mercoledì, giugno 29, 2011

Guerra al futuro

Rileggo senza emozione alcuna quel che (NON) ha deciso ieri il Governo: e non mi stupisco nemmeno.
Il governo del "fare" ha deciso che è meglio... non fare nulla, e lasciare ai prossimi sfigati (che difficilmente saranno loro) il compito di gestire la macelleria sociale richiesta dai mercati (e quindi, figuriamoci, indiscutibile e non negoziabile!) e quel che ne deriverà.

Ha dunque, il governo, dichiarato guerra al futuro dei miei, dei nostri figli (che, dal punto di vista del governo ben rappresentato da Brunetta, son davvero considerati "la parte peggiore del paese", meritevole di odio e persecuzione): cancellando la gran parte delle speranze di trovare un lavoro che sia degno e non schiavizzato e precario, di un welfare decente, di una vecchiaia tranquilla. Tutto questo non apparterrà più ai nostri figli, e forse nemmeno più a noi.
Forse è meglio così: la situazione è ora estremamente chiara, e non c'è nemmeno più bisogno di spiegarla. Da una parte il "governo", perfettamente allineato (o meglio ancora rigorosamente prono) con le camarille finanziarie mondiali, dichiara guerra alla gran parte dei cittadini del proprio Stato, come ha fatto in Grecia (e il fatto che molti cittadini, in fondo, se lo meritino, non cambia la questione).
Dall'altra c'è una massa informe, privata negli anni di una coscienza collettiva, che assiste sgomenta al progressivo scivolamento dalla tavola imbandita del privilegio al pavimento di terra dello sfruttamento e dell'indifferenza che colpisce l'80% della popolazione mondiale.
Non c'è modo di aggrapparsi a qualcosa, in questo piano inclinato, e non si è nemmeno più capaci di darsi la mano per tentare di salvarsi insieme: ognuno scivola da solo.
Tanti piccoli "io" che urlano da soli, anche se dicono le stesse parole, non bastano a fare un "noi" che diventi un punto di resistenza.
Può darsi che questo capiti, occasionalmente: che un "noi" che unisca sulla base della difesa di qualcosa di comune che si sente davvero importante - e non sulla base di sole paure comuni - nasca qui e là, come sta capitando in Valle di Susa da anni.
Ma temo che non ci siano le condizioni (storiche ed etiche) perchè ciò avvenga oggi in modo massivo.
Siamo rimasti soli con i nostri stupidi ed inutili "io", di fronte ad un attacco concentrico di forze spaventosamente grandi e difficilmente individuabili a cui abbiamo dato l'oscuro nome di "crisi", e siamo piccoli come gli Hobbit di fronte al Male.
Perchè è una GUERRA, questa. Guerra a tutto quello che conoscevamo fin qui, guerra ai miti dolci in cui abbiamo sinceramente creduto ed in cui siamo cresciuti: un mondo in cui lo sviluppo avrebbe portato sicurezza, tranquillità per il futuro, pace.
Lo sapevamo che non era esattamente vero, ma l'illusione era piacevole.
Credo che con la fine di questa illusione saremo costretti, individualmente, a fare i conti, molto prima di quanto avrei pessimisticamente ritenuto possibile qualche mese fa.
E' probabile che ci faremo del male (da soli, e gli uni con gli altri): molto male. Tireremo fuori da noi il peggio, e inevitabilmente anche il meglio.
Quel che resterà di noi dopo questo passaggio sarà molto diverso da quel che conosciamo oggi: eppure, non so perchè, ho la certezza che SARA' MEGLIO di quel che vediamo oggi.
Individuare il nemico (il VERO nemico: chi detiene il potere economico, prima ancora che politico), saperlo odiare e combattere sarà ineludibile: perchè oggi siamo GIA' nel suo mirino, e DOVREMO difenderci, che lo vogliamo o no, al di là di qualsiasi considerazione etica.
In questo processo, sceglieremo anche cosa AMARE e cosa DESIDERARE, e cosa BUTTAR VIA di tutte le cazzate a cui disperatamente ci aggrappiamo per distrarci dalla cosa più seria dell'esistenza - VIVERE, anche con la forza della disperazione, se serve.
Saremo costretti ad una ridefinizione profonda della nostra vita.
Spezzeremo catene, ma costruiremo e rinsalderemo vincoli umani su basi nuove. Scopriremo cosa siamo davvero - i nostri talenti, le nostre capacità, denudati dal simulacro delle merci che ci ossessionano : e non è detto che ne saremo felici, ma di certo saremo più veri.
E forse, allora, potrà davvero rinascere qualcosa a cui dare orgogliosamente, di nuovo, il nome "NOI".

3 commenti:

dario ha detto...

Wow, Lupo, che pathos! Sembri me quando salgo e pontifico ;-)

No, dai a parte gli scherzi, nel tuo discorso che grosso modo condivido (sai, sono andato l'altro giorno al matrimonio di una mia carissima amica e mi sono soffermato a chiedermi come si fa a essere felici e porre la pietra d'angolo per il proprio futuro quando il futuro e' davvero cosi' catastrofico come lo vedo. E farlo sorridendo, strizzandomi l'occhio e dicendomi "sono contenta che ce l'hai fatta" a significare l'importanza della mia testimonianza alla sua felicita'... ma sto divagando...)...
...nel tuo discorso, dicevo, c'e' una cosa che invece non condivido. Che dici che siamo tutti degli io e non abbiamo piu' coscienza del noi.
Io dico che non e' proprio vero che sia cosi'. Non che questo ci salvi dal baratro, ma non e' proprio vero. Cioe', io ho valori fondati. La penso cosi' e cosa', e i miei amici condividono gli stessi ideali. Alcuni hanno idee diverse su come realizzarli, ma si parla assieme, si condivide.
Quello che non c'e' invece e' una rappresentanza organizzata. Cioe', nessuno della mia cerchia di amici si assume la responsabilita' di rappresentare politicamente il gruppo. Peccato. Il gruppo si potrebbe allargare dal basso, formare un vero movimento, che scelga i propri rappresentanti e che alla fine si autogoverni. In fondo, Lupo, tu ed io non siamo molto diversi da questo punto di vista. Io somo meglio certo ;-), ma anche tu non sei niente male.
Il punto e' che non abbiamo nessuno che ci rappresenti. Io certo il politico non lo so fare e non lo voglio fare. Tu mi sembri piu' ferrato in materia, ma francamente non ti ci vedo nemmeno a te.

Mi guardo indietro e penso a quei movimenti locali disorganizzati e insignificanti di cui parli tu esemplificando i no-tav della val di susa. Mi vengono in mente gli operai della fiat (non quelli degli anni sessanta-ottanta, ma quelli di pochi mesi fa. Mi vengono in mente ad esempio i no-global (o new-global come si sono chiamati in seguito per non essere strumentalizzati). Ma anche tutti i precari, gli studenti, le donne dell'"Ora basta"... Non e' vero che non c'e' voglia di partecipazione, non e' vero che non c'e' partecipazione. Semplicemente non c'e' una capacita' di rappresentarsi. Insomma, in sostanza non esiste una organizzazione politica in grado di far propri quei valori.

luposelvatico ha detto...

Condivido quel che dici: ma un "noi" non rappresentabile di fronte al mondo è, in fondo, un "noi" che (ancora) non esiste compiutamente.

dario ha detto...

Lupo, io credo che quei "noi" di cui parlavamo non siano "non rappresentabili" ma semplicemente "non rappresentati".

Prendi ad esempio le donne dell'OraBasta. Ho trovato che fosse un noi assolutamente straordinario per la quasi ovvia spontaneita' delle rivendicazioni assolutamente corali. Il fatto che quel proto-movimento non avesse un rappresentante esplicito nelle Istituzioni mi pare ininfluente rispetto al valore di tutti quegli "io! che concorrevano a quell'unico "noi". Il valore di quella manifestazione non ne e' affatto sminuito.

Penso che sia il compito del politico rappresentare i "noi" che ne costituiscono la base. Se il politico non e' in grado di fare cio', be', sarebbe ora che si facesse da parte e lasciasse il posto a qualcuno che magari venga proprio da uno di quei "noi" e sia in grado di farlo.

Io credo che un partito della sinistra che, per esempio, non e' in grado di fare proprie le rivendicazioni dei valsusini sia un partito totalmente inutile. E di chi sarebbe la colpa? Dei valsusini?
Vuoi dire che si tratta di tempi non maturi? O di incapacita' di concretizzare dei valsusini?
Non e' semplicemente colpa dei politici di quel partito della sinistra che non sanno o non vogliono combattere per quei valori?