Tratto da un reportage pubblicato nel 2007 sulle pagine di Repubblica, questo delizioso libro di viaggio vede Rumiz ripercorrere le orme di Annibale e delle sue truppe nella celebre campagna d'Italia (e dei suoi elefanti, fino a dove resisteranno...)
Da Cartagine attraverso la Spagna, ripercorrendo il percorso dei 90.000 soldati che seguirono il loro capo africano, Rumiz fa rivivere l'impressionante traversata del Rodano, per la quale fu necessario costruire in loco apposite, enormi zattere "mimetizzate" con erba e foglie: ma questo non impedì ai pachidermi di spaventarsi, e cadere nel fiume trascinandosi dietro gli sfortunati conducenti indiani, salvo poi rivelare insospettate doti di nuotatori...
L'inseguimento delle tracce prosegue, alla ricerca di uno dei possibili valichi alpini che il grande africano varcò nel 218 a.C. con i residui 20.000 fanti e 40 elefanti .
Impossibile desumere con certezza dove avvenne l'ardito passaggio, basandosi sugli imprecisi resoconti di Polibio e Tito Livio; e solo su questo mistero storico-geografico sono stati scritti quasi 900 libri!!! Sappiamo però che l'esercito fu costretto a fare saltare i massi che ostruivano il passaggio, usando enormi fuochi ed irrorando la roccia con l'aceto.
Moncenisio? Gran San Bernardo? Colle della Maddalena e Valle Stura? Rumiz a naso decide per questa ipotesi, che corrisponde alla strada più "semplice" arrivando dal Rodano...
Le tracce di Annibale, dopo la discesa in pianura, proseguono verso la capitale dei Taurini (anche se qui di tracce non ne lascia granchè, ammesso che Polibio abbia detto la verità) e poi , con un percorso non troppo logico, nella Valle del Trebbia dove avviene il primo scontro, vittorioso, contro i Romani.
Poi, coinvolto a Bologna un docente universitario che di Annibale è quasi un alter ego moderno, Rumiz segue con lui le orme del condottiero verso sud, attraversando gli Appennini e l'Etruria.
Qui Annibale affronta e sconfigge di nuovo i Romani sul Trasimeno (le tracce stavolta sono concrete e visibili, ci sono ancora in parte le fornaci in cui vennero bruciati i corpi dei soldati)...e poi sempre più giù, fino a Canne, la battaglia che rappresentò il peggior macello bellico della storia antica, con sessantamila morti.
Mussolini volle individuare il luogo della battaglia - in cui Scipione fu duramente sconfitto da Annibale - in Puglia, alle spalle di Barletta, ma in realtà gli archeologi hanno trovato resti compatibili con quel disastro ottanta chilometri più a Ovest - e solo da lì, oggettivamente, Annibale era in grado di arrivare a sfiorare Roma in cinque giorni, come racconta Polibio, pur sapendo che non era in condizioni di prenderla.
Annibale si aspetta a questo punto la resa di Roma, posta di fronte ad una serie di sconfitte brucianti: ma Roma semplicemente decide di ignorare le sconfitte, ignora Canne, costruisce la reazione, inizia ad adottare i "sotterfugi" e gli "stratagemmi" (la corruzione, l'inganno) che Annibale usò per vincere, mentre l'atteggiamento bellico dei Romani prima di queste guerre era decisamente più naif (passatemi il termine...)
Annibale resta in Italia del Sud per quasi quindici anni, dopo la vittoria di Canne: scende sempre più a sud, mentre i Romani lo tallonano e puniscono con ferocia, appena possono, le città che a lui si sono arrese (Capua, Taranto, Siracusa, dove muore Archimede).
Scipione, "in trasferta", distrugge Nova Cartagena in Spagna, fondata dal padre di Annibale.
Annibale alla fine è costretto a tornare, lo richiamano indietro, negandogli...ulteriori finanziamenti per la spedizione.
Nel deserto tunisino affronta di nuovo Scipione, a Zama, e perde. Cartagine ("Delenda Carthago!", la condanna Catone il Censore) viene rasa al suolo e cosparsa di sale per darle sterilità definitiva.
Annibale non si ferma, nè si demoralizza per così poco: va ad est. In Armenia, dove fonda quella che ne sarà la capitale antica, su richiesta del Re. Ma i Romani non demordono, lo inseguono, non perdonano. Si suiciderà nel 183 a.C. con il veleno, e la storia di Rumiz termina a Lybissa, in Turchia, davanti alla sua tomba ed alla lapide voluta da Ataturk nel suo testamento.
Insomma, un gran bel libro di viaggio e di storia...
La prosa di Rumiz è vivace, affascinante ed evocativa.
E fa venir voglia di partire subito, all'inseguimento di un mito, qualunque esso sia.
Da Cartagine attraverso la Spagna, ripercorrendo il percorso dei 90.000 soldati che seguirono il loro capo africano, Rumiz fa rivivere l'impressionante traversata del Rodano, per la quale fu necessario costruire in loco apposite, enormi zattere "mimetizzate" con erba e foglie: ma questo non impedì ai pachidermi di spaventarsi, e cadere nel fiume trascinandosi dietro gli sfortunati conducenti indiani, salvo poi rivelare insospettate doti di nuotatori...
L'inseguimento delle tracce prosegue, alla ricerca di uno dei possibili valichi alpini che il grande africano varcò nel 218 a.C. con i residui 20.000 fanti e 40 elefanti .
Impossibile desumere con certezza dove avvenne l'ardito passaggio, basandosi sugli imprecisi resoconti di Polibio e Tito Livio; e solo su questo mistero storico-geografico sono stati scritti quasi 900 libri!!! Sappiamo però che l'esercito fu costretto a fare saltare i massi che ostruivano il passaggio, usando enormi fuochi ed irrorando la roccia con l'aceto.
Moncenisio? Gran San Bernardo? Colle della Maddalena e Valle Stura? Rumiz a naso decide per questa ipotesi, che corrisponde alla strada più "semplice" arrivando dal Rodano...
Le tracce di Annibale, dopo la discesa in pianura, proseguono verso la capitale dei Taurini (anche se qui di tracce non ne lascia granchè, ammesso che Polibio abbia detto la verità) e poi , con un percorso non troppo logico, nella Valle del Trebbia dove avviene il primo scontro, vittorioso, contro i Romani.
Poi, coinvolto a Bologna un docente universitario che di Annibale è quasi un alter ego moderno, Rumiz segue con lui le orme del condottiero verso sud, attraversando gli Appennini e l'Etruria.
Qui Annibale affronta e sconfigge di nuovo i Romani sul Trasimeno (le tracce stavolta sono concrete e visibili, ci sono ancora in parte le fornaci in cui vennero bruciati i corpi dei soldati)...e poi sempre più giù, fino a Canne, la battaglia che rappresentò il peggior macello bellico della storia antica, con sessantamila morti.
Mussolini volle individuare il luogo della battaglia - in cui Scipione fu duramente sconfitto da Annibale - in Puglia, alle spalle di Barletta, ma in realtà gli archeologi hanno trovato resti compatibili con quel disastro ottanta chilometri più a Ovest - e solo da lì, oggettivamente, Annibale era in grado di arrivare a sfiorare Roma in cinque giorni, come racconta Polibio, pur sapendo che non era in condizioni di prenderla.
Annibale si aspetta a questo punto la resa di Roma, posta di fronte ad una serie di sconfitte brucianti: ma Roma semplicemente decide di ignorare le sconfitte, ignora Canne, costruisce la reazione, inizia ad adottare i "sotterfugi" e gli "stratagemmi" (la corruzione, l'inganno) che Annibale usò per vincere, mentre l'atteggiamento bellico dei Romani prima di queste guerre era decisamente più naif (passatemi il termine...)
Annibale resta in Italia del Sud per quasi quindici anni, dopo la vittoria di Canne: scende sempre più a sud, mentre i Romani lo tallonano e puniscono con ferocia, appena possono, le città che a lui si sono arrese (Capua, Taranto, Siracusa, dove muore Archimede).
Scipione, "in trasferta", distrugge Nova Cartagena in Spagna, fondata dal padre di Annibale.
Annibale alla fine è costretto a tornare, lo richiamano indietro, negandogli...ulteriori finanziamenti per la spedizione.
Nel deserto tunisino affronta di nuovo Scipione, a Zama, e perde. Cartagine ("Delenda Carthago!", la condanna Catone il Censore) viene rasa al suolo e cosparsa di sale per darle sterilità definitiva.
Annibale non si ferma, nè si demoralizza per così poco: va ad est. In Armenia, dove fonda quella che ne sarà la capitale antica, su richiesta del Re. Ma i Romani non demordono, lo inseguono, non perdonano. Si suiciderà nel 183 a.C. con il veleno, e la storia di Rumiz termina a Lybissa, in Turchia, davanti alla sua tomba ed alla lapide voluta da Ataturk nel suo testamento.
Insomma, un gran bel libro di viaggio e di storia...
La prosa di Rumiz è vivace, affascinante ed evocativa.
E fa venir voglia di partire subito, all'inseguimento di un mito, qualunque esso sia.
8 commenti:
ho capito che questo libro mi serve! Paolo Rumiz poi lo trovo fantastico
marina
...già quando ce lo insegnarono a scuola mi parve un pò paradossale pensare agli elefanti che valicano le Alpi...(sarà che un pò conoscevo le nostre montagne e pure gli elefanti, visto che lo zoo era a due passi da casa..)con tutta quella neve... ma forse era più facile allora che prendere l'autobus oggi con i residui ghiacciati delle recenti nevicate e l'assenza di sale, spalatori e mezzi adeguati..ma si sà, si deve risparmiare...
i miei ricordi di storia sono molto sbiaditi e non ricordavo che Annibale si fosse fatto così tanta strada fino in Turkia!.. Grazie per la recensione!!
Stefi
Avevo sentito una intervista a Rumiz a Fahrenheit. Interessante!
Dove l'hai trovato il patacchino "Io non sono su Facebook"? Carino!!!!
Arte, il patacchino me lo son fatto da me:-)...e mi è pure costato un cazziatone, ma resisto:-)))
Perche' un cazziatone? Invece e' carino. Fai bene a resistere. Anch'io resisto a Facebook. Non mi ispira e comunque anche fosse bellissimo non ho tempo ed energie, come dici tu, per immettere anche quest'attivita' nella mia vita.
Un cazziatone perchè sembra dire che chi è in Facebook invece ha gli amici "finti":-)...in Facebook mi sono registrato anche io, ma dopo due giorni mi è venuta una tale angoscia (per il clima, per la banalizzazione di una cosa così importante come l'amicizia) che mi sono immediatamente disiscritto. Il fatto è che per quello strumento provo una vera avversione, non una semplice indifferenza...
Mah, io non mi sono neppure registrata cosi' non corro il rischio di venire coinvolta :-)
Quello che non mi piace e' un po' la gara a chi ha piu' "amici". Amici? Diciamo "contatti". Se non ne hai un certo numero probabilmente sei considerato uno sfigato. Un po' il fatto che si incontrano vecchie amicizie (che me frega?).
Hai mai visto la parodia di Facebook a Parla con me? Veramente carina!
E poi si sente dire delle cose che fanno rabbrividire (tipo quella dei fan di Riina).
Infine rifuggo sempre da cio' che e' troppo di moda.
Comunque e' vero che il patacchino suona polemico. D'altra parte rispecchia il tuo sentimento di avversita'.
(Io continuo a chiamarlo patacchino perche' non mi viene il nome tecnico. Mannaggia il cervello!)
Lo so che non hai difficolta' a vedere i video ma ti segnalo lo stesso Caterina Guzzanti che fa "La ragazza di Facebook"
http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Parlaconme%5E7%5E155810,00.html
Ciao ciao
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