E' un'opera che colpisce per la sua dimensione, e per la sua complessità: un capolavoro di ingegneria non solo militare, ma anche civile.
Per costruirla ci sono voluti 122 anni di lavoro, a partire dal 1727.
Un piccolo stato "de coccio", stretto tra potenti e avversi vicini, in perenne crisi economica, è riuscito a condurre a termine un progetto di lunghezza incredibile passando attraverso il regno di un discreto numero di sovrani e la conduzione di decine di progettisti ingegneri civili e militari.
E' vero: trattavasi di monarchia retrograda e non democratica. Bastava ordinare affinchè venisse eseguito. Bastava tartassare i sudditi per recuperare (spietatamente) le risorse per un'opera miltare ciclopica.
Ma restan sempre 122 anni di continuità progettuale, boja fauss! Vorranno pure significare qualcosa, in termini di organizzazione dello stato...
Ora, quasi tre secoli dopo, tutta la capacità di "fare" sembra essersi trasferita esclusivamente nella politica degli annunci.
Abbiam visto posare infinite "prime pietre". Abbiam sentito annunciare infinite megaopere: il Ponte sullo Stretto, un discreto numero di centrali nucleari. In buona parte cazzate galattiche, inutili e dispendiose, per fortuna mai partite davvero.
La distruzione del territorio ed il consumo di suolo, negli ultimi decenni, hanno galoppato, ma con una quantità di microopere, di vandalismi individuali, di piccoli miserabili deturpamenti che non hanno mai assunto - nemmeno per sbaglio - il rango di "utilità pubblica".
Forse l'ultima opera di rilievo in questo senso sono stati i 1000 km di Alta Velocità ferroviaria, tra la fine degli anni '80 ed il 2009, costruiti tra Torino e Salerno. (Discutibili, inevitabilmente devastanti sotto molti punti di vista, e alibi per attuare una divisione "di classe" tra gli utenti: ma indubbiamente opera di rilievo ed utilità pubblica).
Il nucleare, che solo un mese fa era dato come scelta scontata e certa, si è sgonfiato come un palloncino, scomparendo nel nulla: forse tornerà tra sei mesi, quando non ci saranno più urne aperte nei dintorni, ma con le crescenti vocazioni "federaliste" di questo paese è assai improbabile che si dia il via ad una operazione di tale complessità (e ne sono contento, lo dico forte: ma c'è una bella differenza tra non fare le cose per scelta e non farle per ignavia...)
Anche dal punto di vista politico, l'approssimazione e la superficialità sono la regola.
I 75 componenti della Commissione per la Costituzione che, all'interno dell'Assemblea Costituente, redassero il testo della nostra Carta nel 1946, lavorarono per sei mesi: il testo fu poi discusso in aula per altri nove mesi.
Oggi, il primo cretino che passa si alza la mattina e propone di riscrivere un articolo della Costituzione (quanti articoli ha già proposto di riscrivere il solo Signor B.? Si è perso il conto, in questi anni).
Più rare (nel 2001, approvata da referendum, e nel 2005, respinta) le proposte di modifica più organiche e più ponderate (anche se, a posteriori, non troppo felici come esito).
Oggi, le leggi vengono scritte da tre maggiordomi in croce al servizio del Satrapo, in brevi riunioni, e hanno lo scopo di risolvere problemi contingenti, immediati, quasi sempre personali.
Usa e getta, a scadenza come lo yogurt.
Anche nella maggior parte delle imprese non è che vada molto meglio: il "vantaggio immediato" (per l'azionista) e la "velocità di azione" guidano le scelte, determinate da un ansiogeno "stare sul mercato globale" che produce effetti paradossali (come considerare "bravo manager" un amministratore delegato col maglioncino che continua a perdere da mesi quote di mercato e posti di lavoro nell'ordine che preferite).
L'unica nostra speranza, visto che non siamo più in grado di costruire cose complesse come la Fortezza di Fenestrelle, è che qualcuno venga ad invaderci :-) e ci reinsegni la lentezza, la pazienza, il modo di affrontare la complessità, di costruire le cose guardando finalmente al futuro - un futuro qualsiasi, purchè sia collocato finalmente più in là della prossima settimana o del prossimo mese.