Il Console
Bernick, deus-ex-machina della città portuale norvegese in cui vive, è un personaggio modernissimo, nonostante l’opera di Ibsen "I pilastri della società" sia datata al 1877, ed i temi che pone (con la sua vita ed il
suo comportamento) sono estremamente attuali.
Perché sono
quelli – perennemente irrisolti – che derivano dal rapporto tra l’uomo ed il
potere.
Bernick è
rispettato e onorato, ed è considerato il caposaldo morale di una città
fortemente puritana e moralista, che si oppone strenuamente alle innovazioni ed
al progresso (come, ad esempio, la ferrovia).
Nel suo passato c’è
un vulnus scandaloso, che potrebbe distruggerlo, ma è stato sapientemente
occultato a suo tempo.
Ma, come spesso capita,
d’improvviso il passato si riaffaccia
sulla vita di Bernick e minaccia di travolgere tutto quello che ha costruito con
fatica nei decenni: reputazione, futuro, successo economico.
Bernick non può
permetterlo, tanto più nel momento in
cui ha cambiato idea sulla ferrovia:
poichè non passerà più sulla costa, danneggiando gli interessi dei traghetti
che gli appartengono, ma all’interno, e sui terreni che sapientemente ha
comprato a poco prezzo attraverso una società straniera, ora può presentarla
come fattore di sviluppo e benessere per la collettività.
Il ragionamento
di Bernick è il seguente: è vero, ho mentito, sono stato indegno, ho fatto
pagare ad un innocente lo scandalo che ho provocato io; ma su quella menzogna
si è costruito non solo il mio successo, ma il benessere e il rigore morale di
questa comunità. Quindi dire la verità ora non costituirebbe solo la mia
rovina, ma la rovina di tutta la città.
Peraltro, ragiona
Bernick, sono ormai così potente e ricco che posso anche permettermi di rivendicare
di aver avuto, nel passato, il diritto di mentire.
E così farà,
nella grande serata di festa che la città dedica alla costruzione della nuova
ferrovia.
Confessa e rivendica
quel che ha fatto, perché il successo e la ricchezza mòndano a posteriori tutti
i peccati.
E i cittadini
applaudono, condividono, ammirano il suo coraggio.
(Nel testo
originale dell’opera, Bernick nella sua orazione finale ai cittadini fa anche
opera di pentimento ed espiazione: nello spettacolo, resta invece fortissimo il
senso dell’impunità dei potenti).
Grandissimo Lavia
e bravissima la compagnia, in una rappresentazione scenograficamente ricca e
magniloquente.
I pilastri della società
Teatro Carignano di Torino, dal 18/2 al 2/3/14
di Henrik Ibsentraduzione Franco Perrelli
con Gabriele Lavia,Giorgia Salari, Ludovica Apollonj Ghetti, Viola Graziosi, Graziano Piazza, Federica Di Martino, Mario Pietramala, Andrea Macaluso, Mauro Mandolini, Alessandro Baldinotti, Massimiliano Aceti, Camilla Semino Favro, Michele De Maria, Carlo Sciaccaluga, Clelia Piscitello, Giovanna Guida, Giulia Gallone, Rosy Bonfiglio
regia Gabriele Lavia
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Giordano Corapi
Teatro di Roma / Fondazione del Teatro Stabile di Torino / Fondazione Teatro della Pergola
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