Trascuriamo le ipotesi, decisamente poco convincenti, che il Furher si sia salvato e sia nascosto in qualche accogliente e inaccessibile landa del Sud America, e che quindi abbia lasciato dietro di sè qualche ulteriore traccia che potrebbe costituire materiale di studio.
O, addirittura, come ipotizza lo scrittore George Steiner nel suo discusso romanzo "Il processo di San Cristobal", che lo si possa addirittura ritrovare vivo ed interrogarlo per venire a capo di una personalità così complessa.
No, Hitler è veramente morto il 30 aprile 1945 nel bunker di Berlino assediato dall'Armata Rossa.
E per studiarlo, dobbiamo riprendere il suo percorso umano, iniziato dal piccolo villaggio austriaco di Dollersheim (scomparso durante la seconda guerra mondiale, fatto distruggere per volontà stessa di Hitler), e ripercorrerlo attraverso gli scritti, le azioni, la storia.
Ron Rosenbaum, nel suo libro "Il mistero Hitler" del 1999, compie una sorta di approfondita investigazione sulle fonti che hanno tentato di capire e spiegare Hitler, dai giornalisti antihitleriani del tempo della sua irresistibile (?) ascesa al potere, agli studiosi della nostra epoca, tra cui il discusso Irving, che a questo mistero hanno tentato di dare una spiegazione.
Quel che ne viene fuori è un poliedro che fornisce non una sola, univoca e certa, immagine di Hitler, ma piuttosto le immagini di molti Hitler diversi, spesso persino in concorrenza tra di loro: istrione, invasato messia, pazzo, o addirittura personaggio esitante ed incerto guidato da una particolare condizione storica?
Impossibile chiarirlo, ad oggi: restano così numerose le questioni insolute.
Ad esempio, discordi sono le voci degli storici sull'origine e sulla natura del suo antisemitismo.
Nasce dai suoi antenati, e dalla paura della contaminazione dal sangue ebraico?
Era "sincero", riguardo al suo odio verso gli ebrei, od era solo un cinico opportunista?
E ancora: esisteva una sua patologia sessuale, e c'era un rapporto tra questa e la patologia politica?
E la sua ascesa al potere fu inevitabile? I suoi crimini furono la conseguenza di irresistibili forze storiche o di una implacabile volontà personale?
Il nostro desiderio di comprendere questo mistero, è evidente, è legato alla possibilità di riconoscere in tempo, ed evitare, che in futuro possa ripetersi quanto accaduto in relazione all'esistenza di un Hitler: l'Olocausto, in primo luogo, e la Seconda Guerra Mondiale.
Hitler era un uomo "quasi comune" portato dalle forze del tempo ad un ruolo che si sarebbe prodotto comunque, od era un individuo eccezionale ed irripetibile che guidò quelle forze verso quel che poi accadde? Hitler fece la storia o fu un prodotto di essa?
Il libro tenta una risposta proponendo le diverse opinioni degli storici al riguardo, ma al lettore resta netta una sensazione: che sia pressochè impossibile capire la storia mentre la si sta vivendo, e a quei pochi che hanno netta la percezione del pericolo - e sanno preconizzare, e vedono il futuro possibile con orrore - è impossibile dare ascolto.
Perchè conserviamo sempre, contro ogni ragionevole certezza, la sensazione di poter dominare la storia, anche quando questa corre ormai su un piano inclinato: ed ammettere di essere stati ciechi, sordi e pavidi è assai più dura, superato un certo limite, che correre verso il disastro, illudendosi di esser dalla parte di chi si salverà.
Il libro è interamente interessante, fin dal racconto delle origini di Hitler, e dei misteri legati ad un nonno incerto e - chissà - addirittura ebreo.
Tra i capitoli più interessanti ci sono quelli che raccontano l'eroica lotta dei giornalisti antihitleriani, tra il 1920 ed il 1933, contro quel fenomeno nato in una birreria di Monaco: un fenomeno violento, sanguinoso, che seminava morte tra gli oppositori e gli avversari interni, in cui probabilmente si annidava la matrice che avrebbe portato alla tragedia successiva.
Il "Munchener Post", quotidiano di Monaco guidato da giornalisti attenti e scrupolosi, combattè ogni giorno della sua esistenza contro il nazismo.Furono i primi a capire cosa stava accadendo, furono i primi a vedere Hitler che diventava HITLER.
Lo portarono anche in tribunale, per confutare le menzogne storiche che considerava base della sua azione; ed ogni giorno pubblicavano analisi lucide, inequivocabili, sulla natura criminale dei metodi nazisti.
E poi Fritz Gerlich, che diresse un giornale antimarxista ed antinazista, "Der Gerade Weg" (La retta via), che flagellava quotidianamente Hitler: arrivò a pubblicare in prima pagina, irridente, l'immagine di Hitler che sposa ad una donna di colore.
Cinque settimane dopo aver preso il potere, nel 1933, i nazisti gli distrussero la tipografia e lo portarono a Dachau, dove fu assassinato un anno dopo.
Sapevano che stava per pubblicare documenti compromettenti per Hitler: un attacco che forse avrebbe portato il presidente Hindenburg a deporre il neocancelliere. Purtroppo quei documenti non sono mai stati ritrovati.
Quando lo uccisero, i nazisti "inviarono alla vedova gli occhiali di Gerlich, tutti macchiati di sangue."
Si affronta anche, con taglio davvero investigativo, la misteriosa storia della morte della nipote di Hitler, Geli Raubal, con cui l'astro nascente della politica tedesca ebbe una relazione fino al suicidio di lei, nel settembre 1931.
Tutti i dubbi sul suicidio vennero messi a tacere da Hitler, nonostante si vociferasse di cause legate ad una sua presunta perversione sessuale - voci mai realmente confermate, ma di cui certo il Furher non gradiva la circolazione.
La maggior parte del libro è dedicata all'analisi delle cause dell'antisemitismo di Hitler ed alle sue responsabilità nell'Olocausto.
L'analisi parte dal riepilogo dettagliato delle tesi sostenute nei saggi su Hitler pubblicati dopo la seconda guerra mondiale, dalla argomentata confutazione ad esse venuta da altri studi, ed è arricchita da alcune interessanti interviste ai maggiori studiosi - ancora viventi all'epoca - del fenomeno.
Impossibile dare qui una sintesi efficace delle oltre 500 pagine del libro: ma la sua lettura costrituisce indiscutibilmente un modo per avvicinarsi a quel mistero terribile, rimettendo in discussione le immagini di Hitler che abbiamo disordinatamente accumulato nel tempo, e permettendoci di comporne una nuova, più oggettiva, anche se non meno sfocata.
O, addirittura, come ipotizza lo scrittore George Steiner nel suo discusso romanzo "Il processo di San Cristobal", che lo si possa addirittura ritrovare vivo ed interrogarlo per venire a capo di una personalità così complessa.
No, Hitler è veramente morto il 30 aprile 1945 nel bunker di Berlino assediato dall'Armata Rossa.
E per studiarlo, dobbiamo riprendere il suo percorso umano, iniziato dal piccolo villaggio austriaco di Dollersheim (scomparso durante la seconda guerra mondiale, fatto distruggere per volontà stessa di Hitler), e ripercorrerlo attraverso gli scritti, le azioni, la storia.
Ron Rosenbaum, nel suo libro "Il mistero Hitler" del 1999, compie una sorta di approfondita investigazione sulle fonti che hanno tentato di capire e spiegare Hitler, dai giornalisti antihitleriani del tempo della sua irresistibile (?) ascesa al potere, agli studiosi della nostra epoca, tra cui il discusso Irving, che a questo mistero hanno tentato di dare una spiegazione.
Quel che ne viene fuori è un poliedro che fornisce non una sola, univoca e certa, immagine di Hitler, ma piuttosto le immagini di molti Hitler diversi, spesso persino in concorrenza tra di loro: istrione, invasato messia, pazzo, o addirittura personaggio esitante ed incerto guidato da una particolare condizione storica?
Impossibile chiarirlo, ad oggi: restano così numerose le questioni insolute.
Ad esempio, discordi sono le voci degli storici sull'origine e sulla natura del suo antisemitismo.
Nasce dai suoi antenati, e dalla paura della contaminazione dal sangue ebraico?
Era "sincero", riguardo al suo odio verso gli ebrei, od era solo un cinico opportunista?
E ancora: esisteva una sua patologia sessuale, e c'era un rapporto tra questa e la patologia politica?
E la sua ascesa al potere fu inevitabile? I suoi crimini furono la conseguenza di irresistibili forze storiche o di una implacabile volontà personale?
Il nostro desiderio di comprendere questo mistero, è evidente, è legato alla possibilità di riconoscere in tempo, ed evitare, che in futuro possa ripetersi quanto accaduto in relazione all'esistenza di un Hitler: l'Olocausto, in primo luogo, e la Seconda Guerra Mondiale.
Hitler era un uomo "quasi comune" portato dalle forze del tempo ad un ruolo che si sarebbe prodotto comunque, od era un individuo eccezionale ed irripetibile che guidò quelle forze verso quel che poi accadde? Hitler fece la storia o fu un prodotto di essa?
Il libro tenta una risposta proponendo le diverse opinioni degli storici al riguardo, ma al lettore resta netta una sensazione: che sia pressochè impossibile capire la storia mentre la si sta vivendo, e a quei pochi che hanno netta la percezione del pericolo - e sanno preconizzare, e vedono il futuro possibile con orrore - è impossibile dare ascolto.
Perchè conserviamo sempre, contro ogni ragionevole certezza, la sensazione di poter dominare la storia, anche quando questa corre ormai su un piano inclinato: ed ammettere di essere stati ciechi, sordi e pavidi è assai più dura, superato un certo limite, che correre verso il disastro, illudendosi di esser dalla parte di chi si salverà.
Il libro è interamente interessante, fin dal racconto delle origini di Hitler, e dei misteri legati ad un nonno incerto e - chissà - addirittura ebreo.
Tra i capitoli più interessanti ci sono quelli che raccontano l'eroica lotta dei giornalisti antihitleriani, tra il 1920 ed il 1933, contro quel fenomeno nato in una birreria di Monaco: un fenomeno violento, sanguinoso, che seminava morte tra gli oppositori e gli avversari interni, in cui probabilmente si annidava la matrice che avrebbe portato alla tragedia successiva.
Il "Munchener Post", quotidiano di Monaco guidato da giornalisti attenti e scrupolosi, combattè ogni giorno della sua esistenza contro il nazismo.Furono i primi a capire cosa stava accadendo, furono i primi a vedere Hitler che diventava HITLER.
Lo portarono anche in tribunale, per confutare le menzogne storiche che considerava base della sua azione; ed ogni giorno pubblicavano analisi lucide, inequivocabili, sulla natura criminale dei metodi nazisti.
E poi Fritz Gerlich, che diresse un giornale antimarxista ed antinazista, "Der Gerade Weg" (La retta via), che flagellava quotidianamente Hitler: arrivò a pubblicare in prima pagina, irridente, l'immagine di Hitler che sposa ad una donna di colore.
Cinque settimane dopo aver preso il potere, nel 1933, i nazisti gli distrussero la tipografia e lo portarono a Dachau, dove fu assassinato un anno dopo.
Sapevano che stava per pubblicare documenti compromettenti per Hitler: un attacco che forse avrebbe portato il presidente Hindenburg a deporre il neocancelliere. Purtroppo quei documenti non sono mai stati ritrovati.
Quando lo uccisero, i nazisti "inviarono alla vedova gli occhiali di Gerlich, tutti macchiati di sangue."
Si affronta anche, con taglio davvero investigativo, la misteriosa storia della morte della nipote di Hitler, Geli Raubal, con cui l'astro nascente della politica tedesca ebbe una relazione fino al suicidio di lei, nel settembre 1931.
Tutti i dubbi sul suicidio vennero messi a tacere da Hitler, nonostante si vociferasse di cause legate ad una sua presunta perversione sessuale - voci mai realmente confermate, ma di cui certo il Furher non gradiva la circolazione.
La maggior parte del libro è dedicata all'analisi delle cause dell'antisemitismo di Hitler ed alle sue responsabilità nell'Olocausto.
L'analisi parte dal riepilogo dettagliato delle tesi sostenute nei saggi su Hitler pubblicati dopo la seconda guerra mondiale, dalla argomentata confutazione ad esse venuta da altri studi, ed è arricchita da alcune interessanti interviste ai maggiori studiosi - ancora viventi all'epoca - del fenomeno.
Impossibile dare qui una sintesi efficace delle oltre 500 pagine del libro: ma la sua lettura costrituisce indiscutibilmente un modo per avvicinarsi a quel mistero terribile, rimettendo in discussione le immagini di Hitler che abbiamo disordinatamente accumulato nel tempo, e permettendoci di comporne una nuova, più oggettiva, anche se non meno sfocata.
5 commenti:
Quando esce questo tipo di saggio sono sempre un po' sospettosa: mi chiedo se non ci sarà magari un interesse morboso nei confronti dell'oscuro personaggio in questione, o un compiacimento, più o meno latente, nel raccontare certi fatti. Ma in questo caso la tua recensione e la tua (metaforica) "faccina approvante", per come ti conosco attraverso il tuo blog, mi spingono a leggerlo. Domani vado a cercarlo in libreria.
Chiedersi da dove venisse l'antisemitismo di Hitler mi sembra una domanza oziosa...senza voler aderire a tutti i costi alla tesi di Goldhagen,resta che l'antisemitismo (quantomeno quello passivo) in Germania era piuttosto la norma. E non solo in Germania...fin dall'inizio del secolo l'Europa intera è percorsa dall'antisemitismo (ad eccezione come sottolinea Hilberg forse dell'Italia e della Bulgaria...)
In Francia c'è l'affaire Dreyfus, la Russia prerivoluzione d'ottobre è percorsa da innumerevoli pogrom...per non parlare della Polonia, dei paesi Baltici o dell'Ucraina...
@Licia: è un saggio del 1999, non è appena uscito...
@chiara:Si, Hitler può esser stato il foruncolo attraverso cui è suppurato l'antisemitismo che dilagava in Europa (anzi, c'è da chiedersi come mai non sia nato un Hitler in Francia, da questo punto di vista). Ma qui gli autori citati da Rosenbaum tentano di capire se vi furono, nella vita di Hitler, specifici eventi personali e scatenanti.
Oops...lo cercherò comunque lol.
E' molto interessante. Recentemente ho avuto sottomano un altor testo che trattava la seconda guerra mondiale e i personaggi della catastrofe.
Si chiamava qualcosa come "Il processo di Norimberga" ed erano gli scritti dello psicologo che aveva avuto i colloqui con i vari capi nazisti durante il processo.
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