La Presidente della Camera Laura Boldrini denuncia,in una intervista a Repubblica,di essere al centro di una campagna di minacce e aggressioni sui social network.
La nuova facilita' di comunicare amplifica inevitabilmente la capacita' di esprimere e diffondere il MALE, al pari dei sentimenti positivi e "buoni".
Per noi persone normali, che navighiamo sul web tentando di farne un altro normale mezzo per intrattenere relazioni, e' necessario sviluppare nuove e adeguate capacita' di difendersi dalle opinioni altrui, con la consapevolezza che cio' che e' "facile" (insultare, criticare, far del male in pochi istanti, ma anche adulare senza motivo) vale infinitamente meno di quel che costa fatica,impegno,energia (come costruire un sano e costruttivo conflitto,o esprimere un'adesione motivata, ad una opinione informata).
Però, poi, dato che la violenza verbale è violenza indipendentemente dal luogo in cui viene esercitata, una reazione è doverosa e necessaria.
Sulla rete, l'intervista alla Boldrini ha dato il via ad una onda distorta di reazioni riassumibile sotto il titolo "La Boldrini vuole censurare il web".
Le statistiche sulla alfabetizzazione degli italiani ci dicono che il 70% di noi non è in grado di decodificare e comprendere il senso di un testo decisamente complesso come l'intervista della Boldrini a Repubblica. Aggiungiamoci quelli che ne parlano basandosi su commenti e letture di seconda mano, ed ecco che balza fuori un altro problema della "comunicazione facile" sui social network: in buona parte è sfocata, parla di cose che - se appena sono un po' complesse - non ha capito bene.
E genera onde di commenti in cui la approssimazione e il bisogno di semplificare portano completamente fuori strada.
Ma tornando al merito della intervista alla Boldrini, la Presidente afferma che buona parte delle minacce e delle offese provengono da persone che si firmano con il proprio cognome e nome reale.
Se i social network sono - come sono - una nuova dimensione del mondo reale, non sarebbe ora che costoro iniziassero a pagare le conseguenze delle proprie parole esattamente come capita quando le pronunciano nel mondo "fisico"?
La risposta è ovviamente affermativa, ma io non riesco ad immaginare la giustizia italiana, nelle condizioni odierne, alle prese con decine di migliaia di microcause contro i parolai violenti del web: la necessità di avere giustizia è sacrosanta, ma la reale possibilità mi sembra quasi inesistente.
La nuova facilita' di comunicare amplifica inevitabilmente la capacita' di esprimere e diffondere il MALE, al pari dei sentimenti positivi e "buoni".
Per noi persone normali, che navighiamo sul web tentando di farne un altro normale mezzo per intrattenere relazioni, e' necessario sviluppare nuove e adeguate capacita' di difendersi dalle opinioni altrui, con la consapevolezza che cio' che e' "facile" (insultare, criticare, far del male in pochi istanti, ma anche adulare senza motivo) vale infinitamente meno di quel che costa fatica,impegno,energia (come costruire un sano e costruttivo conflitto,o esprimere un'adesione motivata, ad una opinione informata).
Però, poi, dato che la violenza verbale è violenza indipendentemente dal luogo in cui viene esercitata, una reazione è doverosa e necessaria.
Sulla rete, l'intervista alla Boldrini ha dato il via ad una onda distorta di reazioni riassumibile sotto il titolo "La Boldrini vuole censurare il web".
Le statistiche sulla alfabetizzazione degli italiani ci dicono che il 70% di noi non è in grado di decodificare e comprendere il senso di un testo decisamente complesso come l'intervista della Boldrini a Repubblica. Aggiungiamoci quelli che ne parlano basandosi su commenti e letture di seconda mano, ed ecco che balza fuori un altro problema della "comunicazione facile" sui social network: in buona parte è sfocata, parla di cose che - se appena sono un po' complesse - non ha capito bene.
E genera onde di commenti in cui la approssimazione e il bisogno di semplificare portano completamente fuori strada.
Ma tornando al merito della intervista alla Boldrini, la Presidente afferma che buona parte delle minacce e delle offese provengono da persone che si firmano con il proprio cognome e nome reale.
Se i social network sono - come sono - una nuova dimensione del mondo reale, non sarebbe ora che costoro iniziassero a pagare le conseguenze delle proprie parole esattamente come capita quando le pronunciano nel mondo "fisico"?
La risposta è ovviamente affermativa, ma io non riesco ad immaginare la giustizia italiana, nelle condizioni odierne, alle prese con decine di migliaia di microcause contro i parolai violenti del web: la necessità di avere giustizia è sacrosanta, ma la reale possibilità mi sembra quasi inesistente.
Probabilmente ci vogliono strumenti legislativi nuovi per situazioni nuove.
La Boldrini non chiede ovviamente la censura, ma è certo che - da un punto di vista legislativo - non si può permettere che i social network diventino zone franche dove si possono impunemente minacciare e offendere gli altri, e commettere reati senza pagarne le conseguenze (perchè le minacce e lo stalking, fuori dalla rete, vengono perseguiti).
Ovviamente non stiamo parlando di commenti cretini o piccoli insulti ricevuti da sconosciuti, ma delle cose orrende, violente e femminicide che la Boldrini testimonia di ricevere quotidianamente.
La Boldrini non chiede ovviamente la censura, ma è certo che - da un punto di vista legislativo - non si può permettere che i social network diventino zone franche dove si possono impunemente minacciare e offendere gli altri, e commettere reati senza pagarne le conseguenze (perchè le minacce e lo stalking, fuori dalla rete, vengono perseguiti).
Ovviamente non stiamo parlando di commenti cretini o piccoli insulti ricevuti da sconosciuti, ma delle cose orrende, violente e femminicide che la Boldrini testimonia di ricevere quotidianamente.