciò siam malfattori.
Amor ritiene uniti
gli affetti naturali
e non domanda riti
nè lacci coniugali.
Noi dai profan mercati
distor vogliam gli amori
e sindaci e curati
ci chiamano malfattori.
La Chiesa e lo Stato,
l'ingorda borghesia
contendono al Creato
di libertà la via.
Ma presto i dì verranno
che Papa, Re e signori
coi birri lor cadranno
per man dei malfattori.
Allor vedremo sorgere
il sol dell'avvenir,
in pace potrem vivere
e in libertà gioir.
(Antonio Panizza, 1892)
1 commento:
Grazie da una facinorosa
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