Le mille piccole indignazioni quotidiane si accumulano senza che io riesca ad assimilarle e a digerirle, e formano un blocco compatto e tossico proprio qui, tra il cuore e lo stomaco.
L'aggressività, la violenza del governo nei confronti dei cittadini e di chi tenta bene o male di rappresentarli (e metto nel conto le battute razziste e gli attacchi virulenti e volgari a chiunque dissenta, la prevaricazione nella commissione di vigilanza RAI, l'attacco perenne alla CGIL, la vicenda Alitalia, la criminalizzazione a rotazione di tutte le categorie a fini di "distrazione dell'opinione pubblica"...).
La crisi che attanaglia il mondo ed il paese e sta già facendo del male ai più deboli, a chi ha meno difese: la cassa integrazione, le fabbriche che chiudono, i precari che "scompaiono" dal mondo del lavoro senza fare notizia. E la protezione offerta - con il denaro sottratto ai cittadini - ai soli potenti, ai responsabili della crisi: alle banche che odio con tutto il cuore per quel che sono e per quel che fanno.
L'attacco alla scuola, alla cultura ed alla ricerca, cioè a patrimoni collettivi costruiti nel tempo con la collaborazione di tutte le componenti di questo paese. Patrimoni che son stati messi da parte per garantire il futuro di questo paese, e che andrebbero tutelati e protetti in tempi cupi come questi: da qui, forse, potrebbero uscire le intelligenze e le energie per immaginare un futuro nuovo, diverso da quello oscuro che ci aspetta nella notte del capitalismo. Ed invece vengono dilapidati, dispersi, azzerati con metodi dispotici, sprezzanti.
E poi: la sentenza sull'orrore della Diaz, su quel buco nero della democrazia che minaccia di ripetersi.
La Chiesa che, nel caso Englaro, spende parole pesanti, esasperate per impedire qualcosa che "la natura" avrebbe serenamente risolto da sola.
Natura che continua ad operare in questo modo in tutto il resto del mondo, tra i poveri ed i diseredati che non hanno il supporto della scienza e di una sanità pubblica, senza che nessuno si sogni di preoccuparsene.
Il Congo percorso di nuovo dalle ombre mai dissolte che provocarono - tra l'indifferenza generale - il genocidio di ottocentomila tutsi in Ruanda.
E poi, a livello locale, nelle nostre microcomunità, non va meglio. E come potrebbe?
Due esempi recentissimi.
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Mia figlia ed altri studenti hanno, per una settimana, "occupato" il loro liceo senza interrompere la didattica, trascorrendo il pomeriggio in assemblee e seminari di approfondimento della recente normativa con cui si tenta di distruggere la scuola pubblica (la legge 133, la legge 169 - ex decreto Gelmini).
Qualcuno di loro (una trentina su oltre 1000) ha dormito nel liceo anche la notte. Hanno esplorato per la prima volta i confini della legalità e della assunzione diretta di responsabilità: hanno chiacchierato a lungo con i carabinieri sul tema del reato di occupazione abusiva di edifici, hanno trattato con la dirigente scolastica, hanno spiegato le loro ragioni ai pochi genitori e docenti che erano disposti ad ascoltarli davvero.
Hanno scelto, e come è giusto che sia - alla loro età - hanno anche commesso errori, ingenuità. Hanno anche perso un po' il controllo della situazione, permettendo l'ingresso nella scuola occupata di estranei e non sono riusciti ad impedire qualche limitato atto di vandalismo.
Ma, in seguito, hanno scritto una lettera di scuse alla dirigente scolastica in cui ragionano sui loro errori, ammettono di non aver saputo gestire al meglio la situazione, chiedono scusa per le loro contraddizioni, si dicono disposti a pagare i danni che non hanno saputo impedire.
La risposta delle altre componenti della scuola a questo "processo di crescita" lascia stupefatti. La dirigente scolastica, passata la paura e calata la tensione, rilascia una intervista ad un settimanale locale dicendo che in qualche modo "la pagheranno".
In una quarta scientifico, una docente di inglese, interrogata dai ragazzi su cosa ne pensasse di quel che era accaduto, risponde sprezzante: "Non ne penso nulla: io sono fascista". Ed in Consiglio di Classe dice che lei non insegna per scelta ai ragazzi delle prime, perchè li considera troppo immaturi.
Altri docenti non si astengono dal sottolineare, di fronte ad una impreparazione, che "questo è quel che succede quando si contesta invece che studiare".
Nel complesso, e salvo poche lodevoli eccezioni, i docenti sono rimasti distanti e distaccati dai ragazzi in questa loro esperienza, che aveva caratteri di assoluta novità.
E i genitori? A parte una decina di interessati su circa 2000, hanno anch'essi brillato per la loro assenza. La quasi totalità degli studenti che hanno dormito nel liceo occupato di notte (tra cui un gran numero di ragazze) sono minorenni, ma sono stati lasciati soli, ogni notte, a fronteggiare i carabinieri e la inquietante fauna di pregiudicati che si aggirava nei pressi, attirata da una situazione che suggeriva la possibilità di azioni losche.
Un paio di genitori si sono limitati ad inveire contro la dirigente per aver chiamato i Carabinieri, e asseriscono di "aver dato la loro autorizzazione all'occupazione" ai propri pargoli minorenni: ritenendosi così assolti dal compito di preoccuparsi oltre della vicenda, e delle condizioni in cui i pargoli stessi passano la notte fuori casa.
Nel weekend successivo all'occupazione si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Consiglio di Istituto. Gli studenti, con l'avanguardia depressa dal fallimento e la maggioranza silenziosa già da tempo tornata a farsi gli affari propri, non hanno neppure presentato una lista.
Dei 2000 genitori, se ne sono presentati a votare ben 45.
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Uno splendido bosco lambisce il paese in cui abito.
Peccato che, tra le tante mode idiote praticate dai benestanti in questi nostri tempi, si stia diffondendo il quad.
Quegli sciocchi veicoli con quattro enormi ruote motrici, nè moto nè auto, con cui è possibile devastare i pochi paradisi collettivi rimasti (boschi e spiagge) su cui i ricchi non oserebbero mai avventurarsi con mezzi così plebei come i propri piedi.
Chi possiede un quad adora percorrere con questo giocattolo i sentieri e le strade nei boschi, con effetti assai più devastanti di quelli provocati da una moto da trial, ed è motivo d'orgoglio per costoro tornare a casa completamente ricoperti di fango, come prova visibile che lo stupro del bosco sia stato compiuto.
Ovviamente, in tempi di "c'ho-i-soldi-quindi-faccio-quel-cazzo-che-mi-pare", anche in questo caso il dissenso è mal tollerato. Chi obietta, chi dice a costoro che la libertà di usare il rumoroso giocattolo potrebbe esprimersi anche acquistando un terreno su cui costruire una pista, dove sfogare il proprio bisogno di fango e rumore, senza devastare un patrimonio di tutti e rompere i maroni al prossimo, è considerato - come da esempio in alto loco - tetro e un po' imbecille.
Non solo, ma alcuni commercianti possessori del giocattolo si stanno anche spingendo un po' più in là, nella punizione di questi tetri limitatori della propria libertà. Ed espongono sui loro negozi cartelli in cui si dice che, ecco, se non ti va che si faccia trial nel bosco vai pure a comprarti il gelato da un'altra parte, che qui non sei mica gradito.
La storiella è raccontata qui, e purtroppo è tutta vera: e oltre al gelataio pure il macellaio quadista inizia a trattar male i clienti tetri ed avversi al quadismo nel bosco... insomma il clima peggiora anche in quei paesini alla Don Camillo in cui alla fine ci si potrebbe pure voler bene, visto che siamo pochi.
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Ecco perchè, in questi giorni, mi fa male qui, e non avevo neppure voglia di scriverne.
So che un sistema per stare meglio è smettere di informarmi, per qualche giorno o - meglio - qualche settimana, e andare nel bosco od in montagna il più possibile, a smaltire il veleno con lunghe passeggiate.
(Ammesso che non incroci un quadista militante, a farmi andare di traverso il piacere di respirare in silenzio l'odore dell'autunno.)
Ma il sistema migliore in assoluto è non rimanere soli, mai, con le proprie paturnie.
Ho la fortuna di conoscere e praticare l'amore nella sua forma più pura, dolce e confortante: e ne ricavo energia, speranza, forza, fiducia, ottimismo.
Ho la fortuna di avere intorno a me persone splendide, reali, con cui scambiare emozioni che scaldano il cuore.
Ho la fortuna di poter leggere le parole degli amici blogger che riescono ad esprimere quel che sento anche quando io resto senza parole.
E dunque, conscio di essere una persona assai fortunata, sono anche consapevole che ho il dovere morale di non chiudermi nel silenzio: ho l'obbligo di esserci, e di usare l'unica arma di cui dispongo - la parola - per difendere le cose importanti in cui credo, ed anche - per quel che posso - a dar voce a chi ne ha ancor meno di me.
8 commenti:
Ti voglio bene, amico Lupo. Mi sento affranta anch'io...non sempre è la lotta, la forza, il coraggio ad unirci ma anche il dolore...io ci sto, ad ascoltarti.
E' dura ...
Mi permetto un commento "globale".Nell'arco di tanti secoli l'Italia ha dovuto affrontare periodi gloriosi e periodi striscianti....mi sembra che siamo in un periodo strisciante,fortunatamente i due periodi si alternano.Solo dopo aver toccato il fondo un popolo può riemergere, può sembrare semplicistico ma serve per sperare che le nuove generazioni possano creare una nazione più dignitosa dove vivere.Non ci sono le guardie forestali dove segnalare l'uso di quelle orribili macchine nei boschi?
Posso ritenermi fortunato, quà sulle Dolomiti è vietata la circolazione dei veicoli a motore sulla quasi totalità delle strade silvo-agricole-pastorali; per circolare bisogna essere muniti di autorizzazione e credo sia sempre comunque vietata la circolazione sulla cotica erbosa.
Certo a metterle tutte insieme cosi' queste cose che ci racconti altro che blocco compatto e tossico!
Un abbraccio, caro Lupo! Non ti abbattere!
L'occupazioni è una delle esperienze più belle che ricordo.....
Caro Lupo, pensa invece che quella persona, pur avendo un percorso autorizzato al trial dalla pubblica amministrazione da oltre 20 anni deve "subire" le contestazioni per la sua disciplina sportiva e richiesa anche di non poterlo più fare, senza alternative. Lui almeno ha il coraggio di esporsi di persona, dentro un negozio e non si nasconde dietro l'anonimato della rete.
E non può "occupare" abusivamente un'altra area per fare trial, è identificabile, ha un'attività e paga di persona ....
Credo che se ci fosse più tolleranza e meno pregiudizi si vivrebbe molto meglio!
Caro Giulio,
sono d'accordo con la tua conclusione. E credo che si possa trovare una soluzione condivisa (niente occupazioni abusive, per carità!): un'area destinata al trial, che non sia il bosco.
Magari anche artificiale, magari facendola anche e davvero diventare "risorsa economica" per il territorio senza rovinarne altre, di risorse.
Quel che non condivido è l'idea che fare trial nel bosco sia un diritto indiscutibile, solo perchè lo si fa da vent'anni, e che rimettere in discussione questa idea sia un delitto di lesa maestà.
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