Non c’è molta folla, visto che è un giorno feriale: non più di una trentina di persone.
Il piccolo gruppo di turisti (per metà locali e per metà italiani) si muove all’improvviso fuori dal Centro in cui si trova la biglietteria, evidentemente ponendosi all’inseguimento di qualcuno che farà da guida: noi, che siamo perennemente attardati, ci accontentiamo di seguire il gruppo senza capire bene cosa accade.
Scendiamo lungo la strada di accesso, e poi all’interno di un piccolo bosco, fino a giungere ad un piazzale su cui si affaccia l’ingresso alle Grotte. La guida – che adesso si palesa, svettando sul gruppo, per le informazioni introduttive – è una simpatica ragazza dai capelli corti che parla alternativamente in inglese ed in un italiano corroso da un forte accento friulano.
L’ingresso alla prima parte delle Grotte avviene attraverso un orribile tunnel di cemento armato, lungo un paio di centinaia di metri.
Ma lo schifo finisce subito, appena si inizia il camminamento che entra nella cosiddetta “Grotta del Silenzio”. Stalattiti, stalagmiti e colonne creano il paesaggio lunare e suggestivo che è tipico delle grotte, ed in particolare delle grotte carsiche: l’illuminazione fioca rivela, tra le ombre, il candore del calcare e il rosso cupo dei minerali ferrosi. Al fondo del camminamento la Grotta si apre in una sala grandiosa, profonda cento metri ed alta cinquanta, in cui svetta una stalagmite alta almeno quindici metri: avrà qualche decina di migliaia d’anni di età!
Nella sala si sente già il brontolio cupo del fiume Reka, che è il protagonista assoluto della seconda parte della visita,
Fatti pochi passi in un piccolo corridoio di transito, si entra in un ambiente straordinario, fantastico, da mozzare il fiato.
In un antro enorme, alto e profondo, il fiume scorre rumorosamente in una gola centro metri più in basso, al fondo della quale scompare improvviso sotto i nostri piedi (riemergerà quaranta chilometri più a ovest, per gettarsi nel Timavo e poi nell’Adriatico).
Ti aspetteresti che, da dietro un angolo, appaia irruente e solido Gandalf il Grigio impegnato in un feroce combattimento con un demoniaco balrog: si, accidenti, questo luogo è qualcosa di molto simile alle miniere di Moria! (cfr J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli”).
I camminamenti ai lati della grotta sono suggestivi, incluso il passaggio su un ponticello lungo una trentina di metri che svetta a
Il fiume là in fondo è tumultuoso, rabbioso, quasi vivo: quando la guida spegne le luci alle nostre spalle, quel buio impenetrabile e tuonante fa davvero impressione.
Dall’antro si risale il corso del fiume in uno stretto passaggio, guardando con inquietudine le acque spumeggianti (ma anche schiumeggianti; la guida non sa dire se trattasi di inquinamento o di virtù saponifiche dovute ai locali alberi di castagno), e piano piano si torna verso la luce, che giunge dalla apertura di un’altra grande grotta in cui il Reka entra molto più cauto e tranquillo.
Ma lo stupore non è ancora terminato: usciti alla luce, ci troviamo ancora in una gigantesca grotta diventata dolina, in tempi antichi, a causa del crollo del tetto. Lassù in cima si vede il campanile di un paese costruito proprio a due passi dal precipizio, mentre in fondo, precipitando da una forra, il Reka arriva e percorre i suoi ultimi passi alla luce prima di inabissarsi in quel mondo fantastico.
Ci stropicciamo gli occhi, accecati. Respiriamo l’aria tiepida di questo pomeriggio di aprile, e, senza parole, ci godiamo ancora un po’ il nostro delizioso stupore da bambini.
(La foto è tratta dal sito http://www.agencija-vangogh.si/ita/skocjan.asp)
Nessun commento:
Posta un commento