Il disagio è fortissimo, ma non ci riesco: non ci riesco proprio.
Non riesco ad associarmi a questa enorme e collettiva onda emotiva che attraversa il paese dopo l'attentato di Kabul.
Non riesco a distinguere questo fatto dalle catastrofi che affliggono quotidianamente l'esistenza degli uomini, e soprattutto degli innocenti, e che passano inosservate, nell'indifferenza delle nostre vite così piene di incombenze.
Non riesco a commuovermi a comando.
Ma soprattutto non riesco a commuovermi INSIEME a chi passa da un giorno all'altro, ruotando semplicemente un interruttore, da aguzzino ad essere umano con il cuore tenero, per ritornare a odiare il prossimo appena passata l'onda; non riesco a commuovermi insieme a chi odia, ventiquattrore su ventiquattro e sette giorni su sette, chiunque minacci la propria tranquillità, e poi assuma un'espressione triste solo per quel che accade ad una porzione ristretta e qualificata dei propri simili.
Non riesco a commuovermi insieme a chi SELEZIONA il proprio dolore: e lo riscopre solo per "i nostri" ragazzi, per "i nostri" morti, non ritenendo degno usarlo per tutti coloro che soffrono e muoiono per colpa di altri uomini, ogni maledetto giorno.
Non riesco ad accettare la considerazione "di fronte alla morte ogni altra cosa passa in secondo piano", se questa considerazione non si applica a tutti.
Non riesco a tollerare che ci dicano per chi e per cosa commuoverci.
Non riesco a condividere questo, e tantomeno con "il paese" che se ne strafotte, abitualmente, di tutto e di tutti.
Mi è chiaro il dolore delle famiglie, che rispetto profondamente.
Mi è chiaro - mi è sempre stato chiaro - quanto sia assurdo e doloroso che una vita - qualsiasi vita - sia stroncata da un atto violento di un altro essere umano.
Ma basta. Non è il caso di star qui a ricordare le vittime quotidiane, innocenti, prive del diritto di scelta, provocate dal nostro modo di vivere. Che include molte guerre non apertamente dichiarate, fatte con le armi o con leggi "cattive", ma dannatamente efficaci per propagare il dolore, la sofferenza, la morte, l'esclusione dell'altro.
Sono così tante, le vittime, e così tante volte ne abbiamo parlato, che ripetersi non serve a nulla (non è che sia di "cattivo gusto": proprio non serve. Il popolo è sordo, distratto, sbuffante, superficiale. Non ama soffrire indiscriminatamente, per "il primo che passa per strada").
Il dolore più forte, quello che il paese davvero dovrebbe imparare a provare e condividere, dovrebbe nascere da questa spaventosa ipocrisia, finalmente riconosciuta, finalmente affrontata.
Non riesco ad associarmi a questa enorme e collettiva onda emotiva che attraversa il paese dopo l'attentato di Kabul.
Non riesco a distinguere questo fatto dalle catastrofi che affliggono quotidianamente l'esistenza degli uomini, e soprattutto degli innocenti, e che passano inosservate, nell'indifferenza delle nostre vite così piene di incombenze.
Non riesco a commuovermi a comando.
Ma soprattutto non riesco a commuovermi INSIEME a chi passa da un giorno all'altro, ruotando semplicemente un interruttore, da aguzzino ad essere umano con il cuore tenero, per ritornare a odiare il prossimo appena passata l'onda; non riesco a commuovermi insieme a chi odia, ventiquattrore su ventiquattro e sette giorni su sette, chiunque minacci la propria tranquillità, e poi assuma un'espressione triste solo per quel che accade ad una porzione ristretta e qualificata dei propri simili.
Non riesco a commuovermi insieme a chi SELEZIONA il proprio dolore: e lo riscopre solo per "i nostri" ragazzi, per "i nostri" morti, non ritenendo degno usarlo per tutti coloro che soffrono e muoiono per colpa di altri uomini, ogni maledetto giorno.
Non riesco ad accettare la considerazione "di fronte alla morte ogni altra cosa passa in secondo piano", se questa considerazione non si applica a tutti.
Non riesco a tollerare che ci dicano per chi e per cosa commuoverci.
Non riesco a condividere questo, e tantomeno con "il paese" che se ne strafotte, abitualmente, di tutto e di tutti.
Mi è chiaro il dolore delle famiglie, che rispetto profondamente.
Mi è chiaro - mi è sempre stato chiaro - quanto sia assurdo e doloroso che una vita - qualsiasi vita - sia stroncata da un atto violento di un altro essere umano.
Ma basta. Non è il caso di star qui a ricordare le vittime quotidiane, innocenti, prive del diritto di scelta, provocate dal nostro modo di vivere. Che include molte guerre non apertamente dichiarate, fatte con le armi o con leggi "cattive", ma dannatamente efficaci per propagare il dolore, la sofferenza, la morte, l'esclusione dell'altro.
Sono così tante, le vittime, e così tante volte ne abbiamo parlato, che ripetersi non serve a nulla (non è che sia di "cattivo gusto": proprio non serve. Il popolo è sordo, distratto, sbuffante, superficiale. Non ama soffrire indiscriminatamente, per "il primo che passa per strada").
Il dolore più forte, quello che il paese davvero dovrebbe imparare a provare e condividere, dovrebbe nascere da questa spaventosa ipocrisia, finalmente riconosciuta, finalmente affrontata.
10 commenti:
Gia', non ci sono morti di serie A e morti di serie B.
E quindi non c'e' motivo per riuscire a commuoversi per questi piu' che per gli altri.
Il bello sarebbe riuscire a commuoversi per tutti, e non per nessuno. Ma tant'e'. Anch'io non riesco piu' a commuovermi per queste sciagure. E' la disfatta della Sinistra.
Caro Lupo, "voce'e notte" ti avrebbe definito Di Giacomo. Ho letto il tuo post e ho potuto respirare, allontanando così il totale senso di straniamento che mi avviluppa da ieri. Non mi dilungo perchè quello che hai scritto è esattamente quello che penso. Questo è diventato davvero un paese di farabutti, di servi, di compratori e di venduti. Viviamo in un paese destrutturato civilmente, socialmente e politicamente. La cultura popolare è stata stracciata a tal punto che una moglie si presta alla mercificazione televisa dicendo "sono felice perchè è morto da eroe" eppure abbiamo sognato quando cantavamo "ma lei che lo amava aspettava il ritorno d'un soldato vivo, d'un eroe morto che ne farà" (dal nostro de andre')?
Oltretutto avrebbe più senso che si rammaricasse chi, come me e copme tanti di noi, ha manifestato la sua contrarietà all'invasione dell'Afghanistan e ha tenuto la bandiera della pace esposta sul balcone per mesi o anni. Non certo quelli che con l'articolo 11 della Costituzione ci si si sono puliti il c... e hanno mandato là quei ragazzi per una guerra peggio che inutile: insensata.
E nessuna lacrima, italioti belli, per quei civili uccisi?
ls
Non riesco neanch'io a commuovermi a comando. io chiedo solo rispetto per loro che sono mezzo e non hanno dichiarato questa guerra.
Ne ho parlato da me in modo più completo che qui non riesco a fare dovendo sintetizzare il tutto.
Ciao
Daniele
stesso malessere, stesse conclusioni!
Provo un profondo senso di tristezza a sapere che sei soldati italiani sono morti, in divisa, a migliaia di chilometri da casa, provo altrettanta tristezza nel sapere che un numero imprecisato di cittadini afghani non sono ritornati alle loro case, vittime dello stesso attentato e maledico tutti coloro che non danno nessuna valore ad una vita umana, di qualunque colore sia la sua pelle e qualunque dio preghi se è credente.
E' solo il diritto alla vita che è sacro.
Posso addolorarmi per i figli, le madri, le compagne, perché riesco ad immaginare il loro dolore.
Posso provare pietà per quelle vite buttate via. Vite italiane e molte più vite afgane.
Ma non riesco a partecipare a questo momento di esaltazione collettiva, al "i nostri eroi", al "hanno difeso la libertà", eccetera eccetera.
siamo una società ipocrita e stomachevole
marina
ps. lupo caro, leggi l'articolo di don Farinella su Micromega.
baci
Letto e condiviso fin quasi all'ultima parola (sulla sospensione della manifestazione per la libertà di stampa, non sono così drastico: sarebbe stata comunque cancellata dal rumore della retorica.)
Non ti preoccupare: non ci riesco nemmeno io.
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