In una splendida e soleggiata mattina di primavera, le maestre della scuola materna "Raggio di Sole" condussero in visita i bambini al Museo del Potere.
Il vocio festoso ed acuto si quietò, temporaneamente, quando l'allegro corteo entrò nei severi antri del Palazzo, che incutevano soggezione e davano il senso di qualcosa di grande ed importante.
Sfilarono dunque, i colorati bambini, nei lunghi ed ampi corridoi dai sontuosi parati, decorati con enormi quadri raffiguranti buffi signori vestiti con abiti del XXI secolo, e inframmezzati da porte gigantesche e da divani in velluto rosso.
Giunsero infine davanti ad una grande porta color marrone scuro, varcata la quale si trovarono in una immensa sala dotata di poltrone rosse, su più file che sembravano salire fino al cielo, disposte a semicerchio.
Ad un lungo tavolo, e disseminati tra le poltrone della grande sala, trovarono finalmente la principale attrazione del Museo: i Potenti.
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Parecchi decenni prima, durante la Grande Rivolta, il Movimento del Popolo Furente aveva approfittato di una seduta plenaria del Parlamento per imprigionare i Potenti nel Palazzo.
Giunti a Roma in centinaia di migliaia, ognuno dotato di robuste catene e robusti lucchetti, i manifestanti avevano improvvisamente preso d'assalto il Palazzo, travolgendo le Forze dell'Ordine poste a sua difesa: non per farvi irruzione, ma con l'intenzione di blindarlo definitivamente.
Decine, centinaia, migliaia di catene furono diligentemente poste attorno alle maniglie del Portone; per ore si sentirono i click dei lucchetti che si chiudevano inesorabilmente, mentre una catena umana lunghissima, che giungeva fino al Tevere, si occupava di gettare nel fiume le chiavi dei lucchetti, seppellendole per sempre nella fanghiglia del fondo...
Poi, per giorni, con scrupolo ed ordine i manifestanti accatastarono di fronte al portone ogni sorta di oggetto e cosa ingombrante che potesse impedire persino il passaggio delle voci dei Potenti che, da dentro, urlavano di liberarli: voci che divennero, con il passare delle ore, sempre più fiebili.
Le forze dell'ordine non solo lasciarono fare, ma controllarono che nessuno tentasse di fuggire gettandosi dalle finestre o dalle uscite secondarie del Palazzo (anch'esse rigorosamente e generosamente addobbate di catene).
La folla stazionò pacificamente fuori dal Palazzo per giorni e giorni, fino a quando tutto fu finito.
Poi, il Governo Provvisorio prese alcune decisioni importanti per rimettere in piedi il paese: ma questa è un'altra storia, che racconteremo altrove.
Ai fini di questa narrazione, ci basti sapere che il nuovo Governo decise, come monito alle generazioni future, di creare nel Palazzo un Museo del Potere: per far sapere alle generazioni future chi furono gli uomini che gettarono il paese nel caos, e perchè la loro storia servisse ad immunizzare la rinascente democrazia da un uso distorto e personale del potere.
Con una spesa notevole, il Governo ingaggiò una equipe specializzata di tassidermisti italiani e britannici.
Che si misero al lavoro (per lunghi, lunghi mesi) per recuperare ed imbalsamare i cadaveri dei Potenti, e ricollocarli nelle pose che resero il nostro Paese ridicolo agli occhi del mondo.
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I bimbi, con i loro zainetti, si aggirano dunque curiosi tra le salme imbalsamate dei Potenti.
Ognuno di loro, per spregio, è stato privato del nome, e dotato di un numero.
Ecco, seduto al Tavolo del Potere, un Potente di bassa statura, il cui aspetto plasticoso e artificiale - assicurano gli esperti - corrisponde esattamente a quello che aveva assunto al termine della sua esistenza terrena: capelli lisci, innaturalmente neri e traslucidi come quelli di un pupazzetto. Sorriso da squalo, con l'esibizione di un numero esagerato di denti. Doppiopetto blu.
La testa è lievemente piegata da un lato, gli occhi semichiusi indicano una direzione curiosa, che sembra puntare alla parte posteriore ed inferiore di un'altra salma di genere femminile posizionata lì accanto.
L'ologramma digitale al suo fianco consente di rivederlo in azione, vedere le sue espressioni e sentire la sua voce. I bambini ridono come matti a sentire la voce presuntuosa del Potente, e quel ripetuto "Io...io...io..."...
Alla sua sinistra, seduto allo stesso tavolo, è posizionato un altro buffo personaggio, dai capelli bianchi ed arruffati, occhiali storti, la faccia deformata da un immane sbadiglio e un curioso fazzoletto verde marcio nel taschino della giacca. La mano destra, rachitica, mostra in bella evidenza il dito medio sollevato.
Le maestre, ascoltando l'ologramma, chiamano spesso gli inservienti del museo per segnalare la rottura del meccanismo, visto che la parlata di questo potente risulta biascicata e totalmente incomprensibile: ma essi affermano che quanto si ascolta è assolutamente fedele all'originale!
I bambini sono poi attratti da un altro buffo Potente, la cui salma è di dimensioni davvero minuscole. Il gran testone presenta un'espressione gravemente corrucciata. Dall'ologramma escono urla che fanno morire dal ridere i piccoli, che si mettono spesso a correre in cerchio davanti al Tavolo, tenendosi per mano, facendo il verso al tormentone del potente: "Fan-nul-lo-ni! Fan-nul-lo-niiiii!"
Poi i piccoli abbandonano il Tavolo, e si inerpicano su per le scalette che salgono alle poltrone posizionate più in alto nella sala.
Un altro Potente molto visitato è un simpatico uomo il cui ologramma è evidentemente incantato, visto che ripete ad libitum una sola parola: "Dimissioni...dimissioni...dimissioni..."
I bambini ci passano le ore, a guardare e ad ascoltare tutti i Potenti del Museo, e si divertono come pazzi.
Quando escono, nel primo pomeriggio, nel dilagante e caldo sole romano, sono stanchi ma felici.
Le due maestre, dopo aver ricomposto la fila per riportarli a scuola, si scambiano le ultime impressioni sulla gita.
- Che incubo, questo posto! meno male che noi, a quei tempi, non eravamo ancora nate: dev'essere stato un periodo tremendo, a sentire quel che mi raccontavano i miei nonni!!!