venerdì, agosto 21, 2009

Pensando ai fratelli caduti...

Io spero davvero che lo "scetticismo del Viminale" riguardo alla scomparsa in mare dei 73 fratelli migranti abbia solide basi, e non sia solo un modo per chiudere la questione senza affrontarla.

Ma se davvero quei fratelli si sono persi nel mare, come sembra, nel tremendo viaggio verso la speranza, è giusto fermarsi e piangerli, almeno loro, come simbolo di tutti coloro che ogni giorno scompaiono nel silenzio e nell'indifferenza di un mondo che "non può fermarsi", nemmeno a pensare a cosa sta accadendo.

Il 10 agosto, nella vicina e civile Slovacchia, sono morti venti minatori in un incidente. Venti morti sul lavoro in un colpo solo, eppure anche questa notizia non ha guadagnato le prime pagine estive dei nostri quotidiani, troppo piene di esodi biblici, allarmi rossi per il caldo e ferventi attese per l'uscita della sestina vincente al Superenalotto.

Sono solo due casi, quelli che cito. Ma ogni giorno uomini e donne, in ogni parte del mondo, muoiono non per fatalità, ma per effetto dell'ingiustizia, della guerra, della sopraffazione, dello sfruttamento, del disprezzo per l'uomo.

Apparentemente non possiamo farci granchè, ma pensarci è già un buon punto di partenza.

Da domani il lupo prenderà la via dei boschi, da qualche parte ad est in Europa, ed il blog resterà chiuso per un paio di settimane.

Ci si rilegge a settembre.

martedì, agosto 18, 2009

Combattere le forze del male????

Rilancio questa serie di articoli pubblicati da l'Unità e ripresi da eddyburg.
Mi sembra, come molte altre cose di questo paese, un evento gravissimo.

Nuove proteste per lo scandalo della mafia protetta dal governo a Fondi
Un nuovo servizio de l'Unità (18 agosto 2009) sullo scandalo della mafia protetta al comune di Fondi, articoli di Claudia Urbinati ed Enrico Fierro

Mafia, l’ira dei prefetti sul caso Fondi:
senza precedenti il no allo scioglimento
di Claudia Fusani

Un caso unico nella storia. La legge sullo scioglimento dei comuni per infiltrazioni è del luglio 1991 e in diciotto anni di vita mai era successo che la Presidenza del Consiglio respingesse la richiesta del ministro dell’Interno di sciogliere l’ente sotto inchiesta. Succede oggi, con il comune di Fondi. Una prima volta che arriva quasi a mettere in mora i responsabili politici e tecnici della sicurezza, dal prefetto di Latina Bruno Frattasi che chiede il commissariamento del comune dal settembre 2008 al ministro dell’Interno Roberto Maroni che ha presentato la stessa richiesta a febbraio scorso. In mezzo ci sono le inchieste della magistratura, arresti e indagini che raccontano un comitato d’affari di camorra, ‘ndrangheta, imprenditori e politici locali.

La battaglia del Pd

Una situazione gravissima, denunciata dal Pd (che in Commissione antimafia ne fa una battaglia da mesi), Idv e dalla stessa maggioranza. «In tanti anni non ho mai visto una situazione del genere» attacca Angela Napoli (Pdl), membro della Commissione Antimafia. L’eurodeputato Luigi De Magistris (Idv) vuole organizzare «una grande mobilitazione proprio davanti al mercato ortofrutticolo di Fondi», la vera calamita degli appetiti dei clan. Si muovono anche i prefetti, categoria per solito molto cauta a prendere posizione pubblicamente. Prima il piccolo Unadir, poi il Sinpref (Associazione sindacale dei funzionari prefettizi), sigla assai rappresentativa a cui non è piaciuto affatto l’intervento del presidente del Consiglio che il giorno di Ferragosto, mettendo in un angolo mesi di lavoro del prefetto e del ministro, ha detto che Fondi non sarà sciolta «perchè non ci sono indagati tra i membri della giunta e del consiglio comunale».

Una clamorosa inesattezza visto che il 6 luglio sono stati arrestati, tra gli altri, un ex assessore, il direttore dei Lavori pubblici, delle Attività produttive e del Bilancio, il comandante dei vigili e il suo vice. «Noi vogliamo prima di tutto ribadire la nostra vicinanza e solidarietà al prefetto Frattasi - spiega al telefono il segretario del Sinpref Giuseppe Forlani - e poi rimarcare stupore e preoccupazione per questo ennesimo rinvio». Molto attenti alla scelta delle parole, i prefetti però denunciano in un comunicato dell’8 agosto che «mai prima d’ora lo scioglimento di un ente locale era stato rinviato per motivi tecnico-giuridici o comunque attinenti al merito della proposta fondata su elementi di fatto già rigorosamente accertati e documentati dal prefetto». Significa che mai prima d’ora era stato messo in dubbio il lavoro di indagine di un prefetto. O di un ministro. Cosa che succede invece per Fondi visto che Frattasi prima e Maroni poi hanno entrambi chiesto, senza ottenerlo, lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa. Attenzione, scrivono ancora i prefetti, si rischia di indebolire la lotta alle mafie: «Altre ragioni - si legge nel comunicato del Sinpref - devono restare estranee alla conclusione di una procedura essenziale nell’azione tenace e continua contro l’infiltrazione mafiosa nelle pubbliche amministrazioni, vero cancro della legalità e della democrazia».

Governo sotto pressione

Una protesta con molti fronti, a cui si aggiungono associazioni come Libera e Legaambiente, E che mette sotto pressione Palazzo Chigi in serata costretto a promettere: «Il caso Fondi sarà presto in consiglio dei ministri, il tempo di adeguare il dossier alle nuove procedure».

Gli ultimi dati disponibili del ministero dell’Interno, aggiornati al 2008, dicono che dal 1991 sono stati 185 i decreti di scioglimento tra cui due Asl e un’azienda provinciale sanitaria. Con i decreti di quest’anno si fa in fretta ad arrivare a 200 scioglimenti. Curiosità: il 24 luglio il Consiglio dei ministri ha sciolto i comuni di Fabrizia e Vallelunga. Le regole sono uguali per tutti. Tranne che per Fondi.

La Fondi-connection: Asl, voti e ’ndrine all’ombra del Pdl
di Enrico Fierro

Nell’inchiesta scoperchiato il sistema: coinvolti il sindaco e altri funzionari. Nulla si muove che non voglia il senatore Fazzone, vero «re» della zona con una dote di 50mila schede elettorali. E il Comune «si salva»

Il Comune non si scioglie. Qui la mafia comanda, prende appalti, fa i soldi a palate, ha buoni amici dentro l’amministrazione comunale, ma il Comune non si scioglie. Carabinieri, questori e prefetti, vadano a farsi benedire con le loro inchieste e le loro scartoffie. Non si scioglie. Perché comanda la politica, l’ultima parola spetta a chi tiene i voti. E Claudio Fazzone i voti li produce a palate. 50mila per la precisione, percentuali bulgare a Latina, Fondi e dintorni. Tutti per Silvio Berlusconi, tantissimi da mettere la mordacchia anche al ministro Maroni. Ne ha fatta di strada l’ex appuntato della Ps. Sveglio da sempre, da quando indossava la divisa e entrò nelle grazie di Nicola Mancino quando l’attuale numero due del Csm era ministro dell’Interno. Autista, guardaspalle, uomo di fiducia, ma soprattutto intelligente galoppino elettorale della Dc. Ambizioni stratosferiche. Uomo dal fiuto politico sopraffino, l’ex appuntato capisce che la Dc è al tramonto e salta sul band wagon di Berlusconi. Anni di gavetta, poi l’elezione a consigliere regionale con la giunta Storace. Un mare di voti e la conquista dello scranno di presidente dell’assemblea. Fazzone costruisce una poderosa macchina clientelare. «Caro Benito ti segnalo... ». Era questo l’incipit che apriva tutte le lettere destinate al direttore della Asl di Latina. Decine di assunti, famiglie sistemate. Voti. L’elezione a senatore è scontata, il potere pure. Quando Berlusconi afferma che Fondi non si scioglie perché alcuni ministri gli hanno detto che nessun membro della giunta o del consiglio è stato raggiunto da avvisi di garanzia, non fa nomi. Ma a Fondi e Latina tutti sanno chi protegge Fazzone. Giorgia Meloni, Renato Brunetta, Maurizio Sacconi. Tutti in qualche modo legati al Sud Pontino. E tutti in buoni rapporti col padrone dei voti e dei seggi in questa parte del Lazio.

Dove imperano i fratelli Tripodo, Venanzio e Carmelo, uomini della ’ndrangheta calabrese. I loro legami con la politica sono riassunti in un dossier che fa tremare Fazzone e il suo sistema. 500 pagine e 9 faldoni. C’è tutto. Il tenente dei carabinieri Mario Giacona ha dettagliato i rapporti tra i Tripodo, la famiglia Trani e Peppe Franco. Il quale, secondo alcuni pentiti sentiti nel processo «Anni 90», mise a disposizione di Venanzio Tripodo i suoi mezzi di trasporto per consegnare armi al clan camorristico dei casalesi. «Peppe Franco – nota l’ufficiale dei carabinieri – è cugino di primo grado del sindaco di Fondi Luigi Parisella, suo fratello Luigi è socio in affari sia con il sindaco che con il senatore Fazzone nella gestione della Silo srl, società titolare di un capannone sito in località Pantanelle». Un struttura destinata alla lavorazione di frutta e ortaggi, che ha incassato contributi pubblici per oltre 2 miliardi di vecchie lirette. «Tuttavia – scrive sconsolato l’ufficiale dei Cc – questa attività non è mai iniziata, mentre l’area su cui sorge il capannone inutilizzato è stata interessata ad una variante al Piano regolatore generale approvata tra il 2002 e il 2004 che ha determinato un forte incremento delle infrastrutture viarie». Ma non è finita qui. Perché «l’ex autista di Carmelo Tripodo, Pasqualino Rega, è consigliere comunale a Fondi». I due sono stati indagati per reati contro il patrimonio, «attualmente il procedimento pende in fase dibattimentale». Rega ha ottenuto una palestra in affitto dal Comune. «La cosa singolare – mettono a verbale i Cc – è che lui se ne infischia di pagare il canone. È moroso da anni e il Comune non lo sfratta, anzi ha elargito sovvenzioni per alcune decine di migliaia di euro all’associazione Olimpica 92 dello stesso Rega». Un altro consigliere comunale di Fondi, Antonio Ciccarelli, eletto in Forza Italia e poi dimessosi, per i carabinieri «è sicuramente collegato alla criminalità calabrese, posto che lo stesso è stato arrestato unitamente a Salvatore Larosa, esponente del clan Bellocco-Pesce di Rosarno, insediato da anni anche lui a Fondi».

C’è un clima da Giorno della civetta a Fondi, il comune che non si deve sciogliere. Le note del tenente Mario Giacona sono tristi come quelle del capitano Bellodi di Sciascia. «Tutto questo intrecciarsi di rapporti familiari, economici e criminali, ha sicuramente condizionato l’attività amministrativa del Comune. L’amministrazione, dopo aver stabilito in modo francamente irrazionale di destinare l’area denominata Pantanelle (un pantano, appunto) ad area industriale – con la conseguenza che per costruire insediamenti produttivi sono necessarie spese di palificazione e bonifica sicuramente più rilevanti che in aree asciutte – ha poi previsto la costruzione di una grossa strada che sostanzialmente è al servizio della Silo srl». La società del senatore Fazzone, del sindaco e di suo cugino, fratello di uno che aveva legami strettissimi con i Tripodo. La mafia e gli imprenditori amici degli amici hanno sempre spadroneggiato a Fondi. Una sola società di Carmelo Tripodo, la «Lazio Net Service», ha ottenuto dal Comune 105mila euro dal 2003 al 2007. Grandi affari a Fondi, il Comune del senatore Claudio Fazzone, l’amico dei ministri. Quelli che...a Fondi la mafia non esiste.

La «guerra santa» del collega Ciarrapico contro il nuovo ras
di Claudia Fusani
Il senatore scatenato per contrastare l’ascesa del rivale in quello che è sempre stato il «suo» regno: interrogazioni parlamentari e giornali sguinzagliati a denunciare il metodo-Fazzone.
Una volta era il feudo del ras delle acque minerali, uomo d’affari della Dc andreottiana e nostalgico del Duce. Oggi è il territorio di un giovane senatore ex poliziotto, ciuffo sbarazzino, fedelissimo di Nicola Mancino e con un passato «nei ruoli della Presidenza del Consiglio». Giuseppe Ciarrapico e Claudio Fazzone: in realtà dietro il caso di Fondi, comune dell’agropontino infiltrato dalla mafia che il governo non vuole sciogliere, c’è uno scontro all’arma bianca tra anime diverse del Pdl. Uno scontro senza esclusione di colpi e in cui il gioco dei ruoli consegna proprio al Ciarra il compito di essere il più determinato accusatore di una presunta «malapolitica» di Fazzone. Sul piatto interessi economici e il controllo di un bacino di decine di migliaia di voti.
L’intramontabile e proteiforme Ciarrapico, da qualche anno anche prolifico editore, diventa senatore nel 2008 tra mille polemiche, rinnegando Fini, ma non la fede fascista, protetto da Silvio Berlusconi in persona. Dal 2006, però, l’anima destrorsa dell’agro pontino ha già un suo legale rappresentante: Claudio Fazzone, 48 anni, «cavallo di razza» - dicono - e astro nascente di Forza Italia. Un fenomeno, questo Fazzone: dal nulla, era un poliziotto seppur dalle ottime conoscenze, nel 2000 si candida alle regionali e tira su 27 mila voti. È il più votato d’Italia, dopo Berlusconi. Record bissato nel 2005 con 38 mila preferenze. Accade così dal 2008 i due, il Ciarra e l’ex sbirro, ingaggiano una battaglia che quasi quotidianamente attraversa l’aula del Senato e quelle dei tribunali. Se Fazzone ha presentato qualcosa come quaranta querele per diffamazione contro Ciarrapico, quest’ultimo ha scatenato i suoi giornali (una dozzina di testate tra la Ciociaria e Latina) per raccontare le malefatte vere o presunte di Fazzone & c, dal sindaco di Fondi Luigi Parisella al presidente della Provincia Armando Cusani, appalti truccati, tangenti, abusi edilizi, raccomandazioni, e chi più ne ha più ne metta. Latina oggi e Fondi News sono stati i più solerti e puntuali nello spiegare i passaggi delle inchieste giudiziarie che hanno portato l’amministrazione Fondi, tutti uomini di Fazzone, a un passo dallo scioglimento.
Non se ne sono risparmiata mezza, in questi anni. Il 17 giugno, per dirne una, mentre palazzo Chigi ha già da mesi sul tavolo la richiesta di scioglimento, Ciarrapico interroga il governo «sull’ennesima dimostrazione di cosa accade nell’allegro consiglio comunale di Fondi dove vengono assunti 5 giocatori di calcio arruolati nel “Football club Fondi”».
Appena mette piede in Senato (luglio 2008) il Ciarra presenta un’interpellanza contro il procuratore di Latina Giuseppe Mancini per la vicenda, tre le altre, del campeggio Holiday village «sequestrato per lottizzazzione abusiva e dissequestrato dopo l’inopportuno intervento di Fazzone presso l’ufficio dl giudice». Sempre Fazzone, secondo Latina oggi, salì al Viminale nell’autunno scorso appena arrivò la richiesta di scioglimento di Fondi da parte del prefetto Frattasi. In un modo o nell’altro, quella relazione fu congelata dal ministro Maroni che ne ordinò un approfondimento (giunto poi alle stesse conclusioni). Un dito nell’occhio, il Ciarra. E difatti Fazzone, un mese fa, ne ha chiesto «l’espulsione dal partito».
Vedi anche l'Unità del 5 agosto 2009

Le parole che vorremmo leggere...

...invece delle stronzate leghiste e pidielline, della "lotta alle forze del male", dell'orgoglio della cattiveria, dell'autismo silente del PD...

Grazie, Obama, per ricordarci che esiste il mondo reale, e le persone che ci sono dentro.

"Ora basta con le risse: chi è malato non può attendere."
di Barack Hussein Obama.

(dal gran bel sito www.eddyburg.it, che vi consiglio caldamente di aggiungere ai preferiti).

Nell’editoriale del New York Times del 17 agosto 2009 un episodio della lotta tra primato della politica (e dell’equità) e primato dell’economia (e dei privilegi)


Il nostro Paese, oggi, è impegnato in un grande dibattito sul futuro dell’assistenza sanitaria in America. Nel corso di queste ultime settimane, gran parte dell’attenzione dei media si è concentrata sulle voci di coloro che gridavano più forte. Ciò che non abbiamo udito sono le voci dei milioni di americani che silenziosamente lottano ogni giorno con un sistema che spesso avvantaggia più le compagnie di assicurazione che loro.

Sono persone come Lori Hitchcock, che ho incontrato nel New Hampshire la scorsa settimana. Lori, attualmente, è una lavoratrice autonoma e sta cercando di avviare un’attività commerciale, ma a causa di una epatite C non riesce a trovare un’assicurazione che le stipuli una polizza. Un’altra donna mi ha raccontato che una società di assicurazioni non copre le patologie dei suoi organi interni, provocate da un incidente avvenuto quando aveva 5 anni. Un uomo ha perso l’assicurazione sanitaria durante un ciclo di chemioterapia perché la società assicuratrice ha scoperto che aveva i calcoli biliari, di cui egli non era a conoscenza quando aveva stipulato la sua polizza. Poiché la cura è stata sospesa, l’uomo è morto. Ho ascoltato tutti i giorni tante storie come queste, ed è per questo che stiamo lavorando con rapidità affinché la riforma sanitaria possa essere approvata entro quest’anno.

Non devo spiegare ai quasi 46 milioni di americani sprovvisti di copertura sanitaria quanto ciò sia importante. Ma è altrettanto importante per gli americani che sono assicurati. Sono quattro i modi in cui la riforma che proponiamo darà più stabilità e sicurezza ad ogni americano. Primo, se non avete un’assicurazione sanitaria, potrete avere comunque una copertura di qualità ad un costo accessibile, per voi e per le vostre famiglie, copertura che vi seguirà anche se vi trasferirete, se cambierete lavoro o se lo perderete.

Secondo, la riforma metterà finalmente sotto controllo una spesa sanitaria che è alle stelle, il che significa un risparmio reale per le famiglie, per l’economia e per il governo. Taglieremo centinaia di miliardi di dollari di sprechi e di inefficienze che si nascondono nei programmi sanitari federali come Medicare e Medicaid (i due programmi di assistenza pubblica destinati agli anziani e ai poveri, ndt), e nei sussidi ingiustificati dati alle società di assicurazione che non fanno nulla per migliorare l’assistenza e tutto per aumentare i loro profitti.

Terzo, rendendo Medicare più efficiente, saremo in grado di garantire che venga destinato più denaro a favore dell’assistenza agli anziani, anziché per arricchire le assicurazioni.

Infine, la riforma darà ad ogni americano alcuni strumenti di tutela del consumatore che metteranno le assicurazioni nella condizione di rispondere del loro operato. Un’indagine nazionale del 2007, in effetti, dimostra che nei tre anni precedenti, le assicurazioni avevano discriminato più di 12 milioni di americani che avevano malattie o disturbi già in atto. Le società assicuratrici si sono rifiutate di stipulare loro una polizza, oppure hanno fatto pagare un premio più elevato. Noi metteremo fine a questa pratica. La nostra riforma proibirà alle società assicuratrici di rifiutare la copertura a causa della storia medica di un individuo. Né permetteremo loro di revocare l’assistenza in caso di malattia. Non potranno più ridurre la copertura proprio quando se ne ha più bisogno. Non potranno più limitare arbitrariamente il livello di copertura assicurativa che può essere ricevuta in un determinato anno o nel corso della vita. Nessuno in America deve rovinarsi in caso di malattia. Più importante di tutto, chiederemo alle società assicuratrici di coprire anche i controlli di routine, le cure preventive e gli esami di controllo, come le mammografie e le colonoscopie. Non c’è ragione per la quale non dovremmo affrontare queste malattie in via preventiva. È ragionevole, può salvare delle vite e far risparmiare denaro.

Il lungo e acceso dibattito sull’assistenza sanitaria che si è svolto negli ultimi mesi è un segno positivo. L’America è questo. Ma assicuriamoci di parlare gli uni con gli altri, non gli uni sopra gli altri. Possiamo essere in disaccordo, ma dobbiamo esserlo sui temi veri, non su assurdi travisamenti che non hanno nulla a che vedere con ciò che è stato proposto. Questo è un argomento complesso e delicato, e merita un dibattito serio.

Malgrado ciò che abbiamo visto in televisione, credo che in tutte le case americane si stia discutendo con serietà. Negli anni recenti ho ricevuto innumerevoli lettere e domande riguardo all’assistenza sanitaria. Alcuni sono favorevoli alla riforma, altri sono preoccupati. Ma quasi tutti si rendono conto che bisogna fare qualcosa. Quasi tutti sanno che dobbiamo iniziare a rendere le società assicuratrici responsabili e dare agli americani un maggior senso di stabilità e di sicurezza in materia di assistenza medica. Sono certo che quando tutto sarà stato detto e fatto, potremo avere il consenso di cui abbiamo bisogno per raggiungere questo obiettivo. Siamo più vicini ad avere una riforma della copertura sanitaria di quanto sia mai accaduto in passato. Abbiamo dalla nostra parte l’American Nurses Association e l’American Medical Association, perché le infermiere e i medici del nostro Paese sanno bene quanto sia necessaria questa riforma. Abbiamo un largo consenso al Congresso sull’80 per cento di ciò che stiamo tentando di fare. Abbiamo un accordo con le società farmaceutiche per rendere più economiche le prescrizioni mediche per gli anziani. L’AARP (associazione di tutela dei pensionati, ndt) sostiene questa linea politica e concorda con noi che la riforma deve entrare in vigore quest’anno.

Nelle prossime settimane, i cinici e gli oppositori continueranno a sfruttare politicamente i timori e le preoccupazioni. Ma ciò che è veramente spaventoso, e rischioso, è la prospettiva di non fare nulla. Se manteniamo lo status quo, continueremo a vedere ogni giorno 14.000 americani perdere la loro assicurazione sanitaria. I premi continueranno ad aumentare. Il nostro deficit continuerà a crescere. E le società di assicurazione continueranno a fare profitti discriminando chi è malato. Questo non è il futuro che voglio per i miei figli, o per i vostri. E non è il futuro che voglio per gli Stati Uniti d’America. Alla fine, questo non riguarda la politica. Riguarda la vita e la sopravvivenza della gente. Riguarda le attività economiche. Riguarda il futuro dell’America, se saremo capaci, negli anni a venire, di guardare indietro e dire "quello fu il momento in cui abbiamo fatto i cambiamenti di cui avevamo bisogno e abbiamo dato ai nostri figli una vita migliore". Sono convinto che possiamo farlo e che lo faremo.

(Copyright New York Times Syndicate/La Repubblica. Traduzione di Antonella Cesarini)

I pazzi che preferiamo

Loro sono (nell'ordine della foto) Alessandro Mori, Leonardo Adorni e Jacopo Maria Bianchini: in arte, i "Teatro Necessario".
Un paio di sere fa mi è capitato di vedere, per la splendida rassegna di Teatri di Confine, il loro collaudato spettacolo "Clown in libertà": un piccolo capolavoro di ironia, acrobatica, musica, clownerie, divertimento.
I meccanismi di genesi delle gag sono semplici: le incomprensioni, i dispetti, gli umani difetti. Ma le gag sono coniugate con una fisicità ed una capacità atletica che evidentemente ha conosciuto anni di strade e di piazze.
Loro sono irresistibili, e il riso sgorga naturale e copioso, liberatorio, collettivo.
Qui c'è il calendario dei prossimi appuntamenti: probabilmente la cosa migliore è andarli a vedere domenica 5 settembre a casa loro, a Colorno (Parma), perchè c'è una rassegna di teatro di strada che si chiama "Tutti matti per Colorno" e, a giudicare dal programma, promette benissimo!
Qui sotto potete godervi un piccolo estratto da "Clown in libertà":

venerdì, agosto 14, 2009

Tra l'italiano ed il dialetto, per adesso eccovi la neolingua

Umberto Bossi, oggi: "Il federalismo fiscale non costa niente, comunque a settembre metteremo i numeri accanto a ogni voce".

O io non capisco più l'italiano, o ormai lui è così bravo che riesce a dire due cazzate in due frasi, con la seconda che smentisce la prima.

Altri esempi in neolingua bossiana potrebbero essere:

"Oggi non fa affatto caldo, comunque accendi 'sto cazzo di condizionatore".
"Non ho per niente fame, comunque tira fuori 'ste lasagne dal forno".
"Io non sono affatto razzista, comunque levati dai coglioni, sporco negro".

Show must go on

Bastano le notizie di un "più zero virgola qualcosa" nei PIL trimestrali di Francia e Germania, e subito ecco il coro che parte, con i fuochi artificiali sullo sfondo: "visto che tutto è finito? visto che avevano torto le cassandre (della sinistra, ovvio)? visto che basta aver fiducia ed ottimismo?".
E' giusto che lo dicano. Hanno avuto una strizza della madonna, in questi mesi; per un attimo è sembrato che si mettesse in discussione il sistema, che la crisi aprisse gli occhi alle persone e le convincesse che il capitalismo è un sistema che non tutela e non risparmia non solo le sue vittime predestinate, ma nemmeno chi ne è complice, succube o supporter.
Per un momento sembrava essersi fatta strada la consapevolezza: i fatti erano lì, sotto gli occhi di tutti, bastava leggerli per capire. La finanza, le banche, ovvero gli agenti/strumenti di moltiplicazione sfrenata (e spesso immaginaria) del denaro, l'avevano fatta così grossa che stavolta sembrava impossibile non capire. Il rischio era davvero alto: la credibilità del sistema, basata sulla menzogna e sulla promessa del "benessere per tutti", sembrava mostrare profonde crepe.
Bisognava intervenire subito, prima che alle masse, persino a quelle grasse e instupidite del mondo occidentale, venissero strane idee (tipo " e se questo mondo di merda non fosse l'unico possibile?" "e se esistesse qualche altra modalità di vita, oltre alla speranza di diventare ricchi e circondarsi di merci e filo spinato?").
Per la prima volta, a pagare iniziavano ad essere quei "ceti medi" occidentali per i quali la vita è sempre stata permeata di aspettative di sviluppo infinito.

"La crisi esplosa nel 2008 non è stato un incidente di percorso dell´economia mondiale. È stata piuttosto un´espressione di quello che per una trentina d´anni è stato giudicato e lodato come il suo normale funzionamento.

Era normale per il sistema bancario mettere in circolazione quasi 700 trilioni di dollari di derivati al di fuori delle borse, sì da renderli non rintracciabili dalle autorità di sorveglianza. Le quali, da parte loro, trovavano affatto normale fingere di non vederli.
Ma era comunque bene non fare nulla, giacché i mercati finanziari normalmente si auto-regolano, facendo affluire i capitali là dove sono meglio utilizzati per produrre occupazione e ricchezza. Dove si capisce perché nel bene o nel male, come diceva Keynes nelle due ultime righe della Teoria generale, le idee siano più pericolose degli interessi costituiti. In base alla idea dominante di normalità, era giudicato ugualmente naturale che l´industria manifatturiera dell´Occidente arrivasse a sviluppare un suo sistema finanziario capace di generare una quota di fatturato quasi pari alla produzione di beni materiali; insuperati, in questo, i costruttori di automobili statunitensi, appropriatamente definiti da una ex manager dell´alta finanza (Nomi Prins) «banche che vendevano automobili».

Intanto che, si noti, non trovano i quattro o cinquecento miliardi annui che basterebbero per dimezzare la quota di coloro che sopravvivono con un dollaro al giorno (1,4 miliardi, secondo le ultime stime della Banca Mondiale), o non dispongono di servizi igienici (2,6 miliardi), o soffrono la fame (1 miliardo, ma in aumento), ovvero abitano in slums (oltre 1 miliardo); o, ancora, il numero dei bimbi che muoiono prima di compiere cinque anni a causa di un raffreddore o un mal di pancia (10 milioni l´anno, 25.000 al giorno).

E in complesso non era forse considerato l´essenza della normalità un sistema economico che spende trilioni di dollari l´anno in pubblicità e marketing per convincere un miliardo e mezzo di persone a consumare beni in gran parte superflui?
(Luciano Gallino, "I rischi della normalità", 3 giugno 2009).


"Per la prima volta nella storia umana soffre la fame più di un miliardo di persone, un sesto della popolazione del pianeta. È la stima della Fao, l’agenzia dell’Onu per l’agricoltura e l’alimentazione. «La sicurezza alimentare è sicurezza tout court - dice Josette Sheridan del World Food Programme - Un mondo affamato è un mondo pericoloso per tutti». La recessione globale è una causa di questo pesante peggioramento: oggi ci sono cento milioni di affamati in più rispetto al 2008. Un altro fattore cruciale è l’inflazione delle derrate agroalimentari che colpisce soprattutto i Paesi in via di sviluppo. Se in Occidente i prezzi sono in flessione, nel Terzo mondo i generi alimentari restano del 24% più cari rispetto al 2006, un onere insostenibile per il potere d’acquisto.

La "frontiera della fame" viene situata dagli esperti della Fao a 1.800 calorie al giorno. Al di sotto di questo livello di nutrizione i danni per la salute sono spesso irreversibili. La Banca mondiale stima che entro il 2015 moriranno da 200.000 a 400.000 bambini in più all’anno. Il 40% delle donne incinte nei Paesi poveri soffre di anemia, quindi dà alla luce neonati più vulnerabili alle malattie. Il numero di bambini sottopeso aumenterà di 125 milioni l’anno prossimo. "

(Federico Rampini, "Un miliardo di affamati, mai così tanti nel mondo", Repubblica, 20 giugno 2009).


Alla follia del Nord del mondo ed alla fame del Sud, si aggiunga la progressiva distruzione delle risorse fisiche ed ambientali del pianeta, in una accelerazione che preoccupa anche gli ambienti meno integralisti del sistema.

"Pagine e pagine di tutti i giornali sono dedicate a questi temi; puntualmente si rende noto che, secondo la scienza più accreditata, le risorse disponibili sono in via di esaurimento, e che continuando a consumare al ritmo attuale presto avremmo bisogno di 5,4 pianeti; che buona parte delle coste del globo finiranno sott’acqua, quelle italiane per prime; che in molte città respirare è un grave rischio. Eccetera. Ma sono i medesimi organi d’informazione a dedicare spazi ancor più ampi e vistosi alla preoccupazione per l’auto che non “tira” come dovrebbe, al Pil che non cresce abbastanza, ai mercati che rischiano una battuta d’arresto: facendosi tramiti convinti, e spesso entusiasti, dell’invito al consumo. La crescita - non importa se all’interno di uno spazio che non può crescere - rimane la nostra stella polare. "
(Carla Ravaioli, "Crisi finanziaria e crisi ecologica, un'unica origine: il capitalismo", 4 febbraio 2009).

Di fatto, mai come oggi si pone il problema della insostenibilità fisica e sociale del capitalismo.

Che esso possa continuare a sopravvivere, si deve semplicemente al fatto che esso guadagni alla sua causa - con la ferocia laddove necessario, o con la promessa della felicità e l'ottundimento laddove ancora funzionano - milioni di persone che sono destinate inconsapevolmente ad esserne vittime: destinate normalmente a raccogliere le briciole che cadono dal tavolo delle immense ricchezze, e ad essere spazzate via senza rimpianti quando si rende necessario per la conservazione dello status quo.


In Italia, le strategie di conservazione del sistema e le "armi di distrazione di massa" sono affidate ad una classe dirigente che ormai sembra a tratti clownistica e priva di credibilità, a tratti guidata dall'odio e dalla cattiveria, ma lascia il dubbio di essere invece assai intelligente nel produrre il quotidiano diluvio di sciocchezze e stupidaggini che impediscono di affrontare, conoscere e recepire la realtà. (Che sia sintomo di stupidità o di sofisticata intelligenze, ripeto, è difficile a dirsi, ma di certo la strategia è efficace).

L'opposizione di centrosinistra si muove nell'ambito di una realtà che ritiene immodificabile, e rinuncia a cambiare gioco: impossibile uscire da una logica troppo consonante con quella del potere, e dire parole diverse da "sviluppo, produzione, crescita, reddito...".

Così le sue risposte echeggiano le sciocchezze di chi governa, e non si trova nè il coraggio nè le forza per proporre ed immaginare un "mondo diverso".


(Ho detto molto spesso, e lo confermo, che oggi "mi accontento" di un PD che abbia nel suo programma quello di riportare l'Italia ad un minimo sindacale di decenza simile a quella di altri paesei europei, visto che oggi è utopistico non solo pensare alla rivoluzione, ma persino alla convivenza civile: ma ciò non toglie che l'adagiamento sulla parola d'ordine "uscire dalla crisi", senza analizzare ciò che la crisi significa davvero, sia una prospettiva che rivela un forte senso di inferiorità rispetto alla ideologia dominante).

L'idea che "domani tutto tornerà come prima" non solo è folle, ma rappresenta sempre di più una gigantesca occasione perduta per ragionare sul senso della nostra esistenza.



"Un danno non minore che un ritorno al
business as usual provocherebbe sarebbe che la insostenibilità da più punti di vista del sistema economico odierno (o modello di sviluppo che dir si voglia) avvicinerebbe il momento in cui essa comincerebbe a tradursi, più rapidamente di quanto già non faccia ora, in immani tragedie collettive.
Avrà forse esagerato un po´, il principe Carlo d´Inghilterra, nell´indicare in soli 99 mesi il tempo per salvare il pianeta. Il fatto è che il rischio non viene solo dal cambiamento climatico. Per assicurare entro una o due generazioni una vita decente a qualche altro miliardo di persone non ci sarà acqua a sufficienza. Lo dicono i rapporti Onu sullo sviluppo umano.
Non ci saranno prodotti alimentari a sufficienza, perché le superfici destinate ad usi agricoli si vanno riducendo a causa dell´erosione e salinizzazione dei suoli, dello sviluppo delle colture per la produzione di agrocarburanti, della distruzione di interi eco-sistemi. Per diffondere in tutto il mondo i consumi oggi normali dell´occidente non ci saranno nemmeno abbastanza metalli o carbone o petroli, né abbastanza mari, forse nemmeno abbastanza ossigeno.
Bisognerebbe dunque darsi da fare allo scopo non di ricostruire la normalità di ieri, bensì di sviluppare una idea diversa di sistema produttivo e finanziario normale.
Per il momento bisogna ammettere che né l´Unione Europea né gli Stati Uniti sembrano muoversi con decisione in tale direzione, al di là delle generiche quanto inconsistenti dichiarazioni del G-20 e delle terribili quanto inette minacce rivolte ai paradisi fiscali o ai fondi speculativi.
Visto che in campo economico e politico non sono molti quelli che si lasciano influenzare da nuove teorie dopo i venticinque o i trent´anni – è ancora un pensiero di Keynes – forse si dovrà mandare al potere i ventenni. A condizione di farli transitare in un sistema scolastico e universitario meno prono dell´attuale al consenso di Washington o di Bruxelles. "

(Luciano Gallino, "I rischi della normalità", 3 giugno 2009).


giovedì, agosto 13, 2009

Quando si è esattamente come si sembra...

Roberto Cota, capogruppo della Lega Nord alla Camera: "Quello che vogliamo noi e' quello che vuole la gente."

Anche il giorno in cui la gggente decidesse di portarvi a Piazzale Loreto?

Umberto Bossi, Ministro di Qualchecosa: "Noi andavamo a lavorare non ad uccidere la gente».

Notoriamente Cosa Nostra, negli Stati Uniti, è stata fondata dai rumeni.

Luca Zaia, Ministro di Qualcosaltro: "La Lega esorta la Rai a mandare in onda le fiction di grande ascolto in dialetto con i sottotitoli, oppure per chi ha la televisione in digitale, di aggiungere al canale audio anche la versione dialettale".

C'è un grave problema: i leghisti sordi non capirebbero i sottotitoli in italiano.

mercoledì, agosto 12, 2009

Quando un libro fa male alla salute...

Nella vita di un lettore accanito, una volta ogni tanto capita un libro davvero faticoso.

Intendiamoci: io non sono un lettore democratico, e non concedo ad ogni libro le stesse possibilità. Se mi stufo, o non mi ritengo all’altezza di quello che leggo, lascio perdere senza troppi complimenti (applico questa regola da molto tempo prima che Pennac catalogasse i diritti del lettore in “Come un romanzo”…:-)).

Diciamo che circa un libro ogni quindici, tra quelli che compro (pochi) o prendo in prestito (cinque/sei al mese) dal paio di biblioteche che frequento, finisce per essere abbandonato, a volte entro le prime dieci pagine, ma a volte anche oltre la metà…(ed anche in questo caso lo faccio rientrare nella categoria dei “non letti”).

Non è un problema di dimensione: non è mai stato un argomento che mi spaventasse. Nei periodi di bulimia da lettore, come quello in cui mi trovo in queste settimane, la lettura mi assorbe al punto di superare, a volte, le sei-settecento pagine al giorno (nell’ultimo weekend ho letto, tra sabato pomeriggio e domenica notte, tre libri diversi, superando di slancio le mille pagine – nell’apposito box a destra, per chi è curioso, ecco autori e titoli).

Non è un problema di tipologia: saggi o romanzi, per me pari sono.

Non è un problema di autore: anche per lo stesso, ci sono libri che consumo con l’avidità di un gelato in estate, ed altri che tornano pressoché intonsi da dove son venuti, conditi però con sbuffi e sguardi annoiati (primo esempio: Saramago!).

Sto divagando: torniamo al tema iniziale.

Il libro che mi è costato più fatica in questo 2009 è senza dubbio il “Libro Nero” di Orhan Pamuk.

Avevo già preso il vaccino-Pamuk leggendo “Il mio nome è rosso”, un sofisticato e colto giallo ambientato nel XVI secolo, e “”Istanbul”, una sorta di complessa mappa mentale che incorpora la biografia di Pamuk nei luoghi fisici della città, in un disegno tanto affascinante quanto incomprensibile.

Qualcuno, commentando “Istanbul”, parla di Weltanschauung”: ed io sono assolutamente d’accordo, perché essendo un concetto che non ho mai capito a causa delle mie lacune culturali – in filosofia sto, come si dice da noi, “al pian dj babi” (1)– si adatta perfettamente ad un libro incantevole e in fondo indefinibile.

Si, perché Pamuk non è uno scrittore facile: se leggete una sequenza di frasi dei suoi romanzi, ne cogliete la profondità e la magia, ma vi rendete immediatamente conto che

a) non avete capito quasi nulla di quel che c’è scritto, perché la densità di riferimenti storici/geografici/filosofici è insostenibile per qualsiasi lettore medio;

b) non sareste mai in grado di ripetere il concetto che lui ha appena descritto: non siete neppure certi che vi sia un concetto solo o mille.

Questo vale in generale per Pamuk.

Ma nello specifico, il “Libro Nero”, ragazzi miei…fa sputare sangue.

Pamuk, nella postfazione, racconta di averci messo almeno quattro anni a scriverlo, e per procedere si è dovuto rinchiudere in un appartamento di Istanbul, lasciando la moglie a New York, passando infinite notti a scrivere e fumare come un turco (suvvia, passatemela:-)). Personalmente penso che abbia anche bevuto parecchio, per arrivare in fondo.

La storia, in sé, è persino semplice da raccontare: Galip, un avvocato, un bel giorno scopre che la sua amata moglie Ruya è scomparsa. Nel seguirne le tracce, scopre che contemporaneamente è scomparso anche Celal, un suo fratellastro diventato celebre come titolare di una rubrica di costume su uno dei più diffusi quotidiani della città.

Tra questo inizio ed il finale (probabilmente tragico, ma ho dei dubbi sulla mia capacità di averlo compreso davvero), il lettore attraversa quasi 500 pagine di sofferenza, emozione, gioia, fatica, certezza di essere un imbecille, certezza (costante) di aver frainteso le dieci pagine o frasi appena lette, anche nelle migliori condizioni di lucidità e concentrazione.

Il mio calvario è durato oltre un mese.

Ho deciso almeno dieci volte di abbandonare il maledetto libro, mandandolo a quel paese. Ma malgrado la sofferenza, una sorta di maleficio mi obbligava sempre a riaprirlo e proseguire, e seguire quella insopportabile carogna di Galip in giro per Istanbul.

Lui segue Celal, si identifica in lui, e tu segui lui e Celal e rimani intrappolato come una mosca in questa rete mostruosa fatta di luoghi celebri e sconosciuti, odori, cibi, presente e passato, sultani, ghiaccio e neve, amori felici ed infelici, moschee, sufismo, leggende, manichini, film americani, albi di Tex (!), gangster, palazzi, manoscritti, redazioni e centinaia di altre cose che vi sarà assolutamente impossibile da digerire, per quanto descritte magnificamente.

Mio figlio Luca (13 anni) l’ha preso anch’egli in mano e – accorto! - abbandonato in tempo, prima di contaminarsi, preferendo divorarsi il non meno lieve (e decisamente più duro) “Cecità” di Saramago: e non ha mai smesso di prendermi per i fondelli, durante il mese di lettura, per questa assurda ostinazione nel portare, con visibile affanno e fatica, un fardello che tutto sembrava donarmi, meno che gioia.

Arrivato in fondo, lo confesso, ho gettato il libro sul letto unendo al senso di liberazione anche un sonoro e liberatorio “ma vaffanculo, và…”, sentendomi come un galeotto a fine pena, quando gli si chiudono finalmente alle spalle le pesanti porte del penitenziario, e davanti a sè ha la strada che porta ad una realtà completamente trasformata dal tempo.

Insomma, che vi devo dire? Questo libro è come una passione contrastata: se ci entrerete dentro maledirete il momento in cui avete deciso di farlo, ma non potrete rinunciare al doloroso piacere che vi dona, e da cui non potete più separarvi fino all’epilogo.

Io vi ho avvisati, poi fate come credete.:-)

(1) Il babi, in piemontese, è il rospo. Essere "al piano dei rospi" significa "stare a zero, al punto di partenza, non aver combinato nulla".

giovedì, agosto 06, 2009

Per comunicare con questi, bisogna scendere al loro livello

Avviso ai lettori abituali del blog: questo post è un tentativo di comunicazione telepatica con il Mondo Oscuro della Padania. Inevitabilmente, dunque, è ad alto tasso di volgarità.

'aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa Bricolooooooooooooooooooooo!
Ma sai dove ve le potete infilare, tu ed i tuoi compari verdi, le vostre bandiere regionali?
Prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!

Fine del tentativo di comunicazione. Chiusura della connessione con il Mondo Oscuro.

mercoledì, agosto 05, 2009

Il governo che ci odia

Sul suo blog Toghe rotte, l’ex Procuratore della Repubblica Bruno Tinti spiega con esempi semplici ed efficaci cosa accadrà alla giustizia dopo l’approvazione della nuova legge sulle intercettazioni.

Nei post del 7 luglio, del 9 luglio e del 14 luglio è spiegato senza alcuna possibilità di errore come questa legge non sia affatto – come asserisce la propaganda – “una legge a difesa della privacy dei cittadini”, ma OGGETTIVAMENTE una legge che favorirà le mafie e la criminalità organizzata – che, in teoria, non dovrebbero essere poi molto amici di cittadini così preoccupati dal tema della sicurezza. Lo ha raccontato anche Giancarlo Caselli, Procuratore Generale di Torino, in una intervista che ho ripreso dal blog di Grillo e ripubblicato qui.

Nel blog Sullozero, questo post del 30 luglio riepiloga in termini estremamente chiari i contenuti dello scudo fiscale: i capitali portati illecitamente all’estero possono rientrare ed essere “ripuliti” pagando un tributo ridicolo (5% contro il 30-40% di tasse che pagano i cittadini normali), con garanzia dell’anonimato e mettendo persino al riparo, per due anni, da eventuali controlli fiscali.

Anche in questo caso, se fossi un mafioso che deve ripulire capitali provenienti dai traffici più immondi, applaudirei con convinzione alla scelta del governo: da cittadino normale, mi sento preso a schiaffi ed insultato.

Per quanto riguarda l’assenso dell’Agenzia Italiana per il Farmaco alla possibilità di utilizzo della pillola RU-486, leggo costernato, come già avvenne per il caso Englaro, la canea di reazioni indignate provenienti dagli ambienti governativi e clericali, che mai – nemmeno in questo caso – hanno al centro la benché minima considerazione del fatto che parlando di vita e di morte si debba necessariamente considerare e rispettare l’esperienza delle PERSONE vere, reali, che soffrono e che si trovano nei guai.

Ancora una volta il governo ignora le persone che hanno un problema, e non solo le abbandona, ma le aggredisce, le vessa, le tormenta. Non tutte le persone, ovviamente: chi ha disponibilità economica, come sempre, può risolvere tutti i suoi problemi fregandosene di precetti, diktat, giudizi, sceneggiate mediatiche.

Dall’8 agosto, poi, entrerà in vigore lo scempio del decreto sicurezza - che meglio sarebbe definire “decreto Caino”- , quello che renderà fantasmi i nostri fratelli più piccoli, i figli dei clandestini, e li consegnerà al buio, alla notte, dove regnano sovrani sempre coloro che più applaudiranno le scelte di cui abbiamo parlato sopra.

Branchi di deficienti travestiti da miliziani popoleranno le notti sempre più angosciose delle città, perseguitando gli sfigati ed i diversi, mentre i bravi cittadini se ne staranno barricati in casa a trangugiare l’ennesima dose di balle televisive, ed i criminali veri brinderanno di nuovo al meraviglioso trend che hanno preso gli affari.

Già a Venezia le guardie provinciali sono mandate a sbaragliare la miseroeconomia extracomunitaria, distogliendo definitivamente lo sguardo dallo sfacelo di un territorio irreversibilmente avvelenato dalle ecomafie.

In Abruzzo, tra la gente colpita dalla doppia sciagura di un terremoto fisico, locale, ed etico, nazionale, la disillusione dilaga al punto da incrinare la propaganda martellante che esonda dall’informazione di regime. Il tutto è falso, il falso è tutto, direbbe il buon Gaber. La gente non solo non avrà case a sufficienza, ma l’ennesimo ente di regime è pronto a rubargli quelle che avevano al primo segno di resa economica.

Intanto, le Regioni varano le leggi di applicazione dell’immondo “piano casa”, in molti casi togliendo ai comuni qualsiasi forma di controllo del territorio: in deroga agli strumenti urbanistici già carenti, fino al 2011 chiunque può contribuire con semplici autodichiarazioni a devastare il proprio territorio aggiungendo il 20, il 35, il 40% di cemento alle proprie abitazioni. E Saviano e le procure ci hanno piegato bene, in questi anni, chi sia a beneficiare maggiormente di un simile tripudio di cemento.

Tiriamo le somme: questo governo ci odia. La maggior parte di quello che fa è a beneficio dei peggiori. I ladri, i criminali, gli evasori, gli ipocriti, gli sfruttatori, i bugiardi, gli speculatori, i nemici dell’ambiente e della salute.

Da chi odia, è necessario difendersi. Con tutti gli strumenti a disposizione. Finchè esistono leggi e modalità legali, usandole senza risparmio.

Ad esempio, nel mio comunello, la mia lista proporrà di non applicare gli articoli della legge regionale sul piano casa che consentono le estensioni in deroga agli strumenti urbanistici: la legge del Piemonte consente ai comuni di farlo, con delibera consiliare.

Imploro (anche da qui) chiunque stia in un consiglio comunale piemontese di tentare di fermare lo scempio: c’è tempo solo fino al 12 settembre, 60 giorni dall’emissione della legge del 14 luglio, per decidere di NON applicare la legge.

Anche nelle altre regioni, leggete bene la legge, e cercate il modo di evitare lo scempio, se ne è stata lasciata facoltà ai comuni.

Oltre all’uso delle leggi, però, sarà sempre più necessaria la disobbedienza civile. Nelle sue forme più dolci, come il sorriso e la solidarietà umana verso chi viene perseguitato ed offeso dalla nostra legislazione, a quelle intermedie, come fa Dario segnalando ed evitando di tornare dai commercianti evasori. Ma non potremo sottrarci anche a cose più pericolose e gravide di conseguenze personali, se decideremo di mantenere dignità e umanità e di usarle contro chi le disprezza e vuole cancellarle dal nostro animo.

Il momento è davvero difficile, ma non siamo ancora definitivamente sconfitti: c’è lo spazio per resistere, per combattere, per opporsi, per riprendere in mano la bandiera della speranza, per unirsi, per incazzarsi, per fare sentire ai malvagi ed agli indifferenti che non saremo MAI come loro ci vogliono.