lunedì, dicembre 02, 2013

"La torre d'avorio": l'arte, la politica, il coraggio, la resistenza...

LA TORRE D'AVORIO
Di Ronald Harwood
Con Luca Zingaretti, Massimo de Francovich
Regia di Luca Zingaretti
Visto al Teatro Carignano  di  Torino il  19 novembre 2013

Dopo un anno di pausa per ragioni economiche, ho riacquistato quest'anno l'abbonamento alla stagione teatrale dello Stabile di Torino (i problemi economici non sono affatto venuti meno, ma diciamo che il teatro è definitivamente entrato nel novero delle cose irrinunciabili anche in tempi duri:-)).
La mia personale stagione di spettatore ha debuttato con "La torre d'avorio" di Ronald Harwood, con Luca Zingaretti e Massimo de Francovich e regia di Zingaretti.
La vicenda è quella (piuttosto nota e già raccontata nel film del 2001 "A torto o a ragione") del processo che gli Alleati aprirono nel 1946 contro il celebre direttore d'orchestra Wilhem Furtwangler per acclarare i suoi rapporti con il regime nazista.
A predisporre l'indagine è un rozzo ufficiale americano, che disprezza la musica classica e non è quindi sensibile al fascino del mito e del personaggio di Furtwangler.
L'ufficiale imputa al Maestro di non essersi mai apertamente ribellato al nazismo per una molteplicità di motivi: per vanità, per non lasciare spazio all'astro nascente Von Karajan (che si iscrisse al Partito Nazista non una, ma due volte), per continuare a godere dei privilegi (anche sessuali) riservati ad un uomo potentissimo.
Il Maestro ribatte che lui fa Arte e non Politica, che quando si dirige Beethoven si entra in un mondo dove non esistono più mostri e carnefici, e che un atteggiamento più ostile al regime avrebbe soltanto provocato  la sua morte o il suo esilio, senza alcun vantaggio per la Germania.
Nessuna delle due legittime e inconciliabili verità risulta convincente, alla fine.
Ancora meno convincente risulta la recitazione di Zingaretti, che dovrebbe imparare a entrare nei personaggi invece di portare dentro di essi il solito Montalbano:-)
Bravissimo invece Massimo de Francovich e gli altri interpreti.
Il testo è straordinario, la regia (anch'essa di Zingaretti) eccellente.

Beckett e il (non) senso della vita



“DA KRAPP A SENZA PAROLE”
Di Samuel Beckett
Traduzioni di Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Con Glauco Mauri e Roberto Sturno
Regia di Glauco Mauri
(Visto al Teatro Gobetti di Torino il 26 novembre 2013)

Cinque splendide e angoscianti partiture di Samuel Beckett sulla insensatezza e assurdità della vita.

Glauco Mauri è un grande, splendido vecchio (ha 81 anni).
La sua recitazione, specie ne “L’ultimo nastro di Krapp”, è ruggente e seducente.

Questo è il genere di teatro che entra violentemente nelle questioni della vita, ti pone con brutalità il tema del senso della vita stessa, e ti obbliga a pensare.

La vita è davvero questo cumulo di insensatezza che dice Beckett, dove gli sforzi dell’uomo per darle un senso sono continuamente frustrati da una quotidianità che dimostra esattamente l’opposto?

Davvero ogni nostra azione, alla fine, è inutile rispetto al semplice iter biologico che va dalla nascita alla morte, e siamo solo noi che ci ostiniamo a darle un significato, per non ammettere che viviamo e moriamo e basta, senza un preciso perché?

Davvero le nostre emozioni (l’amore, l’odio, la rabbia, la passione) sono invenzioni e suggestioni che mettiamo in campo per non dirci che tra la nostra vita e quella di un batterio in fondo, in termini di significato, non ci sono differenze?

Belle, forti e suggestive domande. A cui a volte tento spontaneamente di dare risposte.
Per scoprire che, in fondo, la cosa migliore è proprio evitare di porsele, quel tipo di domande, e continuare a sperare che le emozioni continuino a distrarmi ancora abbastanza a lungo da tener lontane le domande sul loro significato.

Poi, dalla visione dell’ultimo atto rappresentato, è nata tra amici una discussione collaterale sulla “conservazione”. (Se avete voglia di leggere il post fino alla fine, ne capirete l’origine).

Nulla di quello che oggi produciamo copiosamente e conserviamo in digitale (foto, testi…) resisterà così a lungo senza corrompersi…il tempo massimo di conservazione sicura sui nostri supporti domestici (ma anche professionali) è di 3-5 anni.

Leggere qui per farsene una ragione e non rinunciare a scrivere ANCHE su carta.
Questa recensione, ad esempio, è stata scritta prima su un taccuino Moleskine e forse quella versione sopravviverà a questo blog…:-)

Di seguito, le trame delle parti dello spettacolo (almeno per come le ho capite io, eh: Beckett non è affatto trasparente…)

venerdì, novembre 08, 2013

"Gli aerei stanno al cielo come le navi al mare..."

Si, lo so che questo post poteva intitolarsi semplicemente "Renoir", ma visto che mi è tornata in mente la splendida canzone che De Gregori propose in ben due versioni nell'album del '78 che porta il suo nome (album bellissimo!), non ho saputo resistere...

Il post dovrebbe raccontare le sensazioni che ho provato alla visita della mostra su Renoir che si è aperta il 23 ottobre alla Galleria di Arte Moderna di Torino (per vederla c'è tempo fino al 23 febbraio 2014).

(Per una descrizione dettagliata del contenuto della mostra, vi rimando invece a questo perfetto post di Roberta.)

Come al solito, quando visito una mostra d'arte, parto da un livello di ignoranza quasi assoluto.

Nel caso di Renoir, sapevo più o meno che era un pittore francese dell'Ottocento, e che avesse vagamente a che fare con l'impressionismo (che, nella mia mente, è un concetto dai contorni abbastanza indefiniti come la pittura che lo caratterizza).

Ora ne so molto di più su questo personaggio, anche se so bene che l'80% delle nozioni scomparirà entro pochi giorni.

La mostra presenta una sessantina di quadri provenienti dai musei parigini (è, sembra, la più importante esposizione di Renoir finora organizzata in Italia).

Ce ne sono alcuni che adoro in particolare.

"L'altalena", quadro impressionista del 1876, è straordinario e magico per il modo in cui viene resa la luce che filtra attraverso le foglie (l'immagine qui sopra non restituisce neppure in minima parte la bellezza del quadro, rispetto alla visione dal vero).


E poi, ad esempio
"Ragazze al piano" del 1892: dopo il viaggio in Italia negli anni '80, affascinato da Raffaello e Tiziano, Renoir supera l'impressionismo.

Le altre opere in esposizione garantiscono un altissimo livello di emozione.

C'è tempo...ma non perdetevi la mostra!

martedì, novembre 05, 2013

Il principio o il dubbio?

Il "caso Cancellieri" fornisce spunti per ragionamenti interessanti.

Premetto che sono completamente indifferente alla vita e alla morte dei componenti della famiglia Ligresti.
Così come sono (siamo) di fatto indifferente alla vita ed alla morte di milioni di persone che non diventano abbastanza interessanti da finire sul giornale.

Non analizzo dunque l'aspetto "umanitario" della questione. Sapere che la Ligresti stava male non mi muove a commozione.

Ma, nelle critiche avanzate alla Cancellieri, c'è qualcosa che non mi torna.

Le critiche si basano sul principio che un ministro non dovrebbe intervenire nei casi singoli, tantomeno se la persona coinvolta ha legami di amicizia/parentela.

Questo, secondo me, è un principio assai discutibile.
Alla fine, io credo che qualsiasi persona intervenga in tutte le situazioni in cui ha un coinvolgimento affettivo/emotivo, e mi parrebbe assai strano (ed anche poco umano) che ciò non accadesse.

La Cancellieri, si dice, ha fatto la stessa cosa che ha fatto per la Ligresti in altri 110 casi, parlandone con il direttore del DAP.

Allora, secondo lo stesso principio, anche questo è ingiusto, visto che su una popolazione carceraria di oltre 60.000 persone, sicuramente chi vive una situazione di disagio va ben oltre il numero di 110.

Estremizzando il principio, allora anche Schindler ed "i giusti" che salvarono gli ebrei commisero una profonda ingiustizia non salvando tutti quelli che non "conoscevano" e con cui, in quel momento, non avevano contatti o relazioni.

Insomma, sostengo che sia NATURALE fare qualcosa per le persone con cui si è in relazione, indipentemente dal ruolo che si ricopre.

Avrei pensato malissimo della Cancellieri se, a fronte di una richiesta di aiuto proveniente da una conoscente, non avesse fatto nulla in nome di un "principio" che, essendo di origine umana, vale esattamente quanto ogni altro principio.

Poi, pensare con fastidio ai Ligresti, ed anche al fatto che la Cancellieri abbia una relazione di amicizia con costoro, è un'altra cosa, che non c'entra con il principio sostenuto.

Sappiamo bene che chi ha molto potere e denaro vive in un mondo diverso dal nostro, ed ha contiguità non necessariamente con gli onesti, ma con chi ha potere e denaro.

Basta leggere un libro di Saviano per capire il senso di appartenenza dato dal potere e dai soldi. E' molto più facile, per un ricco, avere contatti e relazioni con la malavita organizzata, di quanto capiti a noi.
Le mafie che gestiscono immense ricchezze sono inevitabilmente contigue a chi possiede analoghe ricchezze.

Questo per dire che non mi scandalizzano le "relazioni pericolose" della Cancellieri. Le considero inevitabili, nella sua posizione.

E non pretendo da lei qualcosa che non vorrei qualcuno pretendesse da me: non aiutare, in nome di un principio astratto, le persone con cui si è in relazione.

Nel giudicare le cose (ed il prossimo) bisognerebbe sempre procedere con il dubbio, più che con i principi.

In questo condivido le domande che si pone Luca Sofri.

mercoledì, ottobre 16, 2013

Mi dò da pensare...

(UPDATE 21 ottobre 2013: vedi a fondo post...)

E' da un po' di tempo che mi trovo disallineato con il mondo.

Facciamo un esempio fresco fresco: il "negazionismo", all'unanimità, sta diventando reato.
A me sembra una cosa sbagliatissima.
Chi afferma che le camere a gas non sono mai esistite, o non sono state usate nel modo massivo che conosciamo, probabilmente si ostina a negare una realtà oggettiva.
Ma qual è il danno, qual è il bene offeso da una simile posizione, al punto tale da configurarlo come "reato"?

Chi sostiene questa posizione è minoritario, ed in termini storiografici direi irrilevante.
Potremmo definirla una posizione irritante, bugiarda, negatrice appunto di una realtà oggettiva.
Ma è di fatto un'opinione, che chiunque abbia un minino di conoscenza e di cultura considerà irrilevante.
Una opinione, per l'appunto. Che va combattuta con le prove, con la cultura, con i documenti.
Che chi la sostiene vada in galera per cinque anni, a cosa serve? A chi serve?

Perchè una cosa simile è accaduta e accade in qualsiasi sistema totalitario, no?
Chiunque affermi un'opinione diversa dalla opinione del potere dominante, viene perseguito. Perchè chi ha il potere decide qual è la verità.
Ora, che la verità del potere coincida a volte con la verità oggettiva può capitare, ma io ritengo sbagliato e pericoloso che si mandi in carcere qualcuno per un'opinione, fosse pure una opinione delirante.
Soprattutto se è lo Stato a decidere qual è la "verità". Non ho letto il meccanismo che porta a definire il reato, ma mi preoccupo.
Se si manda in galera la gente ANCHE per le opinioni, domani potremmo mandarla per QUALSIASI opinione che non piace al potere dominante: basta si faccia una legge al riguardo.

Poi, la trovo una dimostrazione di grandissima debolezza. Laddove non arriviamo con la cultura e l'informazione, usiamo la galera. Terribile.

Allo stesso modo, dissento dalle leggi che puniscono in modo più severo, rispetto alle altre offese alla persona, il femminicidio e l'omofobia.
Un'offesa è un'offesa rivolta contro la persona, ed il motivo per cui viene rivolta (che sta nella testa dell'offenditore) è assolutamente ininfluente.
Se uno mi picchia perchè a lui sta sui coglioni che io canti in bagno sotto la doccia, è MENO GRAVE del fatto che mi picchi perchè sono gay o sono donna?
Secondo me no. Non ne vedo la ragione.
Se uno mi usa violenza per un qualsiasi motivo, solo perchè lui detesta quello che sono o quello che penso, basta e avanza la legge che c'è, che punisce le offese alla PERSONA, non alla CARATTERISTICA DELLA PERSONA (il genere, la scelta sessuale...) che si ritiene motivo della OFFESA.
Anche in questo caso si tratta di leggi approvate sotto la spinta dell'emotività.
Una legge, a mio modesto avviso, non dovrebbe nascere su queste basi (sennò vengono fuori mostruosità come la Bossi-Fini...)

E, ancora - giusto per diventare antipatico ai più:-) - io non credo nella forza intrinseca della Costituzione.
Non fraintendetemi. La nostra Costituzione è bellissima, e colma di principi che condivido in toto.
Ma se non viene applicata, o è sotto attacco, è perchè sono sotto attacco (ed io ritengo anche minoritari, ormai) i valori sulla base della quale è stata costruita e scritta.
Quindi "difendere la Costituzione" è una parola d'ordine affascinante e seducente, che apparentemente non si può non condividere: ma in realtà dobbiamo chiederci per quale motivo i valori scritti nella Costituzione sono diventati (molti da subito) poco rilevanti e minoritari.
E' inutile chiedere di applicare la Costituzione se non ci chiediamo come mai i valori della Costituzione non sono nella testa della gente, ecco, e non sono più la base delle regole di convivenza in questo Paese.
E' il discorso che vale in genere per la legalità: perchè ormai è normale la sua violazione, quando una volta era fisiologica?
Cosa ha prodotto questo scollamento tra le regole ed i comportamenti individuali?
Qualunque cosa sia, è reversibile?
E, soprattutto, ha ancora senso immaginare il ritorno ad uno stato "ideale", dove le PERSONE vengono rispettate e le leggi sono conseguenza di questo, o bisogna rassegnarsi a un coacervo di leggi che tentano di imbrigliare una società fondamentalmente svuotata di valori collettivi a scapito di quelli individuali?

Ahimè, mi dò molto da pensare...

UPDATE 21 ottobre 2013: sul reato di negazionismo, ho trovato in rete opinioni simili alle mie, ma ben più autorevoli, che mi fanno sentire meno solo.
E sono anche contento che siano state pubblicate dopo la mia, perchè certifica che a questo ragionamento ci sono arrivato da solo, pur con i miei modesti mezzi: son soddisfazioni!
Qui l'opinione di Bruno Tinti, qui quella di Aldo Giannuli, qui un editoriale del Post, qui un intervento dell'Unione delle Camere Penali.

(Ecco i rispettivi link espliciti:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/19/negazionismo-lidiozia-non-e-reato/748961/
http://www.aldogiannuli.it/2013/10/negazionismo/
http://www.ilpost.it/2013/10/18/contro-il-reato-di-negazionismo/
http://www.camerepenali.it/news/5502/Al-negazionismo-si-risponde-con-le-armi-della-cultura-non-con-quelle-del-diritto-penale.html)


lunedì, ottobre 14, 2013

Nella piccola pozzanghera padana...

Sabato 12 ottobre, in occasione della manifestazione nazionale contro l'immigrazione convocata a Torino dalla Lega Nord, ho sentito il bisogno di essere in piazza per manifestare pubblicamente e fisicamente la mia avversione.
Sapevo che c'era un presidio promosso da un certo numero di associazioni e movimenti, e così mi sono recato in centro, nel luogo di cui avevo letto al mattino sulla "busiarda" (1) - più o meno a metà del percorso previsto dal corteo della Lega Nord, il che mi sembrava un po' strano.
Infatti, quando sono giunto lì, non ho trovato nessuno, a parte una dimostrante solitaria con un cartello che ricordava come anche gli italiani fossero un popolo di migranti, e pochi altri cercatori del presidio.
Quando poi ho scoperto che, per ragioni di ordine pubblico, la posizione dei presidii era stata spostata fuori dal raggio di azione del corteo, era ormai troppo tardi: la città era blindata e tra i due mondi si ergeva ormai una barriera impenetrabile di poliziotti. Aggirarla sarebbe stato complicato, quindi mi sono rassegnato a starmene lì.
Prima sono però andato un attimo a vedere da vicino i Padani. Mezz'ora prima dell'inizio previsto del corteo erano ancora poche decine.
Una signorina bionda mi ha porto un volantino della Lega, dicendo "è per la difesa dei valori antichi, dei valori cristiani". Quando le ho chiesto cosa c'entrassero questi valori con le campagne di odio contro gli immigrati, mi ha invitato a rivolgermi al numero di telefono indicato sul volantino, "le spiegheranno tutto".

Ho fatto un giro da Feltrinelli, dove ho trovato una copia superscontata di questo bellissimo libro di Bruno Munari, e mi son messo lì, seduto sul bordo di una delle due fontane di piazza CLN, a leggere.
(La dove ha inizio il film "Profondo Rosso", per dire...)


Finalmente, verso le 17, il corteo si è mosso.
Intorno a me, intanto, nella piazza, il numero di persone con sentimenti antileghisti era aumentato a una ventina.
Quando il corteo si è avvicinato a piazza CLN, una coppia matura ha sfoderato uno striscione del Movimento Nonviolento e ha cercato di mettersi sul percorso del corteo, ma i funzionari di polizia l'hanno considerata una provocazione e li hanno costretti a ripiegare e a ripiegarlo.
Purtroppo, quando il corteo è passato lì davanti, i pacifisti non hanno saputo resistire alle proprie pulsioni ed hanno iniziato ad insultare, abbastanza pesantemente, i leghisti che passavano.
I quali, ovviamente, ci sono andati a nozze ed hanno iniziato a rispondere per le rime.
I due gruppi si sono pericolosamente avvicinati, le voci e le mani hanno iniziato ad alzarsi ed i due branchi - a dir la verità - in quel momento sembravano abbastanza indistinguibili.
I poliziotti, messisi immediatamente in mezzo e abbastanza innervositi dal fatto di non aver saputo prevedere la minaccia imprevista, hanno calato i caschi e impugnato i tonfa ed hanno iniziato ad avanzare minacciosi verso i pacifisti, seguiti da orde di giornalisti con le telecamere e le macchine fotografiche - assetati di sangue, a loro volta seguiti da masse di leghisti pronti a menar le mani.

Visto che non ci tenevo ad esibire il mio cranio insanguinato all'edizione serale del TG3 Piemonte, in uno scontro "militare" così asimmetrico ed impari da essere completamente idiota, sono sgusciato via in mezzo ai fazzolettati verdi verso piazza San Carlo, dove sarebbe terminata la manifestazione.





Ho visto dunque sfilare i manifestanti.
Molti pittoreschi, bardati di verde da capo a piedi, o con i soliti confusi richiami a icone celtiche o vichinghe; ma la maggior parte avevano un aspetto normale, erano quella "gggente" che incontri ogni giorno per strada senza mai saper bene se aspettarti un sorriso o una coltellata.
I giovani non erano molti, ma erano l'unico tratto iconicamente aggiornato di un corteo zeppo di immagini uscite dal passato (molte bandiere di San Marco e altre che sembrano uscite paro paro dall'epoca dei Comuni).
Alla fine i partecipanti erano più o meno tremila, di cui - sono cifre fornite dalla organizzazione di quel partito - circa 500 autoctoni.
(Un autentico flop, direi, trattandosi di una manifestazione nazionale: gli antagonisti indigeni, avversi alla manifestazione, erano stimati in almeno il doppio.)



Poi, dal palco, hanno iniziato a parlare i big del partito.

Calderoli, dal vero, mi ha confermato l'impressione di un essere volgare e villano che già avevo di lui.
Inconsistente Giorgetti.
Tosi l'ho trovato deludente: un eloquio povero e tutt'altro che seducente, tanto da chiedersi se davvero abbia qualche chance come candidato del centro destra.
Salvini si presenta meglio (pensa te!): la claque dei Giovani Padani della piazza era tutta per lui (con lo slogan "Più Salvini, meno clandestini" (sic!); è un tipo che sa parlare bene, sa modulare i toni e sa accendere la piazza.
Poi ha parlato Roberto Cota. Personalmente lo trovo già insopportabile ed arrogante quando parla come Presidente (con quel c***o di fazzoletto verde nel taschino che saprei bene dove mettergli, quando dovrebbe rappresentare tutti i piemontesi).
In versione militante, si trasforma di fatto in un botolo ringhiante, rancoroso e traboccante di malvagità.
Con lui, come si dice qui, "ne ho avuto a basta", e non ho avuto cuore di fermarmi a sentire anche l'intero comizio di Maroni e l'eventuale abbaiare triste di Bossi.

La cifra comune dei discorsi dei dirigenti della Lega però è identificabile.
Un po' di immondizia culturale, un po' di paure ignoranti e un po' di rancori da bar.
(Mi ha fatto molto ridere, detto da Cota, il bisogno di "difendere la nostra cultura".
Mi son guardato intorno, a guardare i militanti che applaudivano, e mi son chiesto - senza ironia - che significato avesse per loro questa espressione.)
Il tutto mixato con un linguaggio da trivio, per marcare la distanza dai "salotti radical chic", come li chiama Cota.
Direi che la loro ricetta è sdoganare il peggio dei nostri sentimenti; mentre una volta - complice anche una educazione cattolica che qualche merito ce l'aveva - ci si vergognava di certi pensieri, con la Lega essi si possono ululare insieme sghignazzando e mangiando porchetta.
Si possono insultare i ministri (meglio se donna, ovviamente) sentendosi superiori ad essi, si può ironizzare pesantemente sulla diversità sentendosi compresi.

Liberi, finalmente, di essere se stessi (e di non essere costretti a migliorare mai).

(1) "la Stampa", così come la chiamavano un tempo gli operai della Fiat.

martedì, agosto 13, 2013

Dio stramaledica i geografi italiani!

Oggi ho letto questo tweet del Consiglio Regionale del Piemonte:

La Società geografica italiana ha curato una interessante ricerca sul riordino territoriale dello Stato http://www.consiglioregionale.piemonte.it/infolegint/dettaglioSchede.do?idScheda=10605 …

e mi sono detto: bene! 

Finalmente ho l'occasione di leggere un parere informato e competente sul tema del riordino territoriale, visto che negli ultimi anni ho assistito innumerevoli volte a uscite strampalate e “definitive” sul riassetto delle Province che – anche giustamente – sono rimaste tutte lettera morta.

E così ho aperto questo “ebook” della Società Geografica Italiana:

http://www.societageografica.it/images/stories/Pubblicazioni/ebook_il_riordino_territoriale_dello_s
tato.pdf

Ebook un corno, tanto per cominciare.
Non è che si può chiamare ebook un documento qualsiasi solo perchè è un formato PDF, eh (che poi, come ben sa chi mi segue, io considero un formato vecchio e adatto solo per la stampa in A4, e non per una più flessibile presentazione digitale).

Dentro questo sedicente “ebook” non c'è un solo link cliccabile.
E' un formato immagine, e non è possibile selezionare il testo.
Non è cliccabile nessuna voce dell'indice, non è cliccabile nessuna nota all'interno del testo, e non è cliccabile nessuna fonte citata per raggiungere in rete un approfondimento bibliografico qualsiasi. Nulla di nulla che sia una concessione alla più misera multimedialità.
E si che si tratta di sole 127 pagine, eh!

La confezione fa veramente schifo, dunque.
Ma può essere che, anche se la Società Geografica Italiana non sa cosa è un ebook (e questo mi sembra già molto grave, per un consesso di professori universitari), il contenuto sia tale da farmelo dimenticare.

Macchè.
Il documento è una successione di interventi accademici, pomposi, autoreferenziali, ed in gran parte incomprensibili al cittadino comune.
Per quasi tutte le 127 pagine i geografi italiani si parlano addosso, si autocitano, dimostrano quanto sono colti, citano gli ultimi centocinquantanni di studi geografici.

Ironizzano, sfottono (non senza ragioni) i politici e le loro proposte sconclusionate ed interessate, i giornalisti, gli economisti, si lamentano della scarsa attenzione rivolta a loro, i geografi, non esclusivi ma fondamentali ed ineludibili depositari di saperi al riguardo.

Gli abstract di ognuno dei 9 interventi è al fondo di ognuno, ma solo in inglese.

E gli interventi hanno titoli di questo genere:
  • Primo censimento delle aporie territoriali nelle proposte neoregionali e neoprovinciali;
  • Dialogia geo-economica e amministrativa dell'Italia del secondo dopoguerra;
  • Il contributo dell'approggio geostorico per un ripensamento critico della maglia amministrativa italiana;
  • Amnesia strutturale, gerrymandering involontari e dimensioni geografiche ottime
e via cantando...

Ora, che il significato della parola “aporia” (che significa “contraddizione irrisolvibile”) sia esplicitamente decodificato in seguito nel testo va bene, ma un titolo come “primo censimento delle contraddizioni nelle proposte” era troppo volgare, troppo popolare, troppo plebeo?

E ditemi se non sa di snob e di stucchevole l'incipit di questo intervento che si intitola “Amnesia strutturale, gerrymandering involontari e dimensioni geografiche ottime” (sticazzi!!!):

Benchè abbia un contenuto semplice, il titolo dell'intervento può apparire criptico e va spiegato”.

Benchè abbia un contenuto semplice? Può apparire criptico? Ma non senti partire spontaneo un vaffanculo dal lettore, mio caro accademico?

E tutti gli interventi (ognuno dei quali ha 20, 30, 40 riferimenti bibliografici -rigorosamente senza alcun link multimediale!!!) sono disseminati di perle simili.

C'è chi (ad esempio) vuol far sapere che conosce il calendario della rivoluzione francese, ed allora ci dice che una certa struttura amministrativa è durata fino al 28 piovoso dell'anno VIII. Utilissimo, il dettaglio!

Ma ci sono anche, ovviamente, un sacco di informazioni statistiche e storiche interessanti, nascoste tra le parole più tronfie.

C'è scritto, là in mezzo, che le divisioni amministrative del territorio devono essere flessibili, modificabili nel tempo, e non dobbiamo (soprattutto noi cittadini) immaginarle come cristallizzate per sempre.

C'è scritto che il 24% degli 8094 comuni non supera i 1000 abitanti ed un altro 43% non supera i 5000 abitanti, quando Mazzini già centocinquant'anni fa auspicava l'autonomia amministrativa di comuni con non meno di ventimila abitanti.

C'è scritto che dal 1990 ad oggi sono state create 15 delle attuali 110 Province, riconoscendo l'identità di specifici poli territoriali produttivi (Biella, Prato, Fermo, BAT...) quando ormai gli stessi erano in declino a causa della crisi...
Insomma, argomenti su cui far ragionare i cittadini ce ne sono parecchi, identificabili e comprensibili, con dati oggettivi.

Ma crepa se in qualche modo i concetti fondamentali vengono riassunti, evidenziati e comunicati.

Crepa se si riesce ad usare una comunicazione adatta al XXI secolo.

Noooo, vi si considera alla stregua di un povero studente che deve dare un esame: e quindi ci dobbiamo arrangiare.

Sono affaracci nostri, trovare e ricostruire in mezzo alla melma accademica il filo di un ragionamento comprensibile.

Poi, verso la fine, esce una proposta: una riproposta, meglio, del 1999, nata da un progetto definito “Quadroter”.
Del quale, tra l'altro, in questo stesso documento, un intervento evidenzia criticamente i limiti.
Basata su una divisione amministrativa in 36 aree, su un unico livello, per superare Regioni, Province, Aree Metropolitane e Comuni (come attualmente previsto dall'art.114 della Costituzione).


Quali sono le motivazioni alla base di questa proposta?
Bah, leggendo le 127 pagine (1), io sinceramente non l'ho capito.

Allora, diciamocelo, cari geografi: 'sta roba ve la siete scritta per voi, tra di voi, per leggervela, capirvela da soli e dire quanto siete bravi, colti e intelligenti.

E allora tenetevela per voi, in privato, visto che non è affatto uno strumento utilizzabile dal cittadino per farsi un'idea sull'argomento.

Va bene.

Poi, però, non rompete le scatole sul fatto che nessuno vi consulta, nessuno vi ascolta, nessuno vi considera.

O scendete dalla torre, per capire che per contare è INDISPENSABILE farsi comprendere, o rimanete pure lassù a morire, attaccati alla vostra disciplina che sta morendo anche e soprattutto PER COLPA VOSTRA.

(1) Si, sono notoriamente un lettore veloce, e in un'ora e mezza ce l'ho fatta. Questi giorni preferragostani, in ufficio, sono abbastanza morti:-)


mercoledì, luglio 31, 2013

My new tablet

Visto che sono anziano e non so come me la sarei cavata con Android, mi sono fatto installare un sistema operativo rassicurante:-)

martedì, luglio 30, 2013

Parlare d'altro


Il venerdì, il sabato e la domenica continuo a comprare un paio di quotidiani (Rep&Venerdì + manifesto il venerdì, Stampa+manifesto nel weekend).

Il piacere di sfogliare e leggere la carta stampata, mentre faccio colazione, non diminuisce mai e non è sostituibile dal costante aggiornamento informativo in tempo reale che mi concedo di continuo.
(Ora che possiedo un tablet ed una connessione 3G anche da casa, e ho superato l'incredibile handicap di andare a 56K nel bel mezzo del 2013, ho ampliato gli orizzonti visto che i tempi di attesa nella ricerca delle news si sono ridotti del 70% almeno:-))) e che ci sono app di aggregazione stupende come feedly.)

In particolare, ritengo irrinunciabile l'inserto Alias del sabato del Manifesto (e, in minor quantità ma non con minor gusto, della domenica).
Parla di arte, letteratura, musica, sport, cinema, giochi, e di tutto quel che racconta io non so quasi mai nulla, cosicchè diventa occasione di conoscenza e stimolo per esplorare ambiti a cui sono estraneo o al massimo profano...
In genere un articolo riempie mezza pagina, e quindi la densità di informazione è tale da richiedere una concentrazione quasi assoluta.
Non ci sono banner colorati e distraenti, cose che si muovono ammiccanti e colonnine paracule piene di tette (1), così posso concentrarmi sulle parole.
Inoltre, la dimensione fisica del giornale mi dà molta più soddisfazione della lettura digitale: spiegazzo, ripiego, riallineo, gioco con la carta e la pagina, mentre lo sguardo spazia tra le foto ed il testo in un bianco e nero demodè quanto adorabile, con una visione generale molto più ampia di quella che ricaverei dalla costrizione dello sguardo entro la cornice fissa di uno schermo (eh si, perchè la carta sarà pure sottile...ma è 3D:-))).

Continuo ad essere molto interessato alla vita (le novità tecnologiche e scientifiche mi affascinano oltremodo, pur per quel poco che posso capirne), ma devo dire che riservo un ascolto sempre più distratto all'aspetto "politico" dell'esistenza.
Che continuerebbe ad essere affascinante, se trattasse della vita attuale e futura delle persone: se, come sarebbe suo compito, stimolasse confronti INFORMATI su quel che deve essere questo paese nel futuro, tra dieci o vent'anni.
Su quali strategie adottare per l'approvvigionamento energetico, per la mobilità, per la diffusione della cultura e della conoscenza, per l'uso del territorio, per il contrasto alle mafie nel medio-lungo periodo.
Mi piacerebbe, ascoltare (e poi informarmi per poter parlare) di queste cose.

Ma quel che sento, mi sembrano in larga misura immani cazzate.

Riforme costituzionali "indispensabili ed urgenti"?
Ma non ci abbiamo attraversato il boom economico, con questa Carta Costituzionale?
Non è già stato garantito abbastanza, quando è giunto il tempo della vittoria della finanza incontrollata, l'arricchimento sfrenato dei pochi e l'accrescersi della disuguaglianza, semplicemente ignorando la Costituzione?
Che cosa volete di più? Quali altri strumenti sono necessari per peggiorare la situazione? La schiavitù? La rinuncia dello Stato a tutti i suoi compiti sociali?

Riduzione dei costi della politica?
Grande, davvero grande idea. Sono stati dimezzati i consigli comunali dei piccoli paesi, che costavano una scemenza ed erano la palestra della politica e della partecipazione dei cittadini. Il risultato è che - a fronte di un risparmio assolutamente risibile - si è cancellata la possibilità di portare nelle amministrazioni locali decine di migliaia di persone che potevano confrontarsi con la politica praticata invece di quella solo parlata al bar, con il rispetto delle regole e dei regolamenti, con la necessità di acquisire una competenza utile a comprendere una legge, a preparare una mozione, a predisporre un intervento...
Ah, già dimenticavo: oggi non serve più, la gavetta, in politica. Basta un video di 2 minuti su facebook, e con una manciata di "mi piace" si arriva dritti in Parlamento.
Scordatevi il percorso consiglio comunale-provinciale-regionale-parlamento. I primi due sono di fatto scomparsi, e per farsi eleggere in consiglio regionale è necessario accendere un mutuo (2).
Se volete far politica, prendete pure in considerazione il passaggio diretto dal "circolo" al seggio in Parlamento.
Poi interrogatevi sulla qualità di un ceto politico emergente il cui unico pregio è spesso quello di essere "ggiovane", e che si comporta magari come i 101 infingardi (e anche bastardi, dai) che hanno impallinato la candidatura di Prodi a Presidente della Repubblica, certi che non pagheranno mai il prezzo delle loro azioni.

Via giudiziaria per Berlusconi?
E basta, basta, basta. Quello si che è vecchiume intollerabile. Dategli l'immunità, tanto l'alternativa è abbracciarlo e portarselo a spasso come lo scorpione sul dorso della rana (e la rana adesso è il PD).
Non voglio più sentir parlare di quel vegliardo, separiamo il nostro avvenire dal suo presente. Amnistia, salvacondotto, qualsiasi cosa: ma leviamo definitivamente il paese dall'incubo della sua ombra.

Poi ci sarebbe molto altro, ma la noia mi assale.

E allora preferisco tornare a leggere, a guardare film cazzari, ad ascoltare musica, ad ammirare immagini senza capirle.

In attesa che si torni a parlare di noi.

(1) Ho smesso di leggere definitivamente Repubblica.it. Non è possibile tollerare sulla stessa pagina parole fiammeggianti contro il femminicidio e foto accalappiagonzi di attrici discinte. Datevi una regolata.

(2) Non sto affatto scherzando. Conosco un Consigliere Regionale di specchiata fede ed onestà, e di valore indiscusso, che è stato Assessore Regionale, costretto a sottoscrivere un mutuo dell'ordine di grandezza di un appartamento semilussuoso per pagarsi la campagna elettorale e ottenere le migliaia di voti necessari per la rielezione. E stiamo parlando di uno dei due livelli istituzionali in cui si vota ancora con le preferenze, e quindi l'elettore dovrebbe poter premiare o bocciare direttamente il lavoro svolto nella precedente legislatura.

venerdì, giugno 14, 2013

E tu mi vieni a dire...

Allora, riepiloghiamo solo le notizie delle ultime settimane e solo quelle di cui sono a conoscenza.

Indesit: dichiarati 1425 esuberi, di cui 480 a Fabriano.
TNT Global Express: dichiarati 854 licenziamenti, di cui 300 a San Mauro Torinese.
Natuzzi: probabili quasi 2000 esuberi in seguito alla decisione di delocalizzare in Brasile la produzione dei divani.

E chi non licenzia?
Enel, maggio 2013: accordo per la fuoriuscita (prepensionamento) di 3500 lavoratori a fronte di circa 1500 nuove assunzioni. Saldo netto: - 2000 posti di lavoro.
Eni, maggio 2013: si sta preparando un accordo per il prepensionamento di 1000 lavoratori a fronte di circa 300 nuove assunzioni. Saldo netto: -700 posti di lavoro.

So che l'elenco reale è molto più lungo, ma soltanto questi cinque eventi eliminano dalla scena occupazionale italiana - per sempre - circa 7000 posti di lavoro.

E tu mi vieni a dire, Letta, che "senza lavoro l'Italia non si salva"?



E non solo vengono cancellati i posti, ovviamente, ma anche - di fatto - le persone che c'erano dentro: con le loro competenze ed esperienze, accumulate negli anni, che improvvisamente non contano più nulla, diventano aria fritta, si possono gettare, non ci si preoccupa nemmeno di trasmettere a chi resta o a chi viene con quel processo che i fighi chiamano "knowledge transfer".
Le aziende pensano di potersela cavare con masse sterminate di giovani schiavi in giacca e cravatta, precari, pagati pochissimo e disponibili a tutto, e strapagando in maniera iperbolica e fuori da ogni logica sia i manager fuffologici che  i megaconsulenti a cui hanno regalato negli anni il know-how che avrebbero dovuto gelosamente difendere e far evolvere.

Io credo sinceramente che ad un simile crollo della diga non si possa porre argine.

Che la famelicità degli azionisti e la finanziarizzazione delle aziende, ormai liberate da qualsiasi argine e resistenza di tipo politico e sociale, stia portando a termine senza pietà quella lotta di classe che Luciano Gallino non vede affatto come scomparsa, anzi, ma in una fase di successo avanzato da parte di chi possiede tutto a scapito di chi non possiede più nulla.

Ci dovrebbe pensare la politica, ci dovrebbe pensare lo Stato, a difendere con durezza i suoi cittadini dall'attacco dell'avidità di pochi.
Ma lo Stato è ormai ostaggio e fantoccio di quei pochi, potentissimi ed avidissimi poteri.
Smantella ogni forma di protezione e promozione sociale, rinuncia persino a parlare ormai di equità e di legalità.
Ascolta annoiato i dati che raccontano che un gioiellere guadagna la metà di un operaio, che ogni anno vanno in galera solo 6 persone per reati corruzione a fronte della dispersione di 60 miliardi di euro, che l'evasione fiscale non solo continua a rubare 100 miliardi di euro l'anno ma si espande, diminuendo ancora il gettito ed aumentando il buco di bilancio...

Ascolta, e non fa un plisset.

Eppure...

eppure centinaia di migliaia di cittadini, ogni santo giorno, anche se sbeffeggiati e vituperati dalla maggioranza malandrina, continuano ostinatamente a far funzionare le aziende, i trasporti, gli ospedali, le scuole, ...
E lo fanno nonostante lo stipendio insufficiente, la mancanza di riconoscimento sociale, nonostante l'incremento esponenziale della violenza, dell'ignoranza, dell'aggressività...

Lo fanno perchè esiste comunque, nell'uomo (forse in tutti!), un'idea di bene insensata, priva di interesse personale.
Un'idea per cui fare bene una cosa, soprattutto se provoca piacere o se fa stare meglio quello che in quel momento è il tuo prossimo, l'essere umano più vicino a te - per scelta o per contingenza, TI FA STARE BENE.

Ecco, questa è una delle poche cose in cui riesco ancora a credere.

E mica vale poco.

martedì, giugno 11, 2013

O sensei

Molto tempo fa (quando ancora rotolavo sui tappeti per mia volontà, e non trascinato dalla panza) lessi la incredibile biografia di Ueshiba Morihei, fondatore dell'Aikido e "guerriero invincibile", che nessuno riuscì mai a sconfiggere (beh, morì anche lui, comunque…) 

La ripropongo qui, in carenza di cose più intelligenti da scrivere, perchè è una di quelle storielle niente male:-)

...

Questo incredibile personaggio nasce nel 1883 in una regione giapponese intrisa di misticismo e sacralità, da una famiglia discendente da generazioni di samurai.

Gracile e di salute cagionevole, sin da piccolo manifesta paranoie legate alla prestanza fisica che lo portano a torturare il proprio corpo per fortificarlo: secchiate di acqua gelida, alberi abbattuti a colpi d'ascia pesantissima, invece di ucciderlo lo rendono indistruttibile.

Spesso passa le nottate nei boschi a roteare la spada per ore.

Fortissimo e già esperto di micidiali arti marziali già in adolescenza, Ueshiba viene affascinato e si invaghisce dei personaggi meno raccomandabili che popolano il Giappone semifeudale di inizio secolo.

Uno di questi è Takeda, un avanzo di galera analfabeta maestro di un'arte letale chiamata Daito-Ryu, uno che non dorme mai due notti nello stesso posto per paura della vendetta dei parenti di tutti quelli che ha ammazzato e fa assaggiare il cibo dai discepoli per timore di avvelenamenti.
Sguardo truce e cicatrici, spietato con la spada, Takeda viene anche assoldato dalle autorità per "disinfestare" le zone soggette al banditismo.
In questi casi giunge nella località infestata ed annuncia che il giorno dopo riempirà le strade di cadaveri, il che porta ad un accordo con il capobanda locale per la riduzione del conflitto…

Ueshiba dopo un po' si rompe di questo truzzo sanguinario, e si innamora di un altro bel soggetto, Onisaburo, leader di una religione inventata di sana pianta, l'Omoto-Kyo, che nel momento d'oro arriva ad alcuni milioni di adepti.
Onisaburo è un dandy colto e raffinato, affascinante, colorato, sovversivo e pacifista (il che lo rende inviso alla cultura nazionalista ed imperiale giapponese), sessualmente iperattivo, caotico e geniale.
Ueshiba fa la sua guardia del corpo e diventa sempre più noto come il miglior guerriero e maestro di arti marziali del Giappone.
Possiede doti di chiaroveggenza e visioni mistiche.
Tutti vogliono sfidarlo, ma misteriosamente Ueshiba riesce a cavarsela nonostante attacchi multipli ed agguati con bastoni e spade, lasciando a terra i suoi avversari con un sorriso sulle labbra. Matura l'idea che l'arte da lui inventata sia basata sulla nonviolenza come idea vincente per annullare i conflitti.
Un giorno sfida addirittura 15 fucilieri dell'Esercito Imperiale a sparargli addosso in un poligono: appena fanno fuoco, si ritrovano tutti a terra e Ueshiba è misteriosamente finito, sorridente, dietro la linea del fuoco. Riprovano, ed il prodigio si ripete.
Un eremita noto per la sua abilità nello sparare, venuto a conoscenza dell'episodio, lo sfida: si pone davanti a lui col fucile, ma quando pone il dito sul grilletto Ueshiba lo ferma dicendo: "Fermo! mi hai già colpito, hai vinto tu." (Magico sì, ma mica scemo!).

Comunque spadaccini, samurai, judoki, pugili ed ogni sorta di tamarri da combattimento tentano di sconfiggerlo senza riuscirlo, e diventano suoi discepoli e aikidoki.

Con Onisaburo, si imbarca in una pericolosa avventura cinese che dovrebbe portare la religione Omoto-Kyo ad impadronirsi di Manciuria e Mongolia, e invece li porta ad un passo dall'essere giustiziati.

Tornati in Giappone, le autorità distruggono la Omoto-Kyo e incarcerano Onisaburo a vita: Ueshiba si salva solo perchè le sue capacità di maestro sono utili al governo.

Si stabilisce a Tokyo, costruisce con i soldi dei fan un dojo colossale e diventa sempre più importante.

Nel dopoguerra, si dedica unicamente all'insegnamento dell'Aikido: negli ultimi anni della sua vita è un vecchietto sorridente dalla lunga barba bianca, pestifero ed insopportabile, isterico ed un po' lunatico.
Non insegna nemmeno più, teorizza e sorride.
Come ogni maestro orientale, non scrive una parola, non un manuale che sintetizzi l'arte: "Inventatevi il vostro Aikido", dice.
Come se non glie ne fregasse più nulla…
Muore nel 1964 dicendo ancora l'ultima banalità: "L'Aikido è per il mondo intero".

Oggi ci guarda in bianco e nero, dalla parete di ogni dojo in cui si pratica l'aikido, con il suo sorriso enigmatico, che forse vuol dire: nella mia vita non ho mai lavorato, ho seguito ogni cazzata che mi passava per la zucca e mi son sempre divertito come un matto. 

Non so se questa è l'essenza dell'Aikido, ma a me è piaciuta.

Grazie, O Sensei!

sabato, maggio 04, 2013

Sulla violenza in rete...

La Presidente della Camera Laura Boldrini denuncia,in una intervista a Repubblica,di essere al centro di una campagna di minacce e aggressioni sui social network.

La nuova facilita' di comunicare amplifica inevitabilmente la capacita' di esprimere e diffondere il MALE, al pari dei sentimenti positivi e "buoni".

Per noi persone normali, che navighiamo sul web tentando di farne un altro normale mezzo per intrattenere relazioni, e' necessario sviluppare nuove e adeguate capacita' di difendersi dalle opinioni altrui, con la consapevolezza che cio' che e' "facile" (insultare, criticare, far del male in pochi istanti, ma anche adulare senza motivo) vale infinitamente meno di quel che costa fatica,impegno,energia (come costruire un sano e costruttivo conflitto,o esprimere un'adesione motivata, ad una opinione informata).

Però, poi, dato che la violenza verbale è violenza indipendentemente dal luogo in cui viene esercitata, una reazione è doverosa e necessaria.

Sulla rete, l'intervista alla Boldrini ha dato il via ad una onda distorta di reazioni riassumibile sotto il titolo "La Boldrini vuole censurare il web".

Le statistiche sulla alfabetizzazione degli italiani ci dicono che il 70% di noi non è in grado di decodificare e comprendere il senso di un testo decisamente complesso come l'intervista della Boldrini a Repubblica. Aggiungiamoci quelli che ne parlano basandosi su commenti e letture di seconda mano, ed ecco che balza fuori un altro problema della "comunicazione facile" sui social network: in buona parte è sfocata, parla di cose che - se appena sono un po' complesse - non ha capito bene.
E genera onde di commenti in cui la approssimazione e il bisogno di semplificare portano completamente fuori strada.

Ma tornando al merito della intervista alla Boldrini, la Presidente afferma che buona parte delle minacce e delle offese provengono da persone che si firmano con il proprio cognome e nome reale.
Se i social network sono - come sono - una nuova dimensione del mondo reale, non sarebbe ora che costoro iniziassero a pagare le conseguenze delle proprie parole esattamente come capita quando le pronunciano nel mondo "fisico"?
La risposta è ovviamente affermativa, ma io non riesco ad immaginare la giustizia italiana, nelle condizioni odierne, alle prese con decine di migliaia di microcause contro i parolai violenti del web: la necessità di avere giustizia è sacrosanta, ma la reale possibilità mi sembra quasi inesistente.

Probabilmente ci vogliono strumenti legislativi nuovi per situazioni nuove.
La Boldrini non chiede ovviamente la censura, ma è certo che - da un punto di vista legislativo - non si può permettere che i social network diventino zone franche dove si possono impunemente minacciare e offendere gli altri, e commettere reati senza pagarne le conseguenze (perchè le minacce e lo stalking, fuori dalla rete, vengono perseguiti).

Ovviamente non stiamo parlando di commenti cretini o piccoli insulti ricevuti da sconosciuti, ma delle cose orrende, violente e femminicide che la Boldrini testimonia di ricevere quotidianamente.

lunedì, aprile 15, 2013

La mia (piccola) Biennale Democrazia

Spesso si è stanchi, annoiati, distratti.
Sembra a tratti che la vita sia una noiosissima sequenza di atti sempre uguali a se stessi, faticosi, irritanti, e che nulla riesca a farci uscire da questo fiume (assai densamente popolato di altri pescetti come noi) che ci trascina via senza speranza di poterne uscire.

Poi, d'improvviso, ti accorgi (finalmente) di come basti pochissimo per uscire dall'apatia e raccogliere emozioni.
Le emozioni che possono illuminare la vita sono molteplici, e sono molto spesso a portata di mano.
Basta decidersi, uscire, partire, andare, osare...

A Torino si è svolta, tra il 10 ed il 14 aprile, la edizione 2013 della Biennale della Democrazia (sempre sia lodato il Presidente Zagrebelsky!!!). Il tema di quest'anno, assolutamente azzeccato, era quello dell'Utopia.

Purtoppo non ho avuto nè il tempo nè la voglia di seguire granchè, tra le decine e decine di eventi che si sono susseguiti in questi giorni (tutti a ingresso assolutamente gratuito, come è nello spirito della Biennale, al solo prezzo di code spesso estenuanti ma giustamente ineludibili...)

Ma un paio di cose, nonostante la mia pigrizia ormai leggendaria, sono riuscito a non perderle.

La prima era la serata inaugurale, dedicata a Giorgio Gaber, al Teatro Regio.
Presente in sala un insolitamente loquace Sandro Luporini, coautore di GG, intervistato da Michele Serra.
Giovanna Zucconi ha letto alcuni brani gaberiani, di insolità attualità.
(Serra a Luporini:" Ma siete stati profetici voi o in questi trenta-quarant'anni in questo paese non è cambiato nulla", e Luporini: "Eh, l'è brutto dirlo, ma mi sa che non hè cambiato 'ulla.")
Sul video scorrevano immagini degli spettacoli di Gaber, così appassionati da portare ad applaudire persino il pubblico in sala in sincronia con quello originale della registrazione, come in un passaggio di testimone...
Impossibile, per me, sopprimere l'abituale commozione (ed il terribile groppo in gola) sul finale bellissimo e terribile di "Qualcuno era comunista", o la rabbia della versione più recente (ed antimafiosa) di "Io se fossi Dio", o il piacere dell'ascolto alla semplicità de "Un'idea"...così come impossibile è stato, per la platea,  non fare il coro, all'inizio della serata, con "La Libertà".
Alcuni video (doverosi) rendevano omaggio alla profonda amicizia e divertita collaborazione con quel geniaccio di Jannacci (l'unico, sottolineava la Zucconi, capace di far rimare "Quando tace il water" con "Quando parla Gaber" - in "Se me lo dicevi prima").
Tra i video e le parole di Luporini (che fluivano sempre più copiose, segno che era a suo agio) ci sono stati gli interventi musicali di Bruno Maria Ferraro (con una bellissima "Non insegnate ai bambini" alla chitarra), Andrea Mirò (con una bella "Il conformista" al piano), Luca Barbarossa, Enzo Iachetti (con la esilarante "Le elezioni"), ma soprattutto una appassionata ed emozionatissima Paola Turci da ovazione (con "C'è un'aria" e "Si può"): "Essere qui, in questo posto bellissimo, e cantare Gaber davanti a Luporini...mi scoppia il cuore!", e una tale ondata di emozione si è riverberata nel teatro, durante la sua esibizione, da lasciarci tutti meravigliosamente scossi...(qui una sua esibizione al Festival Gaber...giusto per dare l'idea...)


Il secondo evento è stata la lezione sull'utopia tenuta ieri al Piccolo Regio da Melania Mazzucco (un altro dei miei miti:-))
(Leggete qui per un resoconto davvero ben fatto della lezione...)

La Mazzucco, aiutata dalle immagini, ha compiuto una disamina degli affreschi di Ambrogio Lorenzetti (al tempo di Giotto, un pittore celebre quasi come lui) realizzati nella "Sala dei Nove" del Palazzo Civico di Siena (costruito a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo). Gli affreschi, conosciuti originariamente come "della pace e della guerra", nel Settecento sono stati ridenominati "del Buon Governo".

Il Comune di Siena, affidata a quei tempi la guida a nove Signori, si era dotato di una Costituzione, il cui testo - legato da una catena - era a disposizione di tutti i cittadini per la lettura e la conoscenza del contenuto.
Ma, poichè erano pochi i cittadini in grado di leggere, si rese necessario esibire i concetti della Costituzione attraverso il media più diffuso dell'epoca, ovvero la Pittura, e farlo nel luogo simbolicamente più corretto - la stanza di Palazzo Civico in cui i Signori esercitavano il Potere per conto del Popolo.
Fu chiamato appunto a questo compito Ambrogio Lorenzetti, non un semplice artigiano della pittura ma un uomo colto (un "filosofo", lo definì il Vasari), e quindi perfettamente in grado di "interpretare" visualmente i concetti contenuti nella Costituzione (i Signori esercitavano un potere quasi assoluto, ma la Costituzione li vincolava a manterenere Siena in pace: una pace attiva, anche bellicosa se necessario).
Ed ecco, dunque, gli elementi fondamentali del Buon Governo: la Giustizia, innanzi tutto, che deve essere lo scopo di chi governa. Sotto di essa, la Concordia, con una pialla per appianare i dissidi.
La Concordia è tramite tra la Giustizia ed il Popolo: questo tramite è rappresentato dalla corda che, attraverso la concordia, viene tenuta in mano da 24 cittadini (tutti diversi, a rappresentare mestieri e professioni, ma tutti di eguale altezza, per indicarne l'uguaglianza), fino a giungere al polso, a cui è saldamente annodata, della figura che rappresenta il Comune di Siena.
Non sto a descrivere nel dettaglio gli innumerevoli aspetti simbolici degli affreschi, che sono ampiamente descritti qui , ma in sintesi Lorenzetti esprime il concetto che se la Giustizia è al centro del Buon Governo la città diventa prospera, felice, bella, piacevole e priva di paura.
Se invece la Giustizia è umiliata e resa impotente vince la Tirannide, alle Virtù si sostituiscono i Vizi e nel declino che ne deriva si perde tutto: lavoro, speranza, felicità, e quel che resta è violenza, rovina e guerra.
Inutile sottolineare la persistente attualità del messaggio.

Poi, la Mazzucco ha preso come spunto un dipinto di Paul Signac, "Al tempo dell'anarchia", per una dissertazione sull'utopia anarchica (concentrandosi su fine Ottocento, quando la fiaccola dell'anarchia - nel bene e nel male - splendeva come riferimento per milioni di esseri umani oppressi che sognavano un mondo nuovo), incrociando quindi un altro dei miei miti.

(Sono anarchico? Lo sono stato, sinceramente, profondamente ed in modo convinto ed informato. Lo sono ancora, nel cuore, anche se oggi mi dico che un popolo che non è nemmeno in grado di usare decentemente una democrazia non può nemmeno giungere immaginare una cosa bella come l'assenza di governo dovuta al fatto che le comunità di individui sono in grado di gestirsi da sole).
Il grande Eliseo Reclus, scienziato ed anarchico (ricordate che incrociò la sua vita, per un tratto, con quello della esploratrice Alexandra David-Neel, di cui parlai qui?), disse che l'esperienza dei comuni italiani medievali può considerarsi il tipo di organizzazione che è giunto più vicino al concetto di libertà e giustizia.
Gli anarchici furono (e sono, anche se la loro voce è ormai così fiebile) i maggiori sognatori di un mondo davvero nuovo, radicalmente rifondato dalle radici...avevano una fiducia nell'uomo che andava oltre ogni ragionevole speranza:-)

Infine, la Mazzucco ha concluso con "Il mondo nuovo" , di Giandomenico Tiepolo (1791), rilevandone altri stringenti motivi di attualità.

Il mondo nuovo era una forma di lanterna magica montata nei giorni di festa che mostrava immagini straordinarie e fantastiche: «Tiepolo era attratto dagli imbonitori, da quelli che riescono ad attrarre l’attenzione della gente – dice Mazzucco – millantando qualcosa che in realtà non esiste. In questa lanterna magica erano promesse la visione di posti lontani, un mondo nuovo, diverso e anche un mondo alla rovescia. Tiepolo non ci fa vedere questo spettacolo perché nel quadro sono mostrati  invece gli spettatori di spalle, sono loro i protagonisti dello spettacolo senza saperlo, e gli spettatori sono il vero futuro al quale Tiepolo vuole offrire l’immagine di questa gente. Persone di tutti i tipi, manovrate da un ciarlatano, contagiati dalla smania di evasione e imboniti dalle promesse del mondo nuovo».

C'è forse qualcosa da aggiungere?:-)

sabato, aprile 06, 2013

Vorrei un governo...

Vorrei un governo...
che si ponesse come obiettivo la creazione di condizioni utili a far prosperare la felicità per i propri cittadini, dove i cittadini sono TUTTI coloro che vivono in questo paese.
Un governo che creasse le condizioni per una vita in cui ci sia sicurezza del reddito, e persistenza dello stesso.
Che restituisse serenità e capacità di progettare un futuro, e di impiegare nella società il meglio delle proprie capacità personali senza il timore costante di essere gettato all'inferno.
Un governo che abbandonasse l'accettazione acritica del mercato, che tende a rendere schiavi e concorrenti i suoi cittadini, e li difendesse, li proteggesse, li tranquilizzasse rispetto alle paure di non farcela.
Un governo che agevolasse la creazione di reti, di connessioni, di socialità tra le persone, che impedisse la prigionia della solitudine, dell'isolamento.
Un governo che non accettasse più che chi dirige un'azienda guadagni centinaia di volte rispetto a chi ci lavora nelle posizioni subordinate: che ponesse limiti insuperabili al divario tra chi si assume responsabilità e chi è al fondo della catena.
Un governo che usasse il suo potere per equilibrare i poteri economici che vogliono trasformare le persone in merci, in materiale da usare e gettare secondo le convenienze.
Un governo che riscoprisse e valorizzasse le competenze davvero utili a tutti, e le premiasse in aperta sfida ai valori del mercato: che impedisse che sul proprio territorio un artigiano muoia di fame mentre si danno milioni di euro a chi calcia un pallone.
Se il mercato non ha una morale esigo un governo che la rivendichi, la morale. Abbandonando il moralismo!
Vorrei un governo che aiutasse le famiglie con i servizi, che ridesse tempi e spazi alle persone per riscoprire la fratellanza, la vicinanza, l'assistenza e la cura reciproche.
Vorrei un governo che si impegnasse a propagare i valori della sobrietà, della mitezza, della pazienza, della tranquillità, della tenacia: e che usasse sempre parole moderate, caute, rispettose.
Vorrei un governo che si presentasse con un sorriso ed insegnasse che la paura è il peggiore handicap dell'anima, che la paura è nemica delle persone e dei cittadini, ed amica solo di chi li vuole opprimere ed umiliare.
Vorrei un governo che insegnasse che avere il giusto significa non avere nulla da perdere, e ad aprirsi al prossimo senza timori, sapendo che il confronto non è mai perdita di sè, ma arricchimento.
Vorrei un governo che combattesse la povertà culturale, l'ignoranza e l'analfabetismo di ritorno con la stessa forza con cui combatterebbe la povertà materiale.
Un governo che dicesse che saremo tanto più felici quanto più felici saranno le persone intorno a noi, dentro e fuori dai "confini".
Vorrei un governo che insegnasse il gusto per le cose belle e le cose buone, e che le cose sono più belle e più buone quanto più sono condivise con gli altri.
Vorrei un governo che volesse bene ai propri cittadini, a tutti, senza distinzioni, come c'è scritto nella Costituzione.
Anzi, io nella Costituzione aggiungerei questa frase: "Lo scopo del Governo è voler bene ai propri cittadini".
Un governo che li lasciasse vivere e morire come preferiscono, se non fanno male a nessuno (ed insegnasse a chi si sente "a disagio" rispetto ai comportamenti altrui che il disagio è un problema personale, non risolvibile con le leggi).

...ma, pensandoci bene, se io fossi un cittadino che MERITA davvero un simile tipo di governo, in fondo NON avrei nemmeno bisogno di un governo, e di certo il mio paese non sarebbe quella cosa triste che è.

mercoledì, marzo 27, 2013

lunedì, marzo 18, 2013

Un bel sabato italiano


Confesso: non la stavo seguendo affatto, l'elezione dei Presidenti delle due Camere.
Ero rimasto al giorno prima: nessun accordo tra i partiti, il PD con due candidature di partito vecchissime seppur dignitose, l'M5S con due onorevolissimi signori nessuno, a dimostrare che le istituzioni valgono pochino, l'ormai patetico Monti ad autocandidarsi e il PDL a tramare nell'ombra. Insomma, una cosa noiosa e triste.

Poi, verso, l'una, alla radio ascolto l'incredibile: sta parlando Laura Boldrini, che è stata appena eletta Presidente della Camera, e sta facendo un discorso stupendo, emozionante, di sinistra, che mi porta alle soglie delle lacrime.
La Boldrini? Lei? Eletta con SEL, cioè votata anche da me? Ma cosa diamine è successo?

L'incredibile notte del centrosinistra ha portato alla prima cosa bella che mi ricordi dopo le primarie: due candidature belle, nuove, autorevoli.
Bersani e Vendola mi appaiono, dopo settimane di grigiore e opacità, due leader luminosi: hanno fatto una scelta spiazzante, intelligente, di autentico cambiamento.
E gli altri, di fronte ad un'occasione così stupenda di dire "si, accidenti, vi abbiamo costretti a fare delle cose belle, e adesso le votiamo, perchè è anche merito nostro!", si sono accartocciati di nuovo su una posizione non all'altezza della sfida.

L'M5S decide di non votare la Boldrini, ma poi ne applaude sentitamente il discorso, riconoscendosi di fatto in istanze "di sinistra". La destra non applaude e dissente silenziosa dal discorso della Presidente Boldrini, dimostrando con ciò che - per fortuna - la tesi "destra e sinistra sono uguali" non si è ancora del tutto verificata.

Poche ore dopo, tra i senatori del Movimento Cinque Stelle si apre un vivace dibattito sulla linea da tenere durante il ballottaggio tra Grasso e Schifani.
Il risultato è una linea di equidistanza nemmeno troppo chiara, e 11-12 voti che si aggiungono a quelli del centrosinistra per eleggere Grasso.

Abbastanza prevedibile, nella notte, la sfuriata di Grillo (in qualità di cosa? al massimo avrebbe dovuto arrabbiarsi il capogruppo Vito Crimi, che in riunione c'era...)

Già, ora è abbastanza difficile continuare a sostenere che "tutto è uguale".
Se il M5S ha dichiarato la propria volontà di decidere volta per volta se sostenere o meno in Parlamento le proposte di legge presentate dagli altri partiti, non si capisce perchè in questo caso non dovesse valere la stessa cosa nel valutare e votare le persone che devono ricoprire le massime cariche istituzionali...mah!

Comunque, quella di Bersani e di Vendola è stata una mossa spettacolare, e ha funzionato: due belle persone (con storie personali fatte di grande competenza e lavoro sul campo) come seconda e terza carica dello Stato. Un bel passo avanti.
Il PDL, proponendo Schifani, ha dimostrato di essere completamente fuori dal mondo. O di voler perdere per perseguire la strada del vittimismo e ottenere altro, chissà.

Monti, poi...che triste, patetico, egocentrico declino.  Se i suoi consiglieri e spin doctor, in questa avventura elettorale, sono stati gli stessi bocconiani che hanno suggerito le terribili misure di governo degli ultimi mesi, direi che la Bocconi può tranquillamente chiudere per manifesto fallimento della sua ambizione di formare la classe dirigente.

Il bello sarebbe se nei prossimi giorni chi viene incaricato di formare un governo lo proponesse infarcito di altri Grasso e Boldrini...una proposta che PD ed M5S non possano rifiutare.

*

Eh, il Papa...da vecchio ateo e libertario, posso permettermi di dire che questo signore è simpatico:-); e se la sua elezione è un'operazione di marketing, direi che - dalle prime impressioni, e dai primi comportamenti messi in atto dal nuovo pontefice - è abbastanza riuscita.
Dopo la sua elezione è partita una campagna di controinformazione fondata sostanzialmente sul fatto che, negli anni Settanta, "non fu un eroe" della lotta contro la Dittatura argentina.
Certo, si dovrebbe leggere il libro "L'isola del silenzio", di Horacio Verbitsky, per avere un'idea chiara di quel che accadde.
Ma, sinceramente, mi accontento di quanto ho letto sul Manifesto in questi giorni: l'intervista a Leonardo Boff, esponente della Teologia della Liberazione (che fu definitivamente affossata dall'amatissimo Wojtila), che lo definisce "uno dalla nostra parte, dalla parte dei poveri" (e la parte di Boff non è quella del Vaticano...); l'intervista alle Madri di Plaza de Mayo, le quali dicono che per le accuse a Bergoglio ci sono prove che equivalgono a quelle che si possono produrre a suo favore...quindi sospendono il giudizio, concedono fiducia e giudicheranno dai fatti.
Per me che "non fui mai eroe" e mai probabilmente lo sarò, è bello sperare che abbiano ragione.